La voce italiana di Jane Austen

UN RICORDO DI NINI CASTELLANI AGOSTI (E NON SOLO)

1955 - Nini Agosti Castellani nella sua casa di Torino

Il premio Castellani Agosti per la miglior traduzione dell’anno assume cadenza biennale e quindi quest’anno non verrà conferito. Abbiamo voluto supplire a questa assenza chiedendo a Paola Agosti di tracciare un ricordo della madre, Nini Castellani Agosti, cui il premio è intitolato. Paola ha fatto di più e noi le siamo molto grati

 

 

 

 

di Paola Agosti

Nel maggio del 2007 mio fratello Aldo ed io abbiamo istituito un premio per la migliore traduzione dell’anno dall’inglese o dal francese o dal tedesco, intitolato a nostra madre Nini Castellani Agosti, scomparsa a Torino nel 2005.

In quell’occasione ho riflettuto sul fatto che forse Aldo ed io non saremmo mai nati se non ci fosse stata di mezzo una traduzione, uno dei motivi per cui i nostri genitori si incontrarono e si innamorarono. Per questo, oltre al lavoro svolto da nostra madre come traduttrice, scriverò anche degli altri membri della famiglia che ebbero a che fare con le lingue e con il mondo editoriale.
Maria Luisa (Nini) Castellani nasce a Milano nel 1913, secondogenita di Luigi, medico, e di Luisa Bouland. Suo fratello maggiore Emilio sarà anche lui traduttore, dal francese (Gide e Flaubert) ma soprattutto dal tedesco1. Così lo ha ricordato Guido Davico Bonino nel corso della prima edizione del Premio:

Provate a guardare bene la voce che gli è riservata nel catalogo storico Einaudi. È semplicemente impressionante. Ci sono, tradotti da lui, una decina di drammi di Brecht, un bel po’ di sue poesie, e poi Toller, Kafka, Dürrenmatt, eccetera, eccetera. Notate che Castellani non faceva il traduttore di professione, ma il dirigente della RAI di corso Sempione a Milano, e, a differenza di quelli d’oggi, faceva il dirigente che andava in ufficio e lavorava sul serio. Nella gran giungla delle edizioni, singole e complessive, di Brecht, il Grande Manovratore era Cesare Cases; poi c’erano i traduttori «di fino», cioè en artiste, specialmente delle poesie, come Franco Fortini; Castellani diceva di sé: «Io sono l’aggiustatore», nel senso che metteva mano a riparare, non dico i danni, ma qualche saldatura , un po’ sbrigativa, degli altri: e di suo traduceva benissimo (se andate a guardarvi i songs, che sono i passi più perigliosi di tutto B.B., vedrete come li risolve sempre con straordinaria proprietà e finezza).

Io posso aggiungere che per altri editori (Mondadori, Adelphi, Garzanti, Longanesi, Utet, Frassinelli, Sansoni, Feltrinelli) tradusse Goethe, Thomas Mann, Schnitzler, Walser, Hermann Hesse, Lernet-Holenia, Schönberg e molti altri. Provate a fare una ricerca su Internet (per esempio su Librinlinea della Regione Piemonte) e troverete 120 titoli di sue traduzioni, introduzioni eccetera, nonché alcuni titoli di traduzione dal francese realizzate da sua moglie, Maria d’Este Castellani. Così ha scritto di lui Claudio Magris sul «Corriere della sera» nel 1985, definendolo la voce italiana di Brecht:

Castellani apparteneva a quel leggendario gruppo di intellettuali e di traduttori cui si deve una fondamentale mediazione della cultura tedesca, accompagnata, negli anni bui, da una lucidissima milizia antifascista e da un grande impegno etico – politico. Quando il regime fascista imponeva al Paese la dittatura e successivamente il letale asservimento alla Germania nazista, c’era in Italia, inappariscente e clandestino, un «altro asse», che trovava nella cultura tedesca – in «un’altra» cultura tedesca, opposta a quella nazionalsocialista – un punto di riferimento ideale nella lotta per la libertà. La germanistica, sia quella universitaria, sia quella militante, ha recato così un cospicuo contributo alla resistenza al totalitarismo. Castellani è stato una figura di rilievo in questa pattuglia. […] Come le sue note critiche e le sue collaborazioni radiofoniche, le sue eccellenti versioni sono anche la testimonianza di una dirittura intellettuale e morale, una dirittura propria di una generazione che credeva nella ragione, nel confronto e nella contrapposizione dei valori, nelle nette scelte morali e politiche.


