Andrea Maffei

Molina di Ledro, 19 aprile 1798 – Milano, 27 novembre 1885

di Laura Petrella

La vita

1798 Andrea Maffei nasce il 19 aprile a Molina di Ledro, in Val di Ledro, nel Trentino, da Filippo Nerio Maffei, magistrato e nobile del Sacro romano impero e Maddalena Brocchetti, figlia del nobile Giulio Brocchetti di Tenno. Durante l’infanzia sono numerosi i trasferimenti fra Riva del Garda, Trento e l’Alto Adige, dovuti all’attività del padre.

1811-1815 La famiglia si trasferisce a Bologna. L’istruzione di Andrea Maffei è affidata al maestro di lettere Paolo Costa. In compagnia del padre, Maffei frequenta i più importanti salotti dell’alta società bolognese, dove incontra numerosi letterati, con i quali inizia un lungo sodalizio, tra i quali Vincenzo Monti e Giovita Scalvini.

1816-1818 Per migliorare la conoscenza del tedesco, soggiorna a Monaco di Baviera, presso lo zio Giuseppe Maffei, professore di letteratura italiana presso quella università.

1818 Si trasferisce a Milano, dove ha luogo il suo esordio letterario: la traduzione degli Idillj di Salomon Gessner.

1820 Si laurea in giurisprudenza a Pavia e si trasferisce a Verona per un incarico governativo. Frequenta il salotto di Anna da Schio Serego Alighieri, frequentato dall’amico Giovita Scalvini, dove si trovavano gli animatori dei primi movimenti politico-letterari del risorgimento liberale veronese; lì entra in contatto con i bresciani Camillo Ugoni e Giuseppe Nicolini.

1821-1825 Pubblica un primo saggio della versione del Messia di Klopstock e una scena della trasposizione schilleriana della Turandot di Carlo Gozzi. Su proposta del presidente Camillo Ugoni, riceve la nomina di socio d’onore dell’Ateneo di Brescia. Si trasferisce a Venezia dove ricopre l’incarico di protocollista di Consiglio presso l’Imperial-regio Tribunale criminale. Il patriarca di Venezia, Ladislao Pyrker, gli commissiona la traduzione dal tedesco del suo poema epico La Tunisiade. Ottenuta la carica di funzionario presso il Tribunale d’appello a Milano, vi si trasferisce nel 1825.

1827 La pubblicazione de La Sposa di Messina presso l’editore Antonio Fontana dà inizio al progetto traduttivo del teatro completo di Friedrich Schiller.

1828-1831 Diviene socio onorario dell’Accademia dei filodrammatici di Milano, socio della Reale accademia roveretana degli Agiati e socio corrispondente della Società filodrammatica di Firenze. Quest’ultima lo incarica di comporre una lirica in occasione della morte di Vincenzo Monti. La traduzione del teatro schilleriano si arricchisce di due nuove pubblicazioni, la Maria Stuarda e La Vergine d’Orléans, edite dagli Editori degli annali universali, tipografia di Francesco Lampato. Nel 1831 pubblica, presso Antonio Fontana, una raccolta di Studi poetici, in cui compaiono diverse traduzioni e componimenti originali.

1832 Sposa la diciottenne Clara Carrara Spinelli, figlia del conte bergamasco Giovan Battista e della contessa Ottavia Gambara. Casa Maffei diventa in breve uno dei più noti salotti letterari della penisola.

1835-1840 Traduce e pubblica Gli amori degli Angeli, Canti orientali e le Melodie di Thomas Moore, il Guglielmo Tell di Schiller e la raccolta Poesie varie, in cui compaiono liriche originali e tradotte. Visita la Toscana insieme al poeta vicentino Jacopo Cabianca e, a Firenze, conosce Gino Capponi, Giovan Battista Niccolini e altri letterati. Frequenta assiduamente anche l’ambiente letterario genovese e in particolare il marchese Gian Carlo Di Negro, prendendo parte agli ambiti scambi culturali che avvenivano nella «Villetta». Tra gli altri conosce Manfredo Stefano Prasca, cui sarà legato per tutta la vita e attraverso il quale entra in contatto con i maggiori editori milanesi. Fra questi editori compare Luigi di Giacomo Pirola, che curerà le costosissime nuove edizioni del teatro di Schiller.

