Fumetto, intertestualità, giochi di parole… le solite cose (e un giochino per chi legge)

DEUX MERLINS DI JOANN SFAR: RIFLESSIONI SPARSE

di Fabio Regattin

Antefatto

È l’estate del 2019. Ho da poco consegnato le traduzioni di due fumetti su cui mi sono molto divertito e del cui risultato sono, per una volta, moderatamente soddisfatto, quand’ecco che ricevo, dalla redattrice con cui sono in contatto, la mail seguente, che riporto testualmente: «Ciao Fabio, non so se riesco a breve a rivedere i testi, come mai hai tradotto jambon con salsiccio? Mi spieghi anche le altre scelte dei nomi per favore? (vuolsi così…)
grazie».

Io e Francesca, la mia interlocutrice, ci conosciamo da quasi vent’anni: siamo anche stati colleghi per diverso tempo, lavorando per lo stesso editore che mi ha commissionato le due traduzioni; siamo amici, e la forma della nostra corrispondenza ne risente. Questa è, negli anni recenti, una delle poche mail che posso permettermi di riportare per intero senza censurare scurrilità o violenze verbali (amichevoli, chiariamolo!) di vario genere. Proprio per questo, però, e per quel relativamente formale «Ciao Fabio», la mail mi ha spaventato, mi ha portato a interrogarmi e, per un momento, a rimettere in discussione tutto il mio modo di tradurre.

Oddio, perché questa domanda sulla traduzione dei nomi? Avrò preso qualche granchio terribile che ancora non vedo? Quella mattina, mentre raggiungevo l’ufficio, ho rimuginato a lungo su queste domande, pensando a quante alternative migliori ci fossero a quel «Salsiccio». Poi, una volta raggiunto l’ufficio, il momentaneo accesso di sindrome dell’impostore si è quietato, ho riletto meglio la mail e ho capito che quella di Francesca era una vera domanda e non un’accusa; ma intanto il danno era fatto, e avevo cominciato a cercare febbrilmente soluzioni alternative.

Nasce da quegli attimi di smarrimento l’idea alla base di queste righe: perché non mettere i lettori di fronte a quegli stessi dubbi che mi avevano assalito durante la traduzione e vedere che cosa potrebbe venirne fuori? Vorrei provare a proporre, insomma, una sorta di “seminario in absentia e per iscritto”, mettendovi di fronte a una serie di problemi traduttivi senza offrirvi immediatamente una soluzione, ma proponendo in cambio una tipologia che dovrebbe (idealmente) aiutarvi a pensare, in astratto, alle possibili strategie da adottare; le mie versioni, con relativa spiegazione, saranno fornite solo in una seconda parte dell’articolo. In questa seconda parte procederò anche a un breve sorvolo dei cambiamenti – laddove ci sono stati – nati dal confronto con le redattrici della casa editrice che ha pubblicato i volumi. I problemi traduttivi di cui dicevo ve li spiegherò al meglio delle mie competenze, ma metto le mani avanti: queste non potrebbero essere sufficienti, poiché i testi di cui ci occuperemo sono ricchissimi di rimandi di vario genere; a ogni lettura, o quasi, scoprivo elementi che non avevo colto in precedenza!

1. La serie dei Merlin, alcune difficoltà, una tipologia di soluzioni traduttive

Per cominciare, è il caso di presentare – seppure rapidamente – i testi di cui ci occuperemo, i primi due volumi della serie Merlin, dell’autore francese Joann Sfar. È una serie piuttosto fortunata, che conta sei titoli pubblicati tra il 1998 e il 2003. I primi quattro volumi sono stati sceneggiati da Joann Sfar, poi sostituito da Jean-David Morvan; tutti quanti sono disegnati da José-Luis Munuera. In Merlin, Sfar immagina l’infanzia del ragazzino che diverrà poi il mago Merlino del ciclo arturiano, in un tripudio di facezie, giochi di parole e rimandi intertestuali (sia alla materia di Bretagna, sia più pop). Una buona sintesi di questo gioco costante con varie fonti è stato fornito alcuni anni fa da Madeleine Guy, al cui articolo (Guy 2013) rinvio per i dettagli.

Nel primo volume (Sfar e Munuera 1998:  Sfar, Munuera e Regattin 2019a) facciamo conoscenza con Merlino, un ragazzino minuscolo e con un berretto decisamente troppo grande, e con i suoi due amici Jambon e Tartine (un maiale parlante e un orco). Conosciamo anche la fastidiosa principessa Viviane, che adora i funghi velenosi e detesta i poveri. Tra rapimenti falliti, supplizi, torture, fughe e viaggi in dirigibile (il primo della storia), i tre amici – grazie all’intervento delle streghe di Avalon – salveranno la principessa Viviane propiziando lo scontato lieto fine.

