Al tempo dell’Urss e dopo

LE SCIENZE ITALIANE IN VERSIONE RUSSA NEL NOVECENTO

di Giulia Baselica

Bruno Pontecorvo in URSS negli anni cinquanta

Bruno Pontecorvo in URSS negli anni cinquanta

Un primo rapido sguardo alla produzione traduttiva in lingua russa di opere scientifiche italiane (inerenti a discipline come: meccanica, astrofisica, chimica, biochimica, medicina, zoologia, botanica, matematica, geometria) permette già di cogliere un dato interessante: la presenza di una relativa minoranza di titoli editi in epoca sovietica, quindi nel periodo compreso fra gli anni venti e gli anni ottanta del Novecento, rispetto alla quantità di volumi pubblicati dagli anni novanta all’epoca attuale. Ai diciassette titoli italiani presenti nei cataloghi editoriali sovietici si contrappongono infatti i sette libri proposti dall’editoria russa contemporanea (Pavan 2013). E se dei primi – dedicati a temi di fisica, astrofisica, matematica, medicina, biochimica, botanica – può essere indubbiamente rilevato un carattere eminentemente accademico o, comunque, altamente specialistico, nei secondi – dedicati alla zoologia, alla geologia, all’epistemologia e all’astrologia – prevale il tono divulgativo.

La produzione editoriale sovietica, attenendosi alle direttive del partito comunista, si contraddistingueva per la sua completa conformità agli interessi del governo e del popolo (Bol’šaja Sovetskaja Enciklopedija 1952, 378). La rivoluzione socialista, con l’operato delle sue guide, Lenin e Stalin, aveva determinato una radicale riorganizzazione dell’editoria, conferendole un nuovo orientamento e, soprattutto, una nuova missione: Vse to, čto buržuaznaja kul’tura sozdala, čtoby obmanyvat’ narod i zaščiščat’ kapitalistov, my otnjali u nich dlja togo, čtoby udovletvorjat’ političeskie zaprosy rabočich i krest’jan (Lenin 1967b, 149: «Tutto ciò che la cultura borghese aveva creato per ingannare il popolo e proteggere i capitalisti, noi l’abbiamo portato via al fine di soddisfare le richieste degli operai e dei contadini», traduzione mia).

Lenin considerava l’editoria orudiem socialističeskogo stroitel’stva (Lenin 1967a, 192: uno «strumento dell’edificazione socialista»). I principi dell’appartenenza al partito (partijnost’), della veridicità (pravdivost’), dello spirito del popolo (narodnost’), del carattere di massa delle pubblicazioni, sviluppati e realizzati dalle risoluzioni del partito, deliberate fra il 1919 e il 1928, divennero fondamentali per la totalità della produzione editoriale sovietica. Questa divenne quindi uno strumento essenziale per l’attuazione di un grande compito organizzativo, assunto e coordinato dal partito comunista: il coinvolgimento delle masse lavoratrici nell’edificazione della società comunista. In tale progetto l’editoria tecnico-scientifica svolgeva un ruolo di essenziale importanza: ne era prova la sua peculiare settorializzazione, in particolare dalla fine degli anni venti all’inizio degli anni trenta. Furono infatti costituiti comparti editoriali corrispondenti ai più importanti settori tecnico-scientifici, come il Mašmetisdat, il Chimtechizdat, l’Energoizdat, lo Strojzdat, il Gornoe izdatel’stvo, il Nefteizdat, il Geologorazvedizdat, ecc., la cui unione formava la ONTI (Ob’edinenie Naučno-Techničeskich Izdatel’stv: Unione delle Case editrici Tecnico-Scientifiche).

Negli anni successivi vennero fondate nuove case editrici, caratterizzate da produzioni ancora più specifiche. Ne è un esempio la Biomedgiz (Biomedicinskoe gosudarstvennoe izdatel’stvo: Casa editrice statale per la biologia e la medicina) che, fondata nel 1934, insieme alle edizioni Medgiz (Medicinskoe gosudarstvennoe izdatel’stvo: Casa editrice statale per la medicina) fra il 1928 e il 1937 pubblicò circa sedicimila titoli – manuali, monografie, opuscoli di carattere divulgativo – per una tiratura complessiva di circa 140 milioni di copie. La produzione della Biomedgiz comprendeva anche opere tradotte da altre lingue e l’italiano era fra queste. Uno spiccato carattere specialistico contraddistingueva anche la Sel’chozgiz (Gosudarstvennoe izdatel’stvo kol’choznoj i sovchoznoj literatury: Casa editrice statale di letteratura del kol’choz e del sovchoz), acquisita negli anni compresi fra il 1929 al 1963 dalla sezione editoriale del Ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione e interessata alla pubblicazione di opere straniere. Queste trovavano accoglienza anche nei cataloghi del già citato gruppo ONTI, protagonista di una complicata vicenda di ristrutturazioni e ridenominazioni, approdata, negli anni novanta, all’attuale identità, la Fizmatlit (Izdatel’stvo fiziko-matematičeskoj i techničeskoj literatury: Casa editrice per la letteratura fisico-matematica e tecnica). Le traduzioni russe di saggi e manuali scientifici stranieri, quindi anche italiani, potevano comparire nei cataloghi di case editrici di vocazione generalista, come la Zadruga che, fondata nel 1911 da Sergej Mel’gunov — storico e attivista politico, membro del partito socialista popolare – e soppressa dal governo bolscevico nel 1923, pubblicava opere di svariato genere (letterarie, pubblicistiche, memorialistiche). Altre case editrici importanti per la diffusione di opere tradotte erano la Izdatel’stvo inostrannoj literatury e Mir; significative e programmatiche queste denominazioni: Casa editrice di letteratura la prima e Mondo la seconda. Costituita nel 1946, la Izdatel’stvo inostrannoj literatury si poneva l’obiettivo di rendere disponibili a studiosi, docenti, insegnanti, studenti, oltre che a tecnici e ingegneri, i più brillanti esiti conseguiti dalle ricerche e dagli studi condotti da scienziati e studiosi di rinomanza mondiale. Mir, istituita per disposizione del Consiglio dei ministri dell’Urss come casa editrice specializzata nella traduzione di opere di argomento scientifico, letterario e artistico, era, in realtà, il risultato di una ristrutturazione avvenuta nel biennio 1963-64 e determinata dall’unione della Izdatel’stvo inostrannych literatur (Casa editrice per le letterature straniere) e della Izdatel’stvo literatury na inostrannych jazykach (Casa editrice per la letteratura in lingue straniere). La sua attività si esprimeva nella pubblicazione di monografie scientifiche, manuali di studio, volumi collettanei inerenti a matematica, meccanica teorica, fisica, chimica, biologia, astronomia, geofisica, ecc. Una parte della produzione editoriale era riservata alla traduzione di manuali scolastici e universitari di autori russi in varie lingue straniere (inglese, spagnolo, francese, italiano, tedesco, arabo); alla pubblicazione della rivista mensile di informazione bibliografica «Novye knigi za rubežom» (Nuovi libri all’estero), dei periodici «Matematika» e «Voprosy raketnoj techniki» (Questioni di tecnica missilistica), i quali proponevano traduzioni russe di saggi e articoli pubblicati all’estero.