1842 Presenta alla moglie Giuseppe Verdi, reduce dal successo del Nabucco, che diventa prezioso amico della famiglia nonché assiduo frequentatore del salotto. Pubblica il Don Carlo di Schiller e alcune traduzioni di Alphonse de Lamartine e Victor Hugo.

1844-1847 Concepisce, di concerto con l’editore Paolo Ripamonti-Carpano, la strenna Gemme d’arti italiane, commissionando tavole e testi ai più reputati artisti e letterati. Traduce e pubblica presso Pirola la trilogia drammatica schilleriana Wallenstein e I masnadieri. Si separa legalmente dalla moglie, legata sentimentalmente al patriota e critico letterario Carlo Tenca: sono testimoni Giuseppe Verdi e Giulio Carcano. Collabora con Verdi alla revisione del libretto di Macbeth e scrive, su sua richiesta, il libretto dei Masnadieri.

1848-1849 Partecipa alle Cinque giornate di Milano. Il Governo provvisorio lo incarica di scrivere un Inno per la solenne benedizione delle bandiere. Sottoscrive il manifesto della Società dell’unità d’Italia della principessa Cristina di Belgioioso, amica di lunga data. Soggiorna nuovamente a Monaco di Baviera nel castello del duca Massimiliano, ospite di suo zio. Visita poi Kissingen, Lipsia, Dresda, Berlino e altre città della Germania.

1850-1859 Lascia l’impiego governativo presso il Tribunale d’appello di Milano e da questo momento garantisce il proprio sostentamento prevalentemente attraverso le traduzioni, caso forse unico nell’Italia del tempo. Insieme all’amico Antonio Gazzoletti, si trasferisce a Riva del Garda, dove entra in rapporto con la famiglia De Lutti, che diverrà il più stabile riferimento affettivo. In questi anni è spesso a Firenze, dove ha inizio la lunga collaborazione con l’editore Felice Le Monnier e la sua collana «Biblioteca Nazionale». Traduce e pubblica il Caino, Cielo e Terra, Parisina e Il Prigioniero di Chillon di Lord Byron e il dramma schilleriano Cabala ed amore. Si dedica, inoltre, al Paradiso perduto di Milton, che esce nel 1857 insieme al Teatro completo di Schiller presso l’Unione tipografico-editrice di Torino. Pubblica Dal Benaco, raccolta di versi ispirati al suo lago, dedicata a Clara De Lutti. Pubblica, infine, La danza dei morti di Goethe (apparsa già dieci anni prima sulla «Strenna italiana per l’anno 1844») e un Frammento del canto IV del Paradiso perduto di Milton. Viene nominato membro della commissione straordinaria per il riordino dell’Accademia di Brera.

1860- 1863 Con l’Unità d’Italia, la collaborazione con Felice Le Monnier diventa ancora più assidua. La «Biblioteca Italiana» è lo strumento attraverso il quale Maffei e Le Monnier promuovono il nuovo canone letterario, pensato per la formazione degli italiani. Fra i volumi della collana compare Gemme Straniere, raccolta di traduzioni maffeiane edite e inedite, che testimonia la volontà di includere opere straniere nel patrimonio letterario italiano. All’interno della collana «Biblioteca Nazionale» erano già state pubblicate le raccolte Opere del cav. Andrea Maffei e Versi editi ed inediti, composte da liriche tradotte e liriche originali di Maffei. La collana accoglie, poi, Tragedie, che raccoglie i drammi Sardanapalo, Marin Faliero e I due Foscari di Byron, insieme a Macbeth e Turandot, tradotti da Maffei dalla versione schilleriana.

1864-1868 Accanto a Le Monnier, con cui la collaborazione è facilitata dal trasferimento della capitale del nuovo stato a Firenze e con cui pubblica alcuni poemi di Moore, Maffei continua a collaborare con gli editori milanesi Ricordi e Berardoni: da Ricordi pubblica la traduzione della tragedia Struensee di Michael Beer e e da Berardoni Arminio e Dorotea di Goethe. La «Biblioteca nazionale» di Le Monnier si arricchisce, poi, del Fausto di Goethe nella versione maffeiana. In seguito alla guerra del 1866, amareggiato per la mancata annessione del suo Trentino al Regno d’Italia, Maffei chiede la cittadinanza italiana, facendo valere le proprie origini veronesi. È incluso, pertanto, nei registri di cittadinanza di Venezia e nominato Ufficiale, poi Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e, infine, Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia.

