UN NUMERO MONOGRAFICO A CURA DI GIOVANNI GRECO | Gli studi sulla traduzione hanno conosciuto negli ultimi quarant’anni una fioritura senza precedenti per quantità e per qualità. Ci sono stati tuttavia, all’interno di questo rigoglio, settori della letteratura e della comunicazione in senso più ampio che hanno rappresentato un oggetto privilegiato per la ricerca e altri più trascurati.
Categoria: Numero 5 (autunno 2013)
Numero 5 (autunno 2013)
In teatro il verbo si fa carne
Il teatro della traduzione
ATTORI E PERSONAGGI SULLA SCENA DEL TRADURRE di Giovanni Greco | La scena della traduzione è come la scena del crimine: porta con sé una teatralità ricorrente e ancestrale, nella quale si distinguono attori, personaggi, costumi, luci e fondali che interagiscono ambiguamente davanti a uno spettatore/lettore e che di volta in volta configurano quella messa in scena come unica e irripetibile, come necessaria e impossibile, come viva eppure morta e, soprattutto, con l’urgenza di una decodifica, cioè del disvelamento del colpevole e delle colpe.
Del traduttore come povero Calibano*
di Edoardo Albinati | Lamentandosi del proprio destino il traduttore mette le mani avanti: quel che sono riuscito a fare io – difficile! difficilissimo! – non sarà mai bello come l’originale, dice. Neanche lontanamente. È costretto, il traduttore, ad abbassare la fronte, con un’umiltà che magari non ha per nulla quando scrive di testa sua.
Il traduttore (teatrale) come medium
EVOCANDO GLI SPIRITI DI KANTOR di Luigi Marinelli | Fra servizio ed evocazione – insieme nostalgica e spiritica– si è svolta nel tempo la mia attività traduttiva intorno a, per, dei testi teatrali (drammaturgici e teorici) di Tadeusz Kantor. La storia, i ricordi, il “metodo” relativi in particolare alle traduzioni delle due grandi “partiture” della Classe morta (Kantor 2003) e di Wielopole Wielopole (Kantor 1981) li ho già in parte raccontati altrove.
Dal Sofocle greco al Greco italiano (via Harrison)
HARRISON, GRENFELL, HUNT, GRECO E LA CACCIA AL TESTO di Anita J. Weston | I segugi di Ossirinco è la traduzione italiana della traduzione inglese del frammento greco originale del dramma satiresco di Sofocle Ichneutae, una mise-en-abîme testuale riverberata poi sia a livello della storia del frammento sia della sua trama. I circa 400 versi sofoclei giacevano con altri pezzi di manoscritti di ogni genere (ahinoi, più spesso parcelle e pratiche – minuti frammenti di testi utilitari – che poesie) nel deserto di Ossirinco, in Egitto.
Metodo Stanislavskij con dizionari
È DI SCENA LA TRADUZIONE di Giulia Baselica | Proprio come il teatro, probabilmente anche la traduzione potrebbe essere definita un’«arte che si prefigge di rappresentare davanti a un pubblico, secondo determinate convenzioni, una serie di avvenimenti» (De Mauro 2000, ad vocem teatro). Obiettivo di entrambe le forme d’arte è rappresentare, cioè «mostrare alla vista una scena, un aspetto della realtà riproducendola mediante figure o segni sensibili» (Treccani), mentre, tanto sulla scena teatrale quanto sulla pagina tradotta, ciò che costituisce l’oggetto della rappresentazione – nel suo duplice significato di complesso di percezioni, concetti, fantasie, valutazioni che si offre alla coscienza, nonché di quanto viene rappresentato, in una dimensione, quindi, interiore ed esteriore a un tempo – sono gli avvenimenti.
I meriti delle case editrici verso il teatro
I CASI DI ROSA E BALLO E UBULIBRI di Oliviero Ponte di Pino | Qual è stato – e quale può essere – il ruolo dell’editoria nella diffusione della drammaturgia contemporanea in Italia? Un editore può svolgere un ruolo di aggiornamento e di stimolo nei confronti del mondo del teatro? L’editoria teatrale, si sa, non ha vita facile: gli italiani leggono poco in generale, e ancora più difficilmente si applicano a sceneggiature o testi teatrali, con l’eccezione di alcuni classici di obbligo più o meno scolastico.
La serrana e il labirinto di contraintes
I “FALLIMENTI” DELLA TRADUZIONE TEATRALE di Silvia Rogai | Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better, scriveva Beckett (Beckett 1983, 7; reso da Roberto Mussapi con «Sempre tentato. Sempre fallito. Non importa. Tentare di nuovo. Fallire di nuovo. Fallire meglio» – Beckett 1986, 67). Non trovo sintesi più appropriata alle mie riflessioni sulla traduzione drammaturgica di questo noto distico di ottonari in rima baciata. Una sintesi circolare: nel contenuto, nella forma e nella voce di un uomo di teatro consapevole dei margini di perfettibilità di ogni proprio operato.
Bienvenidi a Venecia
L’ITALIANO COME LINGUA PARODIATA di Marco Ottaiano | Tradurre da una lingua straniera verso la propria presuppone sempre la difficoltà (oltre che la suggestione) di doversi muovere fra due diversi mondi culturali, di comprendere gli effetti che la lingua di partenza produce nel lettore che in quella lingua legge, di dover ricreare quegli effetti nella lingua d’arrivo.