Italo Tavolato

di Irene Fantappiè

La vita

1889-1911 Nasce a Trieste il 21 febbraio 1889 da Pietro Tavolato ed Eugenia Carabelli. Trascorre l’infanzia e la prima giovinezza a Trieste e in seguito comincia a frequentare l’Università di Vienna. Ma alla morte del padre. Nel 1911 si trasferisce con la madre a Firenze, dove risiede in viale Volta 75. Si iscrive a filosofia e nel frattempo cerca di guadagnarsi da vivere sfruttando la sua ottima conoscenza del tedesco.

1911 Prende contatti con il mondo delle riviste fiorentine: esordisce sulla rivista «L’Anima», e sul «Bollettino della Biblioteca filosofica», fondati entrambi da Giovanni Amendola e Giovanni Papini. Si lega al gruppo della «Voce», di cui è direttore Giuseppe Prezzolini.

1912 Poco dopo il passaggio della direzione della «Voce» da Prezzolini a Papini, Tavolato esordisce sulla rivista, sulla quale pubblica diversi articoli tutti riguardanti la cultura di lingua tedesca. I rapporti con Papini, che considera il proprio mentore, si fanno ancora più stretti.

1913 Pur continuando a scrivere per la «Voce», nel frattempo segue Papini anche nell’avventura di «Lacerba», di cui sarà assiduo collaboratore. Pubblica traduzioni di letteratura tedesca – soprattutto di aforismi, sul modello di Karl Kraus, che probabilmente aveva avuto occasione di ascoltare a Vienna – ma anche scritti propri. I suoi interessi ruotano principalmente intorno alla questione della sessualità: nei suoi articoli si scaglia, a partire da posizioni «immoraliste», contro l’ipocrisia delle convenzioni sociali vigenti. Pubblica, tra le altre cose, il provocatorio Elogio della prostituzione (1° maggio 1913), che gli causa un processo per oltraggio alla morale.

1914 Il processo si chiude con un’assoluzione. Papini gli affida la direzione di «Lacerba» per il periodo del viaggio parigino che compie assieme a Soffici e Palazzeschi. Pur convintamente futurista, Tavolato asseconda la svolta di «Lacerba» che rompe con la parte del movimento di stampo marinettiano. È dichiaratamente interventista, come del resto gli altri intellettuali della rivista. Collabora sporadicamente anche con altre riviste di area futurista, come «Quartiere latino», animata da Ugo Tommei, di ispirazione filoanarchica.

1915 Con la chiusura di «Lacerba» (22 maggio 1915) Tavolato lascia Firenze e si trasferisce a Roma, dove porta avanti, per conto della rivista, una sorta di «mandato filointerventista» (Rabatti 1993). Allaccia rapporti anche con l’ambiente napoletano. Alla fine dell’anno inizia a gravitare tra Capri e la costiera amalfitana.

1916-1917 Si trasferisce stabilmente a Capri dove incontra lo scrittore svizzero Gilbert Clavel, che amplia il suo raggio di contatti nell’ambito delle avanguardie europee primonovecentesche. A Clavel si deve anche la conoscenza di Tavolato con Fortunato Depero. Su commissione di Clavel, Tavolato traduce Un istituto per suicidi dello stesso Clavel, uscito a Roma 1917 e illustrato da Depero. Si tratta di una boccata d’ossigeno per Tavolato, che ha serie difficoltà economiche: «A furia di mangiare patate rubate mi sono un po’ idiotificato», scrive il 20 febbraio 1917 a Luciano Folgore (citato in Mastropasqua 2008, 92).

Collabora anche alla rivista romana «Avanscoperta», animata da Luciano Folgore, che annovera tra i collaboratori De Chirico, De Pisis e Savinio. Si interessa sempre più di arte contemporanea.

1918-1919 Nel marzo 1918 esce il primo (e unico) numero di «Eros, periodico mensile a cura di Italo Tavolato». Quindi è giornalista in Svizzera, probabilmente come copertura di un’attività di spionaggio. Fallito il progetto di «Eros», Tavolato progetta un’altra rivista, «Satyricon», per la quale chiede a Papini un articolo di polemica letteraria o politica; la rivista non uscirà mai.

