Categoria: Quinte di copertina

Una vita col botto

di Laura Cangemi autrice di Jenny Jägerfeld, La mia vita dorata da re, Milano, Iperborea, 2021 (da Mitt storslagna liv, Stockholm, Rabén&Sjögren, 2019) | Chiunque affianchi alla traduzione lo scouting editoriale sa quanto è grande la soddisfazione che si prova vedendo accolta la propria proposta e, soprattutto, traducendo il libro di cui si è suggerito l’acquisto. Con La mia vita dorata da re è stato un colpo di fulmine: lette le prime cento pagine (meno di un terzo del totale), ho chiamato la direttrice editoriale di Iperborea e le ho detto che doveva comprare quel libro. Cristina Gerosa si è fidata e ha avviato le trattative con l’agente senza nemmeno avere in mano la mia scheda di lettura. Jenny Jägerfeld è un’autrice che seguo da anni e non vedevo l’ora che scrivesse un libro come questo

Quale lingua per tradurre Eliot

di Carmen Gallo autrice di T.S. Eliot, La terra devastata, Milano, Il Saggiatore, 2021 (da The Waste Land, 1922) | Tradurre un classico come The Waste Land di T.S. Eliot è stata una decisione maturata nell’arco di molti anni. Volevo tornare a mettere alla prova la nostra lingua per vedere se, accanto alle traduzioni precedenti, si potesse far emergere altro da un testo così complesso. In particolare, mi stava a cuore restituire la varietà dei registri linguistici del testo originale: lirico, colloquiale, letterario (da Dante a Hesse), biblico e omiletico, tra gli altri. Ho spesso notato nelle traduzioni verso l’italiano una certa tendenza ad aulicizzare la lingua del testo poetico, anche quando piano o quotidiano. Come se, nell’orizzonte di attesa di cosa ‘suoni’ poetico, persistesse un modello linguistico ancora legato a stilemi romantici o ottocenteschi. Questa lingua poetica attardata, che privilegia inversioni aggettivo-nome, un lessico volutamente obsoleto, una sintassi artatamente complessa, sembra non considerare modelli che nel Novecento hanno invece sperimentato un dettato poetico, sia alto che basso, efficace senza automatismi desueti

Evanescenze e ricostruzioni

di Federica Niola autrice di Jazmina Barrera, Quaderno dei fari, Roma, La Nuova Frontiera, 2021 (da Cuaderno de faros, Ciudad de México, Tierra Adentro, 2017) | I fari piacciono a tutti, dice Barrera, non sono una passione originale. Ma questa collezione di fari, cominciata durante una gita al Yaquina Head Lighthouse (Oregon, USA), mentre la scrittrice leggeva To the Lighthouse di Virginia Woolf, era destinata fin dall’inizio ad assumere le forme di un’ossessione votata all’accumulo: edifici, riproduzioni di fari, mappe, ma anche storie delle torri e dei loro guardiani, dell’illuminazione, e naturalmente esperienze di lettura. Il risultato, a distanza di anni, è questa specie di camera delle meraviglie dei fari, che riunisce e riordina la collezione di Jazmina Barrera in una sorta di diario di viaggio diviso per fari visitati. Sotto i nomi dei fari che scandiscono i capitoli si susseguono e si intrecciano esperienze di «gite ai fari» fisici e letterari, fari del passato, descrizioni delle lanterne e del loro funzionamento, storie di guardiani, reali o immaginati, e soprattutto riflessioni che l’accumulazione di oggetti e di parole ha suscitato.

Gioco di specchi

di Paola Cantatore autrice di Tom Schamp, Il più folle e divertente libro illustrato del mondo di Otto, Modena, Franco Cosimo Panini, 2018 (da Het grootste en leukste beeldwoordenboek ter wereld, Tielt, Lannoo, 2016) | Tom Schamp non ti racconta una storia, Tom Schamp ti trasporta in un mondo. Lo fa così come fa il tornado quando trascina Dorothy nel Mondo di Oz. Un bambino lo riconosce, il mondo da lui inventato: ci entra con naturalezza, ci si acquatta dentro e lo esplora di gusto. Perché Tom Schamp gioca con le cose e le parole come molti bambini fanno. Entrare nello sguardo dell’autore, condividerne la prospettiva, andarsene a spasso per le pagine con lui, è come fare un giro al luna park. Un giro bizzarro, allegro, a volte spiazzante. Le sue tavole sono composte di moltissimi elementi, che si aggrovigliano, dialogando continuamente tra loro e con il nostro bagaglio culturale. Leggerle significa andare a caccia di particolari e spesso, per seguirne uno, finisci per sbattere contro un altro perdendo la direzione. Poi, però, capisci che la direzione non è mai stata importante. Riuscire a rendere dall’olandese la freschezza dei ribaltamenti, dei giochi di parole originali e a trasmettere tutto il genuino divertimento della loro interazione con il disegno: è stata questa la principale sfida della traduzione.