Negli anni venti, e precisamente nel 1923, viene tradotta dalla lingua italiana una sola opera scientifica: si tratta della Breve storia della matematica. Dai tempi antichi al Medioevo di Gaetano Fazzari — professore di matematica nelle scuole superiori, autore di numerose pubblicazioni e fondatore, nel 1895, del giornale «Il Pitagora» — e tradotta in russo da Sergej Galašin con il titolo Kratkaja istorija matematiki s drevnejšich vremën končaja srednimi vekami.

Importante il contributo offerto agli studi matematici dagli scienziati russi, già a partire dall’inizio del XVIII secolo. Nel corso dell’Ottocento la fama della matematica russa si consolidò con le teorie di Nikolaj Lobačevskij, Michail Ostrogradskij e Pafnutyj Čebyšev, mentre, nei primi anni venti del Novecento, si affermarono, fra gli altri, gli studi di Andrej Markov con la teoria dei numeri; di Vladimir Steklov e Aleksej Krylov con le equazioni differenziali; di Nikolaj Luzin con la teoria delle funzioni (Graham 1993).

Il compendio divulgativo del professor Fazzari si colloca invece nel contesto della politica culturale orientata verso la divulgazione scientifica intrapresa dal governo sovietico subito dopo la rivoluzione. Nel 1919 il Gosizdat (Glavnoe upravlenie gosudarstvennym izdatel’stvom), dipartimento del Narkompros, il Commissariato del popolo per l’istruzione, preposto alla gestione e al controllo delle attività editoriali, istituì una speciale sezione, incaricata di realizzare agili opuscoli istruttivi (come «Načatki nauki», Elementi di scienza; «Nauka dlja vsech», La scienza per tutti; «Knižnaja polka rabočego», Lo scaffale dell’operaio) destinati a varie tipologie di lettori. L’intero terzo decennio del Novecento fu consacrato alla definitiva eliminazione dell’analfabetismo, all’istituzione dell’istruzione primaria e secondaria, alla propaganda dell’ateismo, nell’ambito della quale la divulgazione delle conoscenze tecnico-scientifiche doveva svolgere un ruolo essenziale. Vennero fondate riviste come «Znanie – sila» (La conoscenza è la forza), nel 1926, e «Junyj naturalist» (Il piccolo naturalista), nel 1928, inizialmente indirizzate a un pubblico adolescente. Innumerevoli circoli e società tecniche (enti attivi soprattutto negli anni trenta e derivati dalla imperiale Russkoe techničeskoe obščestvo, cioè la Società tecnica russa, le cui finalità si identificavano principalmente nella diffusione di nozioni teoriche e di insegnamenti pratici relativi alle acquisizioni più rilevanti del progresso tecnico e industriale mediante pubblicazioni periodiche, attività didattiche, esposizioni e concorsi) fra le quali si distinguevano l’Osoaviachim (Obščestvo sodejstvija oboronie, aviacionnomu i chimičeskomu stroitel’stvu, Associazione di assistenza alla difesa e alla costruzione di impianti aeronautici e chimici, un’organizzazione paramilitare di massa istituita nel 1927) e organizzazioni giovanili del Pcus, come il Movimento dei pionieri (Pionerskoe dviženie) e l’Unione della gioventù comunista (Komsomol o Kommunističeskij sojuz molodëži) divennero essenziali piattaforme ideologiche finalizzate alla divulgazione del sapere scientifico e di una visione del mondo materialistica. In tale contesto la pubblicazione di Fazzari, sorta di biografia della scienza matematica e unico contributo divulgativo della produzione editoriale scientifica italiana, rinvia al colossale progetto di compilazione delle Vite di uomini straordinari (Žizni zamečatel’nych ljudej), avviato nel 1890 e ancora oggi attivo – nel 2001 è stato licenziato il millesimo volume – teso a comporre, con dovizia di informazioni, una sorta di biografia narrativa del sapere universale, attraverso il racconto della vita dei suoi protagonisti.

Pubblicata in Italia nel 1921, ma tradotta ed edita in Unione Sovietica nel 1947, è una nota di Francesco Tricomi (allora assistente ma in seguito professore di analisi infinitesimale all’università di Torino dal 1925 al 1967) intitolata Sulle equazioni lineari alle derivate parziali di secondo ordine di tipo misto, un estratto dei «Rendiconti» della Reale Accademia dei Lincei, tradotto da Feliks Frankl’, fisico matematico e membro corrispondente dell’Accademia delle Scienze d’artiglieria, con il titolo O linejnych uravnenijach v častnych proizvodnych vtorogo porjadka smešannogo tipa. A questa nota seguì in epoca post-sovietica, sempre del professor Tricomi, la traduzione delle Lezioni sulle equazioni a derivate parziali: corso di analisi superiore, pubblicate in Italia nel 1954 e in Unione Sovietica nel 1957: Lekcii po uravnenijam v častnych proizvodnych. La traduzione venne approntata dal matematico Dmitrij Rajkov, autore di numerosi manuali e traduttore in lingua russa di varie opere di argomento matematico. Ancora alle equazioni è dedicato il saggio Le equazioni differenziali ordinarie, tratto dalla raccolta in due volumi Equazioni differenziali nel campo reale, pubblicato nel 1954 da Giovanni Sansone, professore di analisi algebrica e infinitesimale all’università di Firenze dal 1927 al 1958 e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. Lo scritto di Sansone venne tradotto in lingua russa, Obyknovennye differencial’nye uravnenija, da Naum Vilenkin, attivo divulgatore delle scienze matematiche e autore di innumerevoli e notissimi manuali destinati agli alunni di quinta e sesta classe, e ancora oggi adottati nelle scuole.