Nini con il fratello Emilio nel 1941 e con la sorella Enrica nel 1987, e alcuni dei libri tradotti da Emilio Castellani

 

Anche la sorella minore di Emilio e di Nini, Enrica, tradurrà dal francese e dall’inglese nel corso della sua lunga vita, soprattutto letteratura per ragazzi. Altrettanto farà suo marito, Giuseppe Ciocia, scomparso prematuramente nel 1967.

Nini, in seguito alla morte del padre, abbandona gli studi classici e studia francese, inglese e tedesco soggiornando a lungo in Svizzera, a Londra e a Berlino. Tornata a Milano, dal 1937 al 1940 lavora alla Mondadori con il direttore editoriale Luigi Rusca. Così ricorda quegli anni nelle sue memorie ancora inedite:

Fui chiamata per un colloquio alla presenza del vecchio commendatore Arnoldo, presente anche Rusca. Mi fecero domande di carattere letterario, mi chiesero di scrittori francesi e inglesi e mi domandarono se sapevo il tedesco. Potei rispondere sempre affermativamente, con qualche tentennamento interno, magari, ma si vede che l’impressione fu positiva perché venni assunta e iniziai a lavorare la settimana dopo. Fu un grande passo avanti nella mia vita. Il lavoro da Mondadori mi piacque subito molto, mi interessò, mi prese e direi che da allora la passione per il lavoro editoriale non mi ha più lasciato.

Nell’estate del 1939, Nini non può allontanarsi da Milano per le vacanze; partono senza di lei per Valtournanche, in Val d’Aosta, sua madre e sua sorella. Il caso vuole che nello stesso albergo che le ospita soggiorni anche Giorgio Agosti con i propri genitori, Mario e Cristina. Le famiglie simpatizzano immediatamente, anche perché si contendono la lettura dell’unico giornale francese, «Le Temps», e non si nascondono i propri sentimenti antifascisti. A fine vacanza le Castellani e gli Agosti si lasciano riproponendosi di incontrarsi ancora. Scrive Nini nelle sue memorie:

Tornata dalle ferie, la mamma mi parlò di questa famiglia Agosti con la quale aveva molto legato: «Hanno anche un figlio, una persona molto seria, taciturna, ma mi ispira grande simpatia» […] Intanto a Milano la Mondadori aveva bisogno di un traduttore polacco: a me venne in mente di dire al dottor Rusca che conoscevo una signora di Torino preparatissima in materia. Mi incaricò di mettermi in contatto con lei, le scrissi e il contatto fu preso. La traduzione fu accettata e tutto volgeva in favore dell’amicizia fra le famiglie. […] In quell’anno, il ’40, la guerra era già scoppiata, Cristina Garosci venne a Milano accompagnata dal figlio: la prima volta che incontrai Giorgio fu il 5 maggio 1940 […] il 7 agosto lo rividi a Valtournanche, dove nello stesso albergo dell’anno prima ero tornata con la mamma, […] il 6 febbraio 1941 ci sposammo a Milano.

Giorgio, nato a Torino nel 1910, compagno di classe al liceo d’Azeglio di Norberto Bobbio e Leone Ginzburg, si era laureato in giurisprudenza nel 1931 con una tesi discussa con Gioele Solari su un pensatore politico polacco del Cinquecento, Andrea Fricius Modrevius (Andrzej Frycz Modrezewki), motivo che gli aveva permesso, con una borsa di studio, di soggiornare quattro mesi a Varsavia e studiare il polacco.

In quegli stessi anni, grazie all’influenza del cugino Aldo Garosci2, si era avvicinato al movimento di Giustizia e Libertà con cui collabora attivamente. Giovane magistrato, prima a Vercelli poi a Torino, con la copertura del suo libretto ferroviario fa da corriere tra la Francia e l’Italia trasportando la stampa clandestina di GL. Nel 1942 è tra i fondatori del Partito d’Azione piemontese.

