Un imprenditore della cultura

LUIGI RUSCA E LE LETTERATURE STRANIERE

di Stefano Bragato

Protagonista segreto del “decennio delle traduzioni”

Luigi Rusca (Milano 6 aprile 1894 – 9 agosto 1986) è un personaggio molto citato negli studi sull’editoria ma ancora poco studiato, al punto che persino le informazioni biografiche sul suo conto sono relativamente scarse. Conviene dunque richiamare fin da subito i principali punti della sua traiettoria (ringrazio Sara Lonati per avermi fornito i dati fondamentali sulla biografia di Rusca). Nato in una famiglia alto-borghese di imprenditori, studia al Liceo Parini di Milano – dove ha per compagni Piero e Carlo Emilio Gadda – e, dopo aver combattuto come ufficiale di complemento nella guerra del 1915-18, si laurea in lettere classiche all’Accademia scientifico-letteraria (poi Università Statale). Mentre inizia la sua attività al Touring Club Italiano come redattore capo del mensile «Le Vie d’Italia», collabora anche al quindicinale antifascista milanese «Il Caffé», assieme a Riccardo Bauer, Tommaso Gallarati Scotti, Ferruccio Parri, Piero Jahier, Giovanni Mira e Mario Borsa.

Dal 1924 è vice-segretario generale del Touring, ma nel 1928, per il suo rifiuto di iscriversi al Partito nazionale fascista, viene escluso dall’Associazione lombarda dei giornalisti ed è quindi costretto a lasciare tutti gli incarichi pubblicistici. E’ in questa circostanza che Senatore Borletti, patron sia del Touring che di Mondadori, ne propizia la chiamata come condirettore generale della casa editrice milanese. In questo ruolo Rusca fra il 1929 e il 1933 fonda, in collaborazione con Enrico Piceni e Lorenzo Montano, diverse collane poi divenute celebri, contraddistinte dai colori delle copertine – «I libri gialli», «I libri azzurri», «I libri neri», «I libri verdi» – e soprattutto «Medusa», dedicata ai «grandi narratori d’ogni paese». Nel 1939 fonda inoltre la società di distribuzione Messaggerie Librarie, di proprietà Mondadori e con sede a Lugano, inizialmente pensata per la diffusione dei libri italiani in Svizzera.

Nel 1938, per aggirare le leggi razziali, che impediscono al suo amico e collaboratore Danilo Lebrecht, alias Lorenzo Montano, di continuare a ricoprire il ruolo di presidente dell’industria di laterizi Fornaci Valdadige Spa, sorta sulle ceneri della Società anonima Carlo Lebrecht, se ne fa uomo di paglia. Nel settembre del 1943, liberato, grazie alla caduta di Mussolini, dopo quattro mesi di confino in Lucania per antifascismo, risale a Roma a gestire la filiale romana della Mondadori. Dopo la liberazione di Roma, gli alleati lo incaricano di riorganizzare l’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (Eiar), traghettandolo verso la futura Rai. Dal 1946, lasciata la Mondadori per divergenze con l’editore e ripresa la sua attività al Touring, diventa consigliere d’amministrazione e direttore editoriale della Rizzoli, per la quale nel 1949 fonda la fortunatissima «Biblioteca universale Rizzoli» (Bur). Pur fondando nel 1955 la Cesame, Ceramica sanitaria del Mediterraneo, con sede a Catania, mantiene i suoi incarichi al Touring e in Rizzoli fino al 1972, quando si ritira dall’attività.

Anche questi pochi cenni biografici mostrano come sia pressoché impossibile ridurre la figura di Rusca a un’unica categoria professionale. In lui si integrano molteplici interessi e competenze: è letterato raffinato di vasta cultura classica e moderna, mediatore culturale, curatore, fondatore e rinnovatore di attività imprenditoriali (Valdadige Spa, Cesame), capace manager d’azienda, in grado di consolidare ed espandere i propri giri d’affari a livello nazionale e internazionale. Per Rusca, dotato di una solida mentalità industriale, l’idea di cultura non può essere disgiunta dalla sua gestione imprenditoriale, ossia dalla creazione concreta dei mezzi, degli spazi, delle opportunità perché questa si sviluppi, cresca, si diffonda. Grazie a tale consapevolezza porterà innovazioni decisive sia in Mondadori sia in Rizzoli, le due più grandi imprese editoriali da lui dirette: Rusca riesce a coniugare crescita economica (noto è l’aneddoto per cui Angelo Rizzoli, visto il successo immediato della BUR, avrebbe commentato: «Altro che cultura! Con questi libri qui si guadagna un sacco di soldi!»; cfr. Cadioli 2017, 113) e diffusione di prodotti letterari di qualità.