Il panorama editoriale sovietico degli anni trenta presenta un considerevole numero di traduzioni russe di opere italiane di argomento tecnico-scientifico. Appaiono tutte fra il 1932 e il 1937, sullo sfondo dell’eroico, grandioso impegno richiesto al popolo sovietico per la realizzazione del secondo piano quinquennale. Nel corso della XVII Conferenza del partito, si dichiarò l’imperativa necessità di portare la produzione di elettricità a 100 miliardi di kwh, quella di carbone a 250 milioni di tonnellate, di ghisa a 22 miliardi, di petrolio a 80-90 milioni, di cereali a 130 milioni entro il 1917, cifre che sarebbero state raggiunte, in realtà, nel corso degli anni cinquanta (Boffa 1979). Inoltre gli obiettivi della prima pjatiletka non risultavano del tutto realizzati. Tra il 1928 e il 1933 la produzione industriale avrebbe dovuto aumentare del 180%; quella dei beni strumentali del 230% e la produzione agricola del 55%. Di capitale importanza l’impulso all’industria pesante (siderurgia, chimica, centrali elettriche, combustibili) e al settore meccanico, per i quali si edificavano cantieri di ciclopiche proporzioni: le fabbriche di trattori di Stalingrado, Čeljabinsk e di Charkov; le officine produttrici di macchinari pesanti a Sverdlovsk e a Kamatorsk; le fabbriche di automobili di Nižnij Novgorod e di Mosca; i complessi chimici di Bobrikovo e di Berežniki. Le imprese più rinomate erano le acciaierie di Magnitogorsk negli Urali e di Kuzneck in Siberia. Per comprendere il senso, il valore e gli intenti di ogni espressione della cultura dell’epoca è necessario tener presente la storia dei grandi cantieri, che fu straordinaria e drammatica: «essa resta una delle più sconvolgenti imprese del secolo. La Russia mancava dell’esperienza, degli specialisti, degli strumenti tecnici per affrontare lavori di questa portata. Decine di migliaia di uomini cominciarono a costruire, potendo in pratica contare sulle loro mani», scrive Boffa (1979, 384). In questo scenario trovano la loro ragion d’essere l’edizione russa dei manuali La pratica della nichelatura – testo di cui non risulta possibile individuare un’edizione italiana pubblicata – di G. Dorini, con il titolo Praktika nikelirovanija, pubblicato nel 1932 e tradotto da M.Karpovskij, e La nitrurazione dell’acciaio di Federico Giolitti. Chimico e professore ordinario di chimica metallurgica e metallografica presso il Politecnico di Torino, Giolitti, figlio del grande statista Giovanni, ricoprì numerosi incarichi presso grandi complessi industriali italiani e statunitensi e fu insignito del massimo riconoscimento internazionale nel campo della metallurgia: la medaglia Bessemer. Alla nitrurazione dell’acciaio dedicò numerosi lavori come quello citato, pubblicato in italiano (I fattori fondamentali che influiscono sulla lavorazione termica dell’acciaio) nel 1933 e in versione russa nel 1939, realizzata da Ivan Afonskij, anch’egli chimico e professore, oltre che autore di pubblicazioni in argomento, come Osnovnye faktory, vljajuščie na termičeskuju obrabotku stali (GONTI, Moskva-Leningrad, 1939).

Durante il processo di industrializzazione accelerata, che il governo sovietico impose al paese negli anni trenta e nel dopoguerra, i chimici sovietici ebbero una parte importante nello sviluppo della chimica industriale. Se nella metallurgia si distinsero in particolare gli scienziati Ivan Bardin, Georgij Urazov, Aleksandr Jakovkin, Aleksandr Bajkov, nell’industria chimica e petrolifera fondamentale fu il contributo di Lev Karpov, Dmitrij Prjanišnikov, Nikolaj Juškevič, Ivan Bašilov.

Due sono i titoli scientifici italiani tradotti e pubblicati in Unione Sovietica nel 1933: La prova dei sistemi ottici di Vasco Ronchi (Ispytanie optičeskich sistem) e i Principi della teoria meccanica della figura dei pianeti di Paolo Pizzetti ( Osnovy mechaničeskoj teorii figury planet ). A partire dagli anni venti le più importanti ricerche nel campo della fisica ottica applicata furono condotte presso l’Istituto statale di ottica di Leningrado, fondato nel 1918 nell’allora Pietrogrado, sotto la direzione di Dmitrij Roždenstvenskij. Esse costituirono il presupposto essenziale per dotare il paese di un’industria ottico-meccanica, assicurando così la completa autonomia di numerosi settori produttivi nazionali e rendendo superflue le forniture straniere. Il’ja Grebenščikov, Nikolaj Kačalov, Aleksandr Lebedev e i loro collaboratori elaborarono la tecnologia della fusione con la conseguente realizzazione del vetro ottico. L’Unione Sovietica poté così avviarne una produzione industriale: il telescopio astronomico e il microscopio a fluorescenza furono alcuni degli esiti maggiori. A Vladimir Linnik e ad Aleksandr Lebedev si deve la messa a punto di dispositivi ottici elettronici, mentre, negli anni trenta, le attività prodotte dal laboratorio della cattedra di fisica e ottica dell’Università di Leningrado si orientarono essenzialmente verso la risoluzione di problemi connessi con lo sviluppo e il perfezionamento delle tecniche cinematografiche (Bol’šaja Sovetskaja Enciklopedija, 1969-1978).

