La scomparsa delle lingue (e dei traduttori)

IL TRATTAMENTO DEL TESTO NON ITALIANO NELLE ANTOLOGIE DELLE SCUOLE SECONDARIE DI PRIMO GRADO

di Simone Giusti

Cominciamo da un dato di fatto: le antologie scolastiche adottate dai docenti delle scuole secondarie di primo grado sono composte in gran parte da testi scritti in lingue diverse dall’italiano (principalmente in inglese). Anche per questo (oltre che per l’interesse legittimo che ciascun cittadino dovrebbe avere per la scuola dell’obbligo del proprio paese di residenza) è utile indagare il modo in cui questi testi vengono selezionati e, soprattutto, trattati e presentati agli adolescenti di età compresa tra i 10 e i 14 anni che, terminata la scuola primaria, si avviano a proseguire gli studi nella secondaria di secondo grado che individueranno (licei, istituti tecnici o professionali, o anche nella formazione professionale).

Le considerazioni che seguono nascono dall’analisi di tre opere, campionate sulla base della loro diffusione: Chiara Ferri, Luca Mattei, Vittoria Calvani, Amico libro, Milano, Mondadori, 2016; Rosetta Zordan, Autori e lettori più, Milano, Fabbri, 2018 (prima edizione 2014); Tiziano Franzi, Simonetta Damele, Compagni di viaggio, Torino, Loescher, 2017.
Si tratta delle opere più vendute nel 2018, che da sole coprono il 25,5% del mercato, per un totale di 7100 adozioni: se consideriamo una media di 22 alunni per classe, corrispondono a oltre 150.000 alunni raggiunti.

È ovvio che i libri non ci dicono molto sui metodi di insegnamento adottati, né sul modo in cui i testi – che sono in grandissima parte brani tratti da opere letterarie – sono fruiti in classe e a casa. Tuttavia attraverso la loro lettura è possibile farsi un’idea abbastanza precisa di principi e atteggiamenti dominanti all’interno del mercato editoriale, ovvero nei luoghi di produzione e distribuzione dei manuali scolastici: le redazioni, le agenzie editoriali e le sale insegnanti.

Prima di osservare da vicino i tre manuali selezionati, per i non addetti ai lavori è utile sapere che hanno una struttura standardizzata che, nonostante i consistenti cambiamenti avvenuti a livello normativo con l’entrata in vigore delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo del 2008 (e aggiornate nel 2012), corrisponde all’incirca a quella di vent’anni fa, a dimostrazione del prevalere di istanze conservatrici che – lo vedremo – non possono non avere ripercussioni anche nel modo di trattare i testi tradotti. Basti sapere che, sebbene le Indicazioni nazionali e la successiva normativa sulla certificazione delle competenze spingano verso un’educazione linguistica centrata sullo sviluppo, da parte degli alunni, di traguardi di competenza che dovrebbero portare alla padronanza della lingua italiana scritta e orale e delle tecnologie digitali, i libri di scuola sono articolati ancora oggi secondo quanto stabilito nei programmi del 1979, che fornivano ai docenti un elenco di contenuti ancora oggi scanditi nei diversi capitoli o unità didattiche dei manuali:

Per motivare a leggere si sceglieranno letture rispondenti agli interessi più tipici degli alunni: dallo sport all’avventura, dal mondo della natura alla narrativa più viva ed attuale; nel contempo non si trascurerà di avviare e sostenere gli alunni nelle letture intese ad ampliare la loro conoscenza della realtà e ad arricchire la loro maturazione con l’incontro di testi di alto valore letterario, riguardo ai quali non è da trascurare un sia pur misurato apprendimento a memoria di poesie e passi di prosa.

Le letture saranno riferibili al mondo della fantasia (poesia lirica, epica, favole, romanzi, novelle, letteratura di fantascienza etc.), della storia (biografie di personaggi illustri, documenti storici e di tradizioni popolari, passi di epistolario, autobiografie), della scienza e della tecnica (storia di scoperte e di invenzioni, relazioni di viaggiatori, semplici testi scientifici e di tecnica), della vita associata (sport, giornali, testi legislativi e regolamentari, resoconti della realtà economica e sociale), dell’esperienza interiore (testi di carattere religioso e di riflessione morale, diari), della musica e delle arti figurative.

Necessaria la lettura di passi, opportunamente scelti, di opere di fondamentale importanza per la nostra lingua e, in genere, per le nostre tradizioni letterarie; è parimenti necessaria la lettura, in ciascuno dei tre anni, di almeno un’opera di narrativa moderna italiana ovvero straniera in buona traduzione italiana (completa o adeguatamente ridotta in relazione all’età degli alunni).

