Alla riscoperta dell’America (del SUR)

INTERVISTA A MARCO CASSINI

di Damiano Latella

marco_cassiniPartiamo dal principio. Un bel giorno, Marco Cassini, editore e co-fondatore di minimum fax, stanco di proporre autori di lingua inglese e di lingua italiana, si mette in testa di passare ad autori di lingua spagnola. Come se non bastasse, fonda un nuovo marchio indipendente dal nome tutto in maiuscolo, SUR. È andata così? Da dove nasce l’idea?

Mi sembra una ricostruzione divertente, ma non direi che è andata proprio così… Innanzitutto non ero e non sono “stanco” della proposta editoriale di minimum fax. Certo è che, dopo quasi venti anni, minimum fax si era ormai ritagliata uno spazio e un ruolo nel mercato editoriale italiano nei settori di sua specializzazione. Così, come successo in passato quando abbiamo deciso di aprire nuove collane o filoni, qualche anno fa ci siamo posti l’obiettivo di ampliare la ricerca letteraria ad altri ambiti linguistici e geografici. Da tempo ci era parso che l’America Latina, un continente letterariamente vasto e variegato quanto l’Europa o gli Stati Uniti, potesse avere ancora molto da offrire ai lettori italiani.

Il percorso è stato costruito in maniera piuttosto articolata. Prima ho deciso di seguire un corso di lingua spagnola, per poter leggere in originale; poi ho intrapreso una serie di viaggi, andando più volte alle fiere del libro di Buenos Aires e di Guadalajara, con diverse “missioni” a Barcellona, dove si concentra la gran parte dell’editoria di lingua spagnola; ho partecipato a una fellowship, la cosiddetta Semana de editores in Argentina, per incontrare editori e scrittori; ho stretto relazioni con editor, agenti e editori latinoamericani; ho comprato e letto un’infinità di libri, e sin dall’inizio mi sono reso conto che ci sarebbe stato uno spazio in Italia per il progetto che avevo in mente. Da una parte, uno spazio nel mercato per una casa editrice che potesse specializzarsi in una precisa area letteraria; e in questo devo manifestare espressamente il debito verso uno dei migliori progetti culturali dell’editoria italiana, che è quello portato avanti con qualità ed efficienza per quasi trent’anni da Iperborea sulla letteratura del Nord Europa. Dall’altra, una volta iniziata la mia ricerca, mi sono accorto subito che, insieme alla possibilità di portare nuove voci, c’erano moltissimi autori unanimemente riconosciuti in patria come maestri ma interamente o parzialmente dimenticati in Italia. L’uruguayano Juan Carlos Onetti, il cubano Guillermo Cabrera Infante, l’argentino Tomás Eloy Martínez, il cileno José Donoso erano scomparsi dalle nostre librerie. Di altri autori ampiamente pubblicati come Julio Cortázar mancavano comunque pezzi importanti di produzione (tutte le lettere, tutte le poesie, e anche qualche romanzo). Molti dei libri contemporanei che tutti i miei corrispondenti mi suggerivano erano stati tradotti poco o per niente (César Aira, Fogwill, Alan Pauls…). Anche per questo si decise che non bastasse più lo spazio di una collana, e pensammo così di creare un marchio specifico, che si presentasse al mercato come il primo editore italiano interamente dedicato alla letteratura latinoamericana.

SUR ha fatto parlare molto di sé per la scelta di non appoggiarsi a nessun distributore. Il dialogo con i librai ha riscosso subito successo o ha prevalso lo scetticismo, almeno all’inizio?

Abbiamo avuto entrambe le reazioni. Per la maggior parte, i librai hanno risposto con entusiasmo perché la proposta – che per numeri e fatturato non determinerà certo da sola la salvezza delle librerie indipendenti o del mercato librario italiano – è stata percepita come un esperimento interessante, che se venisse adottato in più larga scala potrebbe effettivamente creare una nuova strada. Abbiamo anche avuto librai più scettici, ma i loro dubbi e le critiche ci sono stati utili per migliorare. Abbiamo integrato alcuni dei loro suggerimenti in maniera da articolare il metodo distributivo andando ulteriormente incontro alle necessità delle librerie. Oggi SUR è presente nelle principali catene, nei negozi online e in quasi 150 librerie indipendenti di tutte le regioni italiane.

