Se non sei dissidente, non esisti

IL CASO DEGLI SCRITTORI SOVIETICI PUBBLICATI DA MURSIA

di Giulia Baselica

«Esistono, nell’Unione Sovietica dei nostri giorni, scrittori, romanzieri, novellieri e poeti di una certa importanza non dissidenti, di “regime”?»

Ugo Mursia

Ugo Mursia

La domanda che il lettore Michele Pellegrino il 28 maggio del 1977 rivolgeva alla redazione di «Tuttolibri», l’inserto del quotidiano torinese «La Stampa» dedicato alle novità librarie, è particolarmente interessante: interessanti sono le definizioni «non dissidenti» e «di regime» che immediatamente rinviano all’idea, diffusa in quegli anni di guerra fredda, di una letteratura sovietica degna di essere letta solo se, e in quanto, dissidente.

Il pubblico italiano aveva infatti avuto modo di conoscere alcune opere, censurate in patria sovietica, di autori osteggiati e invisi alle autorità, come Il dottor Živago di Boris Pasternak, pubblicato in prima edizione mondiale da Feltrinelli, nel 1957, nella traduzione di Pietro Zveteremich e pubblicato in Urss soltanto nel 1988 sulla rivista «Novyj mir»; Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov (due le traduzioni italiane, pubblicate entrambe nel 1967: quella di Maria Olsoufieva per De Donato e quella di Vera Dridso per Einaudi, che proprio con questo romanzo varava la collana «Gli Struzzi»), la cui prima versione completa vide la luce in Unione Sovietica nel 1973, sulla rivista «Chudožestvennaja literatura», seguita, nel 1989, dalla versione definitiva, edita a Kiev per i tipi della Dnipro; Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn, ampio saggio pubblicato in prima edizione in Francia nel 1973 e in Italia l’anno seguente, per i tipi della casa editrice Mondadori, nella traduzione di Maria Olsoufieva. Nel 1989 la rivista sovietica«Novyj mir» ne pubblicò alcuni capitoli e nel 1990 la versione completa del saggio apparve nelle edizioni moscovite Centr Novyj Mir.

Anche se forse poco note ai lettori non specialisti, altre opere di autori disonorati nel periodo staliniano e poi riabilitati negli anni della destalinizzazione e del disgelo erano accessibili al pubblico italiano, grazie all’iniziativa degli Editori Riuniti, casa editrice notoriamente di proprietà del Partito comunista italiano, che nel 1961 aveva ideato la collana «Scrittori sovietici», affidandola alla cura di Ignazio Ambrogio. Ne sono esempi i Racconti di Odessa – tradotti da Zveteremich e pubblicati nel 1962 di Isaak Babel’, scrittore riabilitato nel 1954; o le opere teatrali Il re nudo e Il drago di Evgenij Švarc – l’autore le aveva composte fra il 1942 e il 1944, ma vennero rappresentate soltanto nei primi anni Sessanta – nella versione di Giorgio Kraiski pubblicata nel 1961; la raccolta poetica Colonne di piombo di Nikolaj Zabolockij, riammesso alla vita delle lettere sovietiche nel 1954, tradotta da Vittorio Strada e pubblicata nel 1962; o, ancora, la raccolta di racconti Le api e gli uomini, di Michail Zoščenko, edita nel 1963 nella versione di Mirella Garritano. La collana era stata avviata dai primi sei volumi dell’autobiografia Uomini anni vita di Il’ja Ehrenburg, tradotta da Giorgio Kraiski e Giuseppe Garritano.

Ma anche altre importanti opere di autori sovietici dalle biografie travagliate o addirittura tragiche erano a disposizione del lettore italiano di quell’epoca. Nel 1965 erano apparsi, per i tipi di Garzanti e nella traduzione di Zveteremich, il romanzo L’anno nudo e la raccolta Storia della luna che non fu spenta e altri racconti, mentre Feltrinelli, nello stesso anno, dava alle stampe la versione di Maria Olsoufieva della raccolta Mogano: tutte opere dello scrittore Boris Pil’njak, il quale, arrestato nel 1937, andò incontro a una fine tuttora ignota. Proprio per la sua amicizia e collaborazione con Pil’njak, anche Andrej Platonov dovette affrontare numerosi conflitti con la censura stalinista. E il romanzo Il villaggio della nuova vita, tradotto da Maria Olsoufieva e pubblicato da Mondadori nel 1972, vide la luce in Urss nella sua forma completa nell’epoca della perestrojka, nel 1988, nei numeri 3 e 4 della rivista «Družba narodov». Il nome di Andrej Sinjavskij, scrittore e studioso, può infine essere evocato per chiudere questa incompleta, e quindi solo indicativa, rassegna di opere e autori non di regime. Al traduttore Alberto Pescetto e alla casa editrice Jaca Book si deve la pubblicazione, nel 1967, del breve saggio In difesa della piramide o contro Evtušenko, edito nello stesso anno non in Unione Sovietica, bensì in Germania, sulla rivista «Grani» – fondata nel 1946 a Francoforte da alcuni esponenti della seconda ondata di emigrazione – e dell’opera Una voce dal coro, tradotta da Riccardo Glukner e pubblicata da Garzanti nel 1975, ma in prima edizione in lingua originale uscita a Londra un anno prima presso l’editore Stenvalley.