I manuali, dunque, sono ancora oggi così composti: per le classi prime si fornisce un’antologia di testi con allegato il fascicolo dedicato all’epica; per le seconde si prevede che all’antologia sia affiancato il volume di storia e antologia della letteratura italiana, usato anche in terza. L’unica differenza sostanziale, rispetto a vent’anni fa, sembrerebbe essere il Quaderno delle competenze allegato a ciascuno dei volumi: un modo per ottemperare, almeno sulla carta, alle esigenze della “nuova didattica”. Al loro interno, poi, i volumi antologici sono articolati sempre allo stesso modo, spalmando sui tre anni – all’incirca sempre nello stesso ordine – gli ambiti, i generi e i temi indicati dai programmi del 1979. Nel secondo volume delle tre opere selezionate, per esempio, troviamo sempre la letteratura fantastica, umoristica, poliziesca e horror, la poesia lirica, il teatro, il diario, l’autobiografia e la lettera, lo sport, l’ambiente, l’intercultura e l’amicizia, a dimostrazione perlomeno dell’esistenza di un canone che, per quanto non sia previsto dalla norma, è ben radicato nel mercato editoriale e nell’insegnamento. A ulteriore conferma della forza delle abitudini, si può inoltre sfogliare il volume – assolutamente superfluo dal punto di vista della didattica richiesta dalle Indicazioni nazionali – della “letteratura”: un compendio di circa seicento pagine che riproduce e tramanda la vulgata della storia letteraria nazionale post-risorgimentale, escludendo qualsiasi riferimento a opere non italiane e proponendo un canone rigidamente monolinguistico e toscanocentrico.