L’opera di Pizzetti è un prezioso trattato pubblicato a Pisa nel 1913 e sintetizza le sue fondamentali ricerche nel campo della geodesia: la soluzione del cosiddetto «problema Stokes»; le dimostrazioni della formula di Stokes; lo studio delle relazioni tra azione esterna e distribuzione di densità nella massa del pianeta (Dore 1935, 466).

Le ricerche nel campo della geodesia, finalizzate soprattutto all’ottenimento di dati necessari alla realizzazione di carte topografiche di differenti livelli di precisione e destinazione vennero intensificate subito dopo la Rivoluzione. Il loro sviluppo era correlato con le pressanti esigenze della costruzione socialista, il cui presupposto si fondava a sua volta sul computo e sul rilevamento delle risorse del paese, sulla progettazione ed edificazione di grandi impianti industriali e sul rafforzamento delle capacità difensive. L’ampio utilizzo degli esiti prodotti dagli studi di geodesia resero poi necessaria, nell’ambito della formazione e della ricerca universitaria, la differenziazione di specifiche specializzazioni: geodesia geometrica, gravimetrica, teoretica e astronomica (Bol’šaja Sovetskaja Enciklopedija, 1969-1978).

Il trattato di Pizzetti, pubblicato in Unione Sovietica con il titolo Osnovy mechaničeskoj teorii figury planet, venne tradotto da Aleksandr Michajlov, astronomo e membro dell’Accademia delle Scienze dell’Urss, che si occupava di teoria delle eclissi, di astronomia stellare, astrometria e gravimetria. Oltre ad aver elaborato un metodo per ridurre la forza di gravità mediante la condensazione della massa superficiale al fine di determinare la figura della Terra, Michajlov ipotizzò una nuova metodologia per l’osservazione dell’«effetto Einstein», consistente in «uno spostamento verso il rosso delle righe spettrali caratteristiche per la luce proveniente dal sole e dalle stelle» (Selvaggi 1961, 55).

L’editoria scientifica sovietica mostra un particolare interesse riguardo a due lavori inerenti alla fisica meccanica firmati congiuntamente da Tullio Levi Civita e Ugo Amaldi. Levi Civita fu docente di meccanica razionale e titolare di cattedra a Padova e a Roma, dal 1898 al 1938, anno in cui, varate le leggi antiebraiche fasciste, venne rimosso dall’incarico accademico a causa della sua origine ebraica. Fu in seguito eletto membro della Pontificia Accademia delle Scienze, ove poté condurre i suoi studi. Tra gli innumerevoli interessi manifestati dallo studioso nel campo della matematica è da ricordare il calcolo tensoriale, riferimento fondamentale e base della struttura matematica della teoria della relatività generale di Einstein. Di Levi Civita e Amaldi vennero pubblicate in lingua russa le Lezioni di meccanica razionale. Cinematica, principi e staticae le Lezioni di meccanica razionale. Dinamica dei sistemi con un numero finito di gradi di libertà, edite in Italia rispettivamente nel 1923 e nel 1926. Ugo Amaldi fu invece professore di algebra e geometria analitica presso l’Università di Cagliari, poi a Modena e a Padova, infine a Roma. Si occupò, in particolare, della teoria dei gruppi continui di trasformazione, alla quale dedicò studi e volumi. Al pari di Levi Civita fu accademico pontificio e dei Lincei. Le Lezioni di Levi Civita e Amaldi vennero pubblicate nel 1952, tradotte in russo con il titolo Kurs teoretičeskoj mechaniki dal matematico Dmitrij Kutilin, che nel 1947 aveva dato alle stampe un trattato sulla teoria delle deformazioni finali (Teorija konečnych deformacij).

Per i fisici russi la meccanica rappresentava, ormai da decenni, un settore di interesse e, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, aveva acquisito notevole rilevanza: nel 1918 era stato fondato l’Istituto aeroidrodinamico centrale (Central’nyj aerogidrodinamičeskij institut) dove, negli anni trenta, sotto la direzione di Sergej Čaplygin venne avviato un importante centro di ricerche teoriche e sperimentali che produsse esiti fondamentali in materia di idro-aeromeccanica con applicazioni essenziali nell’aviazione e nella costruzione navale, oltre che nell’aerodinamica industriale. Sempre negli anni trenta la ricerca sovietica nel campo della fisica nucleare portò a risultati molto significativi, come l’elaborazione del modello nucleare a shall e la teoria delle forze di scambio, ad opera di Dmitrij Ivanenko e Ivan Tamin. Nel 1935 Lev Mysovskij, Igor’ Kurčatov e i loro collaboratori scoprirono il fenomeno dell’isomeria nucleare degli elementi radioattivi e, cinque anni dopo, osservarono il fenomeno della fissione spontanea dell’uranio. Proprio a Igor’ Kurčatov e all’équipe di scienziati e ingegneri da lui coordinata, si ascrive la risoluzione definitiva del problema della fissione dell’uranio, dello studio dell’energia nucleare, quindi della costruzione di una nuova arma. E, ancora, a partire dalla fine degli anni cinquanta vennero raggiunti risultati rimarchevoli nello sviluppo della fisica nucleare: in tale cornice trovano un’importante collocazione le Conferenze di fisica atomica raccolte da professori ed assistenti di fisica delle università di Pisa e Milano, di Enrico Fermi, pubblicate dalle edizioni dell’Accademia Nazionale dei Lincei nel 1950 e tradotte in russo dal fisico teorico Aleksandr Kompaneec (Lekcii po atomnoj fizike), quindi pubblicate in Urss nel 1952 e riedite nel 2001.

