Categoria: Numero 17 (autunno 2019)

Numero 18 (primavera 2020)

«Chiudi fuori l’inverno»

STELLA SACCHINI TRADUTTRICE DAL GRECO

di Paolo Mazzocchini | Il nome di Stella Sacchini è soprattutto legato a una recente e brillante carriera di traduttrice di classici della letteratura di lingua inglese: basti pensare, tra l’altro, a Jane Eyre di Charlotte Brontë (Feltrinelli, Milano 2014) con cui ha vinto il premio Babel per la traduzione, o a Piccole donne di Louisa May Alcott (Feltrinelli, Milano 2018)Forse è meno noto il fatto che la sua formazione universitaria è avvenuta invece in un settore di studi piuttosto diverso: quello dell’antichistica, delle letterature classiche e della filologia bizantina.

Risorse lessicali per tradurre dal russo

di Igor Piumetti | Il redattore di un dizionario non è padrone della lingua, ma ne è lo schiavo, affermava nel XIX secolo Vladimir Dal’ (Dal’ 1989) noto ai russisti in quanto autore di uno dei principali dizionari di russo, ancora oggi punto di riferimento per ogni studioso di questa lingua: e se il redattore di un dizionario è dunque lo schiavo della lingua, inevitabilmente il traduttore è un lieto profittatore di questo abuso.

Oggi come oggi tuttavia sappiamo bene che il traduttore può ricorrere a una serie di strumenti che esulano dalla sola forma cartacea. Per quanto riguarda la traduzione dal russo possiamo dire che a compensare le grandi difficoltà a cui ci si può trovare di fronte contribuiscono molti strumenti.

“Something restraining” ovvero, tradurre il cuore di “Cuore di tenebra”

di Simone Barillari | Che cos’è rimasto dell’Uomo dopo la morte di Dio, si chiede Conrad alle soglie del Novecento, e al centro esatto del suo capolavoro incastona una ferrea riflessione sul concetto di restraint – il ritegno, la capacità di trattenersi – come se fosse la chiave per aprire l’intero libro.

Sul battello diretto verso Kurtz e la sua Stazione Interna, il capitano Marlow è insieme al Direttore della Compagnia, a «tre o quattro» agenti e a «venti cannibali» imbarcati per i lavori di fatica. Si rende conto, parlando con il loro capo, che non mangiano quasi niente da oltre un mese: la carne di ippopotamo che avevano con sé è andata a male; e si chiede all’improvviso perché quei cannibali, più numerosi e più robusti dei bianchi, non abbiano assalito e mangiato lui e gli altri per placare il digrignante «demone della fame», per porre fine alle sue «esasperanti torture». And I saw that something restraining, one of those human secrets that baffle probability, had come into play there, «Capii allora che era entrato in gioco qualcosa che li aveva frenati, uno di quei segreti della natura umana che sfidano le leggi della probabilità» (Conrad 2010).

Michiel Salom

(Padova, 21 aprile 1751 – Padova, 1° maggio 1837)

di Valeria di Luigi e Michele Sisto | Sebbene sulla sua vita si abbiano solo notizie frammentarie, Michiel Salom è sicuramente uno dei più importanti conoscitori e traduttori di letteratura tedesca vissuti in Italia nella burrascosa età compresa fra la Rivoluzione francese e il Congresso di Vienna: Foscolo, Leopardi e molti altri leggono il Werther di Goethe nella sua traduzione (Manacorda 2001, 57-68), mentre quelle dell’Emilia Galotti di Lessing e della Geschichte des Agathon (Istoria di Agatone) di Wieland circolano ampiamente tra i letterati più fedeli agli ideali illuministici negli anni delle guerre napoleoniche, della Repubblica cisalpina e del Regno d’Italia.

La baldanza

di Eva Allione

autrice di Dambudzo Marechera, La casa della fame, Roma, Racconti edizioni, 2019 (da The House of Hunger, London, Ibadan, Nairobi, Heinemann African Writers Series, 1978) | 

Comincio con cautela, questo testo mi fa paura. Da subito la trama – un giovane prende le sue cose e se ne va di casa dopo uno scontro col fratello; scoprirà di non poter fuggire dalla Casa della fame che è lo Zimbabwe – si sgretola in un maelstrom di immagini, di flashback e di flashback nei flashback. Secondo l’editore l’incipit chiamerebbe un passato prossimo, ma temo che un tempo così concreto e quotidiano non regga lo slancio delle scene più allucinate.