Il secondo volume (Sfar e Munuera 1999; Sfar, Munuera e Regattin 2019b) si apre in una notte di Natale; come Merlino, anche Babbo Natale è, in questo momento, ancora un ragazzino. Obbligato a trangugiare una pozione preparata dal giovane mago, il piccolo e tenero Babbo si trasforma in un mostro orribile, affamato di carne di bambino. Alla fine, ancora una volta, tutto si risolverà per il meglio e Babbo Natale, invecchiato ma rinsavito, riceverà in dono le sue renne e un’armata di orchi, trasformati in devoti elfi e pronti ad aiutarlo in ogni occasione.

Eventualmente, aggiungerò man mano altri elementi relativi alla trama quando verrà il momento di discutere alcune difficoltà incontrate durante la traduzione. Queste difficoltà avevano a che fare, in generale, con l’uso creativo della lingua (nella scelta di numerosi nomi propri dei personaggi di contorno, nella sovrapposizione di diverse varietà linguistiche e diversi stili letterari), con l’intertestualità e con la presenza di alcuni realia; spesso i diversi elementi erano cumulati – e ne vedremo alcuni esempi. Lascerò da parte, invece, le questioni generali relative alla traduzione del fumetto (si vedano Zanettin 1998 o Podeur 2012): penso per esempio al rapporto testo-immagine, allo spazio contingentato e dipendente dalle dimensioni dei balloon, e così via. Una nota generale, valida per tutti gli esempi che porterò: perché possano partecipare al “seminario” anche i non francesisti fornirò, nelle didascalie di ogni immagine, una sorta di traduzione interlineare del testo presente nei balloon. Cercherò anche di spiegare brevemente, tra quadre, le eventuali allusioni presenti, sperando di non averne perse troppe per strada.

1)

La prima questione – quella sollevata da Francesca nella sua mail – era relativa a diversi nomi propri, nei quali spesso convivevano i primi due aspetti che ho segnalato: il gioco formale sulle parole, talvolta l’intertestualità. Il caso più complicato era forse proprio quello di uno dei due amici di Merlino, un mago trasformato in maiale parlante e chiamato Jambon (letteralmente, «Prosciutto») nella versione francese.

Merlino: Accidenti! Che smorfiosa quella principessa! E tu dovevi proprio fare la testa di lardo [la testa dura, il cocciuto], bravo il mio maiale! Jambon: Non maiale… Mi chiamo Jean, Jean-le-Bon [Giovanni, Giovanni il Buono]. Merlino: Ah ah! Jambon [Prosciutto]! Ah ah! Jambon: Ssssst! Sveglierai tutta la foresta, è pericoloso!

Qui il problema è doppio: c’è un riferimento alla “maialità” del nuovo compagno di Merlino nell’espressione idiomatica tête de lard e, poi, il gioco di parole vero e proprio, con Jean-le-Bon che diventa Jambon. Non è, questo, il solo nome che mi ha fatto pen(s)are. Potrei citare, senza riportare le relative immagini, quelli dell’arcinemica di Merlino in questo primo volume, la principessa Viviane (la «dama del lago» arturiana); o ancora quelli di un candidato al supplizio, Julio l’Ecclésiaste (la cui pronuncia è simile in francese – senza che nel plot ce ne sia una ragione particolare – al cantante Julio Iglesias), e di una strega buona, Marie Popine, che arriva in scena volando e con un ombrello in mano (e la cui pronuncia è – ma forse qui si vede – molto simile a quella, francese, per Mary Poppins). Ecco, allora, il vostro primo problema. Come tradurreste lo scambio qui sopra? E come i nomi che ho riportato?

2)

Un altro problema, anche in questo caso “doppio” (formale e intertestuale insieme), riguardava la presenza di alessandrini “nascosti” (non sempre perfetti, solo talvolta rimati) nel discorso di alcuni personaggi. L’alessandrino è il verso classico della poesia e del teatro francesi, ed è un verso di dodici sillabe, con una cesura dopo la sesta. Per avere un’idea del ritmo da cercare, pensate a San Martino di Giosuè Carducci e unite a due a due i settenari: «La nebbia a gl’irti colli / piovigginando sale»… Per il primo esempio, mi limiterò a proporvi di tradurre, se lo vorrete, la battuta della seconda vignetta; per il secondo, tutto il dialogo di Grolent e Trombinette, lasciando da parte la canzonaccia, non particolarmente interessante (e di cui non sono riuscito a trovare l’originale, ahimè) cantata dall’orco Tartine.

Ragazza: Così, messere, foste umano prima di essere maiale? Jambon: Sì, driadi poppute le cui labbra sono purpuree e le cui tette sono turgide. [I verbi purpurent e turgescent sono neologismi di Sfar: qualcosa del tipo “porporare” e “turgidare”.] Jambon: Il mio priapeo ardore mi fece trasformare in porco / da parte di un bigotto signore invidioso delle mie imprese, / poiché la sua lancia rimaneva sempre nel fodero / mentre il mio vigore ripopolava il suo castello. / Che una bella mi baci e ritornerò / il principe che ero.

