La prima scuola che insegnò a tradurre letteratura

LA «SCUOLA DI MAGDA OLIVETTI»

di Giulia Baselica

Il Palazzo del Lavoro, Torino

In una minuscola porzione ritagliata nei 22.500 metri quadrati dell’enorme padiglione quadrangolare torinese che porta il nome di Palazzo del Lavoro, ripartita in otto locali – cinque aule di piccole dimensioni, un’aula magna, due uffici – il 31 agosto 1992 aveva inizio il primo semestre di lezioni della prima scuola italiana di traduzione letteraria.

L’idea e la realizzazione della Setl (Scuola europea di traduzione letteraria) si deve a una traduttrice letteraria con una formazione scientifica in fisica teorica e appartenente a una delle più illustri dinastie della storia dell’imprenditoria italiana: Magda Olivetti. Autrice di traduzioni dalla lingua tedesca di opere di Ingeborg Bachmann, Thomas Bernard, Franz Kafka e Joseph Zoderer e insignita di due premi per la traduzione (Premio Grinzane Cavour 1988; Premio nazionale della Presidenza della Repubblica italiana 2009), Magda Olivetti era molto consapevole della necessità di indurre l’editoria, le istituzioni universitarie, gli esponenti del mondo culturale – a cominciare dai giornalisti per finire con i traduttori stessi – a considerare molto seriamente il ruolo, la condizione giuridica ed economica e, soprattutto, il futuro della figura del traduttore: «il bravo traduttore letterario appartiene ormai a una razza in rapida estinzione. I vecchi grandi traduttori si stanno spegnendo anche nell’entusiasmo, logorati da una vita di fatiche mai veramente riconosciute. I giovani, salvo rarissime eccezioni, sono degli improvvisatori. E sempre degli autodidatti» (Olivetti 1992). Ma, avvertiva, altrettanto fortemente, anche l’esigenza di agire, di contribuire a colmare una mancanza, a sua volta ragione di una domanda e di conseguenti riflessioni: «Dove sono questi giovani traduttori letterari del vicinissimo futuro? Occorre un minimo di formazione. E la formazione di un traduttore letterario è un fatto assai complesso. Prima di tutto il traduttore letterario deve saper scrivere in italiano e deve leggere, leggere moltissimo. Deve avere una conoscenza approfondita dei meccanismi profondi della lingua, deve avere una salda cultura generale» (Olivetti 1992). L’oggetto della scommessa cartesiana di Magda Olivetti era dunque proprio la formazione del traduttore letterario, e otto anni dopo, quando la Setl aveva ormai ampiamente verificato l’efficacia della propria formula, il dibattito era ancora aperto:

Su tre giudizi siamo, credo, tutti d’accordo, a proposito di traduzione letteraria: sulla sua importanza, non solo editoriale (come è stato detto giustamente, è la forma più alta di comunicazione culturale tra i Paesi), la sua difficoltà e il fatto che in Italia è pagata poco. Su un quarto punto, invece, probabilmente ci divideremo: sulla sua insegnabilità. Molti sono convinti che soltanto la pratica, la sensibilità e un impegno individuale che pochi sono disposti ad affrontare possano formare un traduttore letterario. Magda Olivetti, invece, è convinta che si possa insegnare a tradurre letteratura (Casalegno 2000)

L’insegnabilità indicata da Casalegno era dunque il presupposto dell’idea, che divenne progetto e poi attuazione:

A questo fine sta nascendo in questi giorni a Torino […] la Scuola europea di traduzione letteraria […] promossa per iniziativa del Salone del Libro e della Regione Piemonte. Grazie ai contributi CEE è completamente gratuita, aperta a tutta Italia. Nasce con il patrocinio dell’Università degli studi di Torino (vi insegneranno molti suoi illustri docenti), sotto gli auspici del ministero per i Beni bulturali, Divisione editoria (Olivetti 1992).