Alcuni scrittori sudamericani hanno già avuto in passato grandissimo successo in Italia. Eppure si ha la sensazione che alcuni best seller abbiano generato un fraintendimento della letteratura latinoamericana, oscurando opere che avrebbero meritato una maggiore fortuna. Mi pare di capire che SUR intende anche riscoprire libri trascurati in passato.

È questo il retaggio non sempre positivo del cosiddetto “boom” latinoamericano, che se per certi versi ha permesso una maggior diffusione della produzione artistica di quelle letterature, d’altro canto, come succede per tutte le etichette e certo non solo in editoria, crea un effetto boomerang. Si preferisce applicare quell’etichetta – per comodità, per prendere una scorciatoia, per mera convenienza commerciale (pensiamo solo a quanto da noi, dopo il successo di Cent’anni di solitudine,è stato definito “realismo magico”) – anche a cose piuttosto distanti fra loro. Pur consapevoli che si tratta di un compito arduo, l’intenzione (e l’ambizione) del nostro progetto è di offrire una panoramica variegata delle molte letterature che compongono il puzzle latinoamericano, provando a ricollocare oggi, a distanza di anni e al di fuori di ogni etichetta o categoria di comodo, autori e testi nel posto che gli spetta, permettendo al lettore di valutarli esclusivamente per i loro intrinsechi meriti letterari e culturali.

Alcuni autori SUR, come Ernesto Sábato, sono pubblicati anche da grandi editori. Un piccolo marchio indipendente può offrire maggiore visibilità anche a titoli in teoria già noti ai lettori?

Il caso di Sábato è piuttosto emblematico. Pur avendo noi esordito con un suo libro di non fiction – l’autobiografia Antes del fin (Prima della fine), peraltro in una nuova traduzione rispetto all’edizione di Einaudi degli anni Novanta, di Paola Tomasinelli: la nostra è di Raul Schenardi -, avevamo a che fare con un autore celebrato e centrale nella letteratura argentina, che nella sua lunghissima vita ha pubblicato solo tre romanzi, spesso considerati per di più una sorta di trilogia. Due di questi erano disponibili, con un curioso incrocio di edizioni: Einaudi, che aveva pubblicato la traduzione di Paolo Collo e Paola Tomasinelli di El túnel, Il tunnel – ora riproposto da Feltrinelli nella traduzione che Paolo Vita Finzi aveva fatto nel 1986 per gli Editori riuniti – ha presentato nel 2009 una nuova traduzione, di Jaime Riera ed Ernesto Franco, di Sobre héroes y tumbasSopra eroi e tombe -, di cui la casa editrice milanese aveva presentato fin dal 1965 la versione di Fausta Leoni, già riproposta dagli stessi Editori Riuniti negli anni ottanta. Ma Abaddon, el angel exterminador, il terzo romanzo, non veniva riproposto dagli anni Settanta, quando Rizzoli aveva pubblicato L’angelo dell’abisso tradotto da Paolo Vita Finzi. Inoltre, l’autore aveva completamente rivisto il testo dopo la pubblicazione, e l’edizione definitiva non era mai stata disponibile per il lettore italiano. In questo caso, lungi dall’immaginare che un piccolo marchio appena nato come SUR potesse dare maggiore visibilità a Sábato rispetto a due editori così importanti, abbiamo potuto completare l’opera da loro iniziata e non portata a termine. A prescindere da questo caso, non è comunque infrequente che editori di dimensioni più piccole riescano a dare buona diffusione ad alcuni libri o autori. Si pensi, solo per fare alcuni esempi, ai casi di Nothomb, Williams, Paasilinna, Yates che sono stati best seller editi da marchi indipendenti.

Quali criteri spingono un editore a mantenere una vecchia traduzione o, al contrario, a chiederne una nuova? L’editore è in grado di decidere da solo o consulta i traduttori?