All’interno di questa sfaccettata attività, il tema della traduzione e del rapporto con le letterature straniere occupa di certo una posizione di primo piano e trasversale. Anche grazie alla sua formazione di classicista, Rusca ha una spiccata sensibilità nei confronti delle lingue: è poliglotta, buon conoscitore delle letterature moderne, ed è lui stesso traduttore, soprattutto di classici latini (cura per la Bur, tra le altre, opere di Tertulliano, Aulo Gellio, Plinio il Giovane). Dal momento in cui diventa condirettore generale della Mondadori, Rusca fa proprio della traduzione uno degli strumenti principali del rilancio dell’azienda, dando un contributo assai significativo al cosiddetto “decennio delle traduzioni”. Sotto la sua gestione nascono diverse collane di traduzioni pensate per fasce di pubblico differenti (se ne parlerà nel secondo e terzo paragrafo): proprio l’attenta profilazione – come diremmo oggi – del pubblico di lettori è una delle sue capacità più determinanti, che permette alla Mondadori di accrescere in breve tempo le vendite e di assumere una posizione egemonica nel mercato delle traduzioni. Sarebbe insomma riduttivo parlare del rapporto di Rusca con una singola letteratura, una singola area linguistica, una singola area di mediazione, poiché la sua posizione in Mondadori lo porta a dialogare continuamente con varie lingue, senza mai tuttavia dedicarsi a nessuna di esse in maniera privilegiata ma mantenendosi, per così dire, su una posizione gestionale.

Benché la direzione delle collane e la traduzione delle opere spettino ad altri operatori culturali (Lorenzo Montano, Giuseppe Antonio Borgese, Enrico Piceni, ecc.), Rusca spesso sorveglia le traduzioni e fornisce pareri di lettura, come si vedrà brevemente nel secondo paragrafo? È anzi proprio – e non è forse un caso – a causa di una traduzione che Rusca, appena insediatosi in azienda, ottiene di far passare dalla sua scrivania tutti i manoscritti prima che siano pubblicati: il 21 giugno 1928 a proposito della traduzione di Lauro De Bosis de La vita privata di Elena di Troia (The private life of Helen of Troy, 1925) di John Erskine il 21 giugno 1928 scrive in un promemoria per il consigliere delegato, cioè Mondadori:

una traduzione peggiore non si potrebbe immaginare. Ho veramente arrossito pensando che io appartengo allo Stato maggiore di una Casa Editrice che ha pubblicato un libro simile. Gli strafalcioni di sintassi sono infiniti; la traduzione è sciatta, pesante, irritante […]. Mi permetto di far presente il desiderio di vedere in manoscritto tutti i volumi che vengono passati in tipografia (FAAME, Rusca; in parte riportato in Decleva 1993, 137; corsivo nell’originale).

Il fiuto imprenditoriale di Rusca lo porterà poi a non accontentarsi di importare letteratura straniera in Italia, ma lo spronerà a lavorare per diffondere letteratura italiana all’estero: un caso di studio particolare in questo senso è rappresentato dalle sue manovre per diffondere il libro italiano (e in particolare mondadoriano) in Svizzera, su cui si dirà nel quarto paragrafo.

La dimestichezza di Rusca con più letterature emerge poi nella sua curatela dei tre Breviari dei laici (1957, 1961 e 1965), raccolte antologiche di brevi brani (dai quindici ai venti minuti di lettura) disposti, uno al giorno, lungo tutto l’anno solare secondo un calendario preciso che tiene conto delle stagioni e dei giorni di festa. Gli estratti provengono da varie letterature e varie epoche (in traduzione, nel caso di testi non italiani), come si vedrà più diffusamente nell’ultimo paragrafo.

Un ultimo elemento, fondamentale per inquadrare la figura di Rusca, è infine la sua tendenza a lavorare dietro le quinte. Nonostante la sua posizione centrale all’interno delle imprese editoriali con cui collabora, Rusca non ama la notorietà e preferisce di gran lunga l’ombra. Su di lui esistono, lo si accennava in apertura, pochissimi studi: è di certo uno fra i tanti personaggi rilevanti della biografia mondadoriana di Enrico Decleva (1993), e appare in diversi studi sull’editoria italiana del primo Novecento, senza tuttavia mai esserne il protagonista. Come riportato da Dante Isella nella prefazione alla nuova edizione del primo Breviario dei laici, nel 1939 Delio Tessa apriva un breve ritratto di Rusca con le parole «ecco un uomo che non desidera si parli di lui: parliamone dunque» (Rusca 1985, 1). Anche le foto che lo ritraggono sono scarsissime, persino nell’Archivio storico della Mondadori, che è la fonte principale di questa ricostruzione. In altre parole, la presenza di Rusca nella letteratura critica – come negli archivi – sembra rispecchiare il suo ruolo all’interno delle case editrici, inafferrabile, sotterraneo, e allo stesso tempo onnipresente, tentacolare: responsabile dell’avvio e/o del controllo di vari progetti senza però mai associarli esplicitamente al proprio nome. Una personalità, insomma, autorevole e influente, che preferisce tuttavia manovrare da regista piuttosto che operare in prima linea.

L’ideazione delle collane mondadoriane e i pareri di lettura

L’arrivo di Rusca in Mondadori nel 1928 porta a una riorganizzazione profonda dell’azienda, e con essa di gran parte dell’industria editoriale italiana, che in quegli anni compie un importante cambio di passo da un punto di vista produttivo-organizzativo, oltre che culturale (Fabre 2019, 70). Sotto la gestione Rusca la Mondadori attraversa alcune delle fasi tipiche dello sviluppo di un’azienda: risanamento/riorganizzazione, espansione delle vendite, conquista di nuove posizioni di mercato, esplorazione di mercati esteri.

