«Il Convegno» e la letteratura tedesca

di Anna Antonello 

 

 […] prima che si usasse dire “l’Europa letteraria”, l’universo, l’organizzazione del mondo e tutte quelle robe europeiste o universalistiche venute di moda dopo, [Il Convegno] è stato in sé e per sé al di sopra di tutte le mischie e al di sopra di tutti i paesi, perché non è che si è voluto dare le novità di oltreconfine, non c’è stato affatto lo snobismo che è un po’ venuto poi di moda di dire ah, noi siamo quelli che sappiamo chi sono gli islandesi e voi siete quelli che sanno chi sono gli ungheresi; in fondo c’è stato l’istinto di leggere quel che veniva, di leggere quel che c’era (Mazzucchetti 1965).

Sono le parole di rievocazione del «Convegno» pronunciate da Lavinia Mazzucchetti, pochi mesiprima della morte, il 9 febbraio 1965, in occasione della presentazione del libro Il lettore inquieto di Eugenio Levi. Ciò che rivela la germanista, pur sottolineando il merito di scelte non convenzionali, è la netta prevalenza dell’elemento casuale sopra ogni altra logica letteraria o editoriale. A ben vedere però le scelte nell’ambito della letteratura tedesca – e non solo – sono riconducibili ad alcuni precisi comuni denominatori.

Se è un dato di fatto che la rivista rispecchia essenzialmente i gusti letterari del suo fondatore e direttore Enzo Ferrieri, la scelta di puntare fin da principio sulle novità germaniche (cimentandosi direttamente nella traduzione dei testi) ne è un chiaro esempio. Una rapida ricognizione dei contributi tedeschi della prima annata della rivista, il 1920, mostra la sua particolare predilezione per Frank Wedekind, presentato al pubblico attraverso la novella Rabbi Esra (Ferrieri 1920-2). La presenza di uno scrittore così controverso viene  bilanciata – come a voler ripristinare un certo equilibrio classico – da alcune Liriche di Goethe (Il crepuscolo calò dall’alto, Al plenilunio sorgente, Suonatore d’arpa, Il fidanzato, Sentimento autunnale), tradotte da Oreste Ferrari (Ferrari 1920).

Rabbi Esra e il suo messaggio – «che l’amore, anzi diremo l’erotismo, è cosa sacra, centro di tutte le azioni e soluzioni tragiche fra gli uomini: che l’educazione dei giovani dovrebbe essere più illuminata e mostrare con chiarezza i rapporti del sesso […]» (Ferrieri 1920-2, 31) – sembrano essere in stridente contrasto con la linea moderata e poco propensa a creare legami con le avanguardie, che sarà poi propria alla rivista. Non va dimenticato però che Ferrieri era in primo luogo un uomo di teatro e, come tale, non poteva ignorare i radicali segnali di innovazione che provenivano dalle fila degli espressionisti. L’opera più nota e discussa di Wedekind, Frühlings Erwachen (Risveglio di primavera), presentata sulla rivista in traduzione italiana nel 1920 e ripresa in volume per i tipi del Convegno editoriale nel 1921 (non senza degli strascichi polemici anche interni sul suo contenuto ritenuto osceno), risaliva al 1891 ma aveva conservato tutta la sua carica provocatoria. Già allora lo scrittore veniva considerato uno dei precursori degli espressionisti, proprio per questa Kindertragödie (come recitava il sottotitolo originale), cioè tragedia di bambini, rappresentata per la prima volta in Germania nel 1907. Prima di essere inscenata da Max Reinhardt e di avere un discreto successo di pubblico, l’opera fu più volte sequestrata. A posteriori Ferrieri ricordava l’autore e la sua opera in questi termini:

 Wedekind, insieme con Strindberg è l’ispiratore della rivoluzione letteraria del ’900 in Germania e il precursore dell’espressionismo. Poiché non c’era speranza che alcuna censura permettesse questo spettacolo in Italia per un bel po’ di secoli, nel ’21 ne affidai la traduzione a Giacomo Prampolini e pubblicai i tre atti nel Convegno editoriale (Ferrieri 2003, 234).

