Spaini e Pocar. Nota ai testi

di Silvia Camatta e Gianfranco Petrillo

Alberto Spaini ed Ervino Pocar sono stati tra i maggiori protagonisti dell’acquisizione della modernità di lingua tedesca alla nostra cultura. Ad Alberto Spaini (Trieste 1892 – Roma 1975) si devono la prima traduzione, all’inizio degli anni trenta, di due pietre miliari del Novecento, non solo tedesco: Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin e Der Prozess di Franz Kafka. Mentre il secondo testo ha avuto altre versioni, tra le quali spicca per l’eccezionalità dell’autore quella di Primo Levi, nessun altro ha avuto né la forza né il coraggio di misurarsi coll’innovativa prosa di Döblin. E, quanto a Pocar (Gorizia 1892 – Milano 1981) si tratta, come dice il Vecchio Lettore in altra parte di questo numero, di una figura che può essere addirittura eretta – per mole, qualità e modalità del suo lavoro – a personificazione del grande traduttore novecentesco.

Entrambi, coetanei, appartenevano alla generazione di giovani intellettuali giuliani formatisi sotto l’impero austro-ungarico, dal quale volevano liberarsi per congiungersi alla patria italiana. Di questa generazione si è occupato a fondo il libro di Renate Lunzer che recensiamo a parte, sia pure in ritardo, nella traduzione italiana di Federica Marzi. Ma i due spiccano. Colpisce innanzitutto in loro la straordinaria padronanza della lingua italiana, tanto più in Pocar che frequentò fino alla laurea, ottenuta a Vienna, solo scuole asburgiche e che in tempo di guerra fu internato a Graz, mentre Spaini era già in Italia fin dal 1910, per frequentare l’Università di Firenze e colà laurearsi, collaborando nel frattempo appassionatamente con «La Voce» prezzoliniana. Da un lato si vorrebbe che qualcuno indagasse sulle caratteristiche e sulla qualità delle scuole italiane in ambito imperiale (a Graz, col pieno consenso delle autorità imperial-regie, Pocar collaborò con un altro goriziano, Piero Bonne, a creare e gestire una scuola per i ragazzi italofoni internati). Dall’altro si ha la conferma dell’importanza che riveste la mole delle letture per la conoscenza della lingua letteraria.

In secondo luogo Spaini e Pocar emergono come intellettuali a tutto tondo, per la portata davvero imponente del loro contributo – soprattutto in campo giornalistico nel caso di Spaini, più in generale in campo editoriale nel caso di Pocar – alla conoscenza e alla comprensione della letteratura di lingua tedesca, che li fanno stare per lo meno alla pari di nomi più noti quali quelli di Lavinia Mazzucchetti e Barbara Allason. Il loro nome è conosciuto solo alla ristretta cerchia di coloro che si preoccupano di sapere chi è l’autore o l’autrice di una determinata traduzione. Ma basta approfondirne appena un po’ la conoscenza per comprendere, dal loro esempio, che il grande traduttore è prima di tutto un grande intellettuale, sia come studioso che come scrittore, anche quando non è un accademico né autore di opere letterarie proprie che abbiano incontrato particolare favore di critica e di pubblico, come è il caso dei Nostri.

Chi ne voglia sapere di più può scorrere la bibliografia in calce a questo articolo.

Di Alberto Spaini e di Ervino Pocar pubblichiamo in questo numero delle riflessioni sulla traduzione, svolte in un’epoca in cui i translation studies erano ancora di là da venire. Appartengono in una certa misura a quella che già Georges Mounin in un libro di poco posteriore all’ultimo dei testi di Pocar qui presentati, definiva, nelle parole della sua traduttrice Stefania Morganti, la

cerchia un po’ vecchiotta dei «ricordi di un traduttore», delle «note di un traduttore», delle «riflessioni sull’arte del traduttore» che troppo spesso si limitano a raccogliere aneddoti piccanti, fatti curiosi, consigli empirici, intuizioni: insomma, il codice contraddittorio e lacunoso dell’artigianato della traduzione (Mounin 2006, 107).

