La recensione / 3 – La ricchezza di uno strumento tradizionale adeguato ai tempi

Donata Feroldi  e Elena Dal Pra, Dizionario analogico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 2012 pp. 960, con CD-Rom per Windows e Mac, 59 euro (Programma di interrogazione: 2011 I.CO.GE Informatica, Trento)

di Carla Marello

Fin dalla copertina, molto elegante, in cui una serie di spaghi di colore simile, salvo uno nero, si intrecciano, questo dizionario analogico suggerisce la sua funzione, cioè «restituire la modalità reticolare dei rapporti semantici», come spiega Donata Feroldi nella Presentazione dell’opera.

Se il dizionario monolingue tipico definisce i significati di ogni parola, l’analogico, che pure di solito è monolingue, raggruppa le parole che hanno una qualche ragione di stare insieme, ma lascia al lettore il compito di stabilire la fondatezza di tale raggruppamento. Ci sono stati dizionari analogici con definizioni, ma lo spazio occupato dalla definizione e l’impegno in essa profuso dal lessicografo finiscono per distrarre quest’ultimo dalla missione di fornire ricchezza di parole raggruppate. Perciò gli analogici definitori sono pochi.

Il lessicografo che redige un dizionario analogico ritiene d’avere un compito diverso dal lessicografo che definisce le parole. Il dizionario analogico è strumento per un pubblico che o conosce il significato delle parole suggerite o sa facilmente come trovarlo. Il lessicografo analogista ritiene di dover soprattutto offrire tante parole, ordinarie e preziose, moderne e disusate. “Ricchezza” non è concetto invocato a caso, tant’è vero che gli analogici sono spesso chiamati tesori, anzi negli ultimi cinquant’anni tesauri, con un latinismo ritornatoci attraverso l’inglese thesaurus, contenuto nel titolo del famoso e sopravvalutato Roget’s Thesaurus, pubblicato per la prima volta nel 1852 e giunto nel 2010 alla settima edizione rivista, nel 2012 divenuto Roget’s II The New Thesaurus, un’applicazione per IPhone e IPad alla terza edizione elettronica, pubblicato da Houghton Mifflin.

Volendo esser precisi c’è una differenza fra tesauri e dizionari analogici: i primi danno maggior rilievo al sistema generale, alle gerarchie, che mettono in mostra palesemente e della cui fondatezza, un tempo teologica ora filosofico-pratica, amano discutere. I secondi, anche se hanno alle spalle un sistema, spesso non lo mostrano e puntano piuttosto sull’alto numero di voci che, in passato, quando i dizionari analogici non offrivano una versione elettronica, garantivano una maggior possibilità di trovare in fretta la parola che si voleva. I tesauri da qualche decennio sono quasi esclusivamente elettronici ed alcuni sono diventati standard internazionali per ricerche lessicologiche come Wordnet. I dizionari analogici invece hanno goduto ancora di fortuna in veste cartacea.

Il dizionario analogico elaborato da Donata Feroldi in collaborazione con le Redazioni lessicografiche Zanichelli (Elena Dal Pra vi ha contribuito per circa il 13% ) è un frutto di questa tradizione che sopravvive in formato cartaceo, ma si adegua ai tempi. Infatti la versione elettronica si può scaricare nel computer e chi acquista il dizionario può anche attivare la consultazione online per un anno. Il Roget’s II ha fatto un passo in più ed è diventato definitorio, perché ha aggiunto una breve definizione di ogni lemma. C’è da scommettere che la vivace Redazione Zanichelli renderà presto definitorio anche questo analogico attraverso il sito online, collegando ogni parola alla sua definizione nello Zingarelli. Nel frattempo chi abbia installato nel computer un dizionario monolingue può già, attraverso qualche clic, fare questo percorso e lo può anche fare servendosi di qualche monolingue in rete.

Stesso discorso per il traduttore che voglia sincerarsi della vicinanza semantica del traducente che ha scelto in assenza di (o nonostante) un suggerimento del dizionario bilingue. Però, a monte, l’ordinamento macro- e microstrutturale del dizionario analogico è importante per guidare queste consultazioni in cascata, spesso non necessarie, se l’utente è sicuro del fatto suo ed ha “semplicemente” bisogno che gli si ricordi una parola.

Feroldi ha appunto distribuito il materiale lessicale in un numero di articoli (circa 4000) «le cui chiavi di ingresso corrispondessero essenzialmente ai termini rientranti nella categoria dell’italiano fondamentale, per come è stata stabilita da Mario Cannella e dalla redazione lessicografica Zanichelli» (Presentazione dell’opera). Il lessicografo analogico mostra sempre una notevole consapevolezza della necessità di facilitare la consultazione della propria opera: Feroldi non è da meno, e nella Presentazione dotta e insolitamente lunga – per certi aspetti di dimensioni simili a certe introduzioni di dizionari ottocenteschi – osserva di aver fuso nella macrostruttura sia «i lemmi di puro rinvio ai campi e sottocampi semantici organizzati analogicamente, quanto le parole che di questi ultimi costituiscono le chiavi di accesso». Per inciso osserviamo che anche il Roget’s Thesaurus della Houghton Mifflin adotta quest’ordine unico.

