Quale lingua per tradurre Eliot

di Carmen Gallo

autrice di T.S. Eliot, La terra devastata, Milano, Il Saggiatore, 2021 (da The Waste Land, 1922)

Tradurre un classico come The Waste Land di T.S. Eliot è stata una decisione maturata nell’arco di molti anni. Volevo tornare a mettere alla prova la nostra lingua per vedere se, accanto alle traduzioni precedenti, si potesse far emergere altro da un testo così complesso. In particolare, mi stava a cuore restituire la varietà dei registri linguistici del testo originale: lirico, colloquiale, letterario (da Dante a Hesse), biblico e omiletico, tra gli altri. Ho spesso notato nelle traduzioni verso l’italiano una certa tendenza ad aulicizzare la lingua del testo poetico, anche quando piano o quotidiano. Come se, nell’orizzonte di attesa di cosa ‘suoni’ poetico, persistesse un modello linguistico ancora legato a stilemi romantici o ottocenteschi. Questa lingua poetica attardata, che privilegia inversioni aggettivo-nome, un lessico volutamente obsoleto, una sintassi artatamente complessa, sembra non considerare modelli che nel Novecento hanno invece sperimentato un dettato poetico, sia alto che basso, efficace senza automatismi desueti. Per questo, nella mia traduzione ho cercato di usare una lingua poetica più contemporanea, attenta alla resa degli aspetti fonici. Un esempio è il famoso incipit di The Burial of the Dead (La sepoltura dei morti):

April is the cruellest month, breeding

Lilacs out of the dead land, mixing

Memory and desire, stirring

Dull roots with spring rain.

Winter kept us warm, covering

Earth in forgetful snow, feeding

A little life with dried tubers.

 

Aprile è il mese più crudele, genera

lillà dalla terra morta, mescola

memoria e desiderio, pungola

radici ottuse con pioggia primaverile.

L’inverno ci teneva al caldo, copriva

la terra di neve dimentica, nutriva

con tuberi secchi una vita minima.

Ho scelto di conservare la struttura sintattica così marcata nel testo inglese (con gli enjambement ai vv. 1-3 e 5-6) e di adottare un lessico piano (con l’eccezione dell’aggettivo «dimentica» al v. 6). Per i gerundi a fine verso, ho deciso di optare per il presente ai vv. 1-3 e per l’imperfetto ai vv. 5-6, esplicitando lo sfasamento temporale suggerito al v. 1 da is e al v. 5 da kept. Ho cercato, però, di conservare la ricorrenza della nasale velare /ŋ/ dei gerundi attraverso verbi che contengono fonemi nasali come /n/ e /m/ e in un caso proprio /ŋ/: «genera», «mescola», «pungola». Inoltre, ho provato a restituire la centralità dell’allitterazione in /i/ – che suggerisce il fastidio delle radici – con «copriva» e «nutriva» per i due gerundi ai vv. 5-6, e una serie di parole allitteranti in /i/, tra le quali vita minima (v. 7) in posizione forte a fine verso. Una simile strategia compensativa è stata usata anche per le rime nel testo, talvolta trasformate in rime interne o assonanze.

Infine, il titolo: La terra devastata. Come dicevo, l’intenzione era affiancare una nuova lettura del poemetto a quelle già esistenti. Così, alla luce del mio lavoro di traduzione e commento, mi è sembrato che La terra desolata rispondesse solo in parte al discorso che stava emergendo sulla riflessione storica di Eliot. «Desolato» e «devastato» sono stati a lungo sinonimi nella lingua italiana. «Devastato» e waste però hanno una radice latina comune in vastus, che significa sia desolato, arido, che devastato. Nelle leggende del Graal raccolte da J. Weston, da cui Eliot afferma di aver tratto il titolo, waste land è infatti sia una terra senza acqua, sia una terra devastata da guerre o scorribande. Mi è sembrato allora opportuno esplorare questo secondo spettro semantico, anche perché altri aspetti formali (la frammentarietà del testo, il famoso «mucchio di immagini sfatte» – a heap of broken images –, le rovine della tradizione da puntellare) e di contenuto (le profezie di città distrutte in Ezechiele, Cartagine prima bruciata e poi resa sterile, la Tebe di Tiresia flagellata dalla peste, i rimandi alla guerra e alle macerie spirituali del dopoguerra) andavano nella stessa direzione. Seguendo la costellazione disegnata da questa rete di immagini e significati legati alla devastazione, è forse possibile leggere e rileggere il poemetto eliotiano scoprendo nuovi livelli di lettura e interpretazione del testo.