Ma li si legga e si noteranno affermazioni fulminanti e un gusto sicuro e difficilmente riducibile a standard teorizzabili. Hanno molti punti in comune, ma la personalità degli autori, le epoche, le lingue differiscono. E il confronto può riservare, oltre a diverse conferme, molte sorprese, soprattutto a chi è abituato a dare per acquisite delle certezze in materia di rapporti tra la cultura italiana del Novecento e quelle straniere.

Dobbiamo alla cortesia degli eredi – rispettivamente la nipote Albertina Vittoria e il figlio Valerio Pocar, che ringraziamo calorosamente – l’acquisizione di questi testi nella versione originale e pressoché inedita. Nel caso di Spaini, anzi, il testo è certamente inedito e si può datare al 1920, in quanto fa esplicito riferimento, come risalente a un anno prima, a una traduzione di Clemente Rebora da Andreev per le edizioni La Voce, che è del 1919, e alla pubblicazione recente di libri usciti appunto nel 1920. La sua scoperta tra le carte conservate dalla professoressa Vittoria fu dovuta, quasi trent’anni fa, a Carla Galinetto, allora laureanda a Pavia con Giorgio Cusatelli. Galinetto si era dedicata con passione allo studio e alla valorizzazione dell’opera del germanista triestino, ma la tragica morte che la colse il 21 novembre 1994 interruppe il suo lavoro e la carriera, appena iniziata, di una promettente ricercatrice.

I due saggi di Ervino Pocar hanno molti contenuti in comune, ma differiscono soprattutto per la lingua in cui sono scritti e per il pubblico cui sono rivolti. Quello in italiano, Necessità della traduzione, appare il testo di una conferenza probabilmente pronunciata in più occasioni e altrettante volte rimaneggiato. Nella versione che pubblichiamo è espressamente rivolta a un pubblico di «europeisti». Poiché la datazione è congetturabile tra il 1959 (data della morte dell’editore Suhrkamp, menzionata come recente nel testo) e il 1960, gli unici “europeisti” immaginabili all’epoca erano i non numerosi adepti al Movimento federalista europeo fondato da Altiero Spinelli, benché non si abbia notizia né di contatti né tanto meno di personali coinvolgimenti di Pocar col Mfe. Nella nostra pubblicazione abbiamo rispettato l’eliminazione di alcuni brani da parte dell’autore, segnalandone l’assenza con tre puntini racchiusi tra parentesi quadre: […]. Ma in due casi il contenuto dei brani cassati ci è apparso tanto d’attualità da indurci a disobbedire all’autore e quindi a conservare i brani originariamente espunti da Pocar, segnalandoli stavolta con una doppia parentesi quadra d’apertura ( [[ ) e di chiusura ( ]] ).

In un certo senso più interessante è l’altro testo, in tedesco, Vom Übersetzen. Deutsche Autoren in Italien, che non si può considerare propriamente inedito. Si tratta del testo ridotto di una conferenza tenuta all’Università di Bonn il 29 novembre 1953, a conclusione di una «Settimana della cultura italiana» organizzata dalla Società Dante Alighieri, e poi ripetuta a Freiburg im Breisgau per l’Associazione italo-tedesca, a Stoccarda per l’Institut für Auslandsbeziehungen e all’Università di Heidelberg. Esso comparve immediatamente sul n. 31/35 (Juli-November 1953) di un povero bollettino ciclostilato diffuso dall’Ambasciata italiana a Bonn, allora capitale provvisoria della Repubblica federale tedesca, «Italienische Kulturnachrichten» (Notizie culturali italiane), e l’anno seguente, in forma integrale e più ampia, sulla rivista fondata e diretta da Francesco Flora, allora docente di letteratura italiana all’Università Bocconi, facoltà di Lingue, «Letterature moderne» (anno V, n. 4, luglio-agosto 1954, pp. 436-447). Qui presentiamo,  sia in originale sia nella traduzione italiana di Silvia Camatta, la prima versione, che, se ebbe una scarsa diffusione in Germania non ne ebbe affatto in Italia.