Il citato lettore curioso faceva poi seguire alla prima domanda a «Tuttolibri» altri quesiti essenziali: «E ponendo vi siano, esistono di tali autori delle traduzioni italiane ed in caso positivo, presso quali Case Editrici e con quali titoli?». L’autore della lettera, che si congeda esprimendo, semplicemente, l’auspicio di ricevere una risposta esauriente, dà luogo, in realtà, a un vero e proprio dibattito.

Due settimane dopo, l’11 giugno su «Tuttolibri» prende la parola la slavista, oltre che traduttrice e scrittrice, Serena Vitale, che definisce «cruciale» la questione sollevata dal lettore, trattandosi di un «delicato problema» che «ha almeno due facce. Da una parte, dopo il successo mondiale del dottor Živago o dei primi romanzi di Solženicyn, le case editrici interessate cercano in tutti i modi (e per lo più senza riuscirvi) di inventare o scoprire «nuovi casi», e questo limita grandemente lo spazio dedicato alla produzione sovietica non esplicitamente e drammaticamente «eretica». Senza contare che le poche volte che vengono pubblicate opere di questo secondo tipo, giornalisti e critici dedicano loro «ben poca attenzione». La studiosa addebita l’ingiusta trascuratezza a cui non poche opere sovietiche sono condannate al loro carattere «“poco piccante” e allettante per i gusti e le mode occidentali» e, tuttavia, precisa, la prosa sovietica ufficiale in termini di valore letterario e di apporti culturali non è meno importante della prosa sovietica non ufficiale. Cita vari nomi «che sono o potrebbero essere di sicuro interesse per il lettore italiano»: Jurij Trifonov, Vasilij Šukšin, Viktor Astaf’ev, Anatolij Afanas’ev, Michail Alekseev, Viktorija Tokareva.

Šukšin era allora un autore ignoto e l’anno successivo gli Editori Riuniti diedero alle stampe il romanzo Il viburno rosso nella traduzione di Carla Muschio e a cura della stessa Serena Vitale. Va notato che Astaf’ev, Afanas’ev e Alekseev, sconosciuti in Italia all’epoca del dialogo epistolare ospitato sulle pagine di «Tuttolibri», continuano tutt’oggi, a distanza di quasi quarant’anni, a essere sconosciuti. Eppure Viktor Astaf’ev (1924-2001), prolifico autore di romanzi, novelle e racconti dedicati a temi legati alla “grande guerra patriottica”, alla vita contadina e ai problemi sociali, è conosciuto in numerosissime lingue (fra le quali: francese, inglese, tedesco, olandese, danese, svedese, norvegese, finlandese, lettone, lituano, estone, polacco, ceco, bulgaro, romeno, ungherese, arabo, turcomanno, coreano e mongolo); Anatolij Afanas’ev (1924-2003), che iniziò nel 1966 a pubblicare racconti su varie riviste e divenne celebre negli anni Novanta come scrittore di racconti e romanzi ispirati alla criminalità russa, è noto, dunque tradotto, in Germania, Francia, Svizzera, Finlandia, Stati Uniti e Giappone; Michail Alekseev (1918-2007), che scrisse racconti e romanzi ispirati a temi ed episodi connessi con la seconda guerra mondiale e con le condizioni della vita contadina, è, a tutt’oggi, uno scrittore noto essenzialmente solo in patria. Soltanto nei primi anni novanta fu invece possibile leggere in edizione italiana alcune opere di Viktorija Tokareva, attiva scrittrice e sceneggiatrice, nata nel 1937, particolarmente interessata alla condizione della donna nella società sovietica e post-sovietica. Nel 1991 la casa editrice La Tartaruga pubblicò la raccolta L’ombrello giapponese e altri racconti, tradotta da Bruno Mozzone e Claudia Sugliano, e tre anni dopo la stessa casa editrice e gli stessi traduttori resero possibile al pubblico italiano la lettura della novella Mara. È, infine, del 1999 l’ultima apparizione della Tokareva sullo scenario editoriale italiano, quando l’aquilana Textus pubblicò, nella traduzione di Sergio Rapetti, la raccolta Dimmi qualcosa nella tua lingua: romanzi brevi e racconti. Dopodiché la scrittrice è caduta nell’oblio.

