Un caso editoriale: Giuseppe Ungaretti e Anabase di Saint-John Perse

QUANDO IL NOBEL CI METTE LA CODA

di Elisa Cattaneo

Tradurre è un’impresa da matti
Giuseppe Ungaretti

Ungaretti«A nessuna delle traduzioni qui raccolte, m’accinsi a caso» (Ungaretti 1936, in Ungaretti 2010, 19): è questo l’incipit con il quale Ungaretti apre il suo volume Traduzioni, una raccolta di versioni da Góngora, Essenin, Paulhan, Blake e Perse pubblicata nel 1936 dalla piccola casa editrice romana Novissima. Ungaretti, infatti, nel corso della sua lunga esistenza si è più volte, e con assiduità, confrontato con la pratica della traduzione poetica, attività rivelatasi imprescindibile e feconda per la genesi di Vita d’un uomo, l’insieme delle sue liriche. Anzi, Ungaretti, ancor prima che conosciuto e affermato poeta, è traduttore: risale già al periodo egiziano, precisamente al 1910, la versione dall’inglese di Silence, un breve racconto di Edgar Allan Poe, uscita sulle colonne del «Messaggero egiziano», il giornale della colonia italiana di Alessandria. Nel corso degli anni pubblica, spesso con anticipazioni in riviste oppure in edizioni di lusso a tiratura limitata, diversi volumi di traduzioni con testo a fronte dedicati ad autori stranieri nella celebre collana «Lo Specchio» della casa editrice Mondadori (alla quale si lega nel 1942): 40sonetti di Shakespeare (1946), Da Góngora e da Mallarmé (1948), Fedra di Jean Racine (1950) e Visioni di William Blake (1966). Grazie alla corrispondenza conservata nell’Archivio storico della casa editrice Mondadori, presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori di Milano, è possibile ricostruirne il percorso editoriale. In particolare, nel fondo Segreteria editoriale autori italiani si trova un fascicolo, intestato a «Giuseppe Ungaretti (Lerici)» e completamente riservato alla pubblicazione, o meglio alla mancata pubblicazione, della traduzione di Anabase di Saint-John Perse. A tale traduzione il poeta si era dedicato già nella seconda metà degli anni venti e l’aveva pubblicata una prima volta nel 1936, ma non era più ricomparsa quando il poeta, dopo la guerra, aveva ormai raggiunto una indiscutibile notorietà, pubblicando le sue opere presso la Mondadori.

Anabase, di Saint-John Perse, pseudonimo di Marie-Auguste-René-Alexis Leger, viene pubblicata nel 1924 a Parigi da Gallimard, in seguito all’uscita di alcune parti del poema prima sulla «Nouvelle Revue Française» nel mese di aprile del 1922 e in quello di gennaio del 1924, e successivamente, nel marzo dello stesso anno, su «Intentions».

Perse nasce nel 1886 nelle Antille Francesi da una famiglia di ceppo coloniale, che nel 1899 decide di fare ritorno in Francia; a Bordeaux nel 1904 si iscrive all’università per studiare diritto; sviluppa un forte interesse per la geologia, la medicina, la sociologia e le scienze politiche. Durante gli anni universitari allaccia i primi contatti con l’ambiente letterario francese, conosce Claudel, Gide, Valéry e Rivière, direttore della «Nouvelle Revue Française». Nel 1911 porta a termine il corso universitario di diritto e pubblica Éloges, la prima raccolta di poesie; decide quindi di intraprendere la carriera diplomatica partecipando a un concorso presso il ministero degli Affari esteri. Nel 1916 viene inviato in Cina in qualità di segretario della legazione francese a Pechino, dove rimane fino al 1921. Sembra che la composizione di Anabase possa risalire proprio al periodo trascorso in Oriente. Forse appartiene più alla leggenda che alla realtà la tradizione che vuole che la stesura essa sia avvenuta nel tempio taoista abbandonato di Tao-Yu, vicino al quale il poeta-diplomatico deve essersi concesso un periodo di riposo nell’estate del 1917 (cfr. Melchionda 2007, 8; e Pedone 2010, 61). Una volta tornato in Francia gli viene assegnato il ruolo, per il biennio 1925-1926, di direttore del gabinetto del ministro degli Esteri Briand, continuando a rivestire anche negli anni successivi importanti incarichi diplomatici.