Dentro una tradizione: Spaini

Potrà interessare qualche ulteriore notizia circa le opere e le persone citate da Spaini e Pocar. Le versioni crociane da Goethe esecrate da Spaini erano appena uscite, nel 1919, da Laterza, come dodicesimo volume delle opere del filosofo (Goethe : con una scelta delle liriche nuovamente tradotte). Spaini doveva avere avuto notizie di primissima mano – probabilmente dallo stesso editore Giuseppe Prezzolini, di cui era intimo – della prossima pubblicazione dei quattro libri delle edizioni della Voce su cui si sofferma. Dei quattro titoli vociani uno (Il vaso d’oro di Hoffmann) è opera di Rosina Pisaneschi, prossima moglie di Spaini, che era stata nel 1913 sua compagna nel tradurre per la prima volta in italiano il Meister goethiano proprio per Laterza; e della traduzione di Rebora dal testo di Andreev parla lo stesso Spaini nell’articolo. Della traduzione che Carlo Linati aveva fatto di alcuni racconti di Stevenson Spaini doveva aver visto o le bozze o addirittura il manoscritto, in quanto la menziona con un titolo (Il diario di Rycroft) con il quale non comparve a stampa, sostituito da Le nuove notti arabe. Il Pistelli che, oltre alla traduzione, ha anche curato introduzione e note del Protovangelo di Jacopo, pubblicato dall’emerito Carabba di Lanciano nel 1919, si chiamava Ermenegildo, mentre è Nicola Festa colui che ha tradotto e annotato, per l’editore Sandron di Palermo nel 1918, l’Iliade.

Dentro una tradizione: Pocar

E veniamo a Pocar. Nella conferenza “italiana” del 1959-60 egli ricorda l’oggi famoso saggio di José Ortega y Gasset Miseria y esplendor de la traducción (1937), reperibile ora in italiano in La missione del bibliotecario e Miseria e splendore della traduzione, tradotti da Amparo Lozano Maneiro e Claudio Rocco per la SugarCo nel 1984. Di Bernardo Davanzati (1529-1600) il fiorentino Barbera pubblicò la traduzione delle Storie e delle opere minori di Tacito nel 1862. La celebre affermazione del Foscolo è tratta dal saggio Sulla traduzione dei primi due canti dell’Odissea di Ippolito Pindemonte, meritoriamente ripubblicato a cura di F. Cleto da «Testo a fronte» nel numero 7 del 1992. Quasi certamente il germanista poté trovare la frase del poeta ottocentesco russo Vasilij Andreevič Žukovskij nel saggio di Mario Praz Tradurre in versi, contenuto nel volume La Casa della fama (Ricciardi, Napoli-Milano 1952; ma ripubblicato nel 1959 da Mondadori, passando certamente per le mani dello stesso Pocar). La frase leopardiana si può trovare nell’edizione dello Zibaldone di pensieri (vol. II, p. 288) in Tutte le opere curate da Francesco Flora per Mondadori nel 1937 e più volte ripubblicate.

Sorvoliamo di proposito sugli autori e le autrici degli svarioni denunciati da Pocar nel suo «capitoletto divertente», tanto più che lui stesso riconosce, nel chiuderlo, che «gli infortuni possono toccare a tutti. In 70.000 pagine che ho tradotto dal tedesco ne saranno toccati anche a me. Non è il caso d’infierire».

Del famoso Sendbrief vom Dolmetschen di Lutero Pocar cita direttamente l’originale. La traduzione più recente è curata da Emilio Bonfatti per Marsilio (Venezia 2006) col titolo Lettera del tradurre. Egidio Bianchetti, qui segnalato come ottimo revisore da Pocar, fu prolifico traduttore dal francese (tra l’altro di Maupassant) e curatore di Tutte le opere di D’Annunzio per Mondadori.
Ancora più ricca di riferimenti la conferenza “tedesca”. Li esaminiamo partitamente secondo la successione dei paragrafi in cui è diviso il testo. In apertura è citato il Viaggio in Italia di Goethe, per il quale è stata qui utilizzata la versione di Emilio Castellani (Goethe 1983, p. 86, in data 5 ottobre 1786). Lo Heidenröslein goethiano lo si può trovare in Goethe 1997 (I, 19) come Rosellina di brughiera nella traduzione di Maria Teresa Giannelli.

Anche in questo caso rispettiamo l’anonimato in cui Pocar ha lasciato gli autori di Esempi di traduzioni malriuscite.