1920-1925 Fino al 1924 risiede stabilmente a Capri, operando però anche a Napoli, Positano e Roma. Collabora a «Valori plastici», assumendo posizioni dichiaratamente anti-avanguardistiche; d’altra parte tutta la rivista chiede un ritorno all’ordine dopo gli eccessi del futurismo. Per le edizioni di «Valori plastici» scrive, tra il 1924 e il 1925, tre monografie (su Georg Grosz, su Rudolf Jacobi, su Adriaan Lubbers). Nel 1921 inizia a scrivere per la neonata rivista «Rassegna di studi sessuali», che intende confutare gli stereotipi moralistici attraverso un approccio scientifico alla sessualità.

Nel 1925 cura un numero della rivista berlinese «Roland» sull’Italia di Mussolini, intitolato «Das vierte Italien» e sponsorizzato dall’ambasciata italiana di Berlino. A partire dalla primavera-estate del 1925 si trova a Berlino dove lavora come pubblicista. Collabora anche con «Das Kunstblatt» e scrive recensioni per «Die literarische Welt». Da Berlino collabora con il quotidiano romano fascista «Il Tevere», diretto da Telesio Interlandi.

1926-1930 Verso la metà del 1926 torna in Italia e si iscrive al partito fascista; l’anno successivo soggiorna in Albania, forse in qualità di corrispondente, ma non si sa bene per quale organo di stampa. Nel 1929 è a Roma, ancora come giornalista; nel 1930 si fa ritrarre da De Chirico.

1931-1945 Non si hanno notizie precise sulla vita di Tavolato in questo periodo. Nel 1933 è arruolato dalla polizia politica fascista come informatore e nel dicembre dello stesso anno è inviato in Germania con lo scopo di indagare sull’organizzazione della Gestapo, di cui individua alcuni agenti attivi in Italia; segnala anche diversi giornalisti dell’Associazione stampa estera.

1946-1963 Dopo la guerra chiede, senza successo, di essere radiato dalle liste degli informatori dell’Ovra, la polizia politica del regime. Risiede a Roma, dove muore nel 1963.

Tavolato e la letteratura tedesca

Tra i giovani intellettuali triestini che scelgono di trasferirsi a Firenze per collaborare con il vivace ambiente delle riviste e in particolare con «La Voce», Italo Tavolato si distingue per essere riuscito a intercettare e a rendere noti in quel milieu culturale alcuni fenomeni recentissimi e interessanti della letteratura contemporanea di lingua tedesca, in particolare austriaca. Oltre che a tale pionieristico lavoro di mediazione, il nome di Tavolato è legato anche ad alcune tirate provocatorie contro la morale e a una produzione letteraria – soprattutto aforistica e saggistica – di stampo prima avanguardistico e poi ferocemente anti-avanguardistico. Come scrive Aldo Mastropasqua, Tavolato «condivide il destino di molti suoi concittadini, intellettuali di frontiera bilingui: destino di sradicamento e di nomadismo biografico e intellettuale. D’altra parte rappresenta una marginalità eccentrica che predilige la dispersione e la disseminazione del lavoro intellettuale portando però in dote una dimensione pienamente europea al dibattito culturale, artistico e letterario italiano» (Mastropasqua 2008, 87).

Si tratta di una figura controversa, che da una parte svolge un ruolo di primo piano in una delle riviste più interessanti dell’epoca, «Lacerba», e dall’altra è, già nella sua epoca, oggetto di giudizi più che dispregiativi (per la rivista filocattolica «La Torre» è «un innominabile pidocchio snob, sostentato dalla forfora intellettuale di Giovanni Papini»). In seguito Tavolato è stato del tutto dimenticato, oppure trasformato in un personaggio e in un simbolo, ancora una volta in senso negativo. Ne L’alcova elettrica (1986) Sebastiano Vassalli lo rende l’emblema dell’intellettuale italiano privo di sostanza e di contenuti da comunicare, ma disposto a stare perennemente al centro di diatribe pubbliche a patto che esse gli donino una qualche notorietà. L’attività di mediatore di letteratura tedesca non è ancora mai stata indagata (per i rari studi preliminari cfr. Bibliografia).