Noti sono gli importanti traguardi raggiunti dai fisici nucleari sovietici: nel 1953 essi fecero esplodere una bomba all’idrogeno dieci mesi dopo che gli scienziati reclutati dal governo statunitense avevano compiuto lo stesso esperimento. È stato dimostrato invece che l’Urss aveva approntato l’arma nucleare prima degli Stati Uniti (Graham 1993). Il nome di Fermi non può non evocare quello di Bruno Pontecorvo che nel 1950 si trasferì a Mosca perché – dichiarò in un messaggio rivolto alla famiglia e ai colleghi dell’Occidente – l’Unione Sovietica era «una nazione amante della pace e lui ne condivideva gli ideali» (Close 1916, 184). Per gli importanti esiti prodotti nel laboratorio di ricerca atomica di Dubna, nell’ambito degli studio dei neutrini, fu insignito di numerosi premi prestigiosi e onorificenze, come il Premio Stalin, nel 1953, due ordini di Lenin, rispettivamente nel 1963 e nel 1973, e il premio Lenin, nel 1983. Ma tra gli innumerevoli titoli della sua bibliografia può essere interessante qui ricordare l’opera di traduzione di una raccolta di scritti di Enrico Fermi, edita a Mosca nel 1971: Naučnye trudy.

Tornando all’editoria scientifica degli anni trenta, troviamo un curioso titolo, della cui versione italiana, tuttavia, non risulta possibile individuare alcun dato bibliografico. Si tratta della traduzione delle Nuove ricerche sull’eziologia del beriberi, pubblicato a Krasnodar’ nel 1932, con il titolo, semantico, Novye issledovanija ob eciologii Beri-Beri; della traduttrice è indicato il solo cognome: Poplanskaja.

Lo studio di questa patologia, tipicamente asiatica, era all’epoca oggetto di interesse per la medicina sovietica: nel 1933 su un periodico medico uzbeko, «Za socialističeskoe zdravoochranenie Uzbekistana», sarebbe apparso l’articolo O B1 – avitaminoze i poliavitaminozach v Srednej Azii (Sulla vitamina B1: avitaminosi e poliavitaminosi in Asia Centrale) di Ivan Kassirskij e, sei anni dopo, un volume di Viktor Efremov, Važnejšie avitaminosy čeloveka, avrebbe descritto le forme più gravi di avitaminosi. Ma è soprattutto importante ricordare che già negli anni ottanta dell’Ottocento era stato un medico-chirurgo russo, Nikolaj Lunin, a stabilire che, per essere vitali, gli organismi necessitano anche di particolari sostanze, da lui definite «fattori integrativi dell’alimentazione». Tali sostanze vennero poi denominate «vitamine» dallo scienziato polacco Kazimierz Funk, il quale nel 1911 formulò l’ipotesi secondo la quale la causa dell’insorgere del beriberi fosse da ricercare in una insufficiente assunzione di vitamina B1.

Sempre nell’ambito della medicina, e ancora negli anni trenta, venne pubblicata la traduzione russa del saggio Chemioterapia del cancro di Gaetano Fichera, patologo catanese che, in quegli anni, dirigeva a Milano l’Istituto Vittorio Emanuele III per lo studio e la cura del cancro e si occupava dell’eziologia e della terapia dei tumori. La versione russa dell’opera di Fichera (Chmioterapija raka) si deve a Jakov Rapoport, anatomopatologo, scienziato e memorialista, autore di oltre duecento lavori scientifici. Coinvolto nel “complotto dei medici” e arrestato nel febbraio del 1953, fu liberato dalla detenzione nel carcere di Lefortovo subito dopo la morte di Stalin.

Nel 1979, poi, fu pubblicato il testo della conferenza Biochimica del ciclo cellulare: problemi di cancerogenesi e di chemioterapia, tenuta dal professor Pietro Volpe, docente titolare della cattedra di biofisica a Roma. Oltre che di numerosissimi studi di biologia molecolare e di biochimica, il professor Volpe è autore di un saggio di storia della medicina, proprio dedicato a contributi russi: La biologia russa tra storia e filosofia. La cura redazionale della versione russa del testo della conferenza, Biochimija kletočnogo cikla. Problemy kancerogeneza i chimioterapii è di Evgenij Severin, membro dell’Accademia delle Scienze e insignito del Premio nazionale dell’Urss nel 1984 e del premio Lenin nel 1990 per le sue ricerche nel campo della biologia molecolare.

Negli anni settanta in Unione Sovietica venne approntato un nuovo trattamento chirurgico per i tumori del cervello fino ad allora considerati non operabili. L’oncologia trovò ampio sviluppo come scienza clinica, teoretica e sperimentale nei lavori di Nikolaj Petrov, Pëtr Gercen, Nikolaj Blochin, Leon Šabad: questi e altri importanti scienziati studiarono le cause, i meccanismi e la regolarità dello sviluppo delle neoplasie ed elaborarono nuovi metodi di terapia chirurgica e conservativa.

Un ulteriore titolo, con il quale si conclude la rassegna delle traduzioni russe di opere scientifiche italiane edite negli anni trenta, è L’immunità delle piante. Gli autori sono due illustri microbiologi, Domenico Carbone e Carlo Arnaudi. Il primo, insignito di medaglia d’oro dal Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere nel 1923 per i suoi studi sulla macerazione anaerobica, in seguito ai quali fu possibile riavviare la linicoltura in Italia, condusse importanti ricerche sulla fitoimmunità e sulla vaccinazione per le piante e gli insetti. L’immunità delle piante costituisce una summa delle cognizioni allora disponibili su tale argomento. Carlo Arnaudi, suo discepolo, fondò nel 1940 la rivista «Annali di microbiologia ed enzimologia»; fu rinomato docente universitario, studioso e ricercatore, oltre che attivo militante socialista. Due i traduttori dell’opera, Immunitet u rastenij: Konstantin Fride e Aleksandr Kaljaev. Di quest’ultimo si sa che era un medico microbiologo, autore di contributi scientifici pubblicati anche all’estero e che, accusato di attività antisovietica trockista, nel 1938 venne arrestato e detenuto fino al 1954.