A proposito delle sviste di Goethe, Roberto Fertonani osserva:

Sulle devianze di Goethe rispetto all’originale si è sviluppata una copiosa letteratura, in Germania (dove la traduzione di Goethe, nel complesso, è stata giudicata piuttosto sfavorevolmente) come in Italia. […] Le devianze di Goethe riguardano per lo più dettagli secondari, solo in un paio di casi la versione tedesca altera sostanzialmente il senso dell’originale, vuoi per un fraintendimento di Goethe vuoi per la deliberata scelta di un’alternativa (Goethe 1989-1997, III, 1191).

Circa le macchine per tradurre menzionate sotto Esperienza interiore si veda Morra 2008, 19.

Il famoso verso del Foscolo «Sdegno il verso che suona e che non crea», che Pocar, sotto il titoletto La lingua è anche musica, cita a memoria con una lieve inesattezza, si tratta del venticinquesimo dell’inno A Venere, il primo di Alle Grazie. L’esclamazione originale di Verlaine (1883) è De la Musique avant toute chose!  e si trova in Art Poétique, poesia pubblicata per la prima volta in «Paris moderne. Revue littéraire et artistique,» 1882-1883, n. 2, pp. 144-145 (qui p. 144). In italiano: «Sia musica, sia innanzi tutto musica!» (Ars Poetica, in Paul Verlaine,Poesie e prose, a cura di Diana Grange Fiori, Milano, Mondadori, 1992, pp. 356-359, qui p. 357)

La leziosaggine e la grevità di Zendrini sono in Zendrini 1867, rispettivamente p. 326 e p. 350, mentre la bella traduzione carducciana da Heine si può trovare da ultimo in Carducci 2007, 128.

Davanti a Pericoli e insidie per chi traduce, «nel cuore del traduttore devono vivere non solamente due anime, come in Faust» (I, 1112).
Pocar ha tratto La definizione rilkiana della traduzione da Burckhardt, da lui stesso tradotto (Burckhardt 2005, 74).

Eccoci all’interessante Excursus storico, in cui viene ancora citato Martin Lutero, da noi riproposto nella traduzione di Bonfatti (Lutero 2006, 55-63). Data la difficoltà di trovare la versione esistente dell’opera di Scherer (1899, 634), qui il passo è stato tradotto dalla stessa Silvia Camatti. L’excursus si estende anche alla Traduzione di opere italiane in Germania. Boccaccio è stato tradotto per la prima volta da un non meglio identificato Arigo (forse un Heinrich Schlüsselfelder), a Ulm negli anni settanta del Quattrocento, col titolo Hie hebt sich an das puch von seinen meister in Greckisch genant decameron…; mentre il racconto del papa umanista Pio II Hystoria de duobus amantibus cum multis epistolis amatoriis ad marianum compatriotam suum feliciter incipit, di cui esiste un’edizione data a Venezia nel 1483 da Giovanni Battista Sessa, in realtà era – come si vede – scritto in latino e fu volgarizzato solo nel Cinquecento (Pius, Epistole de dui amanti composte dalla felice memoria di papa Pio tradute in vulgar da Alessandro Braccio, Venezia, Giovanni Battista Sessa 1503), e dal latino infatti la tradusse in tedesco l’umanista Niklas von Wyle, morto nel 1478: col titolo Eine liebliche und warhafftige History, von zweyen liebhabenden Menschen, Euriolo, und Lucretia, Erstmals durch Eneam Silvium in zierlichem Latein beschrieben, und durch Nicolaum von Weil verdeutschet esistono diverse edizioni, ma tutte successive.

Johan Diederich Gries pubblicò le sue traduzioni dall’insigne editore Carl Friedrich Ernst Frommann di Jena (Torquato Tasso’s Befreites Jerusalem, 4 voll., 1800–1803, in versi; e Ludovico Ariosto’s Rasender Roland, 4 voll., 1804-1808) e poi da Löflund di Stoccarda (Matteo Maria Bojardo’s Grafen von Scandiano Verliebter Roland, 4 voll., 1835-1839; e Niccolò Fortiguerra, Ricchardett: ein Rittergedicht, 3 voll., 1831-1833). Era stato preceduto da Wilhelm Heinse per quanto riguarda Tasso (Das befreyte Jerusalem, 4 voll., Mannheim, im Verlage der Herausgeber der ausländischen schönen Geister, 1781) e Ariosto (Roland der Wüthende: ein Heldengedicht von Ludwig Ariost dem Göttlichen, 4 voll., Hannover, im Verlage der Helwingschen Hofbuchhandlung, 1782-1783).