1869 È a Firenze per curare la seconda edizione del Fausto quando si ammala di carbonchio. La contessa Clara lo raggiunge subito per assisterlo e da questo momento in poi, le loro relazioni sono affettuose e assidue. Trascorre la convalescenza ospite dapprima di Felice Le Monnier e poi a Padova in casa Aganoor. In agosto è già a Monaco di Baviera in visita all’Esposizione internazionale. Le Monnier pubblica diverse raccolte di traduzioni edite e inedite tra cui La tempesta di Shakespeare.

1870-1875 Conclude, con la pubblicazione del Manfredo, la versione dei drammi di Byron e si appresta a tradurre le Odi di Anacreonte, edite lo stesso anno da Le Monnier. L’amico fiorentino raccoglie, inoltre, diverse traduzioni nel volume Poeti inglesi e francesi e cura la pubblicazione di Excelsior, poema di Longfellow. In questi anni vengono pubblicate le sue traduzioni della canzone schilleriana La dignità della donna, dell’Ifigenia di Goethe e del Pellegrinaggio del giovane Aroldo di Byron. Appare, inoltre, la prima traduzione maffeiana di Heinrich Heine, la tragedia Guglielmo Ratcliff, edita dai milanesi Galli e Omodei.

1876-1878 Pubblica presso Molinari e Sese la seconda e ultima traduzione di Heine, la tragedia Almansor. Così come il Ratcliff, anche l’Almansor verrà messa in musica dal compositore Pietro Mascagni. Pubblica a Milano l’Avola di Franz Grillparzer e Un ricordo di Daniele Manin di Ernest Legouvé, mentre Le Monnier dà alle stampe Tragici tedeschi, raccolta comprendente le traduzioni di Grillparzer, Beer e Heine. Traduce diversi componimenti e poemi, tra i quali Il pescatore: romanza di Goethe, oltre a pubblicarne di propri.

1879 Le Monnier pubblica le Elegie romane di Goethe e la Medea di Grillparzer. Il 16 marzo, su pressione di Benedetto Cairoli, Maffei viene nominato senatore del regno. Il relatore, Terenzio Mamiani, inserisce la sua nomina fra «Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria» e il neo-senatore fa dono di ventidue dei suoi volumi alla Biblioteca del Senato.

1880-1884 Il municipio di Firenze gli conferisce la cittadinanza onoraria. L’anno successivo Maffei si ritira sulle rive del Garda, continuando a tradurre Byron, Goethe e Schiller. L’Accademia romana di S. Lucia lo nomina Accademico d’onore e il re lo nomina Cavaliere dell’Ordine civile di Savoia. Escono per Hoepli Lara, Mazeppa e il Giaurro di Byron e per Le Monnier il dramma lirico Omaggio alle arti di Schiller. Il comune di Milano gli conferisce la medaglia commemorativa destinata ai combattenti delle Cinque giornate. Molte altre traduzioni, alle quali lavora instancabilmente, quali L’esilio di Schiller, saranno, invece, pubblicate postume.

1885 Maffei muore a Milano il 27 novembre, assistito dal suo medico e amico Andrea Verga. Dopo le esequie solenni viene sepolto a Riva del Garda, nella cappella della Villa De Lutti.

Andrea Maffei e la letteratura tedesca

Andrea Maffei è il più prolifico e prestigioso traduttore letterario del XIX secolo, soprattutto dal tedesco, ma non solo, e fra il 1818 e il 1880 contribuisce alla consacrazione in Italia di autori come Gessner, Schiller, Goethe, Klopstock, Heine, Grillparzer, Byron, Milton, Moore e Lamartine. Mediatore, poeta, consulente editoriale, agente letterario e promotore culturale, Maffei occupa una posizione centrale nella società letteraria milanese preunitaria e in quella fiorentina una volta concluso il processo di unificazione.

