Poeta pirata e traduttore libero

OMAGGIO A MARC PORCU

di Laura Nieddu

Foto Alessandro Cani

La poésie, c’est sortir de soi et y faire entrer les autres (La poesia è uscire da sé stessi per farci entrare gli altri). Con questa frase del poeta Gérald Neveu, Marc Porcu amava parlare della sua opera, un lavoro su di sé e sul proprio sé rivolto al mondo che è durato decenni, avendo cominciato a scrivere in rima già da adolescente.

E’ lo stesso autore a presentarsi in un componimento dal titolo Sono nato: «Sono nato a Souk-El-Arba in Tunisia il dieci di dicembre / anno mille novecento cinquanta tre /quindici giorni avanti / l’anniversario della Natività. […] Non dirò altro perché non amo molto l’autobiografia». Discreto, ma affermato, Marc Porcu è stato un poeta, un educatore, un traduttore, un divulgatore. Difficile dire quale di queste definizioni calzi meglio alla sua figura, benché esista un filo conduttore che unifica tali descrizioni, ovvero la vocazione per una cultura inclusiva. Il titolo di intellettuale sarebbe forse adatto, ma senza quella ostentazione che a volte sporca l’appellativo.

Marc potrebbe essere definito come pienamente mediterraneo, dato che sua madre era siciliana, mentre suo padre, pur di origini sarde, era nato in Tunisia, dove il suo nonno paterno si era rifugiato con la moglie, allora incinta, durante il periodo fascista. Il Mediterraneo, appunto, e l’idea di isola (prima di tutto, ma non solamente, la Sardegna) sono due elementi fondamentali dell’opera e della stessa personalità del poeta.

Anche se non amava sentirsi rinchiuso in una definizione geografica, già il suo cognome, Porcu, tradiva le sue origini sarde, da lui pienamente esaltate anche in letteratura. L’avvicinamento simbolico alla Sardegna avviene, prima di tutto, attraverso la trasposizione in francese di componimenti di Bruno Rombi, di Gigi Dessì e di Giovanni Dettori, poeti sardi che hanno significato per lui una sorta di ritorno alle origini: Mes traductions d’auteurs sardes m’ont permis de reconstituer l’itinéraire des miens et de prendre possession de la culture sarde (le mie traduzioni di autori sardi mi hanno permesso di ricostituire il percorso della mia famiglia e di appropriarmi della cultura sarda). Si tratta dunque di un cammino individuale, che parte dalle radici della sua storia e risale fino alla superficie di un presente collettivo, in continuo cambiamento.

Pur avendo tradotto anche degli autori non-sardi, Marc era diventato il rappresentante in Francia della produzione isolana, soprattutto di quella in prosa. Difatti, al di là della poesia, che lo definisce sia in quanto scrittore sia in quanto individuo, importante nella costruzione della sua personalità letteraria e nel suo percorso verso la Sardegna è l’epifania costituita dai libri di Sergio Atzeni. Marc definiva Atzeni «questo fratello sconosciuto del quale traduco la rivolta e la propago nella nostra lingua», un fratello col quale condivide anche la passione per la traduzione, avendo avuto Atzeni anche il merito di porgere ai lettori italiani alcune opere, tra gli altri, di Lévi Strauss, Stendhal, Sartre o, ancora, Chamoiseau, come si rileva anche dal n. 9 (autunno 2015) di «tradurre», in gran parte dedicato allo scrittore sardo nella sua veste di traduttore.

Marc Porcu fa conoscere questo autore poliedrico in terra gallica grazie anche al sostegno di uno dei suoi editori francesi, ovvero Pierre-Jean Balzan, direttore della casa editrice lionese La fosse aux ours. La loro collaborazione comincia con la pubblicazione del romanzo Le fils de Bakounine, nel 2000, traduzione di Il figlio di Bakunin, del 1991, e continua con altre tre opere dello stesso autore. Di Marc Porcu, Pierre-Jean Balzan sottolinea l’aspetto propositivo nel loro rapporto professionale, che si è poi trasformato in una duratura relazione di amicizia. Benché abbia tradotto anche un autore non sardo, ovvero Vladimiro Polchi con il suo Blacks out (2012), è possibile dire che per la Fosse aux ours Marc fosse il referente principale per gli autori provenienti dalla Sardegna. Difatti, a parte Sergio Atzeni, che è stato per lui un vero coup de coeur, Marc ha tradotto per la casa editrice lionese anche Francesco Abate, Luciano Marrocu, Flavio Soriga e Giulio Angioni. Balzan mette in evidenza la sua empatia con le persone con cui veniva in contatto, oltre che con le opere, che traduceva con grande generosità, realizzando delle «traduzioni da poeta e cercando la musica nei testi». La sua passione si è trasformata quasi in una missione, quella di portare sotto gli occhi di tutti la bellezza della sua terra di origine, e per questo suo impegno è stato premiato non solo con le grandi amicizie strette sull’isola, ma anche con il riconoscimento della Navicella d’argento, che per i suoi meriti gli è stato conferito nel 2014 dall’associazione Sardegna Oltre il Mare.