Più variegato, ovviamente, è il panorama delle opere scelte per affrontare i medesimi temi, i generi e i tipi testuali trattati nelle antologie, che sono in gran parte composte da testi tradotti. Nello specifico, il volume 2 dell’antologia Amico libro (sottotitolata Classici e altre storie, 720 pp.) contiene 70 testi tradotti, il volume 2 di Autori e lettori più (780 pp.) ne ospita 113, mentre il medesimo volume di Compagni di viaggio (764 pp.) conta 79 testi, a dimostrazione di una sostanziale divisione dei compiti assegnati ai testi letterari nei diversi volumi in cui è organizzata l’opera. Nelle antologie, infatti, il testo è subordinato al tema o al genere, ed è scelto in base alla sua leggibilità – che è di solito più alta nei testi tradotti – e al potenziale interesse che suscita nel lettore adolescente, mentre nella letteratura la scelta dei testi corrisponde a un canone scolastico centrato sulla «civiltà italiana» dal Medioevo a oggi, depurata da eventuali contaminazioni con altre culture e lingue.
Nel manuale più diffuso, Amico libro, i testi tradotti non sono accompagnati dall’indicazione del traduttore, con 3 eccezioni su 70 (Ferri, Mattei, Calvani 2016, 211, 222 e 226). In questo libro le indicazioni bibliografiche sono semplificate: nome e cognome dell’autore, titolo dell’opera e editore, senza indicare l’anno di pubblicazione, né tantomeno il traduttore o l’eventuale curatore dell’opera in questione. Un trattamento analogo è riservato alle traduzioni dal manuale Compagni di viaggio, che indica il traduttore di uno solo dei 79 testi riprodotti (Franzi, Damele 2017, 589). Si distingue invece Autori e lettori più, con le sue indicazioni bibliografiche pressoché complete, che contengono il nome puntato e il cognome dei traduttori. Si contano in questo caso 19 testi privi di indicazioni specifiche: in alcuni casi perché probabilmente il traduttore coincide con il curatore, in altri perché tratti da antologie o da collane di letteratura popolare del Novecento, nelle quali non sempre era indicato il traduttore, in altri ancora, invece, per semplice dimenticanza. Colpisce il caso di un testo di Marco Tullio Cicerone presentato in italiano senza indicazioni del traduttore (Zordan 2018, 332-333), che sembra confermare la tendenza ad assimilare all’italiano i classici della latinità, senza dare importanza alla varietà e alla singolarità delle traduzioni.
Due manuali su tre, in sintesi, scelgono sistematicamente di non indicare il nome del traduttore, trascurando così di segnalare la presenza di un testo di partenza e, quindi, di una lingua d’origine diversa da quella in cui il testo è presentato. Si tratta di un occultamento della diversità che contrasta palesemente con la necessità di educare alla «consapevolezza ed espressione culturale», una delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente che dovrebbero essere promosse, verificate e poi certificate alla fine del primo ciclo di scuola (Giusti 2018, 106-113), e che stona se adottato in volumi che propongono attività di educazione interculturale. In Amico libro, per esempio, è presente un’unità intitolata Stranieri come noi (Ferri, Mattei, Calvani 2016, 447-514) nella quale si presentano quattro nazioni – Pakistan, Nigeria, Brasile e Polonia – attraverso alcuni testi tradotti e seguiti da schede sulle lingue del paese: l’urdu per il Pakistan, l’igbo per la Nigeria, il portoghese per il Brasile e il polacco per la Polonia. Al di là delle evidenti semplificazioni, che promuovono implicitamente una visione tipicamente nazionalista del rapporto univoco tra lingua e nazione, si noti che la scheda sulla lingua urdu è preceduta da un testo tradotto dall’inglese della scrittrice pachistana Bapsi Sidhwa, per giunta privo dell’indicazione della traduttrice, Valeria Giacobbo, e che la scheda sulla lingua igbo è invece preceduta da un brano del romanzo Metà di un sole giallo, scritto in lingua inglese da Chimamanda Ngozi Adichie e tradotto da Susanna Basso, il cui nome è omesso dall’indicazione bibliografica. L’assenza di riferimenti temporali (la data di stesura del libro e della sua traduzione), accompagnata dall’omissione della lingua del testo di partenza e del nome del traduttore, contribuisce a decontestualizzare le opere, rendendole certamente malleabili e fluide, pronte a essere usate in un percorso sulle lingue straniere, ma anche, se necessario, sull’amicizia o sull’ambiente, e contribuendo a un’educazione monolinguistica e monoculturale che non valorizza la diversità e nasconde la presenza dei traduttori come mediatori interculturali.
A queste pratiche, che non riguardano semplici convenzioni editoriali né il rispetto o meno della normativa sui diritti d’autore, ma che si suppone abbiano un impatto profondo sull’educazione interculturale delle vecchie e nuove generazioni, si aggiunga l’abitudine di manipolare i testi tradotti, che vengono quasi sempre accompagnati dalla nota: «ridotto e adattato», senza che sia possibile capire in cosa consistano gli interventi redazionali.
Per quel che riguarda la scelta delle traduzioni, soprattutto quando siano disponibili più versioni di una stessa opera, non sembra che gli autori dei manuali seguano particolari strategie. È significativo il caso della poesia, presentata sempre in italiano – mai con il testo a fronte, neppure a scopo esemplificativo –, spesso senza l’indicazione del traduttore, senza mai mettere a confronto diverse traduzioni e, soprattutto, richiedendo agli alunni di svolgere esercizi di metrica e di retorica. Si vedano, a titolo d’esempio, la richiesta di individuare gli enjambement in una poesia di Denise Levertov nella traduzione dall’inglese di Mary de Rachewiltz (Ferri, Mattei, Calvani 2016, 379), oppure gli esercizi «Gli strumenti e il linguaggio del poeta» su una poesia di Emily Dickinson tradotta dalla poetessa Nadia Campana, neanche nominata come traduttrice (Zordan 2018, 662-663). Altrettanto spaesante è il frequente ricorso a testi tradotti – ovviamente privi dell’indicazione della lingua d’origine, del traduttore e, quindi, di una qualsiasi indicazione del fatto che siano testi tradotti, a parte l’esotismo del nome dell’autore – per il «Laboratorio di lingua» intitolato Migliora l’uso dell’italiano in Franzi, Damele 2017. In sintesi, si suppone che gli autori e i redattori scelgano testi scritti in un buon italiano, visto che sono funzionali all’apprendimento di questa lingua, senza prestare particolare attenzione al loro rapporto con la lingua di partenza e dando per scontato che chi legge e chi usa didatticamente i testi non sia interessato a metterli in relazione con altre lingue e culture, analogamente a quanto accade nel caso del doppiaggio cinematografico, ma con l’aggravante che in quel caso l’occultamento della voce e della lingua dell’originale è risarcito nei titoli di coda, mentre nei libri il nascondimento è pressoché totale.
Un discorso a parte meriterebbe l’uso delle riscritture e della pratica della parafrasi nei volumi di storia della letteratura italiana. Ci si limita a notare la scarsa abitudine a usare le riscritture – ricorre solo la versione del Decameron di Boccaccio di Piero Chiara, ormai accolta come un classico, mentre sono ignorate altre versioni che risulterebbero didatticamente utili – mentre è abusato il ricorso alle parafrasi complete dei canti della Commedia di Dante, delle liriche di Petrarca e delle ottave dell’Orlando furioso, disposte sulla pagina a fronte del testo originale. Parafrasi che, come spesso accade per le traduzioni, non contengono l’indicazione del loro autore e che quindi contribuiscono ad annullare la distanza tra testo originale e lettore senza neanche avere l’accortezza di additare il corpo – e la lingua – del mediatore che si sta prendendo cura, rendendola possibile, della comunicazione.
Testi citati
Ferri, Mattei, Calvani 2016: Chiara Ferri, Luca Mattei, Vittoria Calvani, Amico libro. Classici e altre storie, vol. 2, Milano, Mondadori Scuola
Franzi, Damele 2017: Tiziano Franzi, Simonetta Damele, Compagni di viaggio, vol. 2, Torino, Loescher
Giusti 2018: Simone Giusti, Tradurre le opere, leggere le traduzioni, Torino, Loescher
Zordan 2018: Rosetta Zordan, Autori e lettori più, Milano, Fabbri