La formazione, Monaco e l’incontro con Vincenzo Monti

Il contesto famigliare e la provenienza trentina coprono un ruolo fondamentale nel rapporto di Andrea Maffei con il sistema letterario italiano e con la letteratura tedesca. I diversi trasferimenti durante l’infanzia, dovuti agli alti incarichi governativi del padre, concorrono alla creazione di una personalità curiosa, cosmopolita e aperta agli stimoli culturali che città quali Venezia e Bologna sono in grado di offrire. La passione per la letteratura, coltivata dal maestro di lettere Paolo Costa e respirata nei salotti letterari cui il padre ha accesso, cresce di pari passo con lo studio della giurisprudenza. È in questi anni che è lecito datare i primi contatti con i letterati che maggiormente influenzeranno le sue scelte poetiche, primo fra tutti Vincenzo Monti, suo principale mentore. La conoscenza della lingua consente al giovane letterato l’accesso diretto al panorama della letteratura germanofona. Gli insegnamenti dello zio Giuseppe, traduttore dei contemporanei Iffland e Kotzebue, che lo ospita per un periodo di due anni a Monaco, sono essenziali per la sua formazione. A Monaco il giovane trentino ha modo di approfondire la conoscenza della lingua e della cultura tedesche, assistendo in prima fila alle querelle letterarie legate all’avanzare del movimento romantico.

L’esordio a Milano con gli Idillj di Gessner

Maffei si trasferisce a Milano, deciso a portare a termine gli studi in legge e a seguire contemporaneamente le sue aspirazioni poetiche. Al suo arrivo la discussione sul saggio Sulla maniera e la utilità delle traduzioni di Madame de Staël è in pieno svolgimento. Madame de Staël lamenta l’incapacità degli italiani di distaccarsi dal neoclassicismo e dall’Arcadia. Questo indugiare sulla tradizione le appare evidente anche nelle scelte delle opere tradotte, individuate all’interno dei classici rinascimentali, per cui auspica una rigenerazione della letteratura italiana, da realizzarsi attraverso la traduzione di autori stranieri contemporanei, in particolare di opere romantiche tedesche e inglesi. Raccogliendo l’invito di Madame de Staël, il giovane Maffei fa il suo ingresso sulla scena letteraria con la traduzione degli Idyllen di Salomon Gessner, pubblicata dall’editore Antonio Fortunato Stella e stampata in due volumi dal tipografo Giovanni Pirotta nel 1818. La letteratura tedesca diventa il terreno principale sul quale si costruisce uno specifico ruolo di apriporta delle «letterature settentrionali». La sua apparente adesione al partito romantico, tuttavia, è stemperata dalla dedica a Monti e dal classicisimo delle scelte stilistiche, che denotano la volontà di inserirsi nella cerchia di letterati che ruota attorno al traduttore dell’Iliade, prendendo di fatto le distanze delle posizioni militanti dei coetanei del «Conciliatore», che pure accolgono calorosamente la sua versione.

Il testo di Gessner appare a Maffei la scelta ideale per il proprio debutto nella Milano letteraria per diverse ragioni. In primo luogo gli Idillj permettono di entrare nella polemica classico-romantica attraverso la proposta di un’opera datata ma in una veste completamente inedita, rinnovata nello stile e nella forma, in grado di ricevere gli apprezzamenti di entrambi gli schieramenti. In secondo luogo gli consentono di presentare il proprio progetto letterario e traduttivo, incardinato sulla volontà di conciliare «il parlar dei moderni e il sermon prisco». La traduzione come opera originale e non come trasposizione di un testo da una lingua all’altra, la libertà del traduttore di ridefinire i contorni dell’opera secondo la propria interpretazione e cifra estetica sono i concetti chiave di tutto il lavoro di Maffei e appaiono ben definiti già in questa prima prova. L’idea staeliana che senza essere poeta non si possa tradurre poesia è fortemente condivisa da Maffei, che concepisce l’attività traduttiva e l’attività poetica come paritarie. Il suo obiettivo principale diventa, dunque quello di promuovere un repertorio di autori tedeschi e inglesi ancora sconosciuti o già consacrati in Italia, che possa rientrare a far parte a pieno titolo del canone letterario italiano. Il paradigma di riferimento del lavoro di mediazione, pertanto, non è da rintracciare nell’adesione alla corrente neoclassica o a quella romantica, bensì nell’adesione al concetto goethiano di Weltliteratur, che costituisce il fondamento del suo progetto traduttivo e che determina il mantenimento di una posizione sostanzialmente invariata per tutto l’arco dell’Ottocento (con tutte le critiche che tale approccio attirerà alla fine del secolo).