Gli esordi

I primi scritti di Tavolato sulla letteratura tedesca sono costituiti dal breve saggio su Karl Kraus e dalla recensione a Das Nordlicht di Theodor Däubler apparsi entrambi nel 1911 sulla rivista «L’Anima». La scelta degli autori è significativa: il primo, figura di intellettuale controcorrente e fieramente critico rispetto alla società del suo tempo, è per Tavolato, almeno fino ai primi anni venti, il principale modello da imitare; il secondo è il poeta di lingua tedesca più vicino, in quegli anni, ai gruppi di avanguardia italiani in cui Tavolato cercherà più avanti di inserirsi. Particolarmente interessante è il ritratto che Tavolato offre di Karl Kraus, i cui scritti vengono discussi non come opera letteraria bensì in primis come prodotto di un intellettuale militante che difende «sesso e genio» contro «lintellettualismo, la democrazia, la massa» («L’Anima», I, 6, giugno 1911, 184-188). Kraus è per Tavolato una figura potentemente iconoclasta, tenuta ingiustamente ai margini della società letteraria («Tutti lo leggono; nessuno ne parla»). Sempre nel 1911, sul «Bollettino della Biblioteca filosofica» di Firenze esce un intervento di Tavolato su Stirner.

Gli scritti su «La Voce», pubblicati tra il 1912 e il 1913, trattano temi legati alla cultura di lingua tedesca. Prezzolini ricorderà poi: «Qualche novità portò Italo Tavolato, giovane triestino al corrente della letteratura contemporanea tedesca, che era mancata interamente nei primi anni de “La Voce”» (Prezzolini 1974, 192). In particolare, Tavolato scrive su Harden e sul giornalismo, su Weininger e sulla questione sessuale in relazione al concetto di morale, sul teatro di Wedekind. Inoltre firma tre interventi sulle riviste letterarie austriache e tedesche («La Voce», IV, 23, 6 giugno 1912, 830; IV, 52, 26 dicembre 1912, 979-980; V, 5, 30 gennaio 1913, 1003-1004; V, 10, 6 marzo 1913, 1031). A tale riguardo le sue posizioni coincidono con quelle krausiane. Avversa Schnitzler e gli interventi di Salten e Bahr sulla «Neue Rundschau»; Harden e «Die Zukunft»; «Die Tat» di Horneffer e Hoffmann, «carta petulante» di un «sarto spirituale» che preconizza al mondo un avvenire «pangermanico». Preferisce «Der Brenner», la rivista animata da Carl Dallago, apertamente filokrausiana; per «Die Fackel», la rivista di Kraus, le lodi non si contano (tra l’altro spende parole di apprezzamento anche per i «Neue Blätter» che hanno pubblicato versioni da Pascoli, fino ad allora considerato in Germania mero «Tirteo d’occasione»).

Del periodo che Tavolato trascorre alla «Voce» va sottolineato un ulteriore punto: il crescente interesse per la questione della morale sessuale. La recensione alla traduzione fatta da Giulio Fenoglio di Geschlecht und Charakter di Weininger (Sesso e carattere, Torino, Bocca, 1912), su «La Voce» del 31 ottobre 1912 (IV, 44, 924-925) mette impietosamente in rilievo imprecisioni ed errori della versione, ma esalta l’opera di Weininger definendola «il più bel libro che dopo Nietzsche sia stato pubblicato in un paese tedesco». Si nota qui una discrepanza con le posizioni di Kraus (del quale sono note le riserve parziali verso Weininger e ampie verso Nietzsche) e una convergenza con quelle di Papini, che già fin dal 1910 si dichiarava ferventemente weiningeriano, assieme a non pochi altri scrittori italiani (Cavaglion 1982).

Di fatto, è da una prospettiva weiningeriana (ovverosia di fatto papiniana) che Tavolato legge le opere di letteratura di lingua tedesca, tra le quali quelle del drammaturgo Frank Wedekind. Di conseguenza le biasima apertamente: non vi ritrova infatti il conflitto tra sessualità ed erotismo (inteso come amore platonico) su cui si basava invece Geschlecht und Charakter di Weininger. Se – come in Wedekind, secondo Tavolato – tutto è sessualità, se l’erotismo è mera emanazione di quest’ultima, allora non vi può essere tensione; la tragedia diventa tragicommedia, la satira si trasforma in umorismo grottesco, e non si può più parlare di poesia, bensì, al contrario, di «assoluta mancanza di poesia» (p. 925). È evidente che Tavolato si muove in linea con la rivista che ospita il suo intervento, la «Voce», ignorando – o volendo ignorare – il saggio krausiano su Wedekind Die Büchse der Pandora del 1905, che esprimeva posizioni diametralmente opposte. Per Kraus, la posizione centrale che Wedekind assegna alla sessualità è motivo di ammirazione ed entusiasmo; Tavolato invece ne deriva un giudizio negativo, diagnosticando assenza di «poesia» nelle opere del drammaturgo tedesco.

