di Giulia Baselica
A proposito di : Fabio Regattin, Traduction et évolution culturelle, Paris, L’Harmattan, 2018, pp. 185, €19,50
Già il titolo di questo saggio nella sua densa sinteticità presenta le colonne portanti di una costruzione interpretativa della traduzione tanto inconsueta quanto, per molti aspetti, illuminante: la traduzione come segno e atto dell’evoluzione culturale.
L’autore, Fabio Regattin, è ricercatore di Lingua francese e traduzione e si occupa di traduzione editoriale e teatrale, e il volume Traduction et évolution culturelle è pubblicato in una collana interamente dedicata alla teoria e alla pratica della traduzione, di cui ci occuperemo più ampiamente in un prossimo numero di «tradurre».
Nella Introduction lo studioso pone subito in rilievo il nesso fra evoluzione darwiniana e traduzione:
Si ‒ comme certains le voudraient ‒ la culture évolue selon des dynamiques darwiniennes, étudier le rôle joué par la traduction dans ces dynamiques peut nous aider à mieux comprendre cette activité; si par contre ‒ comme d’autres l’affirment‒ l’hypothèse d’une évolution darwinienne de la culture est incorrecte, elle pourra au moins être considérée comme une belle métaphore, permettant de jeter sur la traduction une lumière potentiellement intéressante (p. 7: Se ‒ come vorrebbero alcuni ‒ la cultura si evolve secondo dinamiche darwiniane, studiare il ruolo svolto dalla traduzione in tali dinamiche può aiutarci a comprendere meglio questa attività; se invece ‒ come affermano altri ‒ l’ipotesi di un’evoluzione darwiniana della cultura si dimostrerà scorretta, potrà essere per lo meno considerata come una bella metafora, che permette di gettare sulla traduzione una luce potenzialmente interessante – traduzione mia).
Da questa premessa prende avvio la lunga, articolata ‒ e ampiamente argomentata ‒ riflessione sulla legittimità del nesso fra la teoria evoluzionistica e la pratica della traduzione e sull’opportunità di considerare la prima come uno strumento interpretativo della seconda. A tale scopo è in primo luogo necessario prendere in esame le teorie che estendono i fondamenti della selezione naturale allo studio della società e della cultura e che sono accomunate da un principio primario: il meccanismo darwiniano si applica esclusivamente agli esseri viventi. Essenziale è dunque il suo ruolo nella diffusione, riproduzione, sopravvivenza e scomparsa delle idee.
Due le teorie sulle quali si sofferma Regattin: la teoria memetica (teoria proposta nel 1976 dall’etologo e biologo inglese Richard Dawkins, e basata sul meme, elemento proprio di una cultura specifica, dotato delle capacità di replicarsi e di diffondersi, per mezzo del’imitazione e dell’interazione sociale, da un individuo a un altro) e la teoria dell’epidemiologia delle rappresentazioni.
Lo studioso ripercorre quindi il processo culturale attraverso il quale il concetto di meme giunge effettivamente a interessare l’ambito della traduzione in termini sia teorici sia applicativi, soprattutto grazie ai contributi pubblicati tra il 1996 e il 2005 da Andrew Chesterman, il quale, per la prima volta nella storia recente della traduttologia, indica la possibile relazione fra traduzione e meme. L’inizio del nuovo millennio ha portato con sé un peculiare interesse per l’idea di un’evoluzione della cultura per selezione darwiniana, sostenuta da nuovi e interessanti approcci. Fra questi si distingue, negli anni successivi, la ecotranslatology, un filone di ricerca trattato quasi esclusivamente ‒ rileva Regattin ‒ da studiosi cinesi e presentato in una serie di convegni svoltisi nel 2015 e nel 2016. Al centro di tale prospettiva si colloca il concetto di adattamento-selezione. Una prima manifestazione di adattamento è da riconoscere proprio nel traduttore, che appunto deve adattarsi al translational eco-environment, come sostiene Gengshen Hu. Il traduttore adattato (o selezionato) dovrà poi, a sua volta, selezionare le strategie adeguate per produrre, infine, il testo nella lingua d’arrivo richiesta. Interessante è, in tale ambito di studi, la posizione del brasiliano Davi Silva Gonçalves, secondo il quale la traduzione può legittimamente essere considerata un fattore evolutivo poiché introduce temi e strumenti esterni a una determinata cultura. In merito, quindi, alle valutazioni complessive sullo stato dell’arte, l’autore rileva negli ultimi vent’anni l’interesse da parte della traduttologia nei confronti della memetica; tuttavia egli osserva che l’aspetto più indagato è quello delle idee, dunque delle teorie, delle norme e delle strategie traduttive. L’atto traduttivo, invece, in quanto esempio di evoluzione memetica, non beneficia tuttora di un’adeguata considerazione. Un sostegno importante, per orientare l’attenzione scientifica verso la pratica della traduzione potrebbe derivare, osserva Regattin, da una disciplina di recente costituzione (presentata in alcuni contributi di notevole levatura, pubblicati da studiosi come Robert Stam, Linda Hutcheon, Julia Sanders fra il 2005 e il 2006): gli Adaptation Studies, nei quali il concetto di adattamento darwiniano ricorre piuttosto frequentemente.