Uomo, è certo, dai molti interessi, che una vita sola è inadatta a contenere, dalla cultura sterminata, fondata non solo sulla letteratura, sulla filosofia o sulla politica, ma anche umanisticamente sulla vastità delle scienze, dalla curiosità onnivora, cibata di dizionari, manuali di botanica e di ornitologia […] (Vezzali 2010, 7).

Ungaretti, ben inserito nell’ambiente francese degli anni venti del Novecento, non può certo non conoscere e ammirare una figura come quella di Perse; deve sentire in qualche modo una sorta di affinità di spirito con il poeta francese: i due sono quasi coetanei e nascono in un paese lontano da quello della famiglia d’origine (Ungaretti nel 1888 ad Alessandria d’Egitto). Sembra che “l’incontro letterario” tra Ungaretti e Anabase sia da ascrivere a Jean Paulhan, subentrato nel 1925 a Rivière come direttore della «Nouvelle Revue Française», della quale Ungaretti è collaboratore. Purtroppo non è possibile sostenere questa tesi con certezza, dato che le lettere scritte da Paulhan a Ungaretti dal 1921 al 1936 sono andate perdute, a eccezione di un paio di frammenti (cfr. Violante Picon 1998, 80). Sappiamo però, grazie a una missiva scritta da Ungaretti proprio all’amico Paulhan alla fine del mese di agosto del 1926, che il lavoro di traduzioneè già a buon punto: J’ai travaillé […] à la traduction de l’Anabase. J’en ai traduit une bonne moitié. Ce n’est encore qu’une traduction très littérale. J’espère terminer cette première traduction pour la fin du mois(Paulhan 1989, 84). Inizialmente il traduttore pensa quindi di poter concludere il lavoro in poco tempo ‒ proprio durante l’estate del 1926 ‒, ma il metro utilizzato, l’alessandrino, la mancanza di un’introduzione e la complessità del testo lo inducono a cambiare programma. Infatti ancora nella primavera del 1927 si vede costretto a declinare la proposta di Malaparte di pubblicare la traduzione nelle Edizioni della Voce (cfr. Paulhan 1989, 107) e poi ad aspettare fino al 1931 per inserirla nel secondo e ultimo numero della rivista «Fronte»:

tale differimento non fu certo dovuto alla mancanza di editori disposti ad accogliere il poema nelle loro collane ([…] nel carteggio con Paulhan vengono citati anche Casella, di Napoli, e Ribet di Torino); piuttosto è da ascriversi alle perplessità di Ungaretti circa l’esattezza della propria versione (Ungaretti 2010, 1319).

Ungaretti infatti desidera incontrare l’autore, per discutere di persona sulla resa in italiano di alcuni passaggi. Paulhan tenta di combinare un incontro, scrivendo a Perse, senza però riuscire a ottenere nulla: Cher ami, j’aurais voulu accompagner Giuseppe Ungaretti, qui vous demandera, pour nous, de vos nouvelles et qui désirerait fort vous parler de deux ou trois passages d’Anabase, qui le font hésiter (Perse-Paulhan 1991, 28). Ungaretti vorrebbe quindi avere la possibilità di incontrare Perse, non soltanto per discutere dei problemi legati alla traduzione, ma anche per cogliere l’occasione per confrontarsi con un collega per il quale prova una profonda stima, come si evince dalla breve introduzione che apre il volume Traduzioni, nel quale Anabase figura: «Sono lieto d’essere il traduttore di questo poema francese nella mia lingua. Non per le difficoltà superate, e non erano poche, ma perché St.-J. Perse è uno dei veri poeti d’oggi» (Ungaretti 1936, in Ungaretti 2010, 20). Si tratta di un’ammirazione costante, che si manifesterà anche negli anni successivi attraverso la lettura nel 1948 della traduzione di Anabase nel corso di una trasmissione radiofonica intitolata Il Teatrino dell’usignolo e con la pubblicazione nel 1950 in francese, su invito di Paulhan, dell’articolo Histoire d’une traduction (in italiano Saint-John Perse. Storia d’una traduzione, uscito il 13 maggio 1950 sul quotidiano «Il Popolo») per l’Hommage dedicato al poeta francese pubblicato nei «Cahiers de la Pléiade».