Degno di nota è poi il contraddittorio atteggiamento di Tavolato rispetto alla ricezione tedesca del futurismo italiano, movimento che Kraus aveva aspramente criticato. Nel primo intervento sulle riviste tedesche, Tavolato – ancora una volta sulla falsariga krausiana, ma anche (in questo caso soprattutto) vociana – condanna l’apertura al futurismo di «Der Sturm», pur riservando alla rivista un giudizio lusinghiero («La Voce», IV, 23, 6 giugno 1912, 830). Nel terzo intervento, uscito pochi mesi dopo («La Voce», V, 5, 30 gennaio 1913, 1003-1004), l’ammirazione per «Der Sturm» è invece incondizionata: «[…] tutti coloro che non sono i nonni di se medesimi, dovrebbero considerare lo Sturm portavoce di ciò che è sveglio e combattivo in Germania e fuori». All’altezza del gennaio 1913, quindi, l’alleanza di «Der Sturm» coi futuristi non è più un problema per il vociano Tavolato, che sta per seguire il mentore Papini nell’avventura di «Lacerba».

Tavolato futurista

La collaborazione di Tavolato con «Lacerba» innesca alcuni macroscopici cambiamenti, tra i quali: il mutamento della posizione su Weininger; la sempre più ostentata assunzione di una postura autoriale krausiana e l’importazione in Italia di un Kraus piuttosto manipolato («immoralista» nonché anti-germanico); l’ampliarsi del raggio d’azione di Tavolato stesso, che da semplice esperto di cultura tedesca tenta di accreditarsi come letterato e scrittore.

Il primo articolo di Tavolato su «Lacerba», L’anima di Weininger (I, 1, 1° gennaio 1913, 5-7), critica le teorie del pensatore austriaco, nonostante il plauso accordatogli qualche mese prima sulla «Voce». «Non accettiamo né le sue teorie biologiche, né la sua metafisica mistica, né il suo sistema filosofico. Poche son le idee comuni. Lo deprezziamo: più di metà dell’opera sua non è ciò che voleva essere; cioè non è concetto, ma simbolo e mito» (p. 5). A Weininger, stretto nel conflitto tra la sessualità (intesa come caos o pazzia) e «il valore» (lo spirito, inteso come cosmos e verità), Tavolato rimprovera l’aver voluto scegliere quest’ultima strada, quella della «santità» e dell’«immortalità vera» (p. 6), suicidandosi. Il suicidio dell’ebreo viennese si configura come atto volto a conseguire l’«assoluta castità»; e noi (lacerbiani), prosegue Tavolato, «non accettiamo la santità […] Anche il nostro diavolo ha diritto di vivere». L’uomo – sostiene – riunisce in sé l’uno e l’altro estremo, e proprio per questo è superiore a Dio; perché dunque, si chiede Tavolato, sviluppare solo una delle due parti? Nel passaggio da «La Voce» a «Lacerba», quindi, Tavolato si è distaccato da Weininger, pur senza riallinearsi a Kraus. L’obiezione mossa da Tavolato a Weininger, difatti, non è la stessa che gli aveva rivolto Karl Kraus, il quale – pur condividendo molte delle analisi esposte in Geschlecht und Charackter – aveva criticato la condanna weiningeriana del polo W, quello femminile (Weib) ovverosia quello dell’irrazionalità e della pansessualità. Scriveva Kraus: «“Un adoratore delle donne concorda entusiasticamente con gli argomenti del Suo disprezzo per le donne”, scrissi a Otto Weininger dopo aver letto il suo libro» (Kraus 1972, 93).