Negli anni venti e trenta lo sviluppo delle tecniche microbiologiche era connesso con i processi di fermentazione alla base della vinificazione, della distillazione e della produzione della birra, dell’acetone, dell’acido citrico e lattico, dei latticini e dei lieviti. Sarà a partire dagli anni quaranta che prenderà avvio una vera e propria produzione microbiologica in grado di fornire antibiotici, amminoacidi, vitamine, fermenti, ormoni steroidei polisaccaridi, oltre che antiparassitari microbiologici (Bol’šaja Sovetskaja Enciklopedija, 1969-1978) proprio in tale specifico settore produttivo si può collocare l’interesse per la pubblicazione dello studio di Carbone e Arnaudi.

Alla copiosa produzione traduttiva degli anni trenta si alternano, nell’epoca sovietica, periodi di, almeno apparente, disinteresse per la produzione scientifica italiana, ad altri caratterizzati da alcune precise scelte editoriali. Negli anni quaranta non appaiono titoli italiani, oltre all’opera di Tricomi; nel decennio successivo vengono dati alle stampe i già ricordati titoli di Fermi e Levi-Civita, tutti nel biennio 1951-52 e il saggio di Sansone nel 1954. Se non risultano opere italiane nel panorama scientifico sovietico degli anni sessanta e per buona parte degli anni settanta (Pavan 2013), all’inizio degli anni ottanta si annuncia un cambiamento importante. Nel 1982 viene infatti pubblicato un consistente volume, risultato di una selezione di contributi tratti da un’opera in realtà molto più estesa, di oltre mille pagine. Il suo valore scientifico e il suo significato culturale sono fondamentali: l’ampia raccolta è dedicata al pensiero scientifico di Albert Einstein: Astrofisica e cosmologia, gravitazione, quanti e relatività negli sviluppi del pensiero scientifico di Albert Einstein. Centenario di Einstein 1879-1979, a cura di Mario Pantaleo e Francesco De Finis. Pantaleo aveva curato un precedente volume dedicato all’opera di Einstein: Cinquant’anni di relatività 1905-1955, preceduto da una Prefazione dello stesso Einstein, che aveva scritto: «questo libro è nato dagli amichevoli sentimenti dei miei colleghi italiani» (Linguerri, Simili 2008, 8).

La traduzione russa del volume è a cura di Fëdor Fëdorov, fisico teorico bielorusso, professore e accademico delle scienze, autore di numerosi lavori dedicati alla fisica delle particelle elementari e alla teoria quantistica dei corpi. L’accenno del grande fisico tedesco agli «amichevoli sentimenti» rinvia, per contrapposizione, agli atteggiamenti ostili nei confronti della teoria della relatività generale di Einstein e degli studi condotti dalla Scuola di Copenhagen nel campo della meccanica quantistica, manifestati negli anni venti e trenta dai fisici sovietici di fede marxista. A quell’epoca se gli esponenti della comunità scientifica internazionale provavano a interpretare il significato dei nuovi sviluppi nella teoria della relatività e nella fisica dei quanti, dimostrando che le vecchie nozioni di materialismo e causalità non erano più adeguati, i critici sovietici replicavano dichiarando che l’obiettivo degli intellettuali borghesi era quello di screditare il materialismo scientifico, l’ideologia ispiratrice della rivoluzione vittoriosa (Graham 1993). Se negli anni venti venivano pubblicati importanti lavori, in particolare da giovani fisici che guardavano con interesse agli studi di Einstein, la cosiddetta “nuova fisica” era tuttavia avversata da non pochi fisici e filosofi. Fra questi si distinse, per esempio, Arkadij Timirjazev, fisico e filosofo marxista, figlio del noto biologo Kliment, il quale dichiarò che alle teorie di Einstein si interessavano innumerevoli esponenti dell’intelligencija borghese di tutte le nazioni. Alla pubblicazione di uno stesso articolo in versione inglese e tedesca – Science and Religion sul «New York Times Magazine», il 9 novembre, e Religion und Wissenschaft sul «Berliner Tageblatt» l’11 novembre 1930 – nel quale lo scienziato tedesco esprimeva una visione deistica della scienza, di ispirazione spinoziana, seguì una puntuale replica sovietica: nel corso dell’anno seguente Vladimir L’vov firmò un intervento dal titolo Nauka i žizn’: Al’bert Einštein v sojuze s religiej (Scienza e vita: Albert Einstein alleato con la religione), apparso sul periodico «Novyj mir», nel quale l’autore russo affermava che, essendo il deismo una dottrina implicita nel concetto di continuum spazio-temporale, conseguentemente la relatività doveva essere rifiutata. Tuttavia, se nel 1922 Aleksandr Friedmann aveva prodotto un interessante modello matematico nel quale si confutavano le equazioni proposte da Einstein nel 1915, le quali conducevano alla rappresentazione di un universo statico – e Einstein ammise il proprio errore – in quello stesso anno il fisico tedesco venne nominato membro corrispondente dell’Accademia delle Scienze sovietica. Ma, pochi anni dopo, tra il 1925 e il 1926, Timirjazev pubblicò una decina di articoli contro il relativismo (Vizgin 1999). Poi, nei primi anni trenta Vladimir Fock, Lev Landau, e Igor’ Tamm diedero un importante contributo alla teoria dei quanti, suscitando un notevole interesse internazionale (Graham 1993).