Dal secondo anno in poi lo scenario cambia radicalmente. Il nuovo teatro tedesco, rappresentato dalla traduzione di Margherita Sarfatti dell’atto unico Die Ballade vom Untergehen (La ballata del naufragio) dello scrittore austriaco Karl Schönherr, massima espressione della miseria del popolo tedesco dopo la prima guerra mondiale, cede definitivamente il posto alla prosa e alla poesia. La traduzione di Ferrieri della novella Luischen (Loulou) di Thomas Mann – incentrata su uno scherzo sadico che una moglie bella ma stupida architetta insieme all’amante ai danni del marito miserrimo – introduce l’avvicinamento graduale a vari autori contemporanei particolarmente cari a Mazzucchetti: da Rainer Maria Rilke (1927) a Franz Kafka (1928), da Leonhard Frank (1929) a Emil Ludwig (1928) e Heinrich Mann (1932). Si potrebbe poi aggiungere all’elenco anche l’autore bavarese Hans Carossa, ma sarà il germanista Alessandro Pellegrini a curare il numero unico a lui dedicato, con sommo piacere del diretto interessato. Queste scelte seguono una determinata logica: le novelle Disordine e dolore precoce di Mann e Carlo e Anna di Frank, qui presentate in anteprima, confluiranno nella collana «Narratori nordici» diretta da Mazzucchetti per Sperling & Kupfer; l’omaggio post mortem a Rilke e a Kafka, a soli quattro anni dalla sua morte (ma la prima edizione in volume di una sua opera verrà pubblicata nel 1933), era allo stesso tempo un gesto di affetto, di consacrazione e di appropriazione promosso da chi per prima in Italia si era occupata di loro; e, infine, l’occasione era sempre ghiotta per aiutare la casa editrice Mondadori a promuovere i suoi autori: Ludwig era stato portato alla Mondadori proprio da Mazzucchetti e ne rimaneva uno degli autori di punta; di Heinrich Mann sarebbe uscito di lì a poco, nel 1933, Una vita difficile, traduzione di Oreste Ferrari da Ein ernestes Leben. «Il Convegno» in questo modo si dimostrava un’utile trampolino di lancio e una vetrina strategica da usare per valorizzare al massimo determinate scelte editoriali. A questo proposito va menzionato anche il circolo del «Convegno», un luogo di ritrovo che permetteva di andare ben oltre la semplice lettura, presentando al pubblico direttamente singoli autori (tra cui Stefan Zweig nel 1933 o Hans Carossa nel 1935) o assistendo a relazioni dettagliate su aspetti particolari (p.e. Commemorazione di Rainer Maria Rilke di Vincenzo Errante il 13 dicembre 1927; Il Werther di Goethe, conferenza di Giuseppe Antonio Borgese del 28 gennaio 1928; La Germania di ieri e di oggi di Ettore Margadonna, 6 gennaio 1934)  

Un’altra logica, dettata invece da contingenze politiche, sembra essere quella – in linea con le altre riviste italiane dell’epoca – che spinge Ferrieri nella seconda metà degli anni trenta a puntare più sui poeti che sui romanzieri. Ne è un valido esempio il numero unico dedicato a Stefan George nel 1937 oppure il crescente interesse per Friedrich Hölderlin (ospitato in rivista nel 1922, 1935, 1938 e 1939), oltre che i singoli contributi di Hugo von Hofmannsthal e Christian Morgenstern. L’idea di dedicare un fascicolo monografico a George (nel quarto anniversario della sua morte) era partita da Alessandro Pellegrini, l’altro germanista (futuro ordinario all’Università di Pavia) più vicino a Ferrieri, attirato tanto dalla filosofia quanto dal teatro, scrittore in proprio di romanzi e racconti, che nel 1934 aveva dedicato la sua prima monografia proprio al poeta tedesco (Scheiwiller, Milano). Non va sottovalutata la sostanziale difficoltà di trovare dopo il 1938 scrittori ancora pubblicabili (quindi né ebrei né invisi al regime per motivi politici) che spingeva gli addetti ai lavori a spostare l’attenzione su autori considerati intoccabili.

Tra i traduttori – dopo le prime prove del giovane Ferrieri – c’è il meglio che offriva il mercato dell’epoca: i futuri ordinari Vincenzo Errante (Milano) e Bonaventura Tecchi (Roma); le allieve e amiche germaniste di Mazzucchetti, Cristina Baseggio e Emma Sola; e, infine, i suoi colleghi di tante imprese mondadoriane Giacomo Prampolini e Lorenzo Montano.

Sintetizzando, si tratta di una scelta di diciotto autori (quasi uno per annata) uniti da uno sforzo comune di rinnovamento della letteratura tedesca sia a livello linguistico (si pensi a Hölderlin, George o a Rilke), sia tematico (attraverso Kafka o Wedekind). L’esito è la chiara percezione di un paese in bilico fra tradizione e modernità, alla ricerca – poi violentemente interrotta – di un proprio posto nella Weltliteratur.

Bibliografia

Un elenco parziale dei contributi di letteratura tedesca del «Convegno» è consultabile all’indirizzo https://www.LTit.it, selezionando nella maschera di ricerca la rivista desiderata e la “letteratura tedesca” come insieme storico-letterario. Un elenco completo dei contributi di letteratura tedesca del «Convegno» si trova nel volume «Il Convegno» di Enzo Ferrieri e la cultura europea dal 1920 al 1940: manoscritti, immagini e documenti, a cura di Angelo Stella, Pavia, Università degli Studi di Pavia, 1991 e in Le letterature straniere nell’Italia dell’entre-deux-guerres. Spogli e studi, Pensa Multimedia, Lecce, 2005 (pp. 91-136). Il volume curato da Edoardo Esposito consente di vedere i contributi del «Convegno» insieme a quelli usciti su altre riviste.

 

Ferrari 1920: Wolfgang Goethe, Liriche, tradotte da Oreste Ferrari, in «Il Convegno», I, 1, pp. 56-58

Ferrieri 2003: Enzo Ferrieri, Wedekind: “Il risveglio di primavera” in Sul filo della memoria, Palermo, Sellerio, pp. 233-235

«Il Convegno» (1920-1940), Il Convegno editoriale, Milano

Mazzucchetti 1965: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Fondo Lavinia Mazzucchetti, registrazione audio, b. 41, f. 213

Wedekind 1920-2: Frank Wedekind, Rabbi Esra, trad. di Enzo Ferrieri, in «Il Convegno», I, 10, pp. 26-31