Die göttliche Komödie di Karl Ludwig Kannegiesser uscì in tre volumi tra il 1809 e il 1821 dall’editore Brockhaus di Lipsia; quella di Streckfuß, sempre in tre volumi, tra il 1824 e il 1826 presso Hemmerde und Schwetschke di Halle; e quella del re di Sassonia Johann Maria Nepomuk Joseph detto Philaletes, nei debiti tre volumi, tra il 1828 e 1833 da Gärtner di Dresda e Lipsia. Le Rime di Francesco Petrarca tradotte da Karl Förster furono pubblicate nel 1818-1819 a Lipsia da Brockhaus, che pubblicò anche le due nuove fatiche di Streckfuß, il Rasender Roland in sei volumi (1818-1825) e il Jerusalem in due (1822). Il Dekameron di Dietrich Wilhelm Soltau è del 1803 (da Frölich di Berlino). Goethe aveva dato il suo Benvenuto Cellini: eine Geschichte des XVI. Jahrhunderts, a Braunschweig da Bauer, già nel 1798.

Il Goedecke citato da Pocar è Karl Friedrich Ludwig Goedeke, autore di un Grundriß zur Geschichte der deutschen Dichtung aus den Quellen (Fondamenti per la storia della letteratura tedesca dalle fonti), di cui i primi tre volumi furono pubblicati tra il 1851 e il 1881. Dopo la sua morte l’opera, pensata come un inventario della letteratura tedesca, venne continuata da altri studiosi, con alcune interruzioni, fino ad arrivare alla pubblicazione di una nuova edizione, completamente rivista, a partire dal 1961, a cura della Berlin-Brandeburgische Akademie der Wissenschaften, Dresden, Ehlermann e Berlin, Akademie-Verlag, 1962-1998.

Melchiorre Cesarotti è celebre per aver tradotto quasi a tambur battente le Poesie di Ossian (Giuseppe Comino, Padova 1772) e l’Elegia inglese del signor Tommaso Gray sopra un cimitero di campagna (Giulio Trento, Treviso 1772). Antonio Conti dette L’Atalia: tragedia dedicata al sublime merito dell’illustriss. Carlo Riccardi (da Athalie di Racine) a Firenze da Andrea Bonducci nel 1753. Dell’elegante poeta e librettista arcade Paolo Rolli l’impresa in due tornate di dareIl paradiso perduto poema inglese del signor Milton (Alberto Tumermani, Verona 1730) e poi Il paradiso perduto del quale non si erano pubblicati se non i primi sei canti (Parigi, a spese di Giovanni Alberto Tumermani, 1740). Gasparo Gozzi tradusse due tragedie di Voltaire: Marianne (in Teatro del signor di Voltaire trasportato in lingua italiana, tomo primo, Modesto Fenzo, Venezia 1771) e Zaira (nel secondo volume del Teatro del signor di Voltaire trasportato in lingua italiana, 6 voll., Francesco di Niccolò Pezzana, 1774-1776). La citazione da Apostolo Zeno è in Zeno 1752, II, 29.

Di Der Renner, poema allegorico-didascalico del poeta francone Hugo von Trimberg, non esistono a tutt’oggi traduzioni italiane.

Il Viaggio di Bertola fu pubblicato da Albertini a Rimini. La citazione dalla sua Idea si trova in Bertola 1784, I, 3-4, mentre la sua versione della poesiola di Goethe è a p. 162. Alcune sue traduzioni dallo svizzero Salomon Gessner sono pubblicate in Scelta d’idilj di Gessner tradotti dal tedesco, fratelli Raimondi, Napoli 1777. La versione citata di Tagliazucchi è La primavera: poema didattico del Signor Kleist, [s.l, s.e.], 1755 (erroneamente attribuito dal Sistema bibliotecario nazionale al più celebre, e successivo, Heinrich). Il Saggio di Corniani fu pubblicato da Occhi a Venezia nel 1774. Anche con le tecnologie più avanzate oggi disponibili, di Baldassarre Oltrocchi abbiamo scoperto solo che fu autore della versione in latino di una agiografia di Carlo Borromeo: la passione di Pocar era davvero senza limiti.