Un altro fattore che deve aver pesato sulla decisione di Ungaretti di affrontare l’opera di Perse risiede nella decisione dell’autore francese di vietare nel 1925 la ristampa delle sue opere in Francia: Anabase, almeno inizialmente,gode quindi di una maggiore diffusione grazie alle traduzioni che vengono approntate in quegli anni e Ungaretti non vuole certo perdere un’opportunità così importante, accostando il proprio nome a quello di Perse.

La prima traduzione è quella in russo, di Georgij Adamovič e Georgij Ivanov, pubblicata a Parigi nel 1926 dalla casa editrice degli emigrés Povolockogo con una prefazione di Valéry Larbaud; successivamente escono a Londra nel 1930 quella in inglese a opera di T.S. Eliot, in Messico l’anno successivo quella spagnola a cura di Octavio Barreda, nel 1932 una in romeno curata da Ion Pillat; quella in tedesco, dovuta a Walter Benjamin e Bernard Groethuysen, vede la luce soltanto dopo la loro morte, nel 1950.

La traduzione di Anabase rappresenta la prima traduzione ungarettiana di un’opera completa, seppur non particolarmente lunga (cfr. Violante Picon 1998, 79): infatti Ungaretti, con l’eccezione della Fedra di Racine, è solito dedicare la propria attenzione a una selezione di testi da tradurre (esemplare il caso dei 40 sonetti di Shakespeare, là dove il poeta sceglie di confrontarsi solo con una porzione delle 154 liriche che compongono il corpus originale).

Nonostante l’impegno e l’attenzione che Ungaretti dedica ad Anabase, risulta difficile comprendere quale sia il motivo per il quale non siano presenti fino all’inizio degli anni sessanta riferimenti all’opera di Perse nel carteggio con la casa editrice Mondadori, alla quale è legato, come s’è detto, dal 1942. Forse il progetto, più volte citato nella corrispondenza con gli editori ma mai realizzato, di raccogliere in un unico volume tutte le traduzioni, ha fatto sì che Ungaretti non desiderasse dedicare ad Anabase un volume dello «Specchio». Questa traduzione uscirà in un volume autonomo soltanto nel 1967 in edizione di lusso presso la casa editrice Le Rame di Verona, accompagnata dalla versione in inglese di Eliot e dalle illustrazioni di Miguel Berrocal.

Se il percorso che ha portato Ungaretti a scegliere di tradurre Anabase e la genesi della stessa traduzione non è precisamente ricostruibile, è però possibile ricostruire la vicenda editoriale dell’opera, o meglio la sua mancata pubblicazione. Infatti, grazie alla corrispondenza, si ha l’opportunità di studiare la querelle sviluppatasi con l’editore Lerici all’inizio del 1960.

Roberto Lerici, direttore dell’omonima casa editrice milanese, ha in programma di pubblicare l’opera completa di Perse tradotta da Romeo Lucchese, a eccezione di Anabase, che vorrebbe figurasse nella traduzione, già esistente, di Ungaretti. Lerici, confidando nel rapporto d’amicizia tra il poeta e Lucchese, il 25 febbraio 1960 propone a Vittorio Sereni, direttore letterario della Mondadori, uno scambio: la traduzione ungarettiana in cambio della possibilità di pubblicarla, per un’ipotetica e futura edizione nello «Specchio» con il testo originale, di cui lui detiene i diritti, a fronte, come sarebbe preferibile.