Il contributo di Serena Vitale in risposta al lettore Pellegrino evoca però due nomi sui quali può essere interessante soffermarsi poiché determinano l’intervento di una terza voce, atta a conferire una svolta inattesa al dialogo pubblicato dal quotidiano torinese. Gli scrittori in questione sono Vasilij Bykov e Valentin Rasputin, appunto meritevoli – al pari dei nomi già ricordati – di attenzione da parte degli editori e, naturalmente, dei lettori e, in effetti, non ignoti al pubblico italiano grazie all’iniziativa di Ugo Mursia che con queste parole rompe il silenzio in quella stessa sede la settimana dopo, il 18 giugno:

Egregio direttore, le confesso che attendevo con molta curiosità e con un tantino di malignità la “esauriente risposta” che TL avrebbe dato alla lettera del Sig. Michele Pellegrini sulla letteratura sovietica del “non dissenso”. Ed ecco perché.
Da anni vado pubblicando (precisamente dal 1973) una collana intitolata «Narratori sovietici e dell’Europa orientale», con il deliberato proposito, esclusivamente culturale, di far conoscere in Italia la presenza e la validità in quei paesi anche di una letteratura che non ha nulla da invidiare al così detto dissenso, e che anzi a mio modesto avviso è ad essa superiore. Una letteratura non più ancorata agli schemi e ai canoni estetici e propagandistici di regime, ma libera di esprimersi artisticamente, e sensibile anche a problemi che possono sembrare non ortodossi.

L’editore e appassionato traduttore di Conrad aveva avuto modo di conoscere il mondo delle lettere sovietiche in occasione dei viaggi compiuti in Urss, rendendosi poi conto che «in Italia la disinformazione in materia (anche nella così detta stampa di partito) era pressoché totale». Di qui il suo desiderio di dare vita a una collana dedicata alla produzione letteraria sovietica contemporanea, avvalendosi inizialmente della consulenza del russo Georgij Brejtburd, italianista, poeta e traduttore (di Pavese, Pratolini, Rodari, Pirandello, Tomasi di Lampedusa) e consulente della commissione straniera della sovietica Unione degli Scrittori, e dello slavista Eridano Bazzarelli – direttore della collana – docente di letteratura russa all’Università degli Studi di Milano e autore di numerose traduzioni di opere di narratori, drammaturghi e poeti russi, in particolare dell’Ottocento e del Novecento (Puškin, Lermontov, Tjutčev, Dostoevskij, Tolstoj, Čechov, Blok, Esenin, Achmatova). L’iniziativa editoriale di Ugo Mursia assumeva dunque un valore importante negli anni Settanta, quando l’unica altra collana dedicata agli autori d’oltre cortina era «I propilei russi», della casa editrice La Casa di Matriona, strumento editoriale dell’associazione Russia Cristiana. Il primo titolo di questa collana, apparso nel 1976, era il saggio Le fonti e il significato del comunismo russo del filosofo religioso Nikolaj Berdjaev, tradotto da Lucio Del Santo.

Altre interessanti collane erano comparse molti anni prima: come «Premi Stalin», diretta da Lucilla Monfisani Cimini, dell’editore romano Macchia, inaugurata nel 1947 con il romanzo America di Il’ja Ehrenburg tradotto da Giorgio Kraiski, e destinata a una breve esistenza: l’ultimo titolo, pubblicato nel 1950 senza indicazione di chi l’abbia tradotto, fu il romanzo Compagni di viaggio della scrittrice Vera Panova; la ricca serie di volumi «Scrittori sovietici» degli Editori Riuniti, di cui s’è detto sopra, si era interrotta già nel 1968 – probabilmente in seguito alla tragica invasione sovietica della Cecoslovacchia – con la pubblicazione del romanzo Soldati non si nasce di Konstantin Simonov, tradotto da Lia Sellerio. Naturalmente la casa editrice romana seguitò tuttavia a offrire il suo essenziale contributo alla divulgazione della letteratura sovietica anche nei decenni successivi pubblicando opere e scritti di Blok, Cvetaeva, Bulgakov, Gor’kij, Mandel’štam, Čukovskij, Pasternak, inseriti in altre collane. Meritano infine di essere ricordate altre due collane, della casa editrice FER di Roma, entrambe dirette da Ugo Ugolini: «I gialli veri sovietici», nella quale comparvero tre titoli, tutti nel 1966, e «Fantascienza sovietica», che ospitò sette titoli tra quell’anno e il successivo; e quindi, si direbbe, con non grande fortuna.

Così Ugo Mursia, in un contesto editoriale caratterizzato sì da un discreto interesse per la letteratura sovietica nelle sue più varie e diverse espressioni, ma forse non contraddistinto da un’altrettanto evidente determinazione a portare avanti progetti editoriali orientati alla ricerca, quindi alla divulgazione di una letteratura così scarsamente considerata e, almeno in apparenza, così diversa dagli esiti raggiunti dalla letteratura russa classica, nella lettera alla «Stampa» replica con giustificato orgoglio: «Ho pubblicato anche opere di quei Rasputin e Bykov […] citati dalla slavista Serena Vitale (che però ne tace l’esistenza italiana)».