Il corso, biennale, al quale si accedeva con il superamento di due prove scritte (una traduzione di carattere letterario e un componimento in lingua italiana) e di un colloquio orale, si articolava in due semestri brevi (settembre-dicembre 1992; settembre-dicembre 1993) e le lezioni si svolgevano dal lunedì al venerdì, la mattina e il pomeriggio. Ai laboratori di traduzione (dalle lingue inglese, francese, tedesco, spagnolo e russo) – condotti per lo più da noti traduttori, come Ottavio Fatica, Giuseppe Guglielmi, la stessa Magda Olivetti, Angelo Morino e Ljiljana Avirović – si alternavano lezioni (rivolte a tutti i corsi riuniti in una stessa aula), che duravano l’intera giornata, di letteratura italiana (con un approccio di carattere marcatamente comparatista e transdisciplinare), tenute da Valerio Magrelli, e di scrittura creativa, o più propriamente di lettura critica della letteratura, tenute da Giuseppe Pontiggia. L’autore del romanzo Nati due volte si prefiggeva lo scopo di coinvolgere gli studenti in un confronto con il linguaggio narrativo, con lo stile di importanti scrittori di ogni epoca e di ogni letteratura (quindi anche in traduzione), «adottando un taglio problematico, che non sia normativo e che eviti di imporre dei modelli» (Pontiggia s.d.).

Ogni settimana veniva presentata una casa editrice di grandi dimensioni (come Einaudi, Mondadori, Bompiani, Feltrinelli) o di media o piccola entità (come Bollati Boringhieri, Guanda, Marcos y Marcos, e/o, Se/Es) ed erano invitati i rispettivi direttori commerciali, o direttori editoriali o di collana, i revisori interni, talvolta gli editori stessi. Alle lezioni istituzionali si aggiungevano poi vere e proprie lectiones magistrales, tenute soprattutto da docenti universitari o da studiosi a vario titolo interessati al tema della traduzione, tra i quali: Adriano Pennacini, Giorgio Barberi Squarotti, Gianluigi Beccaria, Carlo Ossola, Carlo Carena; seminari di traduzione tenuti da traduttori esterni alla Scuola, come, per esempio, Guido Ceronetti; incontri con scrittori, allora ancora poco conosciuti, come Alessandro Baricco, Marco Lodoli, Sandra Petrignani, e scrittori celebri, come Lalla Romano e Claudio Magris. Per ogni singolo corso erano inoltre previsti interventi da parte di linguisti, docenti di letteratura, traduttori e revisori specializzati nella lingua e nella cultura oggetto del corso stesso. L’attività laboratoriale e l’approfondimento culturale-letterario produceva un esito finale a quel tempo del tutto innovativo: la traduzione collettiva di un’opera letteraria proposta da ogni traduttore professionista titolare del laboratorio di traduzione.

A quella prima edizione ne seguirono altre. Sempre a Torino nel 1996 da febbraio a luglio la Scuola europea di traduzione letteraria proponeva corsi di traduzione dall’anglo-americano, dallo spagnolo, dal francese, dal cinese e dall’arabo. Alle lezioni di Pontiggia e Magrelli si aggiungevano seminari di approfondimento sulla letteratura cinese e sul rapporto fra la letteratura araba e la letteratura italiana («la Repubblica» 1996) Poi la Setl, dopo tre edizioni torinesi, abbandonò il capoluogo sabaudo per approdare, dopo la parentesi bolzanina del 1996, a Firenze, con una formula rinnovata. Nell’aprile dell’anno 2000 fu avviato un corso costituito da due semestri, il primo di tredici settimane, di insegnamento in presenza full immersion e il secondo, di trentadue settimane, di insegnamento a distanza, durante le quali gli studenti avrebbero tradotto un testo assegnato dai docenti, che avrebbero provveduto a fornire l’assistenza necessaria. A Firenze vennero organizzati laboratori di traduzione dalle lingue anglo-americano, francese, tedesco, tenuti da Ottavio Fatica, Silvia Bortoli, Egi Volterrani, cui si aggiunse un corso di traduzione attiva dall’italiano al tedesco tenuto da Marianne Schneider. Daniele Del Giudice vi teneva l’insegnamento di scrittura, integrato da un percorso particolare, dedicato alla scrittura editoriale, guidato da Valerio Magrelli.

La Scuola di Magda Olivetti godeva di grande prestigio ed esercitava una potente forza di attrazione sui giovani aspiranti traduttori. Alle prove di ammissione ai corsi della sede di Firenze presentarono domanda più di ottocento persone (Pampaloni 2000). Le prove di accesso consistevano in una traduzione letteraria, una traduzione saggistica, un componimento in lingua italiana e un colloquio orale.