Da sempre appassionato di storia della Sardegna, oltre all’avvicinamento quasi magnetico alla cultura sarda, provocato dalla traduzione dei testi atzeniani, Marc Porcu ha operato anche un reale approccio alla realtà contemporanea grazie a un autore che di Sergio Atzeni ha molto, principalmente l’amore per la città di Cagliari e il gusto di ritrarre lo spirito di leggerezza dei suoi cittadini. Parliamo qui del già citato Francesco Abate, di cui Marc ha tradotto per La fosse aux ours tre libri (Ultima di campionato, col titolo Dernière journée de championnat, 2006; Il cattivo cronista, col titolo Le chroniqueur sans coeur, 2009; Chiedo scusa (Je demande pardon, 2014). Francesco e Marc hanno condiviso molti momenti con il pubblico, durante le numerose presentazioni in giro per la Francia, e si sono dimostrati complementari nel loro rapporto con i lettori. A detta di Abate, Marc non era solo un traduttore, ma un vero scrittore, entusiasta, che aveva il coraggio della propria libertà interpretativa e che, in qualche modo, faceva suoi i testi su cui lavorava, grazie anche ai profondi rapporti che riusciva a stringere con gli autori e alla volontà di immergersi, fisicamente e emotivamente, nelle città e nei quartieri che doveva raccontare. La loro amicizia si è poi rafforzata nel momento in cui Francesco Abate ha messo in relazione Marc con i membri dell’associazione cagliaritana Chourmo, organizzatori, tra l’altro, del Marina Café Noir, Festival di letterature applicate, che nel 2017 arriva alla sua quindicesima edizione.

Attraverso le parole di Giacomo Casti, regista e autore teatrale, attore, nonché membro fondatore dell’Associazione Chourmo, scopriamo ancora altre peculiarità del nostro poeta. Fratello pirata e sognatore indomito, lo definisce Casti, sottolineando la sua bravura nel rendere intenso un reading, «attività in cui Marc eccelleva, anche grazie a una voce di grande profondità e carisma». Notevole, inoltre, la sua disponibilità a prendere parte a progetti a forte vocazione sociale, come gli atelier di scrittura realizzati con i detenuti e gli ex-detenuti del carcere di Buoncammino di Cagliari.

D’altronde, ciò che meglio lo caratterizzava era sicuramente il suo rapporto con gli altri, a tutti i livelli, nella sua vita professionale come nell’ambito della cultura, nel quale ha sempre avuto un ruolo molto attivo. Gioviale e disponibile, riusciva ad entrare in contatto con differenti tipologie di persone con spirito partecipativo e di mediazione.

L’empatia è una qualità che ritorna spesso nei ricordi di chi l’ha conosciuto. Nel suo lavoro di educatore specializzato nelle scuole di periferia era una caratteristica necessaria per operare in maniera piena, senza filtri, e dedicare le sue energie ai ragazzi cosiddetti difficili, che in lui trovavano una figura di riferimento forte e allo stesso tempo gentile. Guida fuori dagli schemi, Marc cercava di coinvolgere i suoi studenti nella comunità grazie ad attività culturali, allontanandoli talvolta da destini di strada e utilizzando, per far ciò, anche la sua amata poesia, che diventava, così, uno strumento di salvezza. Il suo sguardo benevolo nei confronti dei suoi ragazzi emerge anche dalla sua opera poetica: si pensi, ad esempio, alla composizione À mes élèves, «ai miei allievi», nella quale, con voce di padre, Marc cerca un senso al loro smarrirsi e una giustificazione che possa spiegare e far accettare le realtà spesso disprezzata dei giovani considerati perduti: Il manque au souvenir la voix chaude d’une mère / Annonçant l’arrivée sur le quai de la terre. / Il manque dans l’enfance / Cette mémoire amère / Le sourire d’un père / Comme un coin de vacances (Manca tra i ricordi la calda voce di un madre / che annuncia l’arrivo all’approdo della terra. / Manca nell’infanzia questa memoria amara, / il sorriso di un padre come un angolo di vacanza».