 

Giorgio Agosti con il cugino Aldo Garosci nel 1933 e con la madre Cristina nel 1935, e un libro famoso tradotto da Cristina Garosci (1950)


Anni prima a Torino Giulio Einaudi aveva fondato la sua casa editrice. La gestisce coinvolgendo gli amici, i professori e i compagni del liceo d’Azeglio, primo fra tutti Cesare Pavese, che in anni successivi, solleciterà Giorgio a collaborare con proposte e traduzioni3. Scrivono Giovanni De Luna e Valentina Savioli nell’introduzione al Carteggio tra Cesare Pavese e Giorgio Agosti (Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2001):

Cesare Pavese ha una stima incondizionata del suo interlocutore. Giorgio non è un intellettuale di professione, è un magistrato e, nonostante la sua cultura storica sia mostruosamente vasta, resta in lui come una sorta di pudore, di timore reverenziale nei confronti degli accademici, specialmente quando questi sono studiosi di grande solidità e prestigio come Falco. […] Pavese non solo lo incoraggia preferendolo in modo evidente a Falco, ma progressivamente le sue lettere offrono a Giorgio un ruolo che è sempre meno del traduttore e sempre più del collaboratore. […] Di tutti i lavori editoriali di cui Giorgio Agosti e Cesare Pavese discutono nelle loro lettere solo due, alla fine, saranno realizzati: la traduzione del Barbarossa di Rudolph Wahl (1945) […] e I progressi della società europea dalla caduta dell’Impero Romano agli inizi del secolo XV di Robertson (1951). Gli altri progetti resteranno sulla carta, messi da parte quando per Giorgio il tempo sospeso si trasformerà in tempo dell’azione.

Dopo l’8 settembre difatti Agosti partecipa attivamente alla lotta partigiana, assumendo l’incarico di commissario politico delle formazioni GL in Piemonte. Alla Liberazione viene nominato questore di Torino e poco dopo insignito della Legion d’onore dal governo francese per i suoi meriti nella Resistenza. Nel 1950 lascia la magistratura e dopo la scissione del Partito d’Azione non aderisce più ad alcun partito, ma si impegna attivamente, con il gruppo degli azionisti torinesi, in una politica culturale tesa al rinnovamento civile del paese.

Ma facciamo un passo indietro e ritroviamo Nini, giovane sposa a Torino, in casa dei suoceri, dove anche la madre di Giorgio, Cristina Garosci, svolge un intenso lavoro di traduttrice.

Nata a Torino nel 1881 si era laureata nel 1905 con una tesi su Margherita di Navarra (pubblicata nel 1906 dall’editore Treves) e, studiosa delle letterature ceca e polacca, aveva collaborato attivamente al Comitato «Pro Polonia» che era stato costituito a Torino al tempo della prima guerra mondiale, per iniziativa dell’avvocato Attilio Begey. Cristina contribuirà largamente a diffondere la conoscenza della letteratura polacca con scritti di critica letteraria, articoli sulla «Rivista di letterature slave» e numerosi volumi curati e/o tradotti (alcuni in collaborazione con la sorella Clotilde), tra cui Pan Tadeusz di Mickiewicz (Carabba, Lanciano 1924), Ceneri (1930) e Tutto e nulla (1928) di Zeromski, entrambi per la gloriosa Slavia di Torino, Kordian e Mazzeppa di Slowacki, usciti entrambi nel 1932, l’uno per la Utet e l’altro per la Slavia, Italia (liriche di Maria Konopnitza); e, nel dopoguerra, Quo Vadis? (Fabbri, Milano 1964) e Bartek il vincitore e altre novelle (rizzoli 1925) di Sienkiewicz.

I suoi meriti singolari in questo campo le valsero la croce di Cavaliere del massimo ordine polacco, la Polonia restituita, e il lauro accademico dell’Accademia nazionale polacca. L’Istituto di Cultura polacca presso l’Università di Torino l’aveva avuta sua consigliera fin dalla fondazione.