Ci sono chiavi d’ingresso, per continuare con la metafora, che aprono su interi campi del nominabile, quali, ad esempio, zoologia con articolazioni interne e sottoarticolazioni. Talvolta vi è un inserto, come in abbigliamento, animale, clero, Dio, malattia, moda, uva, vino,uccello, zucchero. Ci sono chiavi per porte medie quali dispetto, ghiacciaio, oboe, rustico, che sono voci da 15-40 righe, e piccoli usci che aprono la strada del rimando, come disperso che rinvia a naufragio, perdere, sparire, o pialla che rimanda a legno, liscio. O ancora ormone che rimanda a farmaco, ghiandola, riproduzione, sport.

Da questi brevi accenni si comprende come un analogico, al pari di un dizionario alfabetico, debba stare al passo con i tempi; anzi, raggruppando per senso i vocaboli le assenze si notano di più. Ad esempio, nella pur agguerrita voce informatica ci sono varie Computer Aided attività con il loro acronimo, ma CAT – Computer Aided Translation – non figura (nemmeno sotto traduzione).

La versione elettronica disponibile sul CD incluso nel volume consente un accesso “tutto testo” nella ricerca avanzata, ma in tal caso bisogna sapere la parola che si cerca o almeno una che si suppone possa stare in sua compagnia. Facciamo un esempio: cerchiamo il nome di una pianta che somiglia al timo. Sappiamo che è usata in cucina: proviamo a ricercare timo, ma questo è un lemma rimando a erbe aromatiche, orto, cucinare, ghiandola. Scorrendo la glossa di erbe aromatiche troviamo anche, fra una settantina di altre erbe, la santoreggia, che era quella che cercavamo.

Faccio un altro esempio: dobbiamo tradurre un testo in cui si parla di canto dell’usignolo così spesso che a un certo punto troviamo indispensabile, per il gusto della variatio insito nel lettore italiano, trovare un’altra parola per il verso dell’usignolo. La voce usignolo nel Dizionario di Feroldi è una di quelle piccole: la riportiamo per intero.

usignolo, s. m.:
lusignolo (raro, poet.), usignuolo (lett.), lusignuolo (arc.), rosignolo (arc., lett.), rosignuolo (arc., lett.), rusignolo (arc., lett.), rusignuolo (arc., lett.) □ il musico augel (poet.) ● [simili] usignolo di palude
AZIONI gorgheggiare, trillare
RELATIVO A gorgheggio, trillo □ voce, canto (dolce, armonioso, melodioso, melodico)

Si noterà che risponde alle nostre esigenze con gorgheggiare e trillare e i rispettivi deverbali gorgheggio, trillo, ma ci propone anche ben sette varianti arcaiche o letterarie. Nella Presentazione Feroldi ricorda Giacinto Carena e il suo Vocabolario domestico (1859) e osserva come Carena inserisse fra i vocaboli raccolti presso gli artigiani anche materiali di opere anteriori che risentivano ancora pesantemente dell’ascendenza letteraria. Manzoni criticò Carena per questo ed egli si difese invocando il dovere di dare gran copia di parole e anche la possibilità di far tornare in uso una parola desueta. Altrettanto fa Feroldi, convinta che non vadano tralasciate le parole arcaiche o disusate, o quelle di registro aulico attualmente percepite come obsolete, perché “a volte un elemento fossile, inerte per secoli o decenni, torna ad animarsi di nuova vita”.

Quanto alla microstruttura, cioè alla disposizione delle parole all’interno della voce, nel Dizionario analogico si cerca di evitare che l’utente debba leggere gli articoli per intero e si propongono rubriche predefinite così da poter saltare direttamente al sottoinsieme lessicale intuitivamente prossimo all’informazione cercata. Particolarmente interessante, oltre alle classiche, aristoteliche – tipi, luoghi, parti, persone, caratteristiche, azioni – la rubrica RELATIVO A, che ha certo beneficiato di ricerche corpus-based nella Biblioteca Italiana Zanichelli e nelle annate digitalizzate di alcune testate giornalistiche italiane.

Prendiamo la parola Favore. Nella sezione RELATIVO A troviamo: intervento, intercessione, interessamento ● conoscenze, entrature, contatti, relazioni □ appoggi, santi in paradiso, protezioni (in alto loco) ● privilegi, vantaggi □ tornaconto ● nepotismo, nipotismo (raro) □ clientelismo, sistema clientelare ● lobby, gruppo di pressione □ cordata □ cricca, consorteria, camarilla, camorra, mafia, mafietta ● intrallazzo, maneggio □ corruzione □ collusione □ bustarella, tangente, sbruffo □ mangeria, magna magna ● do ut des □ contropartita, contraccambio □ ricompensa ● debito □ riconoscenza, gratitudine.

Non si tratta di parole “collocate” immediatamente vicine a favore (parole che se mai troviamo in azioni e in modi di dire ), ma di parole che possono comparire nello stesso intorno.

Infine all’interno delle rubriche Feroldi sostiene d’aver perseguito la prossimità semantica o concettuale, “secondo le linee di forza – o catene associative”. Fa un grande uso di separatori grafici (“●”, “□”, “;”, “,”) per delimitare micro-sequenze che rendano visibili i rapporti di funzione e gradazione intrattenuti con le parole contigue: vuole “sulla scorta di Saussure, considerare le unità linguistiche non nella loro atomistica singolarità, ma nella loro cofunzionalità sistemica, come entità oppositive e relazionali”.