Fra le Traduzioni dal tedesco in italiano nell’Ottocento gli endecasillabi della Maria Stuarda di Maffei comparvero per gli «Annali Universali» di Milano nel 1829 (p. 215).

Un autore molto tradotto: Heinrich Heine. Giuseppe Chiarini dette Atta Troll per Vigo, a Livorno, nel 1875 e La Germania per Zanichelli di Bologna nel 1882. Il misfatto di Zendrini si trova in Heine 1867, p. 326, mentre Carducci ha espresso la sua vena in Carducci 1844, 72. Il Romanzero di Calabresi fu pubblicato da Laterza di Bari proprio nel 1953.

Mentre sarebbe troppo lungo e uggioso render conto partitamente della Fioritura della traduzione in italiano, forniamo qui i dati delle Edizioni integrali segnalate da Pocar. Le importanti curatele di Goethe e Mann di Lavinia Mazzucchetti sono rispettivamente per Sansoni di Firenze tra il 1949 e il 1951 (il quinto volume comparve invece solo nel 1961) e per Mondadori in 14 volumi tra il 1949 e il 1963; ma al 1953 ne erano usciti solo cinque, con il robusto apporto dello stesso Pocar, traduttore sia del Doktor Faustus (1949) sia dei Buddenbrook (1952). L’elogiata traduzione del Faust di Guido Manacorda del 1932 uscì in due volumi da Mondadori; quelle di Errante, di Amoretti e di Allason rispettivamente nel 1941-42 in due volumi per Sansoni, nel 1950 per la Utet di Torino e nello stesso anno per De Silva di Torino. Pocar stesso aveva appena dato Uli il servo per Mondadori in quello stesso 1953, mentre Quand’ero agricoltore è di Mario Andreis: nelle biblioteche italiane risulta solo un’edizione posteriore alla conferenza di Pocar, del 1961, per le Edizioni Paoline di Catania.

Come a proposito di Oltrocchi, anche nel caso di Antonio Zardi è doveroso rendere omaggio alla passione con cui Pocar ha ricostruito la tradizione germanistica italiana nella quale si inseriva col suo lavoro: di Zardi non abbiamo trovato traccia nelle biblioteche italiane. Saremo molto lieti se gli addetti ai lavori potranno illuminarci sui due personaggi. Quanto a Varese diede alle stampe La morte di Adamo. Tragedia di Federico Amedeo Klopstock in uno stesso volume con le Ballate di Gottfried August Bürger (Le Monnier, Firenze 1870); per lo stesso editore pubblicò, di Goethe, Clavigo; Stella. Tragedie nel 1878 e Torquato Tasso. Dramma; Egmont. Tragedia (insieme con l’Adamo di Klopstock) nel 1876, mentre Natano il saggio. Poema drammatico di Lessing è del 1882. Troppo lungo sarebbe dare conto della prolifica attività dei traduttori novecenteschi menzionati di seguito da Pocar, che meritano un’attenzione più particolareggiata.

Il brano conclusivo di Herder è tratto da Herder 1829, 161-163.

Bibliografia

Bertola 1784: Aurelio de’ Giorgi Bertola, Idea della bella letteratura Alemanna, 2 voll., Francesco Bonsignori, Lucca 1784

Bertola 1795: Aurelio de’ Giorgi Bertola, Viaggio sul Reno e ne’ suoi contorni, Albertini, Rimini 1795

Burckhardt 2005: Carl Jacob Burckhardt, Una mattina in libreria. Incontro con Rilke, a cura di Antonio Gnoli, Milano, Bompiani, 2005. La traduzione, risalente al 1948 (Incontro con Rilke, Cederna, Milano 1948) è proprio di Ervino Pocar, da Carl Jacob Burckhardt, Ein Vormittag beim Buchhändler, Schwabe, Basel 1943

Carducci 2007: Giosue Carducci, Poesie, a cura di William Spaggiari, Milano, Feltrinelli, 2007

Goethe 1997: Johann Wolfgang Goethe, Tutte le poesie, edizione diretta da Roberto Fertonani con la collaborazione di Enrico Ganni, 3 voll., Mondadori, Milano 1989-1997