[Fino a redeviendrai, si contano cinque alessandrini, che ho suddiviso qui sopra con le barre oblique, e le seguenti rime: ardore/signore/vigore; fodero/castello.]

Ragazza: Messer Grolent [gros lent, “lentone”], è inatteso! / Sono quasi due anni che la notte vi aspetto. / Ragazzo: È che sono timido, madama Trombinette, / e che ho bisogno di tempo per uscire dal mio nascondiglio. / Ragazza: In questi due anni mi sono annoiata, / e più d’uno, sappiatelo, mi ha riscaldato il… [Il sottinteso ovvio, in rima con morfondue, è cul, che credo non abbia bisogno di traduzione.] / Ragazzo: Ho udito i vostri meriti che superano di questo forte / i modesti limiti e venendo dall’Italia / ho incontrato un trovatore che cantava le vostre imprese. / Ragazza: Se nello stato in cui sono non vi convengo, / tornate da vostra madre e non se ne parli più. / Ragazzo: Da mia madre? Oh là là! No! No! Baciamoci!

[Anche qui le barre oblique separano gli alessandrini; ed ecco le rime, spesso interne: Grolent/tempo; aspetto/Trombinette/nascondiglio; annoiata/…/più; meriti/limiti; udito/Italia; trovatore/madre; imprese/pas, che serve per la negazione.]

3.

Ancora alcuni giochi di parole (ne troverete davvero ovunque in questi libri!), tratti dal primo e soprattutto dal secondo volume. La presenza delle immagini, che fungono da vincolo aggiuntivo, non permette grandi modifiche. Voi provate a tradurre; alcuni di questi giochi li ritroveremo anche nell’ultima parte dell’articolo, quando si tratterà di mostrare come il lavoro dei redattori, a valle della traduzione, sia spesso migliorativo.
Nella vignetta che precede quelle che ora vi proporrò, Merlino chiede a Jambon per quale motivo debba scappare dalla foresta “animata” che vedete nelle immagini.

Jambon: Perché è un bois constrictor [bosco/foresta constrictor, dove bois e boa sono paronimi]! Merlino: Cos’è? Jambon: Una roba che ti strangola con delle piume, corri!

[Jambon fa riferimento alle due accezioni del termine – il boa di piume di struzzo e il serpente.]

A un certo punto, su indicazione di Merlino, Jambon viene costretto a entrare in un pentolone per preparare il brodo; la cosa non gli va esattamente a genio.

Didascalia: Si fece la volontà di Merlino e il brodo guadagnò in sapore ciò che Jambon perse in sudore. Merlino: Sembra gustoso. Puoi uscire dal bagno, Jambon. Jambon: È la cosa più umiliante che ci sia. Sono desolato. Tartine: Hi hi! “A bagnomaria!” Hi hi
[dove marri, ossia «desolato», e Marie sono omofoni perfetti]!

Tartine: Babbo Natale… Ha un regalo per me? Babbo Natale: E che cosa hai chiesto, piccino? Tartine: Una poupée-dînette. [Questa è un po’ complicata: poupée è «bambola», dînette è sia un set di stoviglie giocattolo, sia uno spuntino. Il contesto natalizio potrebbe far pensare alla prima accezione, ma come chiarirà Tartine poco sotto non è così…] Jambon: Ehm… Che cos’è una poupée-dînette? Tartine: È una bambola, ma si può mangiare. [Tenete presente che Tartine è un orco, e che ha smesso di mangiare i bambini solo per amicizia di Merlino e Jambon.] Jambon: Ah. Babbo Natale: Ecco, Tartine, una bambola tutta di carne macinata. Buon Natale e buon appetito! Ragazzino: E io, Babbo Natale? Ha il mio regalo?

4.

A questi usi della lingua “estemporanei”, ma talmente diffusi da diventare sistemici, si aggiungono altri elementi che vanno nella stessa direzione, spesso riunendo gioco di parole e intertestualità. Nei due esempi seguenti, due buffoni di corte – non particolarmente apprezzati dal re, né dal popolo – si cimentano in brevi spettacoli i cui titoli richiamano quelli di alcune celebri favole di Jean de La Fontaine. Nel primo caso, lo spettacolo è effettivamente messo in scena e il lettore può assistere a uno dei peggiori dad jokes in cui mi sia imbattuto di recente (inutile dire che ho riso piuttosto sguaiatamente); nel secondo, esso è solo immaginato – ma il calembour non è comunque più raffinato del primo – mentre i due personaggi stanno fuggendo a gambe levate da un più che probabile linciaggio. Come li trattereste?