Andrea Maffei

Molina di Ledro, 19 aprile 1798 – Milano, 27 novembre 1885

di Laura Petrella | Andrea Maffei è il più prolifico e prestigioso traduttore letterario del XIX secolo, soprattutto dal tedesco, ma non solo, e fra il 1818 e il 1880 contribuisce alla consacrazione in Italia di autori come Gessner, Schiller, Goethe, Klopstock, Heine, Grillparzer, Byron, Milton, Moore e Lamartine. Mediatore, poeta, consulente editoriale, agente letterario e promotore culturale, Maffei occupa una posizione centrale nella società letteraria milanese preunitaria e in quella fiorentina una volta concluso il processo di unificazione.

Ascolta, padre

di Giuseppe Giovanni Allegri

autore di Ali Bécheur, I domani di ieri, Milano, Francesco Brioschi Editore, 2019 (da Les lendemains d’hier, Tunis, Éditions Elyzad, 2017) | 

I domani di ieri è un romanzo in memoria di un padre ingombrante dal quale l’autore si è allontanato per poter finalmente diventare adulto: i capitoli alternano il racconto del figlio scrittore alla biografia del padre Omar, avvocato difensore durante la lotta per l’indipendenza della Tunisia, che Bécheur ricostruisce attraverso indizi e scarse memorie (vere o fittizie all’occorrenza). Man mano i due racconti si fondono in un unico memoriale fatto di ricordi comuni corredati da eventi d’epoca.

Enrico Rocca

Gorizia, 10 gennaio 1895 – Roma, 20 luglio 1944

di Stefania De Lucia |

Nato in una Gorizia ancora parte del territorio asburgico, Enrico Rocca cresce bilingue per decisione della madre che sogna per lui «un futuro da maestro, che in Austria era pagato bene, o un tranquillo seggio di giudice» (Rocca 1964, 43; cfr. anche Lunzer 1996a ). Enrico non apprezza i metodi didattici della k. k. Staats- Oberrealschule, la scuola imperialregia che sua madre ha scelto per lui e dalla quale viene espulso a causa dei contrasti con un insegnante.

La distanza più breve (tra due lingue)

di Federica Gavioli

autrice di Chinelo Okparanta, La felicità è come l’acqua, Roma, Racconti edizioni, 2019 (da Happiness, Like Water, Boston, Houghton Mifflin Harcourt, 2013) | 

Chinelo Okparanta ci porta lontano. Dieci racconti per colmare la distanza che separa un quartiere rispettabile di Port Harcourt, in Nigeria, da una villetta dall’altra parte dell’oceano, nel New Jersey. Dieci racconti in cui si intrecciano storie di violenza domestica, lo spauracchio della sterilità, l’omosessualità vissuta come tabù e le subite differenze di classe: storie intervallate dal rumore degli ignami pestati nel mortaio e profumi sconosciuti che si sprigionano da pentole fumanti.

Il ritmo è quello del racconto orale: si procede saltando all’indietro o di lato su storie parallele; si “ascoltano” notizie passate di bocca in bocca, pettegolezzi, proverbi antichi e favole tramandate da generazioni. Al traduttore tocca dipanare la matassa e ricostruire le trame. Più che un compito di chirurgia cronologica, è una caccia al tesoro, dove, tra gli accavallamenti e i depistaggi narrativi, l’obiettivo è trovare la struttura portante del racconto.

Giani e Carlo Stuparich

(Trieste, 4 aprile 1891 – Roma, 7 aprile 1961; Trieste, 3 agosto 1894 – Monte Cengio 30 maggio 1916)

di Bianca Del Buono |

L’incontro di Giani e Carlo Stuparich con la cultura tedesca può essere ricondotto alla prima giovinezza, trascorsa in un contesto socio-culturale estremamente proficuo, se non allo scambio, almeno al contatto tra popoli diversi: alle soglie del Novecento, infatti, la compresenza secolare di tedeschi, italiani e sloveni conferisce alla città di Trieste lo status di un vero e proprio microcosmo in cui le diverse culture non solo trovano una loro spontanea espressione, ma tendono a definirsi precisamente l’una in rapporto alle altre