Partecipa alla lotta di liberazione, ospitando in casa sua durante la Resistenza molti esponenti delle formazioni Giustizia e Libertà e svolgendo intensa attività di staffetta, nonostante l’età già avanzata, tanto che, dopo il 25 aprile, le viene riconosciuta la qualifica di «patriota». Così la ricorda Alessandro Galante Garrone in un articolo su Resistenza del 5 maggio 1966:

In quei terribili venti mesi la casa di Cristina Agosti fu sempre aperta ai compagni di Giorgio. […] Noi sapevamo – tutti noi: Livio e Pinella Bianco, Franco e Gigliola Venturi, Andreis, Vittorio Foa, Ada Gobetti – che la sua vigilanza non aveva soste. Se c’era qualche pericolo, lei metteva un drappo bianco alla finestra. […] Quando i fascisti vennero in tribunale per arrestarmi fu lei che mise in salvo mia moglie.

Fin dalla sua fondazione, nel 1911, Cristina era stata membro attivo della Associazione Pro Cultura Femminile, prima consigliera, poi vicepresidente e infine sino alla morte, avvenuta nel 1966, presidente onoraria della società. Nel corso dei decenni, tra le numerose iniziative da lei promosse aveva organizzato nel 1925 la visita del poeta indiano Rabindranath Tagore a Torino per inaugurare la nuova sede dell’Associazione.

Una volta stabilitasi a Torino, Nini si occupa a lungo di letteratura per ragazzi, traducendo classici di quel settore come le Fiabe di Perrault e introducendo per la prima volta in Italia un classico della letteratura americana per ragazzi Il mago di Oz di Frank Baum e altri titoli della stessa serie, pubblicati dalla SAIE di Torino negli anni Cinquanta e ripresi da Rizzoli negli anni Settanta.

Scrive nelle sue memorie:

Ebbi l’incarico per me importante di diventare consulente della casa editrice SAIE, di cui era direttore don Gabriele Piazzo, della Compagnia dei Paolini di Alba che si chiamò SAS e poi SAIE. La proposta di Don Gabriele che mi giunse attraverso mia suocera fu in quel momento di difficoltà economiche generali quanto mai gradita, anche se all’inizio l’idea di lavorare per una casa editrice cattolica non mi convinceva più di tanto. […] Don Gabriele mi affidò parecchi lavori di traduzione e io, senza saperlo, diedi lustro alla casa editrice introducendo la traduzione dei libri di Oz dello scrittore americano Frank Baum, autore di molte storie fiabesche pubblicate in più volumi, di genere nuovo, ottimista, realistico, di fervida immaginazione.

A parte l’opera di Baum, per la SAS/SAIE Nini cura la traduzione di molti altri libri per ragazzi, quasi tutti di letteratura anglosassone, come Piccole donne di L.M. Alcott (1952), Incompreso di F. Montgomery (1954), Il re del fiume d’oro di J. Ruskin (1957), La signora Drizzaguai di B. Mac Donald (1953), Il libro della giungla (1953) e Il secondo libro della giungla (1955) di Rudyard Kipling. Ma in precedenza aveva già tradotto due libri di quel genere dal tedesco: Pauli l’intagliatore (1942) e L’agnellino (1946) di L. Ganghofer.

Mariolina Bertini, in occasione della seconda edizione del Premio, ricordando quel periodo ha detto:

Nella Torino degli anni Cinquanta, in cui sono cresciuta, la traduzione letteraria non era ancora considerata, come lo è oggi, un lavoro altamente specializzato; era spesso una sorta di attività artigianale a domicilio che molte donne colte e appassionate di letteratura intraprendevano per contribuire al bilancio familiare. L’insufficienza degli strumenti (rimasti gli stessi che aveva utilizzato Natalia Ginzburg per tradurre Proust: dizionari bilingui d’anteguerra tra cui spiccava, per il francese, il famigerato Ghiotti) era compensata da una padronanza meravigliosa della lingua italiana, fondata su letture della cui vastità oggi è difficile rendersi conto, dall’ingegnosità e dall’entusiasmo.

Nini continua la collaborazione con Mondadori, per cui traduce dal tedesco il romanzo di Luise Rinser Nel cuore della vita, che uscirà nella collana «La Medusa» nel 1955.

Per Rizzoli, negli anni seguenti traduce Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen (1953), riproposto più volte dallo stessso editore fino al 2006, La bella storia di Silas Marner di George Eliot (1954), Beatitudine di Katherine Mansfield (1960), Il barone Münchhausen di Rudolf Erich Raspe (1963, ma stranamente dalla traduzione inglese, lei che pure dal tedesco aveva già tradotto), Maggie ragazza di strada di Stephen Crane (1964), tutti usciti nella celebre collana BUR.