Buffone 1: Il pubblico mi sembra molto ricettivo. Personaggio in nero: Quanto mi infastidiscono quei due! Buffone 1: Cra! Cra! Cra! Buffone 2: Qua! Qua! Pubblico:Buffone 1: Era “Il corvo e l’anatra” [Canard, “anatra”, e renard, “volpe”, sono paronimi; il riferimento è alla favola Le Corbeau et le Renard, ossia Il corvo e la volpe]. Personaggio in nero: Basta!

Buffone 1: Insomma, questa corsa è la vittoria del melenso sulla tortura. Ah! Il melenso e la tortura. [Mièvre, «melenso», «sdolcinato» è paronimo di lièvre, «lepre»; lo stesso accade per torture, «tortura», molto simile a tortue, «tartaruga»; il riferimento evidente è dunque alla favola Le lièvre et la tortue, cioè La lepre e la tartaruga.] Eccellente! Buffone 2: Corri!

5.

I due Merlin – il primo, forse, un po’ di più – sono zeppi di giochi di questo tipo: avrei potuto sceglierne praticamente uno per ogni pagina. Ve ne risparmio dunque una quantità esosa (spero che mi ringrazierete). Vorrei chiedervi, però, un ultimo sforzo, da indirizzare alla resa di alcuni realia – in gran parte culinari. Ricorderò: che nella finzione ci troviamo in Inghilterra, non in Francia; e che, come si vedrà, questo contesto geografico fa capolino, ma non sempre – sarebbe troppo facile. Nel primo esempio, l’ancòra antropofago orco Tartine sta per insaccare tre bambini, che poi porterà nella propria tana per mangiarseli. Sappiamo che l’orco ha già, a casa, una consistente quantità di formaggio, e che gli ingredienti principali della quiche lorraine, una torta salata, sono proprio latticini e carne (non umana, ma di maiale). Inutile dire che una quiche lorraine stona un po’ nell’Inghilterra medievale… ma il riferimento all’Inghilterra torna nel secondo esempio, dove – in una lista eteroclita di prodotti caseari – compaiono anche realtà culture-bound (culturo scpecifiche) come la clotted cream e gli scones. Che fare, qui (e penso soprattutto al primo esempio)? Per dirla con Venuti (1995): addomesticare o estraniare?

Tartine: Stasera… / …quiche lorraine!!

Interviene Merlino, che, sulle spalle di Jambon, si sta spacciando per un fantomatico «spirito del formaggio» e sta minacciando di togliere il latte a Tartine se costui non smette di mangiare i bambini:

Merlino: Ah, no! Ma attenzione, niente latte, il che vuol dire anche niente formaggio, niente yogurt ai frutti di bosco, niente clotted-cream sui tuoi scones del mattino e niente burro sulle tue tartine! Tartine: Niente burro sulle mie tartine? È disumano! Merlino: Lo so. Sono diabolico…

Con questi esempi, la prima parte è (felicemente?) conclusa. Vorrei però fare un passo in più, e suggerire, a chi ha deciso di mettersi alla prova e di tradurre, che, per molti dei casi qui raccolti, un buon modo di agire può essere, in una prima fase, quello di cercare una molteplicità di soluzioni diverse, e di farlo in diverse direzioni. Non appena “vediamo” una soluzione possibile, tendiamo infatti, in genere, ad appiattirci su di essa (si veda Regattin 2018), lasciando da parte possibilità più promettenti solo perché non ci sono venute in mente per prime – c’è poco da fare, siamo fatti così!

Per favorire questa sorta di pensiero laterale, perché non ci lasciamo alle spalle troppe buone soluzioni possibili, è possibile provare ad adottare una tipologia “esaustiva” che ci permetta di pensare a soluzioni alternative rispetto a quelle che ci verrebbero normalmente in mente. Di recente, Anthony Pym (2018) ha proposto proprio con questo obiettivo una tipologia che si vuole più semplice e immediata rispetto alle numerose alternative esistenti (la più celebre e classica delle quali è forse Vinay & Darbelnet 1972). Nelle parole di Pym (che cito da diversi punti nell’articolo),

The synthesis tries to […] invite students to think beyond their initial or default solution types. […] The typology […] has one default category: ‘cruise mode’ translating, as when an airplane is cruising at altitude; all goes well until there is a ‘bump,’ attention is required, and something needs to be done. To handle instances of ‘bump mode’ there are then eight main solution types […] that can be used for conscious problem solving. […] The typology concerns situations where a significant choice is to be made: It does not deal with the application of obligatory rules or fixed terminology. […] The model says: When you are stuck, when you are cruising along and then something goes ‘bump,’ here are some things you might want to consider. (Pym 2018, pp. 42-47)

Cioè:

La sintesi cerca di […] invitare gli studenti ad andare al di là delle soluzioni iniziali o attese. […] La tipologia […] ha una categoria di base, la traduzione con il “pilota automatico”, che si comporta come un aeroplano che ha raggiunto la sua quota di volo; tutto va bene finché non si incappa in una turbolenza: a questo punto è richiesta attenzione e bisogna fare qualcosa. Per trattare i casi di “turbolenza” sono disponibili otto macro-tipi di soluzione […] a cui è possibile ricorrere per un problem solving intenzionale. […] La tipologia riguarda situazioni in cui è necessario compiere una scelta significativa: non si interessa all’applicazione di regole obbligatorie o a problemi terminologici. […] Il modello dice: se siete bloccati, se stavate traducendo tranquillamente e a un certo punto vi trovate in una “turbolenza”, ecco una serie di cose che potreste considerare (Pym 2018, pp. 42-47).