La collana mursiana si era infatti arricchita, nel 1974, del titolo Gli ultimi tre giorni di Vasilij Bykov, tradotto da Joanna Spendel e, l’anno seguente, del romanzo L’ultimo termine di Valentin Rasputin, nella versione italiana di Lucetta Negarville. Entrambi gli autori venivano tradotti e pubblicati in Italia per la prima volta. Bykov (1924-2003) giornalista e scrittore bielorusso, che in bielorusso scriveva le sue opere per poi tradurle lui stesso in russo, aveva cominciato a pubblicare alla fine degli anni quaranta e negli anni settanta ed era uno scrittore molto apprezzato in Unione Sovietica. Alcuni dei suoi racconti, per la maggior parte ambientati all’epoca della seconda guerra mondiale, avevano ispirato sceneggiature per film e telefilm. Il romanzo La cava, pubblicato nel 1989 nella versione italiana di Costantino Di Paola e Sergio Leone, sarebbe stato l’ultimo titolo della collana di Mursia.

Rasputin, scrittore e drammaturgo siberiano, nato nel 1937, è esponente della cosiddetta «prosa contadina», e il romanzo Ultimo termine, apparso in Unione Sovietica nel 1970, fu la rivelazione della maturità dello scrittore e soprattutto della sua originalità: «Storia siberiana con notevoli consonanze tolstojane […] è uno dei racconti di Rasputin in cui, senza che l’autore se ne rendesse conto, traspare una consolazione di tipo precristiano, sicuramente panteista» (Nivat 1991, 788-789).

L’esempio di Mursia sarebbe poi stato seguito negli anni successivi da altri editori, che di Rasputin avrebbero pubblicato Il villaggio sommerso (traduzione di Carla Muschio, Editori Riuniti, 1980), Vivi e ricorda (traduzione e cura di Renzo Oliva, e/o, 1986), Nella stessa terra (traduzione di Claudia Sugliano, Armando, 1998) e I soldi per Maria e altri racconti (traduzione di Alessandra Braschi ed Elisa Cadorin, Raduga, 1998).

Vanno poi ricordate altre due proposte della collana dedicata agli scrittori sovietici: il romanzo La famiglia Strogov di Georgij Markov, pubblicato nel 1973 nella traduzione di Gabriella Schiaffino, e il saggio L’abisso: il processo ai collaborazionisti russi di Lev Ginzburg, tradotto da Erica Klein e apparso nella collana l’anno seguente (ma già pubblicato dallo stesso Mursia nel 1974 in una diversa collana). Markov (scomparso nel 1991 e da non confondere col pressoché omonimo scrittore dissidente bulgaro), rappresentante del realismo socialista in letteratura e autore di romanzi e racconti ambientati per lo più in Siberia, e Lev Ginzburg, pubblicista e traduttore editoriale dalla lingua tedesca, morto nel 1980, erano scrittori ignoti al lettore italiano e i titoli proposti da Mursia in quei primi anni settanta rimasero gli unici pubblicati in Italia. Se il già ricordato Trifonov era presente nel panorama editoriale italiano nel 1978, cioè nel momento della pubblicazione del romanzo L’impazienza nella versione di Erica Klein, Jurij Bondarev, autore del romanzo La neve calda, tradotto da Costantino Di Paola e Sergio Leone e pubblicato nel 1973, aveva fatto la sua prima apparizione undici anni prima con l’edizione italiana del romanzo Il silenzio, nella versione di Maria Olsoufieva per Rizzoli, e dopo la pubblicazione mursiana uscì di scena in Italia, benché lo scrittore, ora novantenne, sia ancora attivo collaboratore di periodici e abbia continuato a pubblicare in patria fino al 2004.

Con il suo importante progetto editoriale Ugo Mursia consentì quindi al pubblico italiano degli anni settanta e ottanta di avvicinarsi alla letteratura sovietica ufficiale e di conoscerne le maggiori figure rappresentative. Ebbe cura di accogliere nella sua collana le espressioni più varie di tale produzione: la prosa contadina, innanzi tutto, che conferendo una dignità alla realtà della campagna, ne riscopriva i valori morali essenziali, quali l’affezione alla terra, l’importanza dei legami famigliari e comunitari, la determinazione a resistere al destino avverso, l’attaccamento nei confronti della natura; la letteratura di ambientazione urbana, spesso caratterizzata dall’intento di mostrare la società cittadina nel suo ambiente e dall’attenzione al lavoro di scavo dei personaggi; infine la letteratura di guerra, forse più degli altri generi condannata a subire le condizioni imposte dalla censura brežneviana, ma comunque espressione di una certa visione della storia, quindi testimonianza di un contesto culturale e del suo portato ideologico.

Ma il merito ulteriore di Ugo Mursia fu quello di scegliere un nome fra i narratori sovietici e di seguirne le ispirazioni e i percorsi creativi, di ascoltarne le storie e di presentarlo al pubblico italiano.