Le innovazioni portate da Rusca riguardano diversi settori, dalla produzione alla distribuzione, alla progettualità editoriale. Una parte consistente di tale nuovo corso consiste appunto nell’avvio di diverse collane di traduzione, con un’ampia apertura verso l’estero. Fino alla fine degli anni venti la Mondadori aveva pubblicato un numero esiguo di titoli stranieri, limitandosi sostanzialmente ai classici; Rusca ha invece l’intuizione di inserire nel catalogo diversi autori contemporanei non solo francesi ma anche e soprattutto angloamericani e tedeschi. Fin da subito avvia quindi una vera e propria campagna di traduzioni, tesa sì ad ampliare le vendite, ma anche ad aprire l’Italia alla cultura estera in modo sistematico, progettuale, non più solo episodico. Tra il 1929 e il 1943 sono così avviate ben quindici collane dedicate alla letteratura straniera (Sullam 2019, 268-269). Come già accennato, tale ricchezza è dovuta anche a un’altra intuizione decisiva dell’amministrazione Rusca, ossia l’accuratissima profilazione del pubblico, che permette di confezionare prodotti mirati per più fasce di lettori.

Come la critica ha evidenziato più volte, tra le varie collane di traduzione – nonché nel catalogo complessivo della casa editrice – occupano di certo una posizione di primo piano «I Libri gialli» (1929-1941, diretta da Lorenzo Montano, accoglie soprattutto autori e autrici anglosassoni), «I Romanzi della palma» (1932-1943, diretta da Enrico Piceni: di profilo medio, accanto a vari autori conta diverse autrici tedesche e austriache oltre che angloamericane; cfr. Albonetti 1994, 71), la «Biblioteca romantica» (1930-1942 diretta da Giuseppe Antonio Borgese, nata con l’obiettivo di rendere «classici italiani» i «grandi scrittori romantici stranieri» grazie soprattutto a traduzioni firmate da noti autori italiani), e la prestigiosa «Medusa», dedicata ad autori e autrici strettamente contemporanei/e (1933-1969, diretta da Piceni ma ideata da Rusca; cfr. Gallo 2009, 119; Sullam 2015). Rusca dirige formalmente un’unica collana di traduzione, «I Romanzi della guerra», che ha però vita breve (1930-1932) e consta di soli quattro titoli.

Benché non sia esplicitamente coinvolto nella direzione di queste collane, si intuisce la sua costante presenza nella loro ideazione, progettazione e sviluppo. I pareri di lettura a sua firma conservati nell’Archivio Mondadori non sono molti, ma possono contribuire a dare un’idea dell’ampiezza dei suoi interessi e della sua attività in casa editrice. Appena insediatosi in Mondadori, in una nota dell’estate 1928 (FAAME, Rusca) esprime giudizi piuttosto tiepidi nei confronti di due volumi da poco pubblicati dalla casa, ossia un romanzo di Paul Géraldy (di cui segnala la piccola mole rapportata al prezzo troppo elevato), e uno Shelley nella traduzione di Lauro De Bosis (traduzione approvata, ma Rusca lamenta l’assenza di un’introduzione sull’autore e sul traduttore). Sempre nella stessa nota si trovano poi giudizi positivi su La questione del sergente Grischa (Der Streit um den Sergeanten Grischa, 1927) di Arnold Zweig (per cui è suggerita la collana «I Centomila»), su L’ultimo degli Asburgo (Kaiser Karl,1929) di Arthur Polzer-Hoditz (spera di farne un’edizione italiana prima di quelle francese e inglese, e sollecita in tal proposito l’invio dei manoscritti da parte della Amalthea Verlag), e su Abramo Lincoln (Lincoln, 1930) di Emil Ludwig (che spera, ancora, di far uscire in italiano prima dell’edizione francese). Rifiuta invece The Intelligent Woman’s Guide to Socialism and Capitalism (1928) di G.B. Shaw e il romanzo storico Napoleon III. (1928) di Oscar Wertheimer, considerati di scarso interesse per il pubblico italiano. Uno degli ultimi volumi valutati positivamente da Rusca (nota del 17 agosto 1943) è invece un’antologia di letteratura inglese compilata da Clemente Rebora: interessante, in questo caso, il suo suggerimento di lasciare più spazio a brani più contemporanei («da Dickens in poi»), perché il pubblico italiano non ha un livello di inglese sufficiente per leggere Chaucer o Bacone.

Sfogliando poi i pareri di lettura sui volumi stranieri proposti alla Mondadori (cfr. Albonetti 1994) emerge chiaramente tutto il lavoro organizzativo di Rusca: commissiona ricerche sugli autori o sull’opportunità politica della pubblicazione (come nel caso, ad esempio, di Berge in Flammen [Montagne in fiamme] di Luis Trenker), chiede secondi pareri (come per Varouna [Varuna] di Julien Green, per cui oltre a Giuliana Pozzo interpella Piceni), aggiunge informazioni (di Ask the Dust [Chiedilo alla polvere] di John Fante sottolinea ad esempio l’ampia pubblicità fatta dalla rivista «Books»), ecc.; fino a, evidentemente, avere spesso l’ultima parola sull’accettazione o il rifiuto dei testi. Inoltre, quando emergono questioni delicate o di difficile soluzione, corrisponde direttamente con gli autori stranieri, affiancandosi o sostituendosi ai direttori di collana: è lui ad esempio a scrivere personalmente ad Arnold Zweig per chiarire (motivi di inopportunità politica) il rifiuto di tradurre Einsetzung eines Königs, del 1937, proposto col titolo La pelle dell’orso (Albonetti 1994, 87).

