La recensione / 7 – Libri, editoria e traduzioni durante il fascismo

di Bruno Maida

A proposito di: Stranieri all’ombra del duce. Le traduzioni durante il fascismo, a cura di Anna Ferrando, Milano, Franco Angeli, 2019, pp. 346, € 40,00

Milano, capitale transnazionale del libro fra le due guerre è il titolo del convegno (Milano, 18-19 ottobre 2017) di cui questo volume raccoglie gli atti, con un’introduzione di Albertina Vittoria. Dai saggi emerge un ricco e approfondito quadro del processo culturale di sviluppo e innovazione che negli anni Venti e Trenta ebbe in Milano la sua vera e propria capitale, «luogo imprenditoriale e culturale della modernità», come sottolinea Edoardo Esposito nelle conclusioni (p. 315).

Il volume propone una sorta di triangolo, i cui lati sono i libri, l’editoria e le traduzioni. All’interno di questo spazio – che non è solo quello della città ma anche quello delle trasformazioni sociali, politiche e culturali italiane e del loro intrecciarsi con il panorama internazionale – agisce e tesse relazioni una pluralità di soggetti che i diversi saggi restituiscono, offrendo nello stesso tempo innumerevoli piste di ricerca.

Tra le due guerre, Milano non fu solo la sede del principale quotidiano italiano per vendite e prestigio nazionale e internazionale, ma fu la città in cui nacquero alcune delle più significative esperienze editoriali come Mondadori e Rizzoli, che si incardinarono in un territorio nel quale si registrava il più basso tasso di analfabetismo in Italia e dove era massimo il numero di imprese editoriali nate tra il 1900 e il 1945: 1.100 editori puri, 498 editori-tipografi, 65 editori-librai, 48 editori-tipografi-librai.

Il processo di industrializzazione e modernizzazione dell’editoria italiana tra le due guerre non può quindi prescindere né dall’esperienza mondadoriana – che incarnò una dimensione di dinamismo europeo e di conquista di nuovi lettori nel lento ma ormai inarrestabile evolversi della società di massa – né dal ruolo del regime fascista, che agì con un crescente interventismo e un costante sovrapporsi di costruzione del consenso, repressione del dissenso e censura.

Il volume si articola in quattro sezioni. La prima, dedicata a Traduzioni e cultura di massa tra Ottocento e Novecento (saggi di Donald Sassoon, Maria Pia. Casalena, Christopher Rundle, Giorgio Fabre) guarda con particolare attenzione al tema del complesso equilibrio tra la necessità per gli editori di ricorrere ai libri stranieri, l’opposizione da parte del fascismo, la difficile e irregolare navigazione degli editori tra indicazioni prescrittive e censorie del regime.

La seconda, Attori editoriali a Milano tra le due guerre (saggi di Fabio Guidali, Irene Piazzoni, Elisa Marazzi, Anna Ferrando) mette in luce alcuni elementi e protagonisti determinanti nel processo di costruzione della modernità in ambito editoriale, specie per ciò che riguardò la diffusione dei rotocalchi e del loro ruolo nella diffusione della letteratura straniera, lo sviluppo della figura dell’agente letterario e l’attivarsi di un lento processo di mediazione per riempire lo scarto, tradizionalmente e gramscianamente caratterizzante l’Italia, tra gusto del pubblico e ricerca letteraria.

La terza sezione si concentra sul tema Asse politico, asse culturale? Germania e paesi nordici (saggi di Bruno Berni, Natascia Barrale, Mario Rubino, Anna Baldini, Michele Sisto, Daria Biagi) e sul peso che la narrativa tedesca ebbe tra le due guerre sia nell’influenzare diversi giovani scrittori italiani interessati a superare l’arte segnata dall’evasione sia nel contribuire a definire un nuovo tipo di romanzo capace di affondare le sue radici nella storia e nella società.

La quarta, dedicata al tema Dalle “plutocrazie” alla “Russia bolscevica” (saggi di Sara Sullam, Guido Bonsaver, Sara Mazzucchelli, Edda Garetto) aiuta a comprendere meglio la ricezione, negli anni Venti e Trenta, delle altre letterature in Italia – inglese, americana e russa – e il contestuale arretramento di quella francese, con una specifica rilevanza traduttiva per le opere russe che iniziarono a essere tradotte dall’originale e non più dalle versioni transalpine.