Esordire con Gessner, autore svizzero, neoclassico, già tradotto in italiano a più riprese, significa inoltre misurarsi con il lavoro di numerosi traduttori, tra i quali Aurelio de’ Giorgi Bertola, Elisabetta Carminer Turra e Ugo Foscolo. L’obiettivo del progetto traduttivo è mostrare un Gessner rinnovato, mediato attraverso la lingua e i procedimenti formali, metrici e stilistici propri della poetica montiana. La possibilità di lavorare direttamente sul testo originale – nella prima metà dell’Ottocento, tradurre testi tedeschi dalla versione francese è prassi comune – e la scelta di rendere Gessner in endecasillabi, gli valgono un immediato riconoscimento da parte della critica e un notevole successo di pubblico.

Il teatro completo di Schiller

La calda accoglienza riservata agli Idillj di Gessner, apprezzati sia nell’ambiente conservatore, legato alla rivista «Biblioteca italiana», sia fra i romantici del «Conciliatore», si ripete con le traduzioni dei drammi schilleriani. La pubblicazione della Sposa di Messina costituisce quello che oggi si potrebbe definire un caso letterario e rappresenta un momento decisivo all’interno della traiettoria di Maffei, determinando la sua consacrazione come traduttore-poeta. La seconda tappa di questo ambizioso progetto traduttivo, che prosegue presso l’editore Francesco Lampato, è la Maria Stuarda (1829), a cui seguono La vergine d’Orleans (1830), il Guglielmo Tell (1835) e l’operetta Semele, pubblicata insieme a una nuova edizione della Sposa di Messina (1837). Maffei riconosce alla tragedia e alla poesia una diretta discendenza dai modelli greci e latini e la poetica schilleriana gli appare particolarmente adatta a veicolare la propria idea di letteratura, saldamente ancorata al rispetto della lezione classica. Nel tentativo di elevare il genere del teatro e contemporaneamente di adattarlo al contesto letterario italiano, Maffei utilizza particolari procedimenti, riscontrabili pressoché in tutte le traduzioni del teatro schilleriano. In un confronto con gli originali, il tono appare costantemente elevato, mentre i dialoghi sono in versi. La differenza fra le parti liriche e quelle dialogiche pertanto è visibilmente ridotta: entrambe sono rese in endecasillabi e settenari, metri tipici della tradizione letteraria italiana. Queste precise scelte metriche, insieme all’uso di un lessico ricercato, di figure come l’enjambement o l’anastrofe e di una copiosa aggettivazione rappresentano marcature frutto di una cosciente presa di posizione estetica. Numerose riviste ospitano recensioni entusiastiche del teatro di Schiller tradotto da Maffei, sottolineando l’armonia del verso e la bravura del traduttore. La produzione di Maffei, calibrata sul gusto poetico dominante, che è attratto delle novità del romanticismo e al contempo restio ad abbandonare le istanze classiche, trova nel consenso della critica e, insieme, nelle vendite la propria legittimazione. Con la pubblicazione di Lampato del teatro completo di Schiller, ma ancora di più con la nuova edizione che curerà Luigi di Giacomo Pirola negli anni quaranta, Maffei diventa per tutti il traduttore di Schiller.

L’affermazione del poeta-traduttore e il salotto della contessa Maffei

Alla fine degli anni venti Maffei è accolto come socio in diverse accademie e società letterarie, tra Milano, Rovereto e Firenze, e dall’inizio degli anni trenta diversi editori si mostrano interessati a una sua collaborazione. Fra i suoi progetti editoriali ha una posizione di rilievo il volume Studi poetici del cav. Andrea Maffei, pubblicato da Antonio Fontana nel 1831. Si tratta di una raccolta poetica piuttosto variegata, sia nelle forme – sono presenti inni, romanze, ballate e liriche –, sia negli autori – dallo stesso Maffei a Hugo, da Lamartine allo svedese Vitalis – cui l’editore aggiunge un’appendice in cui compaiono quattro inni di Lamartine tradotti da Achille Mauri. L’intenzione di Maffei, a questo punto della sua traiettoria, è trasformare il proprio ruolo di traduttore-poeta in quello di poeta-traduttore, in un’evoluzione che sembrerebbe seguire il cammino percorso dal maestro e mentore Vincenzo Monti. Il progetto degli Studi poetici assume un significato preciso e l’insistenza sul concetto di «imitazione» in sostituzione di traduzione, che Maffei ricalca più volte tanto nella prefazione, quanto nei titoli dei componimenti, è funzionale alla costruzione della propria postura autoriale.