Sulla stessa scia si collocano le sue esperienze di animatore di atelier di scrittura in contesti non facili, come case di riposo, ospedali psichiatrici o, ancora, prigioni. Cultura inclusiva, si è detto, e uno sguardo particolare verso quelli che potrebbero essere definiti come ultimi, attenzione che si ritrova nelle sue poesie, che sono grida contro le ingiustizie così come delicate note nostalgiche.

La sua è spesso una poesia di memoria, a tratti inquieta, intrisa talvolta di una malinconia non sua, ma che lui si portava dentro come un bagaglio familiare. Malgrado la dimensione intimistica, i suoi sono primariamente componimenti engagés, di impegno sociale forte, ma non apertamente politico, seppur in alcune opere emerga il suo spiccato spirito libertario e antifascista, eredità di quel nonno che, per sfuggire al regime, aveva scelto di attraversare, su una piccola imbarcazione, il tratto di mare che divide il sud della Sardegna dalla Tunisia.

Nel corso degli anni, Marc ha pubblicato numerose raccolte poetiche, ha diretto le pubblicazioni dell’associazione lionese «Poésie-rencontres» e partecipato a diversi progetti collettivi«Jusqu’au printemps des mots» (2002), «Actes de naissance» (2003), «J’ai embrassé l’aube d’été» (2004), – «Un printemps sans vie brûle» (2015), «J’ai cessé de me désirer ailleurs» (2016) – ottenendo anche diversi riconoscimenti, tra cui, nel 1991, il prestigioso Premio Europa. Sempre nell’ambito della poesia, ha preso parte a festival internazionali e ha animato per circa vent’anni la rivista «Les cahiers de poésie-rencontres», dove ha avuto la possibilità di presentare e a volte tradurre diversi autori, in particolare italiani, come Eugenio Montale e Mauro Macario.

Attraverso la voce di suo figlio Dimitri, per il quale Marc era più un complice e un amico che un padre, scopriamo la grande passione per la composizione, l’enorme entusiasmo per i nuovi progetti comuni, nonché l’apertura al mondo, oltre la Francia, oltre il Mediterraneo. Insieme hanno ideato e realizzato diversi progetti artistici, nei quali l’accompagnamento musicale di Dimitri, polistrumentista, esaltava la voce del poeta nella lettura dei suoi testi e il loro duo Saxevoce si è prodotto in diversi festival, sia in Francia che oltre i confini nazionali.

Pur impegnato nelle traduzioni, Marc non ha mai abbandonato il suo primo amore, dato che, come lui stesso ha affermato, le travail de traducteur est dans mon cas un détour pour revenir au poème (il lavoro di traduttore è, nel mio caso, una deviazione per ritornare alla poesia).

La poesia l’ha accompagnato anche nella scoperta/riscoperta della Sardegna. Emblematica in tal senso è l’opera Le cri de l’aube / L’urlo dell’alba, l’unica antologia poetica di Marc edita in Italia, dalla casa editrice cagliaritana CUEC, nel 2012. La raccolta è un lavoro composito e anche molto intimo, ma l’editore cagliaritano Mario Argiolas, che ha affiancato il poeta, diventato poi amico, nella pubblicazione della raccolta e in diverse presentazioni, ricorda la grande sensibilità di Marc al dialogo e al confronto.

Il testo si presenta in due lingue, la voce francese di Porcu e il ponte verso la lingua italiana creato da Giovanni Dettori, il quale, nell’introduzione, dà risonanza all’eco lontana presente nei componimenti di tale raccolta: «C’è un’isola e un antenato mitico all’origine della poesia di Marc Porcu, o meglio: in principio era un’isola e un antenato che si fece mito. Che poi si farà poesia e un mare da attraversare, da riva ad altra riva». Arricchito dalle immagini dell’amico jazzista Louis Sclavis, Le cri de l’aube è stato definito da Leandro Muoni come il «luogo di incontro di sentimento e ragione», occasione di esaltazione della memoria, ma anche degli ideali di resistenza e riscatto. Tale opera dà inoltre modo a Marc di rendere omaggio alle figure che lo hanno plasmato e marcato in profondità, a cominciare dal nonno paterno per passare a Arthur Rimbaud, senza dimenticare Antonio Gramsci, Sergio Atzeni, Sebastiano Satta, lo scultore Peppino Sciola, ma anche Pavese, Pasolini, Caproni e Ungaretti.