Finché traduciamo con il pilota automatico, insomma, il problema non si pone e di queste soluzioni non abbiamo bisogno; ma quando – e credo che questo sia il caso per gli esempi che ho mostrato sopra – abbiamo bisogno di pensare a soluzioni alternative, ecco che questi suggerimenti possono tornare utili. Pym individua otto categorie diverse (accorcio parecchio la loro esposizione, disponibile per intero in Pym 2018, 43-44):

Copying Words: “Transcription” in the broadest sense.
Copying Structure: Syntactic or compositional structures are brought across from one language into another. This would be Calque in Vinay and Darbelnet.
Perspective Change: An object is seen from a different point of view, as in a hotel being “Complet” (Full) in French and has “No Vacancies” in English. This is Modulation in Vinay and Darbelnet. Here the category is extended to include changes in voice (e.g. between the formal and informal second person) and non-obligatory switches between passive and active structures.
Density Change: There is a marked change in the amount of information in a given textual space. Translators can reduce textual density by using solutions that spread information over a greater textual space. Using the inverse solutions can increase density.
Resegmentation: The splitting or joining of sentences; re-paragraphing; generally changing the order of text parts at sentence level or above.
Compensation: A value is rendered in a textual position or linguistic level markedly different from that in the start text. A classic example is Fr. “On se tutoie…” […] rendered as “My friends call me Bill…” [Anche se in questo esempio mi pare che sia presente anche un cambio di prospettiva – FR] Translator’s notes and prefaces can also be seen as forms of Compensation.
Cultural Correspondence: Different elements in different cultures are presented as carrying out similar functions. This covers what Vinay and Darbelnet termed équivalence and Adaptation.
Text Tailoring: Semantic content in the start text is deleted, updated, or added to.

Ossia:

Riproduzione di parole: “Trascrizione”, nel suo senso più ampio.
Riproduzione di strutture: Si fanno passare da una lingua all’altra strutture sintattiche o precise sequenze di parole. È il “calco” di Vinay e Darbelnet.
Cambio di prospettiva: Un oggetto è considerato da un punto di vista diverso, come quando un albergo è complet in francese mentre ha no vacancies in inglese. Si tratta della “modulazione” di Vinay e Darbelnet. Qui la categoria viene estesa per includere i cambi di voce (per esempio nel passaggio dalla forma di cortesia a quella informale per la seconda persona) e passaggi non obbligatori dalle forme attive alle passive e viceversa.
Cambio di densità: È presente un cambio significativo nella quantità di informazioni veicolata in una determinata porzione testuale. I traduttori potranno ridurre la densità usando soluzioni che spalmano le informazioni su una maggiore estensione testuale. La soluzione opposta accrescerà la densità.
Risegmentazione: Il fatto di spezzare o unire frasi, di modificare i paragrafi; qualsiasi cambio nell’ordine delle parti del testo a livello della frase o superiore.
Compensazione: Un valore è reso in una posizione testuale o a un livello linguistico significativamente diversi da quelli del testo di partenza. Un classico esempio è il francese “On se tutoie” […] tradotto con “My friends call me Bill…”. Le note del traduttore e le prefazioni possono essere considerate anch’esse forme di compensazione.
Corrispondenza culturale: Elementi diversi in culture diverse sono presentati come aventi funzioni simili. Questa categoria copre sia ciò che Vinay e Darbelnet chiamavano “equivalenza”, sia l’adattamento.
Sartoria testuale: Rispetto al testo di partenza, si cancellano, aggiornano o aggiungono contenuti.

Così – mi limiterò a un esempio rapido: a voi usare questa tipologia come meglio credete – quiche lorraine o scones sono, nelle versioni che vi ho fornito qui sopra, esempi della categoria copying words; i testi nelle parentesi quadre sono casi di compensation; tradurre scones con «pasticcini» sarebbe un caso (alquanto rozzo) di cultural correspondence e modificare interamente un dialogo purché venga mantenuto un uso ludico del linguaggio potrebbe rientrare nel text tailoring.