Il successivo numero di «Lacerba» successivo si apre con una scelta di aforismi di Kraus nella traduzione di Italo Tavolato («Lacerba», I, 2, 15 gennaio 1913, 1). Il tema principale è ancora una volta quello del rapporto tra morale e sessualità; non mancano strali contro la stampa. Se sulla «Voce» il Kraus di Tavolato era una figura intellettuale controcorrente, ma pur sempre un modello etico e un campione di “moralità”, su «Lacerba» le posizioni krausiane servono a conferire a chi le traduce e a chi le pubblica una nota ferocemente iconoclasta, così da sostenere la tesi che l’unica moralità morale sia l’immoralità, ovverosia – per dirlo con le parole di Kraus stesso nella traduzione di Tavolato – la moralità che «urta il pudore dell’uomo colto» (ibidem).

Non è un caso, inoltre, che nello stesso numero di «Lacerba» si legga una scelta di prose brevi, di sapore aforistico, di Giovanni Papini. Si intitolano I cattivi («Lacerba», I, 2, 15 gennaio 1913, 12-13) e trattano anch’esse di temi legati alla morale. Muovono dall’idea che in quest’ambito si debbano abbandonare le convenzioni sociali vigenti e che l’immoralità vada riabilitata come forma di morale – una posizione, come si è visto, non distante da quella attrbuita a Kraus da Tavolato. «Nella guerra millenaria che cominciò con Abele e Caino abbiamo ascoltato finora una sola campana […] Non sarebbe male sapere una buona volta ciò che i cattivi pensano dei buoni» (p. 13). Tavolato insomma opera un tentativo di importazione di Kraus in Italia su mandato, o quantomeno su ispirazione, del suo mentore nonché direttore della rivista Giovanni Papini.

Tale tentativo di importazione di Kraus produce anche diversi scritti tavolatiani, nei quali il nome dell’autore austriaco non è esplicitamente citato, anche se se ne riprendono continuamente le argomentazioni in tema di morale e di sessualità. Si vedano Contro la morale sessuale («Lacerba», I, 3, 1 febbraio 1913, 27-28); Glossa sopra il manifesto futurista della lussuria (I, 6, 15 marzo 1913, 58-59); Elogio della prostituzione (I, 9, 1 maggio 1913, 89-92); Il convito non platonico (I, 14, 15 luglio 1913, 149-150); Fra me e me (I, 10, 15 maggio 1913, 117).

Elogio della prostituzione causa a «Lacerba» un processo per oltraggio alla morale che porterà non pochi abbonati alla rivista e una certa notorietà all’autore dello scritto. Alle dichiarazioni dei magistrati inquirenti, che bollano l’articolo come «osceno e volgare», gli avvocati di «Lacerba» rispondono facendo di Tavolato un «profondo conoscitore dell’animo umano», un «filosofo di mente quadrata» e «profeta di nuove e astruse dottrine» (citati in Vassalli 1986, 29). Marinetti, in qualità di testimone in un processo che giova anche alla sua popolarità, afferma: «Reputo che il Tavolato non ha voluto fare un racconto osceno, ma soltanto uno studio filosofico, adoperando uno stile grave – tedesco – non accessibile a tutti, e usando parole vere e sincere» (in Vassalli 1986, 160). Il processo finisce con una sentenza di assoluzione, emessa nel gennaio 1914.

Contro la morale sessuale esce anche come pamphlet, pubblicato dalla Libreria Ferrante Gonnelli di Firenze nel settembre del 1913; la copertina è disegnata da Ardengo Soffici, che trasforma il titolo e l’indicazione del prezzo in una sorta di poemetto futurista («contro / lamora / lesessu / ale20c»). «Io non son qua per illuminare il capo a chi ha pregiudizi, io son qua per cazzottare il capo a chi ha pregiudizi. Io non devo difendere la pederastia, io devo offendere la morale. Io non ho a discutere le opinioni, io ho ad annientare le opinioni», scrive Tavolato.

Argomentazioni krausiane, stavolta in relazione alla polemica contro la stampa, si ritrovano anche in Bestemmia contro il giornalismo («Lacerba», II, 5, 1 marzo 1914, 76-77). Il triestino, inoltre, pubblica sulla rivista numerosi aforismi, che, pur definendosi a volte «futuristi», sono krausiani nella forma e nel contenuto (Frammenti futuristi, I, 13, 1 luglio 1913, 146; Frammenti I, 17, 1° settembre 1913, 191; Frammenti, II, 10, 15 maggio 1914, 151).

