Dalla tana alla luna

UNA TRADUTTRICE ITALIANA INVITATA IN TEXAS

di Cristiana Mennella

Mennella 2Sì, sparata come un proiettile nello spazio. Direttamente dalla mia tana, quella che lascio raramente e malvolentieri.

È arrivato da Santa Fe: l’invito a trascorrere un periodo di lavoro a Marfa, in Texas, residenza per scrittori, giornalisti, attivisti e traduttori, finanziata dalla Lannan Foundation.

Mi ero ripromessa di tenere un diario di questa esperienza, ma non ci sono riuscita. Ho dovuto lavorare così tanto a una traduzione e su me stessa che proprio non ce la facevo a produrmi in un altro esercizio di disciplina. Preferivo andarmene in palestra. E così ho deciso di raccontare come è andata per istantanee. In fondo la memoria più che registrare, fotografa immagini attraverso l’occhio e il cervello poi realizza il filmato. Il montaggio lo propongo adesso, a posteriori.

Prologo

Incontro George Saunders, autore che traduco dai suoi esordi, in due o tre occasioni in Italia e, fra le altre cose, mi parla, anzi mi decanta, la Lannan Foundation. Mi spiega che è un posto ideale per lavorare e cambiare aria e che la fondazione è assai generosa. Per curiosità, vado a visitare il sito e apprendo subito che non è una residenza dove si può accedere facendo domanda, l’invito deve partire da loro. Quindi il primo istinto è desistere. Scorro anche i nomi dei cosiddetti past residents, fra gli altri: David Foster Wallace, Rick Moody, Robert Creeley, Alan Gurganus, Colson Whitehead, Philipp Meyer (un autore che ho tradotto) – e mi spavento. Leggo i nomi dei traduttori ospitati: neanche mezzo traduttore straniero, tutti rigorosamente statunitensi. Morale della favola: non è per me, troppi ostacoli insormontabili, non ultima la mia “sprovvedutezza mondana”.

Passa un po’ di tempo. Sto traducendo Tenth of December (Dieci dicembre) di Saunders per minimu fax e l’argomento Lannan riciccia durante uno scambio di mail con l’autore. Gli dico che andarci sarebbe un sogno ma di quelli impossibili. E lui, per tutta risposta: proviamo, in fondo non costa niente.

La faccio breve. Dopo un po’ mi arriva una mail dalla Lannan Foundation:

Dear Ms. Mennella,
Greetings from New Mexico. George Saunders mentioned you would be interested in Lannan Foundation’s residency program in Marfa, Texas, in order to spend more time in the US and perfect your American English. We would, therefore, like to invite you to Marfa.

Ovviamente sono felice e in preda al panico, comincio a compenetrarmi con l’idea di stare lontana da casa quasi due mesi (lo so, è patetico, però ormai ho fatto pace con questa realtà: i cambiamenti, soprattutto le vigilie dei cambiamenti, sono la mia bestia nera). Il tempo passa in fretta ed ecco che arriva la data della partenza.

Il viaggio

Ho la febbre alta, mi bombardo di antibiotici, mi faccio coraggio e parto. Dieci ore di volo fino a Denver. L’indomani altre tre ore da Denver a El Paso (con volo spostato e riprogrammato non so quante volte). Dopodiché El Paso-Marfa in macchina (che caspita gli racconti per tre, dico treore, alla persona che hanno mandato a prenderti all’aeroporto?).

La luna

Non sono mai stata in una residenza per scrittori e l’impatto con Marfa è siderale. Sarà che sono ancora sotto antibiotici, ma mi sembra tutto così alieno, diverso, deserto. La luna, appunto.

<blockquote> Con te non si poteva fare altrimenti – mi dice Doug, che si occupa dei residents a Marfa – ma preferiamo comunque andare noi a prendere gli ospiti perché così possiamo prepararli psicologicamente. Quando arrivano qui in macchina da soli, magari anche di sera, restano un po’ disorientati</blockquote>.

E un po’ mi consolo perché penso che in fondo non sono l’unica a soffrire di spaesamento acuto e un po’ mi angoscio ulteriormente perché penso che su di me l’effetto sarà doppio. La casa è bella, comoda, enorme, piena di libri e di grandi finestre. Ho un giardino e addirittura un backyard studio. Non lo userò mai, per timore di incontrare un tacchino selvatico, superstite di un branco che terrorizzava il vicinato. Pare che negli ultimi tempi si fosse fissato con le vetrate scorrevoli dello studio. Passava ore a specchiarsi e la persona che mi ha preceduto faceva delle sortite armata di bastone (bastone che trovo in casa, gentilmente fornito dalla fondazione: in legno di non so quale albero, dipinto a tinte vivaci). Userò, senza alcun rimpianto, la magnifica scrivania superattrezzata messa a mia disposizione all’interno della casa, circondata da quadri e foto d’autore.