E ora a voi: prendetevi il tempo necessario per provare a tradurre i cinque esempi qui sopra; e se il cruise mode non dovesse essere sufficiente, se le idee latitassero, non esitate a esplorare le otto strategie di Pym. Io, senza più attendere, passo a proporre le mie soluzioni, sicuro che molti di voi faranno meglio!

2. Le mie soluzioni, alcune controproposte venute dalla redazione, e una conclusione

Indicherò di seguito le mie proposte, partendo dal “battesimo” di Jambon e dagli altri nomi significanti.
Per ogni esempio, la ripresa della traduzione “letterale” presentata sopra come didascalia (a) sarà seguita dalla mia proposta di traduzione (b), dalla versione definitiva (c) e da un breve commento (d).

1.

(a) Merlino: Accidenti! Che smorfiosa quella principessa! E tu dovevi proprio fare la testa di lardo [la testa dura, il cocciuto], bravo il mio maiale! Jambon: Non maiale… Mi chiamo Jean, Jean-le-Bon [Giovanni, Giovanni il Buono].

Merlino: Ah ah! Jambon [Prosciutto]! Ah ah! Jambon: Ssssst! Sveglierai tutta la foresta, è pericoloso!

(b) Merlino: Accidenti! Che razza di smorfiosa, quella principessa! E tu? Muto come un pesce. Ma non eri un maiale? Salsiccio: Non chiamarmi maiale… Mi chiamo Ciccio, sir Ciccio. Merlino: Ah ah! Salsiccio! Ah ah! Salsiccio: Ssssst! Così sveglierai tutta la foresta, è pericoloso!

(c) In questo caso la mia traduzione è stata accettata integralmente.

(d) Ho cercato di recuperare quel «testa di lardo» uscendo dall’isotopia maialesca ma mantenendo quella animale; e, quanto al nome, la proposta è migliorabile («Ciccio» secondo me funziona poco: sarebbe meglio qualcosa di più neutro) ma io ne sono abbastanza soddisfatto. Per scelte interne alla redazione, il nome del maiale è stato poi modificato rispetto alla mia proposta: non più «Salsiccio» ma «Salciccia», mantenendo intatto il resto. Per gli altri nomi che vi avevo indicato, non mi sono allontanato molto da quanto proposto da Sfar: Viviane è diventata «Viviana» (coerentemente con l’intertesto arturiano); Julio l’Ecclésiaste è rimasto, perdendo qualcosa, tale e quale salvo l’accento («Julio l’Ecclesiaste»); infine, Marie Popine è diventata «Meripoppi».

2.

Passiamo al secondo esempio (da cui escludo qui il testo della prima vignetta, ormai superfluo), quello in versi mimetizzati. Per maggior chiarezza – e in quest’unico caso – proporrò incolonnato (come se i versi fossero tali; ma ricordo che non sono impaginati in questo modo e che servono, mi pare, un occhio e un orecchio allenati per riconoscerli) e con la mia versione a fronte.

(a) Il mio priapeo ardore mi fece trasformare in porco
da parte di un bigotto signore invidioso delle mie imprese,
poiché la sua lancia rimaneva sempre nel fodero
mentre il mio vigore ripopolava il suo castello.
Che una bella mi baci e ritornerò
il principe che ero.

(b) Il mio priapeo ardore fu cagione
della mia trasmutazione in un porcello
per mano di un signore assai invidioso
del mio valore e d’ogni mia conquista.
La lancia sua nel fodero restava,
mentre col mio vigor ripopolavasi
ogni stanza deserta del castello.
Che una bella mi baci è sufficiente
perché ritrovi forme principesche.

(a) Messer Grolent, è inatteso!
Sono quasi due anni che la notte vi aspetto.
È che sono timido, madama Trombinette,
e che ho bisogno di tempo per uscire dal mio nascondiglio.
In questi due anni mi sono annoiata,
e più d’uno, sappiatelo, mi ha riscaldato il…
Ho udito i vostri meriti che superano di questo forte
i modesti limiti e venendo dall’Italia
ho incontrato un trovatore che cantava le vostre imprese.
Se nello stato in cui sono non vi convengo,
tornate da vostra madre e non se ne parli più.
Da mia madre? Oh là là! No! No! Baciamoci!

(b) Ser Lumacone, che lieta novella!
Son quasi due anni che vi si aspetta.
Son timido, ahimè, monna Trombinetta,
non ero ancor pronto per la mia bella.
È lungo tempo ormai che invano aspetto,
e in molti hanno giaciuto nel mio…
Il vostro nome le mura ha varcato
del castello; in Italia ho incontrato
un trovatore che di voi cantò.
Lumacon, se per voi io più non fo,
andatevene e non ne parliam più.
Andarmene? Mai! Baciamoci, orsù!

(c) Anche in questo caso la mia versione è passata.