Nei momenti in cui l’atteggiamento critico nei riguardi della teoria della relatività da parte della comunità scientifica sovietica pareva attenuarsi, prendeva avvio la lotta ideologica condotta dai filosofi, i quali identificavano in tale teoria l’espressione dell’oscurantismo borghese (Vizgin 1999). Alla fine degli anni quaranta la teoria dei quanti formulata dalla Scuola di Copenhagen venne sottoposta, insieme con la teoria generale della relatività, a dure critiche e accusata di avere carattere idealistico. Così, alcuni fisici sovietici, come Konstantin Nikol’skij e Dmitrij Blochincev, elaborarono una particolare versione dell’interpretazione statistica della meccanica quantistica, considerata più conforme ai principi del materialismo dialettico (Pečenkin 1998). La campagna contro Einstein e la teoria della relatività si riacutizzò negli anni cinquanta. La rivista «Voprosy filosofii» pubblicò, nel 1951, un articolo di Maksim Karpov, intitolato O filosofskich vzgljadach Ejnštejna, (Sulle opinioni filosofiche di Einstein), nel quale lo scienziato e professore di filosofia all’Università di Rostov accusava il fisico tedesco di idealismo soggettivo, di disconoscimento dell’infinità dell’universo e di altre concessioni alla religione. L’anno successivo Aleksandr Maksimov, eminente filosofo, pubblicò un contributo volto a condannare non soltanto il pensiero scientifico di Einstein, bensì anche lo scienziato nella sua persona, celebrato dalla stampa borghese per i suoi innumerevoli attacchi contro il materialismo, per la propaganda a opinioni volte a scardinare una visione del mondo autenticamente razionale e a impoverire il pensiero scientifico (Frenkel’ 1994). Tuttavia l’importanza cruciale del progetto atomico pose fine alle aspre stroncature da parte della comunità scientifica sovietica (Vizgin 1999). Dopo la morte di Stalin la campagna contro Einstein venne definitivamente sospesa.

Ancora alla teoria della relatività, e in una dimensione efficacemente divulgativa, è dedicato il saggio di Tullio Regge Cronache dell’Universo. Fisica moderna e cosmologia, del 1981, edito in Russia nel 1985 col titolo Etjudy o Vselennoj, nel quale, attraverso il viaggio immaginario di un’astronave, il lettore apprende una notevole quantità di nozioni di fisica, di leggi, proprietà e scoperte. La traduzione russa e la cura del volume sovietico sono rispettivamente di Gil e Bruno Pontecorvo: il lavoro del figlio e del padre ci appare qui come la suggestiva espressione di un dialogo tra due generazioni di fisici e tra due culture.

Sempre nel 1985 appare la traduzione del saggio Ordine e disordine nella materia (1982) del fisico e professore a La Sapienza Giorgio Careri, studioso dei processi di ordinamento spontaneo attivi in numerosi sistemi naturali e nei sistemi biologici. In questo volume lo scienziato espone, con intento divulgativo e con un linguaggio di carattere comunicativo, la sua personale filosofia della ricerca. La versione (Porjadok i besporjadok v strukture materii) si deve a Boris Kerbikov, fisico ricercatore presso l’Istituto fisico-tecnico di Mosca, studioso di cromodinamica quantistica, della teoria delle particelle elementari e della teoria della superconduttività.

Con la dissoluzione dell’Urss il panorama editoriale muta radicalmente: ricompaiono, dopo la lunga eclissi dell’epoca sovietica, le imprese editoriali private, alcune delle quali multinazionali straniere. La produzione scientifica specializzata e tradotta da altre lingue si diffonde soprattutto per mezzo delle case editrici universitarie. Alcuni importanti titoli italiani compaiono nei cataloghi della Izdatel’stvo Nižegorodskogo Universiteta, dell’Università di Nižnij Novgorod, la quale pubblica circa cento titoli all’anno, relativi a svariate discipline – tra quelle scientifiche: fisica, fisica radiologica, matematica, meccanica, chimica, biologia, ecologia – e nei tipi della Izdatel’stvo Sibirskoj Gosudarstvennoj Akademii Telekommunikacii i Informatiki dell’Università di Novosibirsk. Anche la Izdatel’stvo BBM (Bertel’smann media Moskau), che rappresenta la sede russa della multinazionale tedesca Bertelsmann, accoglie opere italiane. Si tratta di una delle maggiori aziende multimediali mondiali, che raggruppa circa quaranta marchi editoriali. Un nome importante nell’editoria russa è quello di AST, sigla editoriale di opere italiane tradotte in lingua russa, fondata a Mosca nel 1990. Essa pubblica circa quaranta milioni di volumi all’anno per cinquecento titoli, suddivisi in molteplici generi; il suo principio ispiratore è la custodia dell’eredità intellettuale mondiale, in virtù del quale essa offre ai lettori una scelta, vasta e articolata, di pubblicazioni di carattere divulgativo e informativo, oltre che di opere letterarie. Orientato alla diffusione di opere straniere in traduzione, soprattutto dall’inglese, dallo spagnolo e dall’italiano, e specializzato nei settori della fisica, della matematica, della filologia e della linguistica è il gruppo Izdatel’skaja gruppa Urss, costituita nel 1994. Retaggio della tradizione e continuità con il passato caratterizzano, infine, la sezione editoriale della Visšaja škola klassičeskoj astrologii (Scuola superiore di astrologia classica) fondata nel 1917 a Mosca.

Nel 1994 – la data di pubblicazione non è certa (Pavan 2013) – l’editoria russa propone una raccolta di saggi intitolata Pamjat’ o buduščem. Zapiski ob obrazach nauki (Memoria del futuro. Scritti sulle immagini della scienza) ed espressione di una nuova visione del sapere, nella quale vari temi scientifici si intrecciano fra loro stabilendo, nel contempo, un fecondo dialogo con la cultura umanistica. Appunto, la costante, reciproca, armoniosa compenetrazione dei saperi – le scienze naturali, la fisica e la chimica, l’arte, l’antropologia, il mito – indirizza la ricerca verso il soddisfacimento dei bisogni dell’uomo. L’autore, Paolo Bisogno (1932-1999), insigne epistemologo, fu uno dei fondatori dell’AIDA (Associazione Italiana Documentazione Avanzata), direttore dell’Istituto di studi sulla ricerca e la documentazione scientifica e ideatore, nel 1984, della rivista di politica della scienza «Prometheus». Nell’edizione russa del volume non risulta indicato l’autore della traduzione (Pavan 2013).

Il titolo di Bisogno rinvia, idealmente, a un’opera che fu pubblicata in lingua russa diciotto anni dopo: Filosofia della matematica. L’eredità del Novecento, di Gabriele Lolli, professore di logica matematica all’Università di Torino. L’autore della traduzione russa del saggio (Filosofija matematici. Nasledie dvatcatogo stoletija), che presenta un bilancio dei problemi e delle prospettive d’indagine della filosofia della matematica contemporanea, è Anton Sočkov, studioso di filosofia della scienza, di modelli matematici applicati alla tecnica e all’economia e docente presso l’Università Lobačevskij di Nižnij Novgorod.