Nel settembre del 1913 Tavolato pubblica una rassegna di frammenti di Georg Christoph Lichtenberg dal titolo Improptus («Lacerba», I, 18, 15 settembre 1913); sulla pagina precedente si legge L’antitradizione futurista di Apollinaire. Il 15 ottobre 1913 esce inoltre Hellmann. Della prostituzione, una scelta di aforismi (tratti da Über Geschlechtsfreiheit di Roderich Hellmann, 1878) che tornano sul tema del rapporto tra ipocrisia e morale, tra artisti e prostitute («Tuttora è molto diffusa l’opinione che con persona pagata debba svanire ogni illusione, ogni entusiasmo, ogni voluttà. Pregiudizio. Nessuno per esempio si sogna di perdere ogni illusione a teatro perché è necessario pagar l’ingresso» («Lacerba», I, 20, 15 ottobre 1913, 121). Tavolato procura a «Lacerba» il saggio di Theodor Däubler, da lui conosciuto a Capri, su Picasso (II, 9, 1 maggio 1914, 129-134) e due prose brevi di Gustav Meyrink (La maledizione del rospo, III, 11, 13 marzo 1915, 84; Malattia, III, 13, 27 marzo 1915, 103), entrambi usciti senza indicazione del traduttore (ma con ogni probabilità si tratta di Tavolato stesso).

Tavolato è dichiaratamente interventista, come del resto gli altri redattori di «Lacerba». In Deploratoria in morte di Franz Ferdinand («Lacerba», II, 15, 1° agosto 1914, 237) e in AEIOU («Lacerba», II, 19, 20 settembre 1914, 270-271) esprime posizioni genericamente anti-austriache. In Sangue viennese (II, 22, 1° novembre 1914, 292-293) rimprovera ai viennesi di non apprezzare quanto di buono abbia prodotto la loro cultura: «Sono convinto che son tutti viennesi coloro che sputano a terra quando passa per via lo scrittore Kraus». È, evidentemente, un modo per superare la contraddizione implicita tra l’ammirazione per l’intellettuale che gli aveva fatto da modello negli anni precedenti e il proprio fervente interventismo. Nello stesso numero viene pubblicata una scelta di aforismi di Nietzsche intitolata Accuse contro i tedeschi («Lacerba», II, 22, 1° novembre 1914, 295): Tavolato dunque non si fa scrupolo di mobilitare le grandi personalità della cultura di lingua tedesca “manipolandole” in chiave interventista.

Tavolato anti-avanguardista

In seguito alla chiusura di «Lacerba» (22 maggio 1915) Tavolato inizia a muoversi tra Roma e Capri, dove incontra lo scrittore svizzero Gilbert Clavel. Su commissione di quest’ultimo il triestino traduce in italiano, da un testo inedito in tedesco, Un istituto per suicidi dello stesso Clavel (Roma, Lux, 1917), corredato da illustrazioni di Fortunato Depero.

Nel marzo 1918 esce il primo (e unico) numero di «Eros. Periodico mensile a cura di Italo Tavolato». La rivista, scritta per intero da Tavolato sulla falsariga della «Fackel» krausiana, raccoglie soprattutto aforismi a forte carica provocatoria, provenienti in parte da «Lacerba», ma ingloba anche un florilegio di citazioni di scrittori tedeschi classificabili come “anti-germanici”. Dopo il mancato successo di «Eros» Tavolato progetta un’altra rivista, «Satyricon», per la quale chiede a Papini un articolo di polemica letteraria o politica; la rivista non uscirà mai.

In seguito si interessa sempre di più all’arte contemporanea e assume posizioni fieramente anti-avanguardistiche. Scrive contro il dadaismo, contro la compromissione dell’arte con il mercato, a favore di un ritorno dell’arte alle proprie origini magiche ed erotiche. Per «Valori plastici» scrive tre monografie su artisti contemporanei, due dei quali tedeschi: Georg Grosz e Rudolf Jacobi (entrambi i volumi escono nel 1924). Particolarmente interessante è per Tavolato il ruolo svolto dalla figura di Grosz, che sembra sostituire quella di Kraus. Anche di Grosz, come prima di Kraus, Tavolato ama la satira borghese e antiautoritaria; è però costretto a separare l’artista dal suo milieu espressionista, futurista, dadaista, che Tavolato adesso avversa esplicitamente. Inoltre Grosz sogna una palingenesi comunista non condivisa da Tavolato, che simpatizza sempre di più coi movimenti politici di destra.