Con Rusca la collana di traduzione diventa insomma la base su cui costruire l’offerta della casa editrice: ogni testo proposto deve necessariamente trovare una sua collocazione all’interno di questo schema progettuale. È quanto emerge chiaramente, ad esempio, nel parere di lettura che Rusca dà su  Glorious Apollo (1925) di E. Barrington (alias Elizabeth Louisa Moresby), dove si legge che «trattandosi di genere di letteratura che esula sia da Palma che da Medusa daremmo parere negativo» (FAAME, Giudizi, 3 maggio 1934). In quanto biografia romanzata di Lord Byron, Glorious Apollo non si allinea agli altri titoli delle due collane deputate ad accogliere letteratura straniera contemporanea, e per questo – e non, almeno formalmente, per motivi qualitativi – è scartato da Rusca. Destino simile ha anche Torce d’uomini in Etiopia (Les flambeurs d’hommes, 1934) di Griaule Marcel, resoconto di una spedizione dell’autore, etnologo, in Abissinia nel 1928-1929, giudicato negativamente (parere del 21 febbraio 1935) perché monotono, poco verosimile, troppo vicino a questioni politiche, e perché, appunto, non collocabile in nessuna collana.

Gli altri pareri di pugno di Rusca conservati all’Archivio Mondadori riguardano invece – oltre a uno studio su L’Héllenisme et la Romanité (ca. 1940) della filosofa russa Julia Danzas, arrivato in Mondadori attraverso la mediazione di Giacomo Prampolini (29 maggio 1941); e a L’Homme, un’introduzione allo studio della biologia umana, di Jean Rostand, di cui è sconsigliata la traduzione perché poco interessante, superficiale e contenente elementi già ampiamente trattati altrove nel catalogo della casa editrice (27 marzo 1942) – due romanzi di Georges Simenon, un autore fondamentale del catalogo Mondadori: La verità su Bébé Donge (La vérité sur Bébé Donge, 1942, 22 giugno 1943, positivo) e Il ritorno di Maigret (Maigret revient, 1934, 9 settembre 1943, negativo perché «non pubblicabile ora»).

«I Libri gialli» e la seconda serie della «Biblioteca romantica»

La posizione centrale ma nascosta, di regia, di Rusca nella gestione delle collane di traduzione emerge già nella prima collana lanciata sotto la sua amministrazione: «I Libri gialli». L’ideazione, la progettazione e lo sviluppo si devono a Montano, che subito fissa alcuni punti chiave per la riuscita dell’operazione: qualità delle traduzioni, quasi sempre seguite e riviste da lui (in una lettera a Mondadori del 25 settembre 1929 imputa la poca diffusione in Italia del romanzo poliziesco proprio alla pessima qualità delle traduzioni; cfr. Decleva 1993, 151), «simultaneità di pubblicazione nel testo originale e nella traduzione italiana» (lettera ad Arnoldo Mondadori del 6 maggio 1931, in FAAME, Montano), pubblicità oculata, che insiste sulla grande popolarità del genere in America, Inghilterra e Francia e che si affida ai due slogan, che si alternano in copertina, «questo libro non vi lascerà dormire» e «ogni pagina un’emozione». Grazie alla combinazione di questi elementi la collana ha un ampio e in larga parte insperato successo.

Eppure, lo spunto iniziale, l’idea originaria della creazione dei «Libri gialli» proviene proprio da Rusca, come emerge da una sua nota del 1928, probabilmente tra giugno e ottobre, per Arnoldo Mondadori (FAAME, Rusca, s. d.), in cui sostiene l’opportunità di «tradurre i migliori romanzi polizieschi specie tedeschi e inglesi», al fine di «rimpolpare i “Centomila” con un genere che oggi appassiona assai i lettori». A tale scopo chiede che gli sia consegnato un «piccolo elenco di romanzi» da valutare, così da poter pubblicare per la collana «I Centomila» un volume al mese al prezzo di sei lire massimo (FAAME, Rusca, Giudizi su alcuni volumi proposti all’esame; cfr. Decleva 1993, 150-151). Il nucleo concettuale dei «Gialli» è già insomma in questo appunto di Rusca: il progetto viene accolto da Mondadori, e si decide di realizzarlo non all’interno dei «Centomila» ma in una nuova collana, affidata appunto a Montano.