Fabio Regattin intende verificare la legittimità dell’applicazione della memetica alla traduzione, allo scopo di esplorare, comunque e al di là degli esiti della ricerca, una visione nuova della traduzione, proponendo due ipotesi di lettura. La prima è un’«ipotesi evoluzionista forte»: qui l’evoluzione culturale è reale, e i meme o altri replicativi culturali esistono concretamente; di conseguenza gli oggetti culturali si evolvono conformemente alla selezione naturale. L’autore precisa che tale ipotesi consentirebbe di formularne di ulteriori in ordine al comportamento dei meme in traduzione. La seconda è un’ «ipotesi evoluzionista debole», in base alla quale la rivoluzione memetica costituirebbe una potente metafora, considerando, qui, il ruolo fondamentale della traduzione nell’elaborazione delle teorie scientifiche e, in generale, nella trasmissione delle conoscenze.
Lo studioso pone così in rilievo la funzione della traduzione: Et c’est justement la traduction, au sens large, dans ses variantes orale et écrite, qui assure la diffusion des mèmes hors de leur «mémosystème» (p. 62: Ed è proprio la traduzione, in senso ampio, nelle sue varianti orale e scritta ad assicurare la diffusione dei meme al di fuori del loro memosistema – traduzione mia), e precisa poi che l’attività traduttiva permette al meme di adattarsi, immediatamente, a un ambiente prima ostile, in quanto diverso, consentendogli di propagarsi in memosistemi diversi da quelli in cui esso si è sviluppato. Considerare la traduzione secondo la prospettiva del meme consentirebbe, spiega Regattin, di comprendere meglio svariati aspetti della traduzione, come, per esempio, i meccanismi soggiacenti all’atto traduttivo, cioè il processo di riproduzione dei meme di un testo originale modificati dalla loro interazione con i meme del traduttore, fino al loro insediamento nel memosistema della cultura d’arrivo ed eventualmente nelle «macchine a meme», cioè i lettori.
Nell’intento di individuare una corretta determinazione del concetto di traduzione in ottica evoluzionista, Regattin sottolinea la necessità di verificare la reale esistenza delle condizioni essenziali stabilite dalla teoria darwiniana: moltiplicazione, selezione, eredità, ripetizione e variazione rispetto alla matrice originale, e adattamento (elemento, questo, parzialmente considerato da studiosi come John Milton, Julie Sanders e Katja Krebs).
