di Gianfranco Petrillo
A proposito di: Vincenzo Salerno, Dante. Traduzione, tradizione, intertestualità, Modena, Mucchi, pp. 80, € 10,00
Compilazione palesemente svolta a fini concorsuali, con un fin troppo rigoroso linguaggio accademico cita e rielabora coscienziosamente le sue molteplici fonti, da Gianfranco Folena a Roberto Mercuri, da Alessandro Niccoli (autore della voce Trasmutare dell’Enciclopedia dantesca, che è però del 1970, non del 2005) a Giovanna M. Gianola, da Guglielmo Gorni a Giorgio Petrocchi, da Luciano Canfora a Luciano Gargan, da Emilio Pasquini a Peter Dronke, da Mario Marti ecc. ecc., senza trascurare alcuni traduttologi (lo Steiner, la Nergaard), ma – mi pare – senza aggiungere alcunché di nuovo e originale. Che sarebbe stata impresa eccezionale. Imperdonabile, in uno studio di carattere filologico, la sciatteria nelle citazioni. Chi può comprendere la versione dantesca tratta dal Convivio in esergo di capitolo a p. 69? Il testo originale di Ovidio (fonte capitale di miti altrimenti ignoti a Dante e incomprensibilmente trascurato nell’indice dei nomi) offerto sopra quello dantesco reca in inizio del terzo verso un Ducite in luogo di Dicite: che fa una bella differenza.