Dalle carte dell’Archivio Mondadori emerge poi molto chiaramente come nella gestione dei «Gialli» Montano corrisponda esclusivamente con Mondadori e non con Rusca, il quale è chiamato direttamente in causa solo in casi eccezionali. Nelle lettere tra Montano e Mondadori (cfr. Gallo 2002), tuttavia, Rusca è spesso citato, come una sorta di presenza costante ma sotterranea che riemerge regolarmente; questo dà, ancora una volta, il polso della sua presenza dietro tutta l’operazione, a controllare, suggerire, tessere le fila, e intervenire solo se e quando necessario. Rusca interviene ad esempio il 22 maggio 1939, quando suggerisce a Montano di ridurre il numero di titoli italiani e di aumentare quelli stranieri, poiché la crescente presenza negli ultimi anni di «autori nostrani» aveva abbassato la qualità della collana, concretizzando il rischio di perdere fasce di pubblico (cfr. Gallo 2002, 203). Di esclusiva ideazione di Montano è invece la collana «I Libri neri» che raccoglie i romanzi di Simenon (1932-1941) curata da Guido Cantini: Rusca si limita ad approvare il progetto, e a fornire i due pareri di lettura citati poco sopra (cfr. Albonetti 1994, 140-141).

Un altro breve ma interessante episodio circa la gestione di Rusca delle collane di traduzione riguarda la progettazione nel 1943 della seconda serie – poi mai realizzata – della «Biblioteca romantica», assieme ad Alberto Mondadori. In un paio di lettere del maggio di quell’anno emergono infatti le due posizioni opposte di Mondadori e Rusca riguardo la concezione stessa di una collana di traduzione. In una lettera del 13 maggio, dopo aver condiviso l’idea di Rusca di aumentare le opere tedesche per ridurne la sperequazione con quelle inglesi e francesi, Alberto pone infatti il problema dei traduttori da ingaggiare, sostenendo che è necessario avere nomi illustri a costo di dover poi rivedere interamente i testi nel caso questi non siano di qualità sufficiente; e comunica di aver già preso accordi con Piceni per affidargli tale compito. «L’importante – specifica – è che il nome appaia»; e chiude con un finale piuttosto perentorio: «credo che tu debba essere d’accordo» (FAAME, Rusca). In una lettera precedente Rusca aveva infatti sollevato per la prima serie il problema della scarsa qualità delle traduzioni ad opera di personalità famose (veri e propri «obbrobri»), suggerendo quindi di preferire per la seconda traduttori bravi anche se meno conosciuti, anche se questo avrebbe significato «sacrificare i nomi famosi». La risposta di Rusca (17 maggio) alla lettera di Alberto rivela appunto l’inconciliabilità delle due posizioni. Sul primo punto – la necessità di ampliare i titoli tedeschi – Rusca ribadisce come nella prima serie questi fossero «mal rappresentati o assenti del tutto», una lacuna che sarebbe stato necessario colmare. Circa il secondo, oltre a ribadire la mediocrità di molte traduzioni della prima serie (si sofferma in particolare su quelle di Deledda e Küfferle) Rusca fa presente che i «grandi nomi hanno anche il torto di essere suscettibilissimi», e quindi in sostanza poco disponibili ad accettare che i propri testi siano sottoposti al consistente lavoro di revisione redazionale proposto da Alberto.

Da una parte, insomma, una posizione di taglio più eminentemente commerciale, di richiamo, che privilegia la copertina sul contenuto; dall’altra, una posizione incentrata sulla preminenza della qualità del testo tradotto sugli altri elementi del confezionamento di un libro. In altre parole, emerge ancora una volta – come nel caso, quasi vent’anni prima, della traduzione de La vita privata di Elena di Troia – la grande sensibilità di Rusca nei confronti del testo in sé, condizione necessaria e imprescindibile per la riuscita di qualsiasi operazione editoriale. Questo non significa, ovviamente, trascurare gli aspetti commerciali del fare editoria; significa, al contrario, fare leva sulla qualità come strumento principale per ampliare le vendite, con prodotti che mantengano alto il profilo della collana e della casa editrice. Il conflitto tra le due posizioni, come accennato sopra, ha tuttavia breve durata perché la serie non sarà poi mai realizzata.

L’esportazione del libro italiano in Svizzera

La politica editoriale di Rusca dà quindi ampio spazio all’importazione in Italia di autori stranieri, fornendo così anche un contributo rilevante alla sprovincializzazione culturale del paese. Dalla metà degli anni trenta Rusca – forte anche dell’esperienza maturata presso il Touring Club – inizia a esplorare anche la strada opposta, lanciando l’azienda sul mercato estero. L’allargamento del giro d’affari della Mondadori e la ricerca di nuovi mercati sono resi possibili dal suo consistente successo negli anni precedenti, e la Svizzera, in virtù della sua prossimità con l’Italia e della parziale comunanza linguistica, costituisce un terreno promettente. Dal 1937 è quindi possibile individuare una precisa strategia di penetrazione in terra elvetica messa a punto da Rusca, che si avvale di operazioni di vario tipo: commerciali, culturali, istituzionali. Tale strategia di ampliamento internazionale ha anche, come si vedrà in breve, alcune conseguenze politico-culturali nei rapporti tra Italia e Svizzera.