(d) Una segnalazione: inizialmente, per il II testo avevo scelto gli alessandrini italiani; un utile suggerimento di Francesca mi ha fatto passare all’endecasillabo, come nella prima versione. Partiamo dunque con il commento a queste scelte traduttive, che per forza di cose sarà un po’ più lungo dei precedenti.

Verso e rima: ho deciso di adottare una strategia traduttiva “analogica” e non “mimetica”, per dirla con James Holmes (1969); non ho riprodotto, insomma, il metro dell’originale ma le sue connotazioni. Se l’alessandrino è “il” verso della poesia francese, lo stesso si può dire dell’endecasillabo per quella italiana. Mi sembrava più importante, qui, fare sì che il lettore riconoscesse – consciamente o meno – un ritmo noto piuttosto che “educarlo” all’“alterità” di una cultura vicina. Il primo esempio presentava, anche in francese, rime meno regolari; da qui la scelta di mantenere la versificazione con qualche rima (porcello/castello) e assonanza (restava/ripopolavasi, sufficiente/principesche), pur aumentando il numero dei versi per avvicinarmi il più possibile a un “quasi la stessa cosa” dal punto di vista denotativo. Il secondo esempio è, credo e spero, meglio riuscito: le rime ci sono, il numero dei versi è lo stesso. «Lumacone» e «Trombinetta», per di più, mi sembrano nomi migliori rispetto agli originali, più ricchi di rimandi: nel primo c’è lentezza, come nell’originale, ma anche una certa allusività sessuale; quest’ultima, che è poi il tema dello scambio tra i due giovani, è più evidente, mi pare, anche nel secondo nome; così, forse, ho recuperato il rimando al sesso, certo più esplicito in francese, là dove il sottinteso cul diventa un altrettanto sottinteso, ma meno esplicito, «letto».

3.

Passiamo ai giochi di parole che potremmo definire “estemporanei” se solo non si presentassero, specie nel primo volume, quasi a ogni pagina.

Primo gioco di parole

(a) Jambon: Perché è un bois constrictor! Merlino: Cos’è? Jambon: Una roba che ti strangola con delle piume, corri!

(b) Salsiccio: Perché è un boscorpione! Merlino: E che roba è? Salsiccio: Una roba che se ti prende ti fa un aculeo così, corri!

(d) La mia idea, devo ammetterlo, era un po’ tirata per i capelli (anche se ero molto fiero della compensazione, ottenuta con un aculeo così). Francesca mi è venuta in aiuto con una controproposta molto più vicina all’originale, che avevo sotto gli occhi ma non vedevo, e che è poi diventata quella definitiva:

(c) Salciccia: Perché è un bosconstrictor! Merlino: E che roba è? Salciccia: Una roba piena di piume e che ti strozza, corri!

Secondo gioco di parole

(a) Didascalia: Si fece la volontà di Merlino e il brodo guadagnò in sapore ciò che Jambon perse in sudore. Merlino: Sembra gustoso. Puoi uscire dal bagno, Jambon. Jambon: È la cosa più umiliante che ci sia. Sono desolato. Tartine: Hi hi! “A bagnomaria!” Hi hi!

(b) Didascalia: E così il desiderio di Merlino fu esaudito, e la minestra guadagnò in sapore ciò che Salsiccio perse in sudore. Merlino: Direi che ci siamo. Puoi uscire dalla vasca, Salsiccio. Salsiccio: È la peggiore umiliazione della mia vita. Sono avvilito. Tartina: Hihi! “Abollito!” Hihi!

(c) Didascalia: Così fu fatta la volontà di Merlino e la minestra guadagnò in sapore ciò che Salciccia perse in sudore. Merlino: Direi che ci siamo. Puoi uscire dalla vasca, Salciccia. Salciccia: È la peggiore umiliazione della mia vita. Sono distrutto. Tartina: Hihi! “Di strutto!” Hihi!

(d) Anche in questo secondo gioco l’aiuto delle redattrici ha migliorato notevolmente la resa finale. La mia scelta era piuttosto forzata: pur di trovare qualcosa di spiritoso ho forzato un po’ le parole, e devo ammettere che tra «avvilito» e «bollito» non c’è se non un tenue legame. La contro-soluzione arrivata dalla redazione (non ricordo se da parte di Francesca o di Valentina) è forse meno originale (penso che l’abbiamo ricreata in molti, nelle nostre vite) ma decisamente più plausibile in contesto. Noterete anche il netto miglioramento nel passaggio da «il desiderio di Merlino fu esaudito» a «fu fatta la volontà di Merlino», con quel richiamo evangelico che era presente nel testo francese e che io mi ero perso. Ma a cosa stavo pensando? Al cruise mode bisogna fare attenzione, a quanto pare…

Terzo gioco di parole

Il terzo esempio l’ho inserito perché, lo ammetto, ne vado piuttosto fiero. Credo non servano particolari spiegazioni.