A partire dal 1925, Tavolato sembra compiere in senso inverso il tragitto giovanile, spostandosi a Berlino e cercando di far conoscere in Germania la letteratura italiana (Mastropasqua 2008, 109-111). Das vierte Italien, il numero della rivista berlinese «Roland. Illustrierte Wochenschrift für Politik Kunst Gesellschaft Theater Wirtschaft» (XXIII, 37, 10 settembre 1925), che Tavolato cura su richiesta dell’ambasciata italiana della capitale tedesca, è l’inizio di una attività di pubblicista che avrà un carattere sempre più dichiaratamente politico. Se difatti è vero che il numero contiene traduzioni di opere letterarie italiane, tra le quali Der Rabe von Mìzzaro (Il corvo di Mizzaro) di Pirandello, salta agli occhi la presenza, nel fascicolo, di un discorso di Mussolini al parlamento italiano. La copertina riporta non un’opera di Carlo Carrà, come originariamente previsto, bensì una foto di Mussolini in fez e uniforme carica di medaglie.

Della fase successiva della vita di Tavolato non abbiamo notizie certe; il suo archivio e i suoi carteggi risultano dispersi. 

Bibliografia

Benussi 2009: Cristina Benussi, Italo Tavolato, «Rivista di letteratura italiana», XXVII.3, pp. 63-75

Canali 2004: Mauro Canali, Le spie del regime, Bologna, Il Mulino

Cavaglion 1982: Alberto Cavaglion, Otto Weininger in Italia, Roma, Carocci

Fantappiè 2018: Irene Fantappiè, Traduzione come importazione di figure autoriali, in: Anna Baldini, Daria Biagi, Stefania De Lucia, Irene Fantappiè, Michele Sisto, La letteratura tedesca in Italia. Un’introduzione 1900-1920, Quodlibet, Macerata, pp. 113-141

Kraus 1972: Karl Kraus, Detti e contraddetti, a cura e traduzione di Roberto Calasso, Milano, Adelphi 1972 (una scelta di aforismi da: Sprüche und Widersprüche, del 1909; Pro domo et mundo, del 1912; e Nachts, del 1918)

Mastropasqua 1980: Aldo Mastropasqua. La ‘funzione Tavolato’. Tavolato e Kraus 1911-1914, «ES. Rivista quadrimestrale», 14, pp. 93-105

– 2001: Aldo Mastropasqua, Italo Tavolato tra «La Voce», «Lacerba» e «Der Sturm», in «Avanguardia», 17, pp. 83-89.

– 2008: Aldo Mastropasqua, Italo Tavolato, un “eretico della modernità” tra Italia e Germania, in: Spazi di transizione. Il classico moderno (1888-1933), a cura di Mauro Ponzi, Milano, Mimesis, pp. 87-110

Ponzi 1980: Mauro Ponzi, Theodor Däubler tra “poesia cosmica” e sperimentalismo. Un punto di contatto tra espressionismo e futurismo italiano, «ES. Rivista quadrimestrale», 14, pp. 107-116

Prezzolini 1974: La Voce 1908-1913: cronaca, antologia e fortuna di una rivista, a cura di Giuseppe Prezzolini, Milano, Rusconi

Rabatti 1992: Leonello Rabatti, Italo Tavolato a Firenze. Tra mediazione culturale ed avanguardismo immoralista, in «La Rassegna della letteratura italiana», 96, 8, n. 1-2, pp. 153-166

– 1993: Leonello Rabatti, Una triestinità “eretica”. La vicenda letteraria di Italo Tavolato (1889-1963), «La Rassegna della letteratura italiana», 97.8, n. 1-2 , pp. 236-250

Scalia 1961: La cultura italiana del ‘900 attraverso le riviste. 4. «Lacerba» – «La Voce» (1914-1916), a cura di Gianni Scalia, Torino, Einaudi

Vassalli 1986: Sebastiano Vassalli, L’alcova elettrica. 1913: il futurismo italiano processato per oltraggio al pudore, Torino, Einaudi