Come per molti aspetti del nostro lavoro, questioni editoriali, culturali o progettuali si intrecciano spesso anche a meri motivi contrattuali. Un autore o i suoi eredi a volte impongono che si mantenga la vecchia traduzione, anche se a noi non sembra la migliore possibile; un altro editore italiano che ha un contratto ancora valido col traduttore ma non più con l’autore (può succedere perché i contratti hanno durate diverse) è restio a cederti i diritti, e così via. A noi piace l’idea di poter offrire la traduzione migliore possibile. A volte una traduzione nuova, a dispetto dell’immagine un po’ leggendaria dell’“epoca d’oro” dell’editoria italiana, è spesso più attendibile – semplicemente migliore – di una vecchia versione anche d’autore. Trenta, quaranta, cinquant’anni fa, oltre a non avere a disposizione tutti gli strumenti che abbiamo oggi, traduttori, editori, redattori editoriali lavoravano davvero in un altro mondo o in un altro universo rispetto all’America Latina, e alcune questioni stilistiche, linguistiche o culturali non sempre venivano recepite pienamente. Talvolta c’è un desiderio di offrire una proposta che sia del tutto nuova, anche nella traduzione: può essere questa “l’impronta” personale che l’editore vuole dare al suo progetto. Nel migliore dei casi, semplicemente la traduzione esistente è eccellente, perfetta, e come per un libro anche per le traduzioni vale l’accezione calviniana di “classico”. Una traduzione di decenni fa può parlare al lettore di oggi senza perdere un filo del suo valore e della sua portata di ponte fra due lingue e due culture.

I libri SUR sono stati tradotti da diversi traduttori (in ordine puramente alfabetico, citiamo fra i più assidui Ilide Carmignani, Francesca Lazzarato, Maria Nicola e Raul Schenardi). Conviene lavorare prevalentemente con gli stessi traduttori? Anche questo può aiutare la riconoscibilità di un marchio e di un progetto culturale?

Anche qui si intrecciano la volontà dell’editore, il suo desiderio di avere il traduttore più adatto o il “migliore” possibile (in tutti i casi citati si tratta di traduttori eccellenti, con cui siamo orgogliosi di lavorare) e alcune necessità pratiche, come la disponibilità di quel traduttore a lavorare rispettando la tempistica dell’editore e gli obblighi contrattuali (i contratti tra autore e editore prevedono sempre una data massima entro cui l’editore si impegna a pubblicare, e possono non coincidere con i tempi richiesti dal traduttore). Talvolta un traduttore si sente a suo agio a lavorare su un autore ma non su un altro; talaltra è il traduttore ad aver proposto o suggerito all’editore la pubblicazione di un determinato autore, e la prassi, oltre che la buona creanza, vogliono che l’editore affidi quindi a lui la traduzione. Per progetti più articolati che prevedono un piano di più opere dello stesso autore, l’ideale è trovare l’accoppiata vincente autore-traduttore e replicarla per tutto il piano. Questo permette anche al traduttore, una volta “entrato” nel laboratorio creativo dello scrittore, di frequentarne tecnica, stile, lingua fino a conoscerlo dal profondo. Non sempre è facile, ma queste piccole infinite difficoltà sono una delle parti divertenti del mestiere dell’editore: avere un sogno, e cercare di realizzarlo, spesso passa per questioni anche molto pratiche, spicce. Ed è bello il fatto che risolvere una serie di accidenti pratici possa avvicinare il risultato finale al tuo progetto originario…

Una riflessione per terminare questo dialogo: uno dei compiti culturali dell’editore è quello di trovare nuove voci, e per un editore specializzato in traduzioni trovare nuove voci significa anche cercare nuovi traduttori, permettergli di allenarsi, dargli la possibilità di confrontarsi non solo con autori importanti ma anche con professionisti dell’editoria (editor, revisori, redattori) che li aiutino a crescere, accompagnandoli in un percorso professionale. Questo ruolo credo che minimum fax lo abbia svolto meritoriamente per tanti anni, grazie soprattutto al lavoro di Martina Testa, lanciando nuovi traduttori dall’inglese. Abbiamo l’obiettivo di portarlo avanti anche con SUR, nella maniera più adeguata e proficua non solo per noi come editore ma – se possibile – per una nuova generazione di traduttori dallo spagnolo. Per fare un esempio, se da una parte ho preferito aspettare due anni che Ilide Carmignani portasse a termine i suoi precedenti impegni per potersi dedicare alla traduzione di Un tal Lucas di Julio Cortázar, per un importante progetto sullo stesso autore (il lavoro di selezione, curatela e traduzione del suo mastodontico epistolario) sono felice che SUR abbia offerto un’opportunità a una giovane e bravissima traduttrice come Giulia Zavagna, e che la scommessa si sia rivelata vincente.