La prima iniziativa di Rusca per portare la Mondadori in terra elvetica ha un profilo piuttosto dimesso. Preparato da un breve scambio di lettere con i due maggiori intellettuali ticinesi del tempo, Francesco Chiesa e Giuseppe Zoppi, Rusca organizza dal 6 all’8 novembre 1937 un ciclo di conferenze a Bellinzona, Locarno e Lugano, intitolato Vent’anni di editoria italiana. Dopo aver tracciato un breve profilo del panorama editoriale contemporaneo in Italia, mostra al pubblico alcuni libri recenti, in gran parte edizioni Mondadori, portati con sé oltre confine nella propria automobile. Nel giro di pochi mesi si susseguono quindi diversi eventi tesi a stringere i legami tra la Mondadori e la Svizzera. Il 1° gennaio 1938 a Lugano apre la prima filiale svizzera della casa editrice, a inizio febbraio la stessa conferenza ticinese è replicata da Rusca a Zurigo, e a maggio sul «Corriere padano» esce in tre puntate una lunga recensione di Montano alla recente Antologia degli scrittori della Svizzera italiana (a cura di Enrico Celio, Istituto Editoriale Ticinese, Bellinzona 1936-1937), recensione subito raccolta in un volumetto edito dalla Società anonima Tipografica emiliana con il titolo Scrittori della Svizzera italiana.

In breve tempo in Mondadori si sviluppa insomma stretti legami con la Svizzera, e viceversa; tanto che il 6 novembre dello stesso anno presso la Biblioteca Centrale di Zurigo diretta da Felix Burkhardt è inaugurata una grande mostra sul Bel libro italiano moderno, co-organizzata dalla Mondadori (nelle persone di Rusca e Montano) e dall’Associazione svizzera per i rapporti culturali ed economici con l’Italia (diretta da Zoppi). Non è un caso che il nucleo dei circa centoventi volumi esposti corrisponda proprio a quelli portati in giro da Rusca per il Ticino un anno prima. Nata come iniziativa culturale con fini anche commerciali, la mostra ha complesse implicazioni politiche, poiché il regime fascista decide di utilizzarla come strumento di propaganda in Svizzera; una tendenza che Rusca e Montano tentano di contrastare, ma con scarso successo (cfr. Bosco, Bragato 2017, 206-208). La mostra è replicata con toni ancor più propagandistici alla Biblioteca cantonale e universitaria di Losanna dal 29 gennaio al 12 febbraio 1939. Proprio nel maggio dello stesso anno, inoltre, prende il via per le edizioni Mondadori e sotto la supervisione di Rusca il grande progetto della Antologia della letteratura italiana ad uso degli stranieri a cura di Zoppi, in quattro volumi (Scrittori contemporanei, 1939; Scrittori dell’Ottocento, 1940; Scrittori del Cinquecento, Seicento e Settecento, 1941; Scrittori del Duecento, Trecento e Quattrocento, 1943).

Tutte queste iniziative culturali sono principalmente orientate a creare terreno fertile attorno alla principale operazione commerciale promossa in questi anni da Rusca, ossia la fondazione a Lugano il 1° aprile 1939 della società Melisa (Messaggerie librarie SA), controllata dalla Mondadori. La Melisa va a sostituire la succursale mondadoriana fondata l’anno prima, e in quanto ente di diritto svizzero e con un capitale sociale più ampio (cinquantamila franchi svizzeri), fornisce alla casa editrice un maggior spazio di manovra sul mercato estero. Oltre che da Rusca (consigliere delegato), il consiglio d’amministrazione è composto da Emilio Rava (presidente), Carlo Grassi (vicepresidente), Delio Tessa (segretario, sostituito nel settembre 1939 da Antonio Cettuzzi), Agostino Soldati e Mario Sonvico (consiglieri). Per l’avvio della Melisa Rusca cerca appoggi presso i librai Arnold di Lugano, Mühlemann di Losanna e Rodio di Zurigo, ma invano. La Melisa diviene quindi la principale base operativa della Mondadori all’estero, e durante l’esilio di Arnoldo Mondadori (novembre 1943 – aprile 1945) serve anche da garante finanziario per la sua permanenza in Svizzera.

Verso la fine degli anni Trenta Rusca è quindi uno dei principali agenti del dialogo transnazionale dell’editoria italiana con l’estero e in particolare con la Svizzera. Oltre che ad accrescere il bacino commerciale della Mondadori, la sua attività è in generale finalizzata alla promozione della letteratura italiana oltreconfine, tanto da finanziare ad esempio attraverso la Melisa l’edizione di alcuni volumi di scrittori sia italiani (come Giovan Battista Angioletti, dal 1941 direttore del Circolo italiano di lettura di Lugano) sia svizzeri (come Valerio Abbondio o Vittore Frigerio). In questi anni la sua figura è inoltre centrale anche su versanti più istituzionali, da entrambi i lati del confine. Basti pensare ad esempio che nel gennaio-febbraio 1941 Giovanni Ferretti, direttore della rivista «Archivio storico della Svizzera italiana», stampata a Roma sotto il patrocinio dell’Accademia d’Italia, si rivolge proprio a lui affinché interceda presso le autorità svizzere che avevano bloccato alla dogana le copie della rivista destinate alla Confederazione: si credeva, a torto, che il foglio facesse propaganda interventista (Bosco, Bragato 2019, 18-19). L’anno successivo Rusca – a quanto risulta da un suo appunto a Mondadori intitolato Esportazione del libro italiano in Svizzera del 12 maggio 1942 – ottiene invece dall’Istituto nazionale per le relazioni culturali con l’estero addirittura l’istituzione di un premio di esportazione sui volumi italiani destinati alla Svizzera, al fine di contrastarne il consistente aumento di prezzo che aveva dirottato i consumi svizzeri verso titoli francesi o tedeschi, più convenienti (FAAME, Rusca).

