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Quando si leggeva (e si pubblicava) poesia

IL MOMENTO MAGICO DEGLI ANNI CINQUANTA E DEI SESSANTA

di Mario Marchetti |

C’è stata un’epoca – i primi decenni dopo la seconda guerra mondiale − in cui la poesia, o meglio alcuni poeti, furono o divennero in Italia una libera lettura di massa. Naturalmente per massa intendiamo qui il ceto medio mediamente colto: studenti, professionisti, insegnanti, ma non solo.

Vent’anni (circa) di traduzioni di poesia inglese, britannica e postcoloniale: 1995-2015

di Andrea Sirotti | Per affrontare in modo esauriente l’argomento delle traduzioni italiane di poesia anglofona dovremmo rispondere ad alcune domande preliminari. Che cosa spinge un editore piccolo o grande a superare tutte le difficoltà – economiche, burocratiche, contrattuali – per proporre al pubblico italiano poeti sconosciuti, benché magari affermati e apprezzati in patria? Che pubblico ha da noi la poesia anglofona (o la poesia tout-court)? Un editore può ancora permettersi operazioni di tipo squisitamente culturale? Ѐ possibile fare di più per educare il lettore all’apprezzamento delle poesie “degli altri”? Esiste un legame stretto e fertile tra accademia, critica ed editoria?

Per un Ulisse ​democratico

Per un Ulisse ​democratico

di Enrico Terrinoni | La traduzione di De Angelis del capolavoro di Joyce resta un classico della cultura italiana del secondo Novecento. Ma ogni opera, soprattutto un capolavoro, si presta per sua natura a più versioni, anche grazie – in questo caso – ai nuovi apporti interpretativi forniti dalla critica in questi cinquant’anni.