di Cesare Pavese
Con tutto che Elena [d’Amico, moglie di Antonio Giolitti] traduce con scrupolo e pulizia, mi pare le manchi di avere passato anni e anni nei tormenti letterari ed espressivi – sola condizione per affrontare un Proust con speranza di successo. Qui si tratta veramente di “mestiere”, di tour de main e di quell’indefinibile senso delle parole che si acquista solamente attraverso i molti e molti insuccessi ed esperimenti e contatti retorici di una vita “letterata”
Ad Antonio Giolitti, 24 febbraio 1947, citata in Luisa Mangoni, Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, p. 447