di Damiano Latella
Brice Matthieussent, La vendetta del traduttore, Marsilio, Venezia 2012 (trad. di Elena Loewenthal da Vengeance du traducteur, POL, Paris 2009)
Succede che il lettore, girovagando per gli scaffali della sua libreria preferita, si imbatta in un titolo curioso: La vendetta del traduttore. Succede che il lettore, aprendo il volume alla prima pagina, non trovi ad accoglierlo il testo là dove si aspetterebbe di trovarlo, bensì un asterisco solitario spostato verso destra. «Ah! – pensa il lettore – Finalmente un libro originale!». Succede poi che il lettore abbassi lo sguardo, incontrando una sottile linea nera. «Che strano!», esclama, «Deve essere una nota del traduttore!». Il lettore ancora non sa che la sottile linea nera lo accompagnerà per molte pagine.
All’inizio, il traduttore anonimo del titolo è relegato “al piano di sotto” di un improbabile romanzo americano. La scomoda posizione in cui si trova non gli impedisce di sopprimere aggettivi, omettere avverbi, interpolare interi passaggi, e di darne conto in lunghissime Note Del Traduttore. Ciò nonostante, il povero lettore riesce a fare la conoscenza dei tre personaggi principali: Abel Prote, «l’uomo virile dagli occhi verdi», scrittore parigino cinquantenne, Doris Night, la sua segretaria a tempo parziale nonché sua amante nel tempo che le rimane, e David Grey, giovane traduttore newyorkese nonché ulteriore amante della succitata Doris. Fino a quando il Trad del titolo rientra prepotentemente in scena, deciso a consumare la sua personale vendetta.
Prote, Night, Grey: tutto ruota intorno a loro tre, in una storia disseminata di scambi e di prestiti. A dispetto del nome di battesimo da vittima sacrificale, Abel Prote comanda sempre, non solo quando è fisicamente presente. Anzi, il gusto della manipolazione lo spinge a lasciare messaggi minacciosi che è impossibile non seguire alla lettera. Il bravo traduttore Grey segue fedelmente le orme dell’autore, ed ecco che ricalca passo dopo passo la strada segnata da Prote, all’insegna di Numerosi Duplici Travestimenti, di Nascondigli Da Trovare, di Nocivi Depistaggi Transatlantici. La stessa casa, gli stessi libri, lo stesso passaggio, e soprattutto Doris, la stessa donna.
Non si sa perché la quarta di copertina italiana ignori uno degli ingredienti principali, vale a dire l’erotismo esplicito. Il semplice suono delle parole «Mr Grey» potrebbe richiamare alla mente del lettore colto (ma sarebbe meglio còlto, in flagrante) un noto personaggio romanzesco, amante delle Nerbate Date Titillando. Per fortuna, qui si va in tutt’altra direzione. No, niente Nababbo Disgustosamente Tronfio che Necessiterebbe Di Tacere. Per Matthieussent, a sua volta grande traduttore dall’inglese al francese, quasi ogni cosa diviene metafora della scrittura e quindi della traduzione: le uova di Pasqua, il menù a bordo di un aereo, una fotografia che ritrae due gemelle, un costume da Zorro. Compreso lo sperma, compreso l’atto sessuale, senza lesinare sui dettagli.
È vero che La vendetta del traduttore brilla per inventiva, in un gioco di specchi incontenibile (anche troppo) dove tutto rimanda a tutto e realtà e finzione si abbracciano e si compenetrano. È altrettanto vero che vi si riflette in modo approfondito (anche troppo) sulla creazione di un’opera letteraria e sul legame tra l’originale e la sua versione in un’altra lingua. Ma con questo libro irregolare, caotico, capriccioso, disordinato, a tratti perfino confuso, l’autore ci regala soprattutto una potente dichiarazione d’amore per la sua professione. Un amore viscerale, appassionato, fisico, sconclusionato, un po’ folle per una Nobile Disciplina Trascurata.