Sereni, per lo meno in principio, non si mostra particolarmente favorevole all’idea di cedere una parte della produzione ungarettiana a un altro editore. Le logiche editoriali lo portano però a rilanciare, offrendo a Lerici, l’8 marzo, l’autorizzazione per una tiratura limitata di 3000 esemplari, più un tornaconto economico, in cambio della possibilità di inserire negli anni successivi nella «Biblioteca moderna Mondadori» l’opera dello spagnolo Antonio Machado, della quale Lerici detiene i diritti. Quindi, in attesa della risposta che tarda ad arrivare, il 25 marzo avvisa Ungaretti della richiesta di Lerici: egli sa benissimo che Mondadori non può vantare in realtà alcun diritto sull’Anabasi ungarettiana ed espone quindi la controproposta relativa a Machado inviata a Lerici, facendo leva sull’«impegno morale» che lega in modo indissolubile Ungaretti alla casa editrice. Questo accenno all’«impegno morale», ovvero quel rapporto, non contrattuale ma di stima e di fiducia, che si sviluppa tra l’autore e la casa editrice rivela la schiettezza che intercorre tra il poeta e Sereni, d’altronde poeta lui stesso e non di poco conto. La replica di Ungaretti, il 28, esprime infatti totale lealtà all’editore: «tutto quello che scrivo, se raccolto in volume, sia mie traduzioni, sia prosa, sia poesia, ho il dovere di darlo a Mondadori, e Mondadori quello di stampare alle condizioni di contratto». Il poeta non ha quindi nessuna intenzione di esimersi dal «dovere» di pubblicare con la Mondadori, anzi accenna persino all’ambizioso progetto di raccogliere tutte le traduzioni in un unico volume, all’interno del quale Anabasi deve assolutamente figurare: «Potete cedere, se vi pare, a Lerici l’Anabasi, con la riserva che, a tempo debito, verso la fine dell’anno, spero, uscirà anche nel volume completo delle mie poesie». Sono giorni concitati e le lettere si susseguono a brevissima distanza; tre giorni dopo Ungaretti ribadisce nuovamente a Sereni, a scanso di ogni equivoco, che Novissima non ha alcun diritto in merito a un’edizione stampata in soli 1186 esemplari esaurita da tempo:

Mondadori ha un contratto generale: diritti su quanto pubblico in volume, e per contratto particolare ha i diritti, già riconosciutigli in contratto generale, per il volume che conterrà tutta la mia opera poetica, comprese le traduzioni, e, naturalmente in quel volume, la mia traduzione di Perse non potrà mancare […].

Il direttore letterario della Mondadori il 31 marzo informa Lerici delle intenzioni di Ungaretti.

Se la traduzione dell’opera completa di Perse fosse stata affidata da Lerici a una persona diversa dall’amico Romeo Lucchese, probabilmente Ungaretti non si sarebbe posto ulteriori scrupoli e avrebbe declinato personalmente l’offerta, benché nel contratto con Mondadori non ci sia alcun accenno a un’eventuale pubblicazione di Anabasi. Sono infatti proprio l’affetto e la stima per l’amico Lucchese a spingerlo a chiedere il 3 aprile a Sereni di risolvere la questione. Ungaretti ha realmente il timore di poter fare un torto a Lucchese, ma al tempo stesso non vuole rinunciare a includere la traduzione nel volume progettato già da molti anni. Sereni, scrivendogli l’8 aprile, cerca quindi di tranquillizzarlo e al tempo stesso si mostra fermo nell’idea dello scambio con i diritti sul poeta spagnolo, da inserire nella «Biblioteca Moderna Mondadori». Una volta proposto a Lerici lo scambio, Sereni sa benissimo di aver fatto ciò che era necessario ai fini dell’esito positivo della contrattazione; attende perciò una risposta dalla controparte, risposta che Lerici tarda a inviare fino al 28 aprile ma che è chiarissima:

Sapevamo benissimo che i diritti appartenevano alla Casa Editrice Novissima, e quindi all’autore, ed è stato per delicatezza da parte mia chiedere direttamente a voi, sapendo che Ungaretti è comunque un Vostro autore.
La proposta di scambio fra il testo originale e la traduzione di Ungaretti mi sembra equa […]. Nel caso vostro invece si sarebbe trattato, immagino, di un volume a parte con il testo a fronte, del tipo di Góngora e dei Sonetti di Shakespeare. Ma forse mi sono sbagliato e intendete pubblicare l’Anabasi soltanto in italiano, nel qual caso la proposta cadrebbe.
Mi sembra del tutto sproporzionato uno scambio con Machado, che non ho intenzione di cedere.

Lerici fa intendere che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto riservare un trattamento meno cordiale, contattando direttamente l’autore, dato che la Mondadori non può vantare diritti sull’opera, mentre lui detiene quelli italiani per il testo originale, indispensabili per la pubblicazione di qualsiasi traduzione con testo a fronte, come di regola avveniva nel caso delle versioni di Ungaretti già pubblicate nello «Specchio». A stretto giro di posta, il 2 maggio 1960, Sereni però ribatte che a Ungaretti non interessa un tomo isolato per Perse, ma preferisce che, con o senza il testo originale, Anabasi entri a far parte del volume dedicato alle traduzioni.