Giocare con le parole

di Camilla Pieretti autrice di Michael Rosen, Il libro dei giochi. 101 modi per divertirti di più nella vita, Milano, Il Saggiatore, 2020 (da Michael Rosen’s Book of Play, London, WellcomeCollection, 2019) | Tradurre Il libro dei giochi di Michael Rosen è stata una delle esperienze più divertenti della mia vita, ma anche una delle più impegnative. Con il suo stile arguto e irriverente, ironico e insieme profondo, l’autore si “prende gioco” (letteralmente) di qualunque cosa per spiegarci come giocare serva a imparare a essere più flessibili, a convivere con i cambiamenti, a riscrivere le regole per organizzarle in strutture nuove… nella vita di tutti giorni come, ovviamente, nella lingua! Il testo, una via di mezzo tra un saggio sulla creatività e una guida al gioco per grandi e piccini, include un intero capitolo dedicato ai giochi di parole, ma Rosen coglie ogni occasione per sfruttare appieno il potenziale del linguaggio, stravolgendo e reinventando morfologia, sintassi, semantica, fonetica e punteggiatura. Traducendolo ho capito, una volta di più, che la lingua è qualcosa di plastico e mutevole, e che parole e frasi sono come mattoncini di Lego con cui giocare, scomponendoli e ricomponendoli. Non solo: ho imparato a guardarmi attorno con occhi diversi, cercando in ogni cosa uno spunto nuovo, una nuova prospettiva, reinterpretando ciò che vedo (e sento) in chiavi diverse e non soltanto in quella più ovvia.

Salvare le ossa della traduzione

di Alberto Prunetti |

autore di D. Hunter, Chav. Solidarietà coatta, Roma, Edizioni Alegre, 2020 (da Chav Solidarity, 2018; Active Distribution, 2019)

Chav Solidarity di D. Hunter l’ho scoperto su Working Class Literature, un profilo twitter che diffonde contenuti sulla narrativa inglese della classe lavoratrice. Lo seguo con interesse per la mia collana editoriale dedicata alle scritture working class. Ho fatto qualche ricerca. Il libro era un’opera autoprodotta scritta da un coatto di mezz’età di Nottingham e parlava delle sue esperienze negli strati più bassi della catena alimentare del capitalismo, dove se l’era cavata con parecchie ammaccature vivendo in un’economia informale fatta di lavoro sessuale, spaccio e furti.

Alla vicina distanza

di Sara Ventroni |

autrice di Walt Whitman, Contengo moltitudini, Ponte alle Grazie, Milano, 2020 (da Leaves of grass, Deathbed Edition, https://whitmanarchive.org/published/LG/index.html)

Il titolo scelto per questo tascabile florilegio, Contengo moltitudini, è un omaggio alla natura incontenibilmente espansiva del poeta di Mannahatta (I am large, I contain moltitudes) ma anche il giocoso biglietto da visita dell’antologia: nello spazio ristretto di novantacinque pagine ho infatti cercato di offrire una selezione quanto più varia – le «moltitudini» di intonazioni e di umori – delle Leaves of Grass, l’opera che per trentasei lunghi anni cresce intorno all’esistenza di Walt Whitman come un’ostinata rampicante sempreverde.

Una voce femminista dalla Romania del passato

di Luisa Valmarin |

autrice di Sidonia Drăgușanu, La signora dagli occhiali neri, Roma, Elliot, 2020 (da Doamna cu ochelari negri, Nuvele, Timișoara, Hyperliteratura, 2017; I ediz.: București, Editurs pentru Literatură, 1974)

Quando mi è stato proposto il volume di novelle di Sidonia Drăgușanu, a convincermi non è stato solo il loro intrinseco valore letterario, ma anche il fatto che l’autrice è stata parte di un piccolo, ma vivace manipolo di scrittrici femministe capaci di far sentire la loro voce sonora e agguerrita in un ambiente non propriamente emancipato come la Romania degli anni quaranta prima e del periodo postbellico poi.

Il giusto peso della traduzione

di Ilaria Piperno |

autrice di Annelise Heurtier, La ragazza con le scarpe di tela, Roma, Gallucci, 2020 (da La fille d’avril, Bruxelles, Casterman 2018)

Uno degli insegnamenti dell’etica ebraica è quello di dare il giusto peso alle esperienze della vita: né troppo, né poco, la sfida è saper dare il peso giusto. Traducendo i libri di Annelise Heurtier mi è capitato di ripensare a questo concetto. Come tradurre una lingua dal peso così specifico, calibrato, nella quale la bilancia non pende mai verso un sentimentalismo scontato né verso una semplificazione eccessiva?

La Heimat del traduttore

di Giovanna Granato |

autrice di Nora Krug, Heimat, Torino, Einaudi Editore, 2019 (da Belonging, New York, Scribner, 2018)

Il mio studio è tappezzato di libri. Sulla parete sinistra, ad altezza d’occhio, ci sono tutte le traduzioni che ho fatto finora. Ogni volta che le guardo penso che ciascuno di quei libri, insieme alla sua storia, racconta qualcosa della mia.