Senza le attività svizzere di Rusca di questi anni, la fondazione a Lugano della società Hélicon (dicembre 1943), sempre controllata da Mondadori, non sarebbe forse stata possibile. Se la Melisa ha una vocazione prevalentemente editoriale, la Hélicon gestisce gli interessi finanziari della casa editrice e costituisce una risorsa fondamentale per la sua sopravvivenza durante la guerra. Come noto, gran parte dell’attività della Hélicon consiste nell’acquisto dei diritti di traduzione di autori soprattutto anglosassoni (tramite Montano, nel frattempo trasferitosi a Londra per fare da corrispondente per Mondadori), da utilizzare poi a guerra finita: una strategia imprenditoriale su cui probabilmente ha un certo influsso la decennale consuetudine di Montano e in generale della direzione Rusca con la letteratura straniera.

Tali frequentazioni svizzere destano tuttavia non pochi sospetti politici. Alcune delle personalità del consiglio direttivo della Melisa non sono particolarmente gradite al regime (come Delio Tessa, o Paolo Grassi, a cui nel gennaio 1943 è impedito l’ingresso in Italia), e la stessa iscrizione di Rusca nel 1940 al fascio di Lugano anziché a quello di Milano non fa che accrescere tale diffidenza. In breve tempo si arriva a sospettare sulla liceità delle sue attività oltreconfine, fino all’arresto e al confinamento ad Avigliano (Basilicata) nell’aprile 1943. Rusca è accusato di collaborare coi servizi segreti alleati operanti in Svizzera, dei quali nel dicembre 1942 sarebbe stato intermediario per l’organizzazione di un colpo di mano per rovesciare il regime con la collaborazione di Badoglio e Caviglia (Aga Rossi 1993, 108; Bonsaver 2013, 185-186; Cadeddu 2006, 221; De Felice 1996, 1166; altre fonti individuano invece tale intermediario in Adriano Olivetti: Caizzi 1962, 193-94, e Deakin 1988, 103).

La «Bur» e l’attività di traduttore di classici latini

Sul ruolo di Luigi Rusca nell’ideazione e nella messa in opera della «Biblioteca universale Rizzoli», basata sul modello tedesco della «Universalbibliothek» Reclam, si è ormai fatta adeguata luce (cfr. Cervini 2015). In sintesi si può dire che, anche in questo caso, Rusca si dedica a un’attività di supervisione, delegando a Paolo Lecaldano la direzione di una collana che in pochi anni contribuisce in modo decisivo all’alfabetizzazione letteraria dell’Italia del dopoguerra, fornendo un repertorio senza precedenti di classici antichi e moderni in edizioni di qualità a bassissimo costo. La prima serie, inaugurata nel 1949 e cessata nel 1972, arriva a comprendere 909 titoli, organizzati in 2487 fascicoli di 100 pagine al prezzo di 50 lire ciascuno: dai Promessi sposi di Manzoni a Thomas Mann, da Dickens a Sinclair Lewis, da Omero ai Fioretti di San Francesco.

Meno noto è il fatto che Rusca contribuì personalmente alla collana in qualità di traduttore, un’attività che inizia a svolgere in modo intenso solo a partire dagli anni cinquanta, dedicandosi in particolare alla letteratura latina e alla letteratura cristiana antica. Fra i volumetti color panna che portano la sua firma si annoverano l’Apologia del cristianesimo di Tertulliano (Bur nn. 975-976, 1956), Ottavio. Contraddittorio fra un pagano e un cristiano di Minucio Felice (n. 1179, 1957), Così morirono i persecutori di Lattanzio (n. 1227, 1957), le Lettere ai familiari (BUR 1683-1688, 1961) e il Carteggio con Traiano (n. 1923-1927, 1963) di Plinio il Giovane, Le notti attiche di Aulo Gellio (n. 2441-2448, 1968) e i Fatti e detti memorabili di Valerio Massimo (nn. 2481-2487, 1972), che proprio in omaggio all’ideatore della collana concludono la prima serie. Negli anni successivi Rusca porta a termine ancora una grossa impresa traduttiva, curando Tutte le lettere di Cicerone in tre volumi (Milano, Unedi, 1978).

I Breviari dei laici

Oltre che nella sua ampia attività di direzione editoriale, il complesso rapporto di Rusca con la traduzione e le letterature straniere emerge anche nella sua curatela dei tre Breviari dei laici, per Rizzoli (1957, 1961, 1965). Siamo di fronte a un contesto diverso da quello descritto sinora: l’allestimento dei Breviari è un’operazione in larga parte solitaria, quieta, privata. L’idea viene a Rusca nel 1943 a Roma, mentre è ospite per vari mesi di don Giuseppe De Luca (fondatore nel 1941 delle Edizioni di storia e letteratura). La frequentazione quotidiana con la vasta biblioteca di De Luca fa maturare in lui l’idea di un’antologia trasversale, che offra un passo al giorno con l’intento di «suscitare un interesse spirituale» e un «fine di elevazione morale» (Rusca 1957, 9). Lo scopo è quello di promuovere una frequentazione quotidiana con la lettura da parte del pubblico, e anche per questo la disposizione dei brani e la loro lunghezza sono studiate tenendo conto delle stagioni e dei giorni di festa.