Ungaretti bisEgli quindi, una quindicina di giorni dopo, il 17, propone un trattamento vantaggioso e simile a quello offerto a molti altri concorrenti, lasciando la decisione definitiva nelle mani di Lerici, il quale chiede di poter portare a termine la mediazione con un incontro vis-à-vis. Dalla corrispondenza non è possibile sapere se il colloquio si sia realmente svolto; ciò che è certo è che alla fine dell’estate del 1960 la trattativa è in fase di stallo, anzi forse addirittura naufragata. Ma una notizia improvvisa, giunta dalla Svezia il 26 ottobre, concorre a riaccendere nuovamente l’attenzione su Anabase: «At [sic] seguito assegnazione a Saint-John Perse Premio Nobel preghiamoti vivamente non cedere diritti tua traduzione Anabasi ad altro editore Stop Segue espresso Grazie», telegrafa immediatamente Sereni a Ungaretti. L’assegnazione del premio Nobel cambia decisamente la situazione, e non solo per l’editore: lo stesso Ungaretti non vuole lasciarsi scappare un’occasione così importante, e infatti invia immediatamente il proprio consenso con lo stesso mezzo urgente: «Pubblicare subito Anabasi Perse Specchio con mia prestazione [sic] che manderò».

Anabasi, per volere del poeta, ora merita di essere inclusa nello «Specchio»: è quindi degna di ricevere il medesimo trattamento riservato ai 40 sonetti, a Góngora e Mallarmé e alla Fedra. Sereni, beneficiando del completo appoggio del poeta, gli ricorda che la contrattazione è ferma da tempo e il giorno dopo prepara l’amico al prevedibile contrattacco di Lerici:

Suppongo che Lerici tornerà ora alla carica per ottenere appunto la tua traduzione […]. Per quanto ne so, Lerici ha diritti sull’intera opera di Saint-John Perse, ma non sulla tua traduzione dell’Anabasi. Se insisteranno per averla, ti prego di girare a noi la richiesta. In questo caso, noi potremmo proporre di cedere la tua traduzione nel volume completo, a patto che Lerici ci autorizzi a pubblicare la sola Anabasi nella tua traduzione in un volume dello Specchio. Spero che tutto sia chiaro, e naturalmente mi raccomando a te.

L’ipotesi dello scambio con l’opera di Machado viene così lasciata cadere: ha molto più valore riuscire a pubblicare un nuovo volumetto dello «Specchio» per sfruttare l’ondata di popolarità dell’autore francese. Inoltre è la stessa casa editrice, per tramite di Sereni, a farsi carico degli eventuali problemi legati alla trattativa. Non ve n’è traccia scritta, ma da un lettera di Ungaretti dello stesso 27 ottobre, che incrocia quella testé citata di Sereni, pare che gli editori abbiano nel frattempo raggiunto un accordo, e che lo stesso poeta sia disposto a “cedere” la propria traduzione in cambio di un compenso pari a un milione di lire (una cifra enorme, per l’epoca), aggiungendo:

N.B.Sono uno dei quattro matti che hanno inventato Perse. Ho qualche diritto! Il Signor Lerici può aver comprato i diritti a fare tradurre le opere di Perse, e potrà fare tradurre anche l’Anabasi da chi gli pare; ma io, precedentemente e per diritto concesso l’avevo tradotta e pubblicata e questo mio diritto, e la facoltà di farne uso quando ancora voglio, nessuno ha il diritto di togliermelo. Hanno forse tolto a Eliot il diritto di pubblicare la sua traduzione dell’Anabasi ‒ perché la traduzione completa è d’un altro?.