Di Čingiz Ajtmatov (1928-2008) nel 1961 era apparsa, per i tipi di Mondadori, una raccolta di narrazioni tradotte da Alberto Pescetto e Andrea Zanzotto e intitolata Gamilija e altri racconti e undici anni dopo De Donato aveva dato alle stampe Il battello bianco: dopo la fiaba, versione curata da Gigliola Venturi. Ma fu appunto grazie alle edizioni Mursia che lo scrittore kirghiso suscitò un notevole interesse nei lettori e in altri editori. Nel 1973 nella collana dedicata ai narratori sovietici comparvero, a cura di Eridano Bazzarelli, i Romanzi brevi (Addio Gul’sary, Džamilija, La nave bianca), pubblicati in Urss tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni settanta; sette anni dopo fu la volta del romanzo Le prime cicogne, a cura di Costantino Di Paola, pubblicato in patria nel 1975; nel 1982 fu pubblicato, nella traduzione di Erica Klein, Il giorno che durò più di un secolo, apparso in Urss due anni prima e, nel 1988, a due anni dall’edizione originale, fu mandata alle stampe la versione italiana, di Erica Klein, del romanzo Il patibolo.

Le scelte editoriali compiute da Mursia permettono di seguire l’evoluzione tematica e stilistica del celebre scrittore, che, inizialmente interessato a dare voce a personaggi e a storie della sua terra d’origine, ispirandosi all’epopea e al folclore kirghizi, si volse poi a temi di attualità e a problemi sociali, a cruciali interrogativi, come quello della perdita della spiritualità. Questo il motivo ispiratore del romanzo Placha (Il patibolo), che costituì un autentico evento editoriale e culturale al suo apparire nella stagione della perestrojka: «per la prima volta nella storia, la letteratura sovietica parla del Figlio di Dio», commentò lo studioso Igor’ Zolotusskij (Zolotusskij 1991, 1027). Sulla stampa sovietica, per esempio sui periodici «Novyj mir» e «Nauka i žizn’», si scatenò, intorno al romanzo di Ajtmatov, «una vera e propria guerra di religione» (Nazarov 1987).

Non pochi furono, all’epoca, i sostenitori dello scrittore e del suo modo di guardare alla religione – nel romanzo in cui viene rappresentato, in forma di allucinazione, un dialogo fra Cristo e Pilato, prima del pronunciamento della sentenza da parte del procuratore, Cristo è descritto come uno jurodivyj, pronto a sacrificarsi per il bene del mondo e dell’umanità –, mentre altri critici invece biasimarono Ajtmatov per la sua incompetenza nel trattare temi riguardanti l’insegnamento della Chiesa. La storia narrata da Ajtmatov si collocava dunque in un contesto culturale e spirituale tumultuoso, animato da nuove e contraddittorie esigenze, dal ritorno, forse inatteso, di antichi interrogativi inerenti alla percezione del mondo in senso religioso, non nella letteratura e nell’arte soltanto, bensì anche nella scienza.

Si diceva dell’interesse suscitato in altri editori dalla diffusione delle opere ajtmatoviane: la versione di Gigliola Venturi della fiaba Il battello bianco fu poi ripubblicata nel 1991 da Studio Tesi e nel 2007 da Marcos y Marcos. Nel 2006 questa casa editrice propose al pubblico italiano Melodia della terra: Giamilja, ancora nella versione di Andrea Zanzotto, mentre Mondadori, nelle edizioni scolastiche, ne aveva pubblicata una nuova versione, a cura di Giuseppe Pittano, nel 1977. Piemme diede alle stampe, nel 1995, il volume intitolato La moglie del disertore, che includeva il romanzo omonimo e una nuova versione di Dzamilija, a cura di Michela Della Monica, e nel 2006, la casa editrice Besa di Nardò, nella versione di Anna Maria Bosnjak pubblicava la raccolta Occhio di cammello: racconti dalla leggendaria Kirghizia. E’ infine doveroso ricordare le edizioni bolzanine AER, destinate a un pubblico di giovanissimi lettori, che di Ajtmatov nel 1996 pubblicarono i racconti Azel’, nella traduzione di Ljiljana Avirović) e Il campo della madre e Il primo maestro, tradotti da Guido Menestrina.

Nella sua appassionata replica all’intervento di Serena Vitale su «Tuttolibri», Ugo Mursia osserva poi con amarezza: «Ma quel che mi preme dire è che, mentre in Urss l’iniziativa è stata resa nota con interesse dalla “Pravda”, dall’“Izvestija” e dalla “Literaturnaja Gazeta”, per non citare che i massimi organi di informazione, in Italia il disinteresse del pubblico e della critica è stato quasi generale». L’editore, che effettivamente non era certo sospettabile di filosovietismo, si definisce un «operatore veramente indipendente» che agisce per amore della cultura, costretto a difendere il proprio progetto lottando sia contro il disinteresse dei lettori italiani, «abbacinati» dalla pubblicità riservata agli scrittori dissidenti, sia contro la disinformazione della stampa.

