Con questo numero inauguriamo una nuova rubrica, «LTit», in cui con grande piacere ospitiamo, come spiega Michele Sisto nel suo asciutto articolo introduttivo, le schede che vengono preparando le studiose e gli studiosi coinvolti nel progetto FIRB/Futuro in Ricerca (Storia e mappe digitali della letteratura tedesca in Italia: editoria, campo letterario, interferenza) finanziato dal MIUR per il periodo 2013-2018, di cui è prevista la prosecuzione anche nei prossimi anni. In tal modo il numero viene ad assumere, involontariamente ma non casualmente, un carattere pressoché monografico, in quanto vi è una particolare abbondanza di ricostruzione di personalità. Le cinque schede «LTit» puntano, come quelle che compariranno in futuro nella rubrica, a offrire un ritratto abbastanza esauriente di alcune personalità italiane che nel Novecento sono state «mediatrici culturali» (soprattutto traduttrici e traduttori, ma non solo) nell’accoglienza di altre letterature da noi. Ma in questo numero, nella rubrica «Studi e ricerche», si troveranno anche altri quattro articoli che ricostruiscono efficacemente analoghi ritratti e che spesso rivelano sfondi molto più ampi e complessi di quelli meramente letterari. Viene così a consolidarsi uno dei punti di forza che consapevolmente abbiamo voluto costruire in questi anni: la riemersione dei, per dirla con Gian Carlo Ferretti, «protagonisti nell’ombra» della, per dirla con Alberto Cadioli, «editoria militante» che tra inizi del Novecento e anni settanta ha plasmato la cultura e la mentalità italiane.
Certo, non tutti i personaggi presi in esame sono ignoti alle storie letterarie. Tommaso Landolfi, per esempio, è scrittore tra i più interessanti e originali del secolo scorso. Ma ben poco nota è la sua importante opera di traduttore. Giuseppe Antonio Borgese, oltre che autore del notevole romanzo Rubè, è stato un protagonista di rilievo della scena letteraria dei primi decenni del secolo. Ma solo da poco è emersa la sua importanza, oltre che di traduttore in proprio, di sollecitatore di traduzioni altrui in veste di editore. E solo a una ristretta cerchia di addetti ai lavori è noto – ma spesso è del tutto ignoto – il lavoro importantissimo svolto dagli ormai numerosi “mediatori”, ai quali si aggiungono i nove di questo numero, che «tradurre» sta facendo conoscere a una più ampia platea di lettori fin dalla sua nascita, sette anni fa.
Il risultato di questo impegno comincia già, ai nostri occhi, a delinearsi. In un quadro storico di legami culturali e familiari spesso sorprendenti, da un lato va riesaminato tutto il panorama apparentemente consolidato, comprese le gerarchie di valore, della cultura – non solo letteraria – novecentesca: i «protagonisti nell’ombra» vanno tenuti in alto conto. Dall’altro comincia, con la considerazione caso per caso e persona per persona del concreto lavoro dei traduttori e degli editori, a sgretolarsi l’aerea immagine, in pura chiave estetica, della trasposizione di testi stranieri in lingua italiana, avulsa dalla materialità del lavoro editoriale e dei suoi esiti.
Siamo ancora all’inizio. E la strada è lunga. Ma l’importante è, per ora, averla imboccata.