Nel 1966 inizia con la casa editrice Einaudi una lunga collaborazione. Dopo aver tradotto nel 1963 per il volume Teatro televisivo americano, a cura di Paolo Gobetti, due drammi di Reginald Rose, escono per sua cura fino al 1992 vari altri libri. Guido Davico Bonino ha scritto in proposito in un ricordo di lei in occasione della prima edizione del Premio:

È il 1966. Sono all’Einaudi da cinque anni, ho la responsabilità dei contratti con autori e traduttori e ho preso a conoscerli uno per uno. Un giorno si affaccia alla porta del mio ufficio Nini Agosti, una signora minuta, molto molto gentile, un poco timida e mi consegna la sua traduzione. Nel presentarsi le rispondo: «Io veramente la conosco già e molto bene». «Ma come, dice lei, forse conosce mio marito…» «Senta un po’, cosa mi dice di Orgoglio e pregiudizio? E di Maggie ragazza di strada? E di Silas Marner? E di Beatitudine?» «Che li ho tradotti tutti io!» «Vede che la conosco già!».

Per Einaudi Nini Agosti traduce nel 1981 delle novelle di Kate Chopin sotto il titolo Storia di un’ora e nel 1988 i volumi di Racconti di fantasmi di Henry James, con una prefazione di Virginia Woolf, cui farà seguito nel 1991 una raccolta di Racconti italiani scelti fra la narrativa jamesiana che ha per sfondo il nostro paese. Sempre per Einaudi, di Henry James traduce inoltre Il carteggio Aspern (1978) e di Robert L. Stevenson Il padiglione sulle dune (1973, con una nota introduttiva di Italo Calvino).

Negli anni Ottanta per la casa editrice La Tartaruga di Milano, oltre a un volume di racconti di Edith Wharton dal titolo Febbre romana (1988), traduce il romanzo di Rosamond Lehmann Risposte nella polvere (1986), che venne poi riproposto da Einaudi.

Nel 1995 traduce per la casa editrice romana Theoria Persuasione di Jane Austen, anch’esso ripubblicato da Einaudi. Così ha lasciato scritto nelle sue memorie:

Con Jane Austen ho iniziato e con lei ho chiuso la mia opera di traduttore. Sono tutte scrittrici, quelle da me tradotte, salvo l’importante lavoro svolto su James […] Mi sorprende il fatto di essere sempre caduta su scrittrici e di aver meritato considerazione per saper tradurre bene le donne. Sono abbastanza orgogliosa di aver goduto di questa «fama».

Nini e Giorgio Agosti nel 1947, con i figli Aldo e Paola, e nel 1984

E vorrei aggiungere ciò che Susanna Basso ha scritto su nostra madre nel suo diario, ringraziandola del permesso di citarla:

Un altro dono ricevetti insieme a quello di sedermi alla scrivania accanto a Jane Austen: incontrare una sua straordinaria traduttrice e ascoltarne i racconti. Le sue traduzioni della Austen coprono un lasso di tempo di circa quarant’anni e fanno di lei un’autentica maestra silenziosa in materia. L’eleganza dell’italiano che inventò per il tintinnio dei dialoghi di Austen e la precisione classica che adottò per i brani descrittivi rimangono a mio avviso insuperate. Abbiamo letto Persuasione, Orgoglio e pregiudizio filtrati dalla sua voce paziente e appassionata e le dobbiamo il piacere di ore di lettura. Di tanti modi dell’invisibilità, questa autrice di traduzioni ha sicuramente scelto il più generoso per tutti coloro che, senza nemmeno accorgersene, l’hanno incontrata.

E nel suo bel libro Sul tradurre uscito da Bruno Mondadori nel 2010, Basso scrive anche:

Non ho conosciuto Jane Austen di persona. Ma non credo che avrei potuto avvicinarmi di più alla sua voce. Nini Agosti era allegra, spiritosa, intelligente; mia figlia che aveva allora cinque anni la incontrò una sola volta e la definì «squillante», e lo era, secondo la poesia che suona in quell’aggettivo (p.156).