Sembra che Lerici abbia deciso di inserire nella raccolta curata da Lucchese la traduzione del poema senza il consenso di Ungaretti, provocando la prevedibile reazione da parte del poeta, il quale arriva a chiedere un corrispettivo economico spropositato per autorizzare la completezza delle opere complete dell’autore francese. Si sente davvero investito di questo «diritto letterario», è consapevole di essere stato tra i primi a scoprire e a far conoscere Perse e paragona la propria situazione a quella di Eliot, il quale, non essendosi cimentato nella trasposizione dell’intera produzione del poeta francese, continua però a potersi vantare, a trent’anni di distanza, della versione di Anabase. Dopo essersi quindi sfogato con Sereni, il 29 ottobre spedisce una lettera dai toni perentori a Roberto Lerici, ribadendo ancora una volta la ferma decisione di pubblicare Anabasi per i tipi mondadoriani. Sapendo di poter sempre fare affidamento sull’appoggio della Mondadori, si mostra, oltre che determinato a rivendicare i propri meriti, orgoglioso delle proprie fatiche di traduttore ‒ «una mia traduzione fa parte delle mie opere» ‒ e consapevole dell’importanza delle traduzioni all’interno della sua opera complessiva.

Al termine di tre giorni di agitate corrispondenze triangolari Ungaretti pare essere riuscito a raggiungere un compromesso di cui informa telegraficamente Sereni il 31 ottobre. Grazie alla mediazione di Lucchese il 2 novembre si giunge finalmente alla conclusione. Le condizioni sono vantaggiose sia per il poeta che per l’editore: Lerici sarebbe d’accordo nel permettere l’edizione nello «Specchio» in seguito all’uscita del secondo tomo delle opere di Perse, riservando all’autore un indennizzo per la mancata pubblicazione immediata per i tipi della Mondadori e lasciando a Sereni la possibilità di contrattare il corrispettivo per la casa editrice. Sono quindi motivi economici, oltre che personali, a porre fine alla querelle, e dato che il traduttore appare soddisfatto, l’8 novembre Sereni non può far altro che rassegnarsi a contattare Lerici:

Resterebbe tuttavia inteso che noi potremo sempre utilizzare la traduzione di Giuseppe Ungaretti dell’Anabasi di Saint-John Perse in un volume che a questa traduzione unisca altre traduzioni di Ungaretti da poeti francesi contemporanei, e successivamente nel volume di tutte le opere poetiche e traduzioni poetiche di Ungaretti in preparazione per la nostra collezione dei Classici Contemporanei Italiani.

Sembra che Sereni sia finalmente riuscito a portare a termine la lunga trattativa, con risultati vantaggiosi per tutte le parti: Ungaretti riceverà un buon compenso economico ‒ seppur dimezzato rispetto alle iniziali pretese ̶ e Lerici potrà vantare nel catalogo Anabase nella versione ungarettiana. Quanto alla Mondadori, abbandonata la richiesta per le poesie di Machado, propone altri due scrittori da “scambiare”: Hart Crane e Jorge Guillén, che potrebbero essere inclusi nei piani editoriali negli anni a venire. Ovviamente il dettaglio sul quale Sereni non ha alcuna intenzione di discutere è la possibilità di inserire la composizione di Perse nel catalogo. Una volta chiarita la situazione con Lerici, il 16 novembre avvisa Ungaretti che, dopo questa estenuante contrattazione, può finalmente dirsi soddisfatto: «Ti ringrazio. Ora le cose con Lerici sono regolari», gli scrive in una lettera che è conservata in un altro fascicolo intestato a Ungaretti, il quale si trova nel fondo Alberto Mondadori presso lo stesso Archivio.

Con questa lettera la «storia» di questa traduzione contesa, che nonostante le prolungate e intense trattative non vedrà comunque la pubblicazione per Mondadori in un volume autonomo, è da considerarsi conclusa. Il carteggio conservato nei due fascicoli dell’archivio mondadoriano riporta soltanto brevi accenni, alla fine del 1960, relativi al lancio pubblicitario da parte di Lerici, nel quale è menzionato soltanto il nome di Lucchese, e, all’inizio del 1961, circa il pagamento pattuito.

Pochi giorni dopo, sul primo numero del nuovo inserto «Libri» del quotidiano romano «Paese Sera», è lo stesso Ungaretti, col palese intento non solo di rivendicare i propri meriti di pioniere nei confronti del neo premio Nobel ma anche di attirare l’attenzione sulla prossima uscita della sua traduzione nell’ambito dell’opera completa pubblicata da Lerici, a ripercorrerne la storia, rielaborando quanto aveva già scritto sulla rivista «Fronte» nel 1931 e per l’Hommage della «Pléiade» nel 1950.