Negli anni trenta la traiettoria di Maffei subisce un’accelerazione e insieme una sostanziale modifica negli obiettivi e negli interessi del traduttore-poeta, che diventa in questi anni una delle figure di riferimento della Milano letteraria. Il 10 marzo 1832 Andrea Maffei sposa la diciottenne Clara Carrara Spinelli, figlia del conte bergamasco Giovan Battista, poeta classico e pedagogista, e della contessa Ottavia Gambara. Nel 1834 nasce la figlia Ottavia, scomparsa dopo soli nove mesi. Per consolare e sostenere la moglie Clara in questo tragico frangente, Maffei, che era solito frequentare letterati e artisti nel Caffè Martini, ritrovo per eccellenza della Milano letteraria di quegli anni, inaugura il salotto di casa Maffei, che in poco tempo diventa uno dei più noti ritrovi dell’élite culturale della penisola. In questi anni vedono Maffei lavora alle traduzioni da Thomas Moore e collabora con gli editori milanesi Fontana e Ubicini.

Il traduttore meglio pagato del secolo: le Opere presso Pirola

Dalla collaborazione fra Maffei e l’editore milanese Luigi Pirola, invece, nasce il progetto di una collana di nove volumi di «Opere edite e inedite del cavaliere Andrea Maffei», in quarto, curata nel dettaglio e tirata in un elevato numero di copie, che vale a Maffei il primato di traduttore meglio pagato del secolo. Il vitalizio accordatogli da Pirola e il grande successo di pubblico gli consentono, intorno al 1850, di abbandonare l’impiego governativo e di vivere di traduzioni. Le Opere contengono traduzioni dall’inglese e dal tedesco, fra cui il teatro completo di Schiller, che si arricchisce di nuovi titoli: Don Carlo Infante di Spagna (1842), la trilogia del Wallenstein (1845), i Masnadieri (1846), Cabala e Amore (1852) e La Congiura dei Fiesco (1853). Le traduzioni sono impreziosite dai bozzetti di Hayez, dalle testate del pittore Riccardi e dalle incisioni di Ratti, così che il libro, nell’intuizione imprenditoriale di Pirola, diventi un oggetto prezioso anche dal punto di vista estetico. Fra i progetti editoriali e traduttivi che vedono Maffei impegnato negli anni quaranta, si riscontrano alcune collaborazioni di natura più commerciale, prive delle ambizioni estetiche e poetiche che contraddistinguono le pubblicazioni d’autore: fra queste il progetto della strenna Gemme d’arti italiane dell’editore Paolo Ripamonti-Carpano (1844).

Maffei consolida in quegli anni la propria posizione nella scena culturale lombarda, tessendo una rete di rapporti fra editori, critici, artisti, musicisti – primo fra tutti Giuseppe Verdi – e patrioti, che frequentano assiduamente il salotto, fino a quando esso chiude, in seguito alla separazione fra Andrea e Clara Maffei. Le rappresentazioni dei drammi tradotti, molti dei quali messi in musica da Giuseppe Verdi e Pietro Mascagni, contribuiscono all’affermazione del mediatore, che svolge un ruolo attivo anche nelle vicende risorgimentali, in particolare nel 1848, coinvolgimento che porterà a diversi riconoscimenti in ambito istituzionale, fra i quali la nomina a Senatore del Regno.

Divenuto poeta-traduttore indipendente, Maffei traduce senza sosta Goethe, Schiller, Grillparzer, Beer, Heine, Moore, Milton, Byron, Shakespeare, allontanandosi spesso da Milano per soggiorni in Germania, in Trentino e a Firenze

Un repertorio della letteratura universale nelle «Biblioteca nazionale» Le Monnier