Il dialogo fra l’editore e la studiosa terminò con un’ultima battuta di Vitale, pubblicata dal quotidiano torinese il 18 giugno 1977 di seguito alla replica di Ugo Mursia: «Do volentieri atto all’editore Mursia di essere tra i pochissimi che hanno dato un contributo organico alla conoscenza in Italia della letteratura sovietica contemporanea. Se non ho citato la sua collana (come, del resto, non ho citato singoli libri pubblicati da altri editori, da Einaudi agli Editori Riuniti), è stato perché mi interessava porre la questione in termini di principio, nel tentativo di individuare le cause profonde». Le «cause profonde» erano quelle già amaramente evocate dall’editore milanese: la mancanza di interesse da parte dei lettori e la mancanza di informazione da parte della stampa. E la mancanza, che può assumere anche l’accezione di “colpa”, genera mancanze, sempre più gravi; lacune che diventano abissi della non conoscenza e della non comprensione.

Titoli tradotti dal russo nella collana «Narratori sovietici e dell’Europa orientale» dell’editore Ugo Mursia di Milano
(i numeri mancanti sono quelli di libri di autore non sovietico; il numero tra parentesi indica la successione nella sottocollana «Sovietici»; si noterà che due titoli portano lo stesso numero)

1. (1.) Čingiz Ajtmatov, Romanzi brevi (Addio Gul’sary, Džamilija, La nave bianca1973 (traduzione a cura di Eridano Bazzarelli da Čingiz Ajtmatov, Proščaj Gul’sary. Povesti, Chudožestvennaja literatura, Moskva, 1966)

3. (2.) Georgij Markov, La famiglia Strogov, 1973 (traduzione di Gabriella Schiaffino da Georgij Markov, Strogovy, Irkutskoe oblastnoe izdatel’stvo, Irkutsk, 1946)

4. (3.) Jurij Bondarev, La neve calda, 1973 (traduzione di Costantino Di Paola e Sergio Leone da Jurij Bondarev, Gorjačij sneg, Sovetskij pisatel’, Moskva, 1970)

5. (4.) Vasilij Bykov, Gli ultimi tre giorni, 1974 (traduzione di Joanna Spendel da Vasilij Uladzimiravič Bykov, Tretja raketa; Sotnikov; Obelisk, Knižnoe izdatel’stvo, 1976)

7. (5.) Valentin Rasputin, L’ultimo termine, 1975 (traduzione di Lucetta Negarville da Valentin Rasputin, Poslednij srok, Zapadno-sibirskoe izdatel’stvo, Novosibirsk, 1971)

8. (6.) Jurij Trifonov, L’impazienza, 1978 (traduzione di Erica Klein da Jurij Trifonov, Neterpenie, Politizdat, Moskva, 1973)

10. (7.) Čingiz Ajtmatov, Le prime cicogne, 1980 (traduzione di Costantino Di Paola da Čingiz Ajtmatov, Rannie žuravli, Pravda, Moskva, 1976)

11. (8.) Lev Ginzburg, L’abisso: il processo ai collaborazionisti russi, 1982; già pubblicato in un’altra collana nel 1974 (traduzione di Erica Klein da Lev Ginzburg, Bezdna, Chudožestvennaja literatura, Moskva, 1966)

11. (8.). Čingiz Ajtmatov, Il giorno che durò più di un secolo, 1982 (traduzione di Erica Klein da Čingiz Ajtmatov, Burannyj polustanok (I dol’še veka dlitsja den’), Molodaja gvardija, Moskva, 1981

12. (9.) Čingiz Ajtmatov, Il patibolo, 1988 (traduzione di Erica Klein da Čingiz Ajtmatov, Placha, Molodaja gvardija, 1987

13. (10.) Vasilij Bykov, La cava, 1989 (traduzione di Costantino Di Paola e Sergio Leone da Vasilij Bykov, Kar’er; Sotnikov: Roman, Povesti, Pravda, Moskva, 1988)

Altre traduzioni di opere sovietiche menzionate

Čingiz Ajtmatov Gamilija e altri racconti, Mondadori, Milano, 1961 (traduzione di Alberto Pescetto e Andrea Zanzotto da Čingiz Ajtmatov, Džamilja, Pravda, Moskva, 1959)

Čingiz Ajtmatov, Il battello bianco: dopo la fiaba, De Donato, Bari, 1972 (traduzione di Gigliola Venturi da Čingiz Ajtmatov, Belyj parochod, in Povesti i rasskazy, Molodaja gvardija, 1970)

Čingiz Ajtmatov, Il battello bianco, Mondadori, Milano, 1977 (a cura di Giuseppe Pittano)

Čingiz Ajtmatov, Il battello bianco, Studio Tesi, Pordenone, 1991 (traduzione di Gigliola Venturi)

Čingiz Ajtmatov, La moglie del disertore, Piemme, Casale Monferrato, 1995 (a cura di Michela Della Monica da Čingiz Ajtmatov, Licom k licu, in Povesti i rasskazy, Sovetskij pisatel’, Moskva, 1962)

Čingiz Ajtmatov, Azel’ AER, Bolzano, 1996 (traduzione di Ljiljana Avirović da Topolek moj v krasnoj kosynke, in Povesti gor i stepej, Golitizdat, Moskva, 1962