All’opera di Bisogno, che inaugura la serie di opere scientifiche italiane selezionate dall’editoria russa nell’epoca post-sovietica, segue, nel 1998, la comparsa della traduzione di un testo di elevata specializzazione: Gerarchia numerica sincrona SDH di Renzo Valente, Marco Carpanelli e Paolo Lazzaro. L’ambito è quello delle telecomunicazioni, in particolare la gerarchia digitale sincrona (Synchronous Digital Hierarchy) connessa con l’utilizzo delle fibre ottiche e con la relativa elevatissima capacità di trasporto delle informazioni. L’edizione russa, Sinchronnaja cifrovaja ierarchija è presentata come manuale per corsi universitari e di specializzazione per operatori del settore delle telecomunicazioni. La traduzione è firmata dagli stessi autori e la cura del volume si deve a Boris Kruk, professore e studioso presso l’Università Sibirskij Gosudarstvennyj Universitet Telekommunikacii i Informatiki.

Gli anni duemila offrono ai lettori russi un’ampia scelta editoriale, caratterizzata dalla divulgazione. Nel 2001 viene data alle stampe l’edizione russa di Minerali e rocce di Nicola Cipriani, con il titolo Sokrovišča zemli. Dragocennye kamni, mineraly, gornye porody. Il titolo russo — I tesori della terra: pietre preziose, minerali, rocce — rende evidente l’intento divulgativo del manuale. Qui si osserva un importante cambiamento, una vera e propria svolta negli orientamenti dell’editoria scientifica in traduzione: il manuale di Cipriani è infatti tradotto da due traduttrici professioniste, quindi non da specialisti o scienziati prestati alla traduzione. Si tratta di Genrietta Charitonova e Emilija Motyleva, autrici di altre traduzioni come Zamki Bavarii (da Castelli della Baviera di Paola Calore) e Drevnij Rim (da Atlante dell’antica Roma di Flavio Conti) e di altri volumi.

Altro saggio divulgativo pubblicato in traduzione dall’editoria scientifica russa, nel 2004, è Ornitologia italiana. Identificazione, distribuzione, consistenza e movimenti degli uccelli italiani di Pierandrea Brichetti, ornitologo libero professionista e autore di numerosissimi contributi scientifici, e di Giancarlo Fracasso, ricercatore indipendente di zoologia. È il primo di otto volumi dedicati all’ornitologia italiana, a testimonianza del curioso interesse russo per l’argomento, in virtù del quale l’opera acquisisce un titolo piuttosto distante e, soprattutto, sintetizzante, in una prospettiva orientata verso la generalizzazione: Pticy. Spravočnik (Uccelli. Prontuario). Le traduttrici sono Tat’jana Vasil’eva, studiosa di filologia classica e traduttrice di opere di filosofia, ed Elena Šišlova, traduttrice di altre opere di divulgazione, come I tesori dell’umanità. Il patrimonio mondiale dell’Unesco di Marco Cattaneo e Jasmina Trifoni. L’attenzione alla manualistica si conferma nell’edizione russa del volume di Ciro Discepolo Nuovo trattato delle rivoluzioni solari, pubblicato nel 2009 con un titolo semantico (Novyj traktat o Solnečnych revoljucijach), un manuale di astrologia nel quale l’Autore si sofferma sulle «rivoluzioni solari mirate». Il traduttore è Aleksandr Urusov, un esponente della letteratura sovietica underground degli anni sessanta. Infine Perché accade ciò che accade, ovvero Počemu proischodit to, čto proischodit, con un’integrazione esplicativa per il lettore russo: Okružajuščij mir glazami učënogo (Il mondo circostante con gli occhi di uno scienziato). L’autore – il fisico e saggista Andrea Frova– si rivolge al lettore per aiutarlo a recepire e a comprendere la realtà, quindi i fenomeni della fisica, della chimica, della matematica e della biologia, attraverso i fatti della quotidianità. La cura del volume si deve ad Andrej Varlamov, fisico teorico, autore, con Lev Azlamov di un’opera analoga, intitolata Udivitel’naja fizika.

La storia novecentesca della traduzione scientifica parrebbe unire la Russia e l’Italia in un percorso contrassegnato, innanzi tutto, da una netta linea di demarcazione, determinata da un evento cataclismatico, tra due età profondamente diverse. La dissoluzione dell’Urss segna infatti, nel 1991, il passaggio da un “prima” a un “dopo” e marca un sovvertimento che per molteplici aspetti assume il senso di un grave trauma culturale. I titoli italiani accolti dall’editoria sovietica si collocano in un contesto tecnico-scientifico orientato alla ricerca e allo studio di soluzioni a problemi complessi connessi con l’urgente necessità di conseguire un’irrinunciabile vittoria contro le forze della natura o di individuare i metodi più efficaci e meno dispendiosi per utilizzarne le risorse o penetrarne i segreti. Il “prima” si caratterizzava per la diffusione in lingua russa di opere italiane di alta specializzazione scientifica, di trattati, manuali destinati a studi superiori, monografie o dissertazioni tradotti da scienziati e studiosi che condividevano gli stessi ambiti di ricerca. Tra gli autori dei titoli italiani e gli autori dei titoli russi aveva dunque luogo un dialogo che oltrepassava non soltanto la barriera linguistica, ma anche altre barriere, quelle ideologiche, solitamente ben più ardue da superare. Il “dopo” designa un’epoca che parrebbe contrassegnata, oltre che dalla traduzione e dalla circolazione dell’informazione specialistica, anche dalla diffusione di un sapere divulgativo affidato non più soltanto a specialisti della materia oggetto di trattazione, bensì anche a traduttori professionisti e dalla divulgazione di un pensiero scientifico di natura sincretica e multidisciplinare.

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Altri riferimenti bibliografici

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