L’edizione fiorentina della Setl si allontanava dal modello concepito originariamente, strutturato esclusivamente sulla formazione del traduttore letterario, per includere altre, specifiche professionalità, non soltanto, anche se soprattutto, connesse con il settore editoriale. La traduzione accedeva quindi ad altri mondi: al mondo dell’arte, del cinema, della televisione e della moda (Nirenstein 2000).

A Firenze il progetto Setl si dette un nome, «Il nuovo traduttore letterario», che rivela un intento e un’ambizione e che molto presto avrebbe designato un’iniziativa interessante: gli allievi della Scuola, guidati dal coordinamento di Marina Pugliano, nell’ottobre del 2000, sempre nel capoluogo toscano, avrebbero fondato una cooperativa di traduzione editoriale. «Il nuovo traduttore letterario» è una società ancora oggi attiva sia nel settore della traduzione editoriale, sia in quello della formazione.

Nel mese di giugno del 2004 la Setl avviava a Napoli sei laboratori di traduzione dalle lingue araba, giapponese, inglese, francese, tedesco e spagnola, tenuti dai traduttori Silvia Bortoli, Ilide Carmignani, Francesca Corrao, Ottavio Fatica, Giuseppe Montesano e Silvio Perrella. Qui le domande di candidatura superarono addirittura il migliaio (Di Stefano 2004). La Setl era «un fiore all’occhiello italiano che vanta[va] qualche primato nel Continente: innanzitutto perché propone[va] uno dei pochi corsi professionalizzanti» (Di Stefano 2004).

La Scuola di Magda Olivetti è stata non soltanto un esempio, ma anche un modello di atelier della traduzione, di laboratorio e di bottega, un’ispirazione e un riferimento per le scuole, i corsi, i seminari di traduzione venuti dopo. Dalla Setl, in poco più di un decennio, sono usciti buona parte dei traduttori che con la loro opera umile e grande offrono al pubblico italiano la letteratura del mondo.

A testimonianza dell’importanza e dell’efficacia del progetto di Magda Olivetti le righe conclusive della voce Translator training riportata nella Routledge Encyclopedia of Translation Studies:

A more interesting experiment has been attempted by the Scuola Europea di Traduzione Letteraria, established in Turin by a consortium of private and public organizations and publishers, with the financial assistance of the European Union (Duranti 1998, 483: «Un esperimento più interessante è quello della Scuola europea di traduzione letteraria, fondata a Torino da un consorzio di enti pubblici e privati e di editori, con il sostegno finanziario dell’Unione Europea»).

In quei pochi metri quadrati nello spazio grande del Palazzo del Lavoro era stato realizzato un grande progetto sostenuto da tutti coloro che, come George Steiner, ritenevano che Without translation we would inhabit parishes bordering on silence (Steiner 1998, cap. 10: «senza la traduzione abiteremmo province confinanti con il silenzio» – traduzione mia)

Nessuno, forse, vuole abitare una provincia che confina con il silenzio.

Riferimenti bibliografici

Casalegno 2000: Andrea Casalegno, Firenze crea una scuola per traduttori, in «Il Sole 24 ore», 30 gennaio 2000

Di Stefano 2004: Paolo Di Stefano, L’Italia paese di aspiranti traduttori?, http://m.feltrinellieditore.it/news/2004/07/02/paolo-di-stefano-litalia-paese-di-aspiranti-traduttori-3269/

Duranti 1998: Riccardo Duranti, Translator training , in Routledge Encyclopedia of Translation Studies, London, Routledge

Nirenstein 2000: Susanna Nirenstein, Tradurre letteratura non è arte, è scienza, in «la Repubblica», 2 aprile 2000

Olivetti 1992: Magda Olivetti, Editori, non risparmiate sulle buone traduzioni, in «La Stampa», 21 maggio 1992

Pampaloni 2000: Lorenza Pampaloni, L’arte di tradurre, oggi c’è una scuola, in «la Repubblica», 3 ottobre 2000

Pontiggia s.d.: frase citata in Corsi di scrittura, in Fondo Giuseppe Pontiggia, http://www.beic.it/mostre/pontiggia/corsiscrittura.htm

«la Repubblica» 1996: Traduzione all’europea, in «la Repubblica», 29 gennaio 1996

Steiner 1998: George Steiner, Errata. An examined life, Weidenfeld and Nicolson, London, 1998 (George Steiner, Errata. Una vita sotto esame, trad. di Claudio Béguin, Garzanti, Milano, 2000)