Čingiz Ajtmatov, Il campo della madre,AER, Bolzano, 1996 (traduzione di Guido Menestrina da Čingiz Ajtmatov, Materinskoe pole, Pravda, Moskva, 1963

Čingiz Ajtmatov, Il primo maestro,AER, Bolzano, 1996 (traduzione di Guido Menestrina) da Pervyj učitel’, in Povesti gor i stepej, Golitizdat, Moskva, 1962

Čingiz Ajtmatov, Melodia della terra: Giamilja, Marcos y Marcos, 2006 (traduzione di Gigliola Venturi)

Čingiz Ajtmatov, Occhio di cammello: racconti dalla leggendaria Kirghizia, Besa, Nardò, 2006 (traduzione di Anna Maria Bosnjak)

Čingiz Ajtmatov, Il battello bianco, Marcos y Marcos, 2007 (traduzione di Gigliola Venturi)

Isaak Babel’, Racconti di Odessa,Editori Riuniti, Roma, 1962 (traduzione di Pietro Zveteremich da Isaak Babel’, Odesskie rasskazy, Gosizdat, Moskva-Leningrad, 1931)

Nikolaj Berdjaev, Le fonti e il significato del comunismo russo, La casa di Matriona, Milano, 1976 (traduzione di Lucio Del Santo da Nikolaj Berdjaev, Duchovnye osnovy russo revoljucii. Istoki i smysl russkogo kommunizma, AST Chranitel’, Moskva, 2006)

Jurij Bondarev, Il silenzio, Rizzoli, Milano, 1972 (traduzione di Maria Olsoufieva da Jurij Bondarev, Tišina, Sovetskij pisatel’, Moskva, 1962)

Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita, De Donato, Bari, 1967 (traduzione di Maria Olsoufieva); Einaudi, Torino (traduzione di Vera Dridso); prima edizione in russo: Michail Bulgakov, Master i Margarita, Dnipro, Kiev, 1989)

Il’ja Ehrenburg, America, 1947 (traduzione di Giorgio Kraiski da Il’ja Ehrenburg, V Amerike, Moskovskij rabočij, Moskva, 1947)

Il’ja Ehrenburg, Uomini anni vita, Editori Riuniti, Roma, 1961 (traduzione di Giorgio Kraiski e Giuseppe Garritano da Il’ja Ehrenburg, Ljudi, gody, žizn’, 1, Sovetskij pisatel’, Moskva, 1961)

Vera Panova, Compagni di viaggio, Macchia, Roma, 1950 (traduzione di ignoto da Vera Panova, Sputniki, Gospolitizdat, Moskva-Leningrad, 1948)

Boris Pasternak, Il dottor Živago, Feltrinelli, Milano, 1957 (traduzione di Pietro Zveteremich); prima edizione in russo: Boris Pasternak, Doktor Živago, Knižnaja palata, Moskva, 1989

Boris Pil’njak, L’anno nudo, Garzanti, Milano, 1965 (traduzione di Pietro Zveteremich da Boris Pil’njak, Golyj god, Gržetin, Petrograd-Berlin, 1922)

Boris Pil’njak, Mogano, Feltrinelli, Milano, 1965 (traduzione di Maria Olsoufieva; l’edizione originale si trova in Boris Pil’njak, Sobranie sočinenij v 6 tomach, Gosudarstvennoe izdatel’stvo, Moskva-Leningrad, 1929-1930)

Boris Pil’njak, Storia della luna che non fu spenta e altri racconti, Garzanti, Milano, 1965 (traduzione di Pietro Zveteremich; l’edizione originale si trova in Boris Pil’njak, Sobranie sočinenij v 6 tomach, Gosudarstvennoe izdatel’stvo, Moskva-Leningrad, 1929-1930)

Andrej Platonov, Il villaggio della nuova vita, Mondadori, Milano, 1972 (traduzione di Maria Olsoufieva; prima edizione in russo: Andrej Platonov, Čevengur, in Izbrannoe, Moskovskij rabočij, Moskva, 1988)

Valentin Rasputin, Il villaggio sommerso, Editori Riuniti, Roma, 1980 (traduzione di Carla Muschio da Valentin Rasputin, Proščanie s Materoj, Izvestija, Moskva, 1977)

Valentin Rasputin, Vivi e ricorda, e/o, Roma, 1987(traduzione e cura di Renzo Oliva da Valentin Rasputin, Živi i pomni, Izvestija, Moskva, 1977)

Valentin Rasputin, I soldi per Maria e altri racconti, Raduga, Mosca, 1988 (traduzione di Alessandra Braschi ed Elisa Cadorin da Valentin Rasputin, Den’gi dlja Marii. Povesti i rasskazy, Molodaja gvardija, 1968)

Valentin Rasputin, Nella stessa terra, Armando, Roma,1998 (traduzione di Claudia Sugliano; prima edizione in russo: Valentin Rasputin, V tu že zemlju, Vagrius, Moskva, 2001)

Konstantin Simonov, Soldati non si nasce, Editori Riuniti, 1968 (traduzione di Lia Sellerio da Konstantin Simonov, Soldatami ne roždajutsja, Izvestija, Moskva, 1966)