«Fronte» era una rivista messa insieme da Mazzacurati, Mafai, Diemoz, e da Scipione, il giovane pittore scomparso purtroppo in quegli anni, forse il nostro maggiore pittore moderno. Ricordo quella rivista perché segna per noi un momento notevole: nelle sue pagine artisti e scrittori italiani di varie generazioni avevamo trovato un punto di accordo nelle nostre ricerche d’espressione poetica. Il testo di Anabasi divenutoci per la mia traduzione familiare, era una conferma sorprendente delle persuasioni che avevano portato ad incontrarci (Ungaretti 1960, 1).

La vicenda che abbiamo ricostruita, al di là degli aspetti contrattuali, mostra tuttavia la forte consapevolezza che Ungaretti aveva dell’importanza del suo lavoro di traduttore quale parte integrante della propria opera. Egli ribadisce più volte questo concetto nel corso degli anni, ma lo rende esplicito pubblicamente in un’intervista rilasciata già nel 1951 a Luigi De Nardis per la «Fiera letteraria»:

Perché si traduce? Posso dir[e] perché io ho tradotto: non per bisogno materiale. Voglio dire, non per necessità di danaro, come tanti fanno. Ho fatto traduzioni per arricchirmi spiritualmente, per studiare il mestiere e la lingua di un altro poeta; per sentire meglio un altro spirito, sentirlo più vicino (De Nardis 1951, 3).

Nonostante tutte le difficoltà intimamente connesse al lavoro del traduttore, Ungaretti vive ogni traduzione, compresa ovviamente quella di Anabase, come momento di arricchimento e di crescita, come l’attimo in cui rubare e impadronirsi del «mestiere e [del]la lingua di un altro poeta», per proseguire quindi il proprio percorso di crescita e di formazione: insomma, per citare forse la miglior definizione che lo stesso poeta utilizza, «per fare opera originale di poesia» (Introduzione alla canzone «Alla primavera». Criteri nell’interpretare poesia, pubblicato postumo in Ungaretti 2000, p. 912).

Ringraziamento

Un grazie particolare alla professoressa Anna Battaglia per i suoi preziosi suggerimenti.

Bibliografia

De Nardis 1951: Luigi De Nardis, Inchiesta sulle traduzioni. Risposta di Giuseppe Ungaretti: la traduzione è sempre una poesia inferiore, in «La Fiera Letteraria», VI (1951)

Melchionda 2007: Mario Melchionda, Una costellazione plurilingue, Padova, Unipress

Paulhan 1989:Jean Paulhan, Correspondance Jean Paulhan-Giuseppe Ungaretti, 1921-1968, édition établie et annotée par Jean Paulhan, Luciano Rebay et Jean-Charles Vegliante. Préface de Luciano Rebay, Paris, Gallimard

Pedone 2010: Rossella Pedone, Nota del traduttore, in SaintJohn Perse, Anabasi, a cura di Maria Luisa Vezzali, traduzione di Rossella Pedone, Rimini, Raffaelli editore

Perse-Paulhan 1991: Saint-John Perse-Jean Paulhan, Correspondance 1925-1966, édition établie, présentée et annotée par Joëlle Gardes-Tamine, Cahiers Saint-John Perse, n. 10, Paris, Gallimard

Ungaretti  2000: Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di Paola Montefoschi, Milano, Mondadori

Ungaretti 1936: Giuseppe Ungaretti, Traduzioni. St.-J. Perse, William Blake, Góngora, Essenin, Jean Paulhan, Affrica, Roma, Novissima

Ungaretti 1960 : Ungaretti parla di Saint-John Perse, in «Paese Sera-Libri», 18 novembre 1960

Ungaretti 1974 : Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e Luciano Rebay, Milano, Mondadori

Ungaretti 2010 : Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo. Traduzioni poetiche, a cura di Carlo Ossola e Giulia Radin, Milano, Mondadori

Vezzali 2010: Maria Luisa Vezzali, Saint-John Perse, o l’allegria dell’esilio, introduzione a SaintJohn Perse, Anabasi, a cura di Maria Luisa Vezzali, traduzione di Rossella Pedone, Rimini, Raffaelli editore

Violante Picon 1998: Isabel Violante Picon, «Une œuvre originale de poésie». Giuseppe Ungaretti traducteur, Paris, Presses de l’Université de Paris-Sorbonne