(a) Tartine: Babbo Natale… Ha un regalo per me? Babbo Natale: E che cosa hai chiesto, piccino? Tartine: Una poupée-dînette. Jambon: Ehm… Che cos’è una poupée-dînette? Tartine: È una bambola, ma si può mangiare. Jambon: Ah. Babbo Natale: Ecco, Tartine, una bambola tutta di carne macinata. Buon Natale e buon appetito! Ragazzino: E io, Babbo Natale? Ha il mio regalo?
(b) Tartina: Babbo Natale… Non avresti un regalo per me? Babbo Natale: Che cosa avevi chiesto, piccino? Tartina: Un pupranzetto. Salsiccio: Ehem… E che cosa sarebbe un pupranzetto? Tartina: È un pupazzetto ma lo puoi anche mangiare. Salsiccio: Ah. Babbo Natale: Ecco qua, Tartina. Un pupazzo tutto fatto di carne macinata. Buon Natale e buon appetito! Ragazzino: E io, Babbo Natale? Ha anche il mio regalo?

(c) Accolta.

4.

Quarto gioco di parole

Nell’esempio che segue, ricordo che al calembour si aggiunge la questione intertestuale, con i riferimenti – in originale – a due favole di La Fontaine, Le Corbeau et le Renard (Il corvo e la volpe) e Le Lièvre et la Tortue (La lepre e la tartaruga).

La cosa più importante, pensavo, era mantenere un riferimento il più possibile trasparente a qualcosa di conosciuto dal lettore italiano. E, se si fosse trattato di una favola – La Fontaine o Esopo avrebbero fatto al caso mio – tanto meglio! Per il primo esempio, le varianti sono numerose. Dopo la mia proposta (a dire il vero piuttosto demenziale: giudicate voi se «Tondo! Tondo!» possa essere il verso di un anello…) siamo arrivati insieme a una seconda soluzione, a mio parere molto buona. Per mantenere il riferimento a Il corvo e la volpe, la scelta è poi caduta su una terza possibilità. Devo dire che, secondo me, la soluzione intermedia era la migliore – quella più immediatamente comprensibile per qualsiasi lettore. Voi che ne pensate?

(a) Buffone 1: Il pubblico mi sembra molto ricettivo. Personaggio in nero: Quanto mi infastidiscono quei due! Buffone 1: Cra! Cra! Cra! Buffone 2: Qua! Qua! Pubblico: … Buffone 1: Era Il corvo e l’anatra. Personaggio in nero: Basta!

(b) Buffone 1: Il pubblico mi sembra molto ricettivo. Personaggio in nero: Quanto mi danno fastidio, ’sti due! Buffone 1: Uuuh! Uuuh! Uuuuh! Buffone 2: Tondo! Tondo! Pubblico:Buffone 1: Avete assistito a “Il lupo e l’anello”. Personaggio in nero: Ora basta!

(c1) Buffone 1: Il pubblico mi sembra molto ricettivo. Personaggio in nero: Quanto mi danno fastidio, ’sti due! Buffone 1: Uèèè! Uèèè! Uèèè! Buffone 2: Bèèè! Bèèè! Bèèè! Pubblico:Buffone 1: Avete assistito a Il pupo e l’agnello. Personaggio in nero: Ora basta!

(c2) Buffone 1: Il pubblico mi sembra molto ricettivo. Personaggio in nero: Quanto mi danno fastidio, ’sti due! Buffone 1: Mrrrr! Buffone 2: Uauuu! Pubblico:Buffone 1: Avete assistito a Il cervo e la volpe. Personaggio in nero: Ora basta!

Quinto gioco di parole

(a) Buffone 1: Insomma, questa corsa è la vittoria del melenso sulla tortura. Ah! Il melenso e la tortura. Eccellente! Buffone 2: Corri!

(b) Buffone 1: E insomma, abbiamo del tutto toppato l’esibizione e adesso ci tocca scappare dal re, che non ci difende… Ah! Toppata e fuga, il re m’ignora! Fantastico! Buffone 2: Corri!

(c) Buffone 1: E insomma, abbiamo toppato e ora ci tocca scappare… Ah! Toppata e fuga! Fantastico! Buffone 2: Corri!

(d) Per il secondo scoglio, non ho trovato soluzioni coerenti con l’immagine e con l’intertesto favolistico, decidendo così di ricorrere ad altri prodotti in senso ampio “culturali”. Spero che il riferimento alla Toccata e fuga in re minore di Johan Sebastian Bach fosse abbastanza esplicito! Il problema, però, era la lunghezza eccessiva del testo rispetto allo spazio disponibile nel balloon. Testo prontamente – ed efficacemente – ridotto da Francesca e Valentina per la versione (c).

5.

L’ultima serie di esempi è forse quella che meno si presta a lunghe discussioni. Una quiche lorraine è senz’altro fuori luogo nell’Inghilterra medievale, un fatto che ci permette