Andrej Sinjavskij, In difesa della piramide o contro Evtušenko, Jaca Book, Milano, 1967 (traduzione di Alberto Pescetto; prima edizione in russo: Andrej Sinjavskij, Literaturnyj process v Rossii, RGGU, Moskva, 2003)

Andrej Sinjavskij, Una voce dal coro, Garzanti, Milano, 1975 (traduzione di Riccardo Glukner; prima edizione in russo: Andrej Sinjavskij, Golos iz chora, in Sobranie sočinenij v 2 tomach, start, Sankt-Peterburg, 1992)

Aleksandr Solženicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano, 1974 (traduzione di Maria Olsoufieva); prima edizione in russo: Aleksandr Solženicyn, Archipelag GULag, Centr Novyj Mir, Moskva, 1990)

Vasilij Šukšin, Il viburno rosso, Editori Riuniti, Roma, 1978 (traduzione di Carla Muschio e a cura di Serena Vitale da Vasilij Šukšin, Kalina krasnaja, in Kinopovesti, Iskusstvo, Moskva, 1975)

Evgenij Švarc, Il re nudo Il drago, Editori Riuniti, Roma, 1961 (traduzione di Giorgio Kraiski da Evgenij Švarc, Skazki. Povesti. P’esy, Sovetskij pisatel’, Leningrad, 1960)

Viktorija Tokareva, L’ombrello giapponese e altri racconti, La Tartaruga, Milano, 1991 (traduzione di Bruno Mozzone e Claudia Sugliano; edizione in russo: Viktorija Tokareva, Japonskij zontik, in Banketnyj zal, AST, Moskva, 1999)

Viktorija Tokareva, Mara, La Tartaruga, Milano, 1994 (traduzione di Bruno Mozzone e Claudia Sugliano; edizione in russo: Viktorija Tokareva, Pervaja popytka, in Zvezda v tumane, AIST, Moskva, 1999)

Viktorija Tokareva, Dimmi qualcosa nella tua lingua: romanzi brevi e racconti, Textus, L’Aquila, 1999 (traduzione di Sergio Rapetti da Viktorija Tokareva, Skaži čto-nibud’ na tvoem jazyke, EKSMO, Moskva, 1997)

Jurij Trifonov, La casa sul lungofiume, Editori Riuniti, Roma, 1977 (traduzione di Vilma Costantini da Jurij Trifonov, Dom na naberežnoj, in Povesti, Sovetskaja Rossija, 1978)

Jurij Trifonov, Lungo addio, Einaudi, Torino, 1977 (traduzione di Clara Coïsson e Lucetta Negarville da Jurij Trifonov, Dolgoe proščanie. Sbornik povestej i rasskazov, Sovetskaja Rossija, Moskva, 1973)

NikolajZabolockij, Colonne di piombo, Editori Riuniti, Roma, 1962 (traduzione di Vittorio Strada da NikolajZabolockij, Stolbcy, Izdatel’stvo pisatelej, Leningrad, 1929)

Michail Zoščenko, Le api e gli uomini, Editori Riuniti, Roma, 1963 (traduzione di Mirella Garritano da Michail Zoščenko, Rasskazy, Pravda, Moskva, 1946)

Saggi e repertori consultati

Brogi Bercoff 1994: Giovanna Brogi Bercoff, a cura di, La slavistica in Italia: cinquant’anni di studi (1940-1990), Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Divisione Generale per gli affari generali e amministrativi, Divisione editoria, 1994

Koževnikov Nikolaev 1987: Valentin Koževnikov e Petr Nikolaev (a cura di), Literaturnyj Enciklopedičeskij Slovar’, Sovetskaja Enciklopedija

Nivat 1991: Georges Nivat, Valentin Rasputin (traduzione di Gaspare Bona), in Storia della letteratura russa. Il Novecento, 3, Dal realismo socialista ai nostri giorni, diretta da Efim Etkind, Georges Nivat, Il’ja Serman e Vittorio Strada, Torino, Einaudi, pp.788-789

Nazarov 1987: Michail Nazarov, Literatura i publicistika pod znakom “Perestrojki”, in «Vestnik RChD», 1987, n. 150

Skatov 2005: Nikolaj Skatov (a cura di), Russkaja literatura XX veka. Prozaiki, poety, dramaturgi. Slovar’, Olma Press, Moskva

Šestakova 1987: Natalija Nikolaevna Šestakova, Bibliografia della letteratura sovietica in Italia dal 1945 ad oggi, in «Rassegna sovietica», Anno XXXVIII, Marzo-Aprile 1987, pp.59-112

Zolotusskij 1991: Igor’ Zolotusskij, La letteratura nel terzo disgelo (traduzione di Elena Bona), in Storia della letteratura russa. Il Novecento, 3, Dal realismo socialista ai nostri giorni, diretta da Efim Etkind, Georges Nivat, Il’ja Serman e Vittorio Strada, Torino, Einaudi, pp.1019-1039