Goethe 1983: Johann Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia, traduzione di Emilio Castellani, Mondadori, Milano 1983

Herder 1829: Johann Gottfried Herder, Briefe zu Beförderung der Humanität, a cura di Johann von Müller, Cotta, Stuttgart – Tübingen 1829, pp. 161-165 (29a lettera)

Lutero 2006: Martin Lutero, Lettera del tradurre, Marsilio, Venezia 20062, traduzione e cura di Emilio Bonfatti

Maffei 1829: Maria Stuarda, Tragedia di F. Schiller, traduzione di Andrea Maffei, per gli editori degli Annali Universali, Milano, 1829

Morra 2008: Valeria Morra, Note per una didattica sulla teoria della traduzione, 2008, p. 19. L’articolo, in corso di pubblicazione in «Aion. Sezione germanistica» dell’Istituto Orientale di Napoli, si può nel frattempo leggere all’indirizzo http://www.lerotte.net/index.php?id_article=56 (u.v. 27/02/2013)

Mounin 1965: Georges Mounin, Teoria e storia della traduzione, traduzione di Stefania Morganti da un originale francese Traductions et traducteurs inedito, Einaudi, Torino 20062

Scherer 1899: Wilhelm Scherer, Geschichte der Deutschen Litteratur, Weidmann, Berlin 18995 (prima edizione 1883). Esiste una traduzione italiana: Wilhelm Scherer, Storia della letteratura tedesca, traduzione di Roberto Biscardo, 3 voll., Gruppo Universitario Fascista, Bologna 1938-1940

Verlaine 1883: Paul Verlaine, Art Poétique, in «Paris moderne. Revue littéraire et artistique», 1882-1883, n. 2, pp. 144-145. Una recente versione italiana è quella di Diana Grange Fiori: «Sia musica, sia innanzi tutto musica!» (Ars Poetica, in Paul Verlaine, Poesie e prose, a cura di Diana Grange Fiori, Mondadori, Milano 1992, pp. 356-359)

Zendrini 1867: Enrico Heine, Il canzoniere, traduzione di Bernardino Zendrini, seconda edizione riveduta e migliorata, Milano, G. Brigola, 1867 (prima edizione: Tipografia Internazionale, Milano 1865)

Zeno 1752: Lettere di Apostolo Zeno cittadino veneziano istorico e poeta cesareo. Nelle quali si contengono molte notizie attenenti all’istoria letteraria de’ suoi tempi; e si ragiona di libri, d’iscrizioni, di medaglie, e d’ogni genere d’erudita antichità, 3 voll., appresso Pietro Valvasense, Venezia 1751-1752

Su Ervino Pocar:

Anna Antonello, Una vita fra le righe, in Protagonisti nell’ombra, a cura di Gian Carlo Ferretti, Unicopli – Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori, Milano, 2011, pp. 151-180

Nicoletta Dacrema, Ervino Pocar. Ritratto di un germanista, Tip. Sociale, Gorizia, 1989 (con l’elenco completo delle traduzioni)

Lunzer 2002: Renate Lunzer, Triest. Eine italienische-österreichische Dialektik, Wieser, Klagenfurt, 2002 (trad. it. di Federica Marzi a cura di Gianfranco Hofer, Irredenti redenti. Intellettuali giuliani del ‘900, Lint – Deputazione di storia patria per la Venezia Giulia, Trieste 2009, pp. 113-134;).

Celso Macor, Ervino Pocar, Edizioni Studio-Tesi, Pordenone – Padova 1996

Su Alberto Spaini:

Carla Galinetto, Alberto Spaini germanista, Istituto giuliano di storia, cultura, documentazione, Gorizia-Trieste 1995

Renate Lunzer, Irredenti redenti cit., pp. 201-217

Bruno Maier, L’Autoritratto triestino di Alberto Spaini, in «Rivista di letteratura italiana», XV (1997), n. 1-3

Alberto Spaini, Autoritratto triestino, a cura di Carla Galinetto, Edizioni di storia e letteratura, Roma 2002

Albertina Vittoria, Alberto Spaini e «La Voce», in «Rivista di letteratura italiana», XV (1997), n. 1-3