Nel concludere questo articolo mi rendo conto che molto ho raccontato dei miei familiari e forse non abbastanza delle traduzioni e delle cure editoriali cui si dedicarono nel corso delle loro vite. Anche mio fratello Aldo4 ha tradotto nel 1969 per la Utet il tredicesimo volume de L’età contemporanea di Jean Baptiste Duroselle.

Per quanto mi riguarda non ho tradotto alcunché, se non, quando avevo diciotto anni, un articolo dallo spagnolo per una rivista di cinema, Ombre rosse; però se è vero che, come scrive Gisèle Freund nelle sue memorie, «nella gerarchia degli artisti, il fotografo si avvicina al traduttore, e da buon traduttore, deve lui stesso saper scrivere», forse anche la professione che svolgo da più di quarant’anni non si allontana molto da quella che ha unito tutta la mia famiglia.

Il premio intitolato a Nini Agosti Castellani esiste ormai da quattro anni e onora la migliore traduzione uscita nell’anno precedente. A rotazione la traduzione da premiare viene scelta tra quelle compiute dalle tre lingue (inglese, francese e tedesco) da cui traduceva nostra madre.

Nel 2007 il riconoscimento è stato attribuito a Susanna Basso eccezionalmente per l’insieme del suo lavoro; nel 2008 è stato premiato Maurizio Cucchi per la traduzione della Chartreuse de Parme contenuta nel volume dei «Meridiani» Mondadori che completa la pubblicazione dei Romanzi e racconti stendhaliani (tutti tradotti dallo stesso Cucchi); l’anno scorso Ada Vigliani ha vinto il premio per la versione di Die Ringe des Saturn di W.G. Sebald (Gli anelli di Saturno, Adelphi).

Nel 2012 la giuria, composta da Mariolina Bertini, Paolo Bertinetti e Luigi Forte, premierà nuovamente un traduttore dall’inglese e il ciclo ricomincerà. Speriamo il più a lungo possibile.

Note

2 Aldo Garosci (1907-2000) attivo nel movimento GL a Torino, tra gli animatori del foglio «Voci dell’Officina», riuscì a sfuggire all’arresto e riparò in Francia mantenendo sempre vivi i contatti con Giorgio. Volontario antifascista in Spagna, dopo l’occupazione nazista della Francia riuscì a raggiungere gli Stati Uniti e fu uno degli animatori della Mazzini Society. Paracadutato in Italia nel 1943, partecipò alla Resistenza romana nelle file del Partito d’Azione. Dopo la guerra collaborò al «Mondo» di Mario Pannunzio, insegnò storia contemporanea e storia del Risorgimento a Torino e poi a Roma.

3 Giorgio Agosti (1910-1992), oltre alle traduzioni citate – l’ultima, del 1982, (con Luisa Cetti e Nanni Negro) è il secondo volume della Storia economica di Cambridge curata da Valerio Castronovo per Einaudi – curò edizioni di opere di insigni antifascisti. Ricordiamo fra l’altro: il vol. VIII delle Opere di Gaetano Salvemini, Scritti vari 1900-1957, Feltrinelli, 1978, e le Lettere 1915-1956 di Piero Calamandrei, La Nuova Italia, 1982, 2 voll., tutti in collaborazione con Alessandro Galante Garrone; nonché Guerra partigiana, raccolta di scritti di Dante Livio Bianco (Einaudi, 1954), curata con Franco Venturi. Nel 1989 esce dall’editore Meynier Un’amicizia partigiana, il carteggio resistenziale di Giorgio Agosti con Dante Livio Bianco, curato da Giovanni De Luna, ripubblicato da Bollati Boringhieri nel 2007. Nel 1998, La Nuova Italia pubblica, a cura di Luciano Boccalatte, Un filo tenace. Il libro, che comprende un carteggio clandestino dal carcere tra Lucilla Rochat Jervis e il marito Willy fino alla fucilazione di lui e il carteggio successivo alla liberazione tra Giorgio e Lucilla, è stato ripubblicato da Bollati Boringhieri nel 2008.

4 Aldo Agosti, professore emerito di storia contemporanea all’Università di Torino, è autore di diversi studi sulla storia del movimento socialista e comunista, italiano e internazionale, fra cui una biografia di Togliatti (Utet, 1996). Per Einaudi nel 2005 è uscito per sua cura Dopo il tempo del furore. Diario 1946-1988 di Giorgio Agosti.