Nella visione evoluzionista si porrebbero dunque due assi contrapposte: da un lato la traduzione-eredità, dall’altro l’adattamento-variazione. Tuttavia, recuperando la lezione di Roman Jakobson, il quale include in una stessa, ampia, categoria i tre tipi di traduzione (intralinguistica, interlinguistica, intersemiotica), Regattin sintetizza: techniquement, la traduction serait donc une forme, certes spécifique, d’adaptation (p. 74: «tecnicamente la traduzione sarebbe quindi una forma, ovviamente specifica, di adattamento» – traduzione mia), poiché essa parrebbe svilupparsi mediante lo stesso meccanismo che, in senso ampio, garantisce l’evoluzione e la diversificazione degli esseri viventi. Interessante l’osservazione dell’autore in merito alla possibile applicazione della teoria evoluzionista al meme: tale prospettiva di analisi permette di formulare un’interpretazione alternativa alla condizione di submissiveness (o sottomissione) ‒ elemento di riflessione nei Descriptive Adaptation Studies ‒ che costituirebbe, nella maggior parte delle situazioni, l’unica opzione per il traduttore. Le studiose Rakefet Sela-Sheffy e Reine Meylaerts sottolineano, tuttavia, l’importanza dell’individualità del traduttore. Fondamentalmente, suggerisce l’autore, sarebbe opportuno ipotizzare che, in un contesto caratterizzato dalla sottomissione, i traduttori siano indotti a manifestare la tendenza a ripetere gli stessi meme e meno orientati ad assicurarsi, nella loro pratica, uno spazio di maggiore autonomia: di qui il conformismo di certe scelte traduttive, non marginalmente alimentato dalla istituzionalizzazione della traduzione (scuole, corsi universitari, associazioni professionali, sindacati).
Ogni traduzione si compone necessariamente, puntualizza Regattin, sia di elementi acquisiti ereditariamente, sia di elementi di variazione e, sempre in una prospettiva di carattere evoluzionista, la traduzione è nello stesso tempo source-oriented e target-oriented.
I traduttori, osserva Regattin, sono tali in quanto rendono possibili l’adattamento linguistico di alcuni meme, che poi infetteranno i cervelli di altre cellule-ospiti (di altri meme) per mezzo di vettori (libro, rivista o qualunque altro mezzo che permetta il fissaggio del meme) appartenenti alla lingua e alla cultura di arrivo.
I meme e i «memeplessi» più importanti, in tale prospettiva, si identificano nell’opera-fonte, o source; nella nuova opera, che ne costituisce la traduzione in lingua d’arrivo; nelle teorie prescrittive della traduzione; nei meme annidati nei cervelli dei traduttori, degli editori e dei lettori; e, infine, nel memeplesso del sistema-target.
La scelta del testo da tradurre rappresenta, secondo l’autore, un efficace esempio di selezione (culturale): nel saggio viene proposto un esempio applicativo della teoria evoluzionista, riferito allo studio delle traduzioni dei Contes di Perrault, la cui prima versione italiana risale al 1697. Tale teoria, puntualizza Regattin, offre allo studioso uno strumento perfettamente adatto a motivare e a esplicare le dinamiche traduttive nell’ambito degli studi sulla ritraduzione: se gli organismi più semplici si collocano nelle posizioni inferiori della scala dell’evoluzione, per poi avanzare gradualmente verso la perfezione (compiutamente incarnata nell’essere umano), analogamente le prime traduzioni, nella prospettiva della ritraduzione, progrediscono per avvicinarsi alla “grande traduzione” teorizzata da Berman. In tale contesto l’autore rileva l’interesse per la variazione, più che per l’ereditarietà: da questo punto di vista si potrebbe dare ragione della proliferazione di traduzioni di una stessa opera: Regattin cita i casi recenti dei romanzi The Great Gatsby (sei ritraduzioni in italiano nel 2011) e di Le petit prince (quattordici traduzioni fra il 2014 e il 2015).
Il modello teorico proposto potrebbe infine produrre interessanti esiti nell’ambito della didattica della traduzione, soprattutto editoriale. Verrebbe privilegiato l’elemento della variazione, che potrebbe essere sollecitato e alimentato in un contesto esercitativo di traduzione collaborativa, atta a produrre numerose varianti di uno stesso testo. Al docente spetterebbe poi il compito di indicare la versione migliore (o le versioni migliori), mettendo così in atto il principio della selezione.
Il saggio Traductione et évolution culturelle è avvincente per la prospettiva di ricerca scientifica che propone: originale e potenzialmente estesissima, oltre che volta a ulteriori approfondimenti, e l’articolazione degli argomenti è chiara e perfettamente consequenziale. Una monografia di interesse non soltanto per lo studioso di traduttologia e per il traduttore, ma anche per il lettore non specialista, interessato al tema della traduzione.