Dei corpi lanciati nello spazio da una forza d’impulso e poi abbandonati a se stessi

Marfa è in Texas, sud-ovest, in pratica al confine col Messico. Ciudad Juarez è vicinissima. Capisco al volo che sarà un’esperienza piuttosto dura, perché gli altri tre residenti (due poeti e un autore di racconti, successivamente si aggiungerà una giovane autrice di non fiction) sono ognuno in una casa diversa a lavorare ai loro progetti e si socializza molto meno rispetto a quello che si narra delle altre residenze. Sono distantissima da tutto, la prima cittadina più popolosa (5000 abitanti, dove fanno anche il pane fresco – a Marfa no) si trova a 25 miglia di distanza. Insomma, spazi sconfinati. Per rendere l’idea: qui hanno girato il Gigante, con James Dean e Liz Taylor, magari avete presente il Reata Ranch… Ma no, forse i più giovani hanno presente Chigur/Javier Bardem, che fa la sua prima vittima col fucile a pompa sul ciglio di una strada (la scena è stata girata a Marfa e il personaggio che ci lascia le penne è interpretato dal direttore della banca locale) in Non è un paese per vecchi dei fratelli Cohen. Stare sola mi piace ma la solitudine coatta mi atterrisce, soprattutto su un altro pianeta. Qui è solo silenzio, uccellini che gorgheggiano, strade vuote sotto il coperchio di un cielo immenso, e un chilometrico, inquietante treno merci che attraversa Marfa strombazzando a tutte le ore – anche a notte fonda.

Rituali

Mi impongo dei rituali: quello che definirei più prosaicamente tran tran, se stessi a casa mia. Mattina sveglia non tanto presto, chiacchiere su skype con famiglia e amici, poi al lavoro. Devo finire di tradurre una trilogia, rivedere una mia vecchia traduzione di Saunders, tradurre un suo racconto inedito e una prefazione. Il da fare non mi manca. La fondazione ti invita e ti mette nelle condizioni migliori per lavorare, ma al termine del soggiorno dovrò scrivere un resoconto sul lavoro che sono riuscita a portare avanti con il loro contributo. Per cui fondamentalmente traduco, traduco, traduco. Vado in palestra o bicicletta, faccio la spesa, torno a casa e mi rimetto alla scrivania. Mi sono costruita un’altra tana, uguale ma diversa. Il tempo scorre più veloce, mi sento più in pace.

Vita sociale

Il mio altro lavoro qui, oltre la traduzione. Come ho detto, di vita sociale se ne fa col contagocce, a intervalli rigorosamente scanditi. La sera stessa del mio arrivo mi attende un cosiddetto meet and greet. Una cena di benvenuto insieme agli altri residenti e ad altri esponenti della comunità artistico-letteraria di Marfa. Sono praticamente uno zombie e non so cosa mi esce di bocca. Io in certi frangenti: «davanti a chiunque rivivo gli attimi di uno scolaro all’esame» (cito Gadda che secondo me ha sempre la parola giusta per tutto). Passa una settimana e assisto al reading di uno dei due poeti ospiti della fondazione, presso la Marfa Book Company, una bellissima libreria-galleria d’arte dove si svolgono, fra gli altri, anche eventi a cura della Lannan Foundation. Sono ancora sconvolta dal viaggio, dal paesaggio, dalla solitudine, però voglio sfruttare il più possibile questa esperienza. Per cui appena Will, l’autore di racconti, accenna a una gita che vorrebbe fare all’osservatorio McDonald di Fort Davis, lo supplico – non c’è altra definizione – di portarmi con lui (You are shameless, è il commento di Rodney, il poeta col southern drawl che assiste divertito alla scena). Lo stesso accadrà con Albert, che insieme a sua moglie mi porterà a visitare il Big Bend National Park, dove riconoscerò le piante, i fiori e gli animali che popolavano The Son (Il figlio), un romanzo di Mayer che ho tradotto l’anno scorso per Einaudi, ambientato proprio in quei luoghi. Seguiranno cene a base di pastasciutta cucinata a mestiere dalla sottoscritta per sdebitarsi e interessanti chiacchierate sui congegni e la pratica della traduzione (my work starts when yours is done, è la frase che uso spesso per descriverla in breve: il mio lavoro comincia quando il tuo è finito).

Stage fright

Raramente parlo in pubblico di Traduzione, c’è chi sa farlo assai meglio di me. Posso solo raccontare il lavoro concreto e quando capita lo faccio durante un laboratorio, con un testo sottomano. A Marfa dovrò tenere una presentation presso la libreria già citata, preceduta da un’intervista alla radio. Già questo basta a mettermi ansia, ma finché questi due impegni fatidici sono lontani (sono previsti alla fine del mio soggiorno) allontano anche il pensiero. Poi, mentre si avvicina la mia due giorni di passione (l’intervista durerà mezz’ora senza pubblicità e la presentation sarà un excursus sul mio lavoro, metodi e aneddoti compresi), scopro che anche gli altri residents, assai più navigati di me, nel momento cruciale sono nervosi, ci tengono molto a fare bella figura, non si sentono sicuri! Vi risparmio i miei patemi e vi racconto l’epilogo: la presentation andrà bene, il pubblico si rivelerà curiosissimo – per loro ero un po’ esotica – e al termine della mia «disquisizione» mi tempesterà di domande per mezz’ora, intelligenti, sinceramente interessate, da cui dedurrò con gioia che mi hanno ascoltato senza annoiarsi. Soprattutto si divertiranno molto ad ascoltare Saunders in originale e in italiano, restando affascinati dalle differenze e le somiglianze, dai suoni, dal ritmo.

Per altri traduttori partire, viaggiare può essere entusiasmante, imprescindibile, addirittura scontato, per me invece è sempre un po’ complicato. Ma ora, a ripensarci, mi accorgo che spesso mi trovo a fare cose che non sono pronta a fare: in fondo è così che si cresce – anche da grandi. È un modo per imparare. Io me ne starei tranquilla alla scrivania, a tradurre, e pace. Però può succedere che qualcuno riesca a stanarti con una proposta, un invito che non si può rifiutare.