Per tutte queste ragioni, Le cri de l’aube appare quasi come un memoriale e, allo stesso tempo, un testamento di ciò che era Marc e di ciò in cui ha creduto e per cui ha lottato per tutta la sua vita. E anche se la mort est un camion lancé sans frein («la morte è un camion lanciato, senza freni»: tragica, involontaria predizione), la sua scomparsa non lo ha distrutto, lo ha solo reso impalpabile, poiché i suoi scritti fanno di lui una figura ancora ben presente a chi lo ha conosciuto, letto e a chi lo leggerà.

Traduzioni di Marc Porcu

Poesia

Gigi Dessì, Suggestioni di vita, Lyon, Poésie-rencontres, 1994

Bruno Rombi, Un Amour, Lyon, Poésie-rencontres, 1994

Italo Rossi, Prismes, Charlieu, La Bartavelle éditeur, 1996

La poésie sarde, Lyon, Les cahiers de poésie-rencontres n° 33

Eugenio Montale et la poésie ligurienne du 20ème siècle, Lyon, Les cahiers de poésie-rencontres n° 41

La poésie ligurienne du 20ème siècle, Lyon, Les cahiers de poésie-rencontres, n° 46

Sergio Atzeni, Deux couleurs existent au monde, le vert est la seconde, Genouilleux, La passe du vent, 2003

Giovanni Dettori, Au gré des lunes errant /A varia luna errando. Anthologie personnelle 1986/2004, Genouilleux, La passe du vent, 2005

Joyce Lussu, «Inventaire des choses certaines», anthologie bilingue italien-français, Genouilleux, La passe du vent, 2015

Mauro Macario, La débacle des bonne intentions. Poèmes 1992-2014, Vareilles, La rumeur libre, 2016

Claudio Pozzani, Saudade & spleen, Paris, Fernand Lanore, 2000 (con Monique Baccelli)

Prosa

Sergio Atzeni, Le fils de Bakounine, Lyon, La fosse aux ours, 2000

Sergio Atzeni, La fable du juge bandit, Lyon, La fosse aux ours, 2001

Sergio Atzeni, Le cinquième pas est l’adieu, Lyon, La fosse aux ours, 2002

Claudio Pozzani, Kate et moi, Genouilleux, La passe du vent, 2002

Sergio Atzeni, Récits avec bande son, Lyon, La fosse aux ours, 2004

Francesco Abate, Dernière journée de championnat, Lyon, La fosse aux ours, 2006

Luciano Marrocu, Faulas, Lyon, La fosse aux ours, 2008

Francesco Abate, Le chroniqueur sans cœur, Lyon, La fosse aux ours, 2009

Sergio Atzeni, Nous passions sur la terre légers, Arles, Actes Sud, 2010

Luciano Marrocu, Debrà Libanos, Lyon, La fosse aux ours, 2010

Flavio Soriga, L’amour à Londres et en d’autres lieux, Sainte-Colombe, Rouge inside, 2011

Vladimiro Polchi, Blacks out, un jour sans immigrés, Lyon, La fosse aux ours, 2012

Francesco Abate, Je demande pardon, Lyon, La fosse aux ours, 2014

Giulio Angioni, A la face du monde, Lyon, La fosse aux ours, 2017

Marc Porcu poeta

Mémoires de l’exil, Lyon, Poésie-rencontres, 1984

Sous la pression des mots, Amay, L’arbre à paroles, 1989

Du fleuve aux lèvres, Charlieu, La bartavelle,1989

Pierre intacte, Ternay, Le pré de l’âge, 1990

Les pélerins du souffle dans une banlieue du monde, Charlieu, La bartavelle, 1990

L’aile apostrophe, Amay, L’arbre à paroles, 1993

Sull’ala dei sogni, Alghero, Nemapress, 1994

Esquisses et masques pour un visage unique, Amay, L’arbre à paroles, 1995

 

 

Visages et mots d’avant l’oubli, Charlieu, La bartavelle, 1998

En filigrane sur la nuit, Genouilleux, La passe du vent, 2002

Le sourire du cordonnier (libro fotografico di Henriette Ponchon de Saint-André, con testi di Marc Porcu), Boulogne-Billancourt, L’Atelier d’Images, 2006

Le cri de l’aube / L’ urlo dell’alba, traduzione dal francese Giovanni Dettori; fotografie Louis Sclavis, Cagliari, CUEC, 2012

Ils ont deux ciels entre leurs mains, Genouilleux, La passe du vent, 2013