La pubblicazione delle Opere drammatiche di F. Schiller (1850), in tre volumi, inaugura la presenza di Maffei nella «Biblioteca nazionale» di Felice Le Monnier, una collana nata con l’obiettivo di proporre un repertorio di testi classici e moderni, in grado di esprimere i valori estetici e politici fondanti per la non ancora unita nazione italiana. L’introduzione di titoli e autori stranieri in una collezione dalla chiara ispirazione risorgimentale è un dato importante, che tende a equiparare le opere tradotte a quelle degli scrittori italiani, conferendo ulteriore legittimazione alla figura dello scrittore in quanto traduttore. Altrettanto interessante è l’influenza che Maffei esercita nella selezione di questo repertorio e, più in generale, nell’intera linea portante della collana. Con le raccolte maffeiane Versi editi ed inediti e Gemme straniere, Le Monnier accoglie sotto le proprie insegne questo repertorio: fra le traduzioni di Moore vi sono i poemi Il Paradiso e la Peri, La Luce dell’Harem, Gli Amori degli Angeli; di Byron sono inclusi, invece, il Caino, Cielo e Terra, la Parisina, il Prigioniero di Chillon, Le Tenebre, Il sogno, la Sposa d’Abido e Melodia. Fra le opere di letteratura tedesca, inoltre, trovano spazio nei volumi l’episodio della Tunisiade di Ladislao Pyrker, intitolato Matilde e Toledo, alcuni frammenti del Messias di Klopstock, diverse liriche di Schiller, e di Goethe alcune ballate fra le principali Der Totentanz, Der Fischer, Der Gott und die Bajadere, Das Blümlein Wünderschön, Erlkönig, Mignon, Die Braut von Korinth oltre al poema Arminio e Dorotea. Nel 1863 Maffei cura una nuova operazione originale, la traduzione di traduzioni: pubblica infatti con Le Monnier la traduzione di due traduzioni schilleriane, il Macbeth di Shakespeare e la Turandot di Carlo Gozzi.

Il Fausto

Nel 1869 la «Biblioteca nazionale» si arricchisce della traduzione di Maffei del Faust di Goethe e l’anno successivo di quella del Manfred di Byron. L’ultimo titolo di Maffei incluso nella collana comprende traduzioni da Byron, Moore, Davidson, Milton, Hugo, Lamartine e Ponsard, riunite sotto il titolo Poeti inglesi e francesi. Il volume completa, dunque, il canone della letteratura universale che Andrea Maffei, nel lungo lavoro di mediazione, confronto e scambio con l’amico Le Monnier, raccoglie e presenta agli italiani. Di questo considerevole corpus di opere liriche e drammatiche, il Faust di Goethe rappresenta la sfida più ardua, la prova della maturità, ma al tempo stesso è l’occasione che le nuove leve della letteratura italiana colgono per contestare la poetica maffeiana, che nel suo rigoroso e invariato restare fedele a sé stessa appare attardata e anacronistica.

La traduzione del Faust impegna Maffei in più momenti, in un arco temporale che va dal 1830, quando inizia a confrontarsi con la traduzione di alcune scene della tragedia, fino al 1873, anno della pubblicazione della terza edizione del Fausto. Si tratta di un lungo percorso di interpretazione e avvicinamento alla scrittura goethiana e al mito germanico, oltre che di continua revisione linguistica delle scene tradotte. Il progetto ha richiesto la collaborazione di diversi letterati della cerchia di Le Monnier e i consigli dei suoi lettori e revisori più fidati, fra i quali il re Giovanni I di Sassonia. Lavorare sul Faust, per Maffei, significa misurarsi con le altre traduzioni già in circolazione e dunque operare una serie di scelte, mirate alla presentazione del testo secondo la propria lettura e secondo il proprio modello letterario di riferimento. Il primo elemento di distinzione è ancora una volta il verso, cifra stilistica della sua prassi traduttiva. Ciò gli permette di non porsi in concorrenza con il Fausto di Scalvini e Gazzino, edito nella medesima collana e molto apprezzato dal pubblico, completo della prima e della seconda parte della tragedia ma in prosa. Il Fausto in versi è in commercio in Italia nelle traduzioni di Giuseppe Rota (1860), Federico Persico (1861) e Anselmo Guerrieri Gonzaga (1862), ma tutte e tre le versioni si limitano sostanzialmente alla prima parte. È proprio il Fausto maffiano a determinare le prime polemiche, in primis quella di Vittorio Imbriani contro il «traduttore traditore», e a inaugurare un crescendo di critiche che porterà, nel Novecento, alla svalutazione sistematica della produzione di Maffei e a un lungo oblio.

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