Nei tre Breviari la percentuale di letteratura tradotta e quella di letteratura italiana sostanzialmente si equivalgono. Si tratta di antologie estremamente ricche, che spaziano tra autori di molte letterature ed epoche, dai classici ai più contemporanei, con il solo vincolo dell’esclusione di autori viventi. Tra gli stranieri prevalgono i francesi (25% circa), ma ben rappresentati sono anche i russi (15% circa), gli inglesi (20%) e i tedeschi (10%). A questi si aggiungono diversi classici greci e soprattutto latini (20%), e non mancano scritti da altre letterature europee ed extraeuropee (10%). Per le traduzioni Rusca si affida in larga parte a collaboratori e collaboratrici, cioè Mario Escobar, Mario Gasparini, Cristina Agosti Garosci, Laura Malvasi Simoni, Gabriella Alzati (cfr. Rusca 1985, 12).

Rusca traduce anche diversi passi di proprio pugno, cimentandosi con vari autori provenienti da diverse epoche. I più frequentati sono i francesi (Pascal su tutti), ma anche gli inglesi e i classici latini. Sfogliando questi passi, tuttavia, emerge un elemento particolare, molto interessante: in tutti e tre i Breviari dei laici Rusca traduce solo dal francese. O meglio, come si evince dall’indicazione delle edizioni di riferimento da cui sono tratti (e poi tradotti) i brani antologizzati, Rusca traduce solo da edizioni francesi, anche quando abbia a che fare con testi inglesi, latini o greci. È il caso, tra gli altri, di Aristotele, Licurgo, Plutarco, Seneca, Apuleio, Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, San Gerolamo, Eusebio di Cesarea, Johannes Tauler, Francis Bacon, Thomas More. Questo appare piuttosto singolare, perché Rusca conosce le principali lingue europee e cura appunto anche diverse edizioni di classici latini, e non avrebbe quindi alcuna difficoltà a basarsi su edizioni originali.

Anche Il breviario dei laici, pubblicato fin dall’inizio da Rizzoli, approderà infine alla Bur, nel 1990, in un’edizione curata da Dante Isella già nel 1985 per i «Classici», che si può a buon diritto considerare una sintesi ideale dell’attività editoriale e traduttiva di Luigi Rusca.

Fonti archivistiche

FAAME, Rusca: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, Archivio storico Mondadori, Sezione Arnoldo Mondadori, fasc. Rusca Luigi

FAAME, Montano: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, Archivio storico Mondadori, Sezione Arnoldo Mondadori, fasc. Montano Lorenzo

FAAME, Giudizi: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, Archivio storico Mondadori, Sez. Arnoldo Mondadori, fasc. Giudizi negativi anni 1932-1947

Bibliografia

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Albonetti 1994: Non c’è tutto nei romanzi. Leggere romanzi stranieri in una casa editrice negli anni ’30, a cura di Pietro Albonetti, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori Milano

Bonsaver 2013: Guido Bonsaver, Mussolini censore. Storie di letteratura, dissenso, ipocrisia, Roma-Bari, Laterza

Bosco, Bragato 2017: Alessandro Bosco e Stefano Bragato, Divulgazione della cultura italiana in Svizzera durante gli anni del fascismo. Zoppi, Rusca, Mondadori e il caso della mostra del Bel libro italiano moderno a Zurigo e Losanna (1937-1939), in «Rassegna europea di letteratura italiana», n. 49-50, pp. 201-211

– 2019: Alessandro Bosco e Stefano Bragato, Prove di collaborazione transculturale: il “Centro Studi per la Svizzera italiana” presso la Reale Accademia d’Italia (1941-1943), in «Otto/Novecento», n. 2-3, 2019 [ma 2020], pp. 5-22

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Cadioli 2017: Alberto Cadioli, Letterati editori. Attività editoriale e modelli letterari nel Novecento [1995], Milano, Il Saggiatore

Caizzi 1962: Bruno Caizzi, Camillo e Adriano Olivetti, Torino, Utet, 1962

Cervini 2015: Michela Cervini, La prima BUR. Nascita e formazione della Biblioteca universale Rizzoli (1949-1972), Milano, Unicopli

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Rusca 1957: Il breviario dei laici, a cura di Luigi Rusca, Milano, Rizzoli

– 1961: Il secondo breviario dei laici, a cura di Luigi Rusca, Milano, Rizzoli

– 1965: Il terzo breviario dei laici, a cura di Luigi Rusca, Milano, Rizzoli

– 1985: Il breviario dei laici [1957], a cura di Luigi Rusca, introduzione di Dante Isella, Milano, Rizzoli (poi Milano, Bur, 1990)

Sullam 2019: Sara Sullam, I romanzi inglesi nelle collane editoriali degli anni Trenta. Classici, moderni, modernisti, contemporanei, in Stranieri all’ombra del duce. Le traduzioni durante il fascismo, a cura di Anna Ferrando, Milano, FrancoAngeli, pp. 263-256

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Zoppi 1939-1943: Giuseppe Zoppi, Antologia della letteratura italiana ad uso degli stranieri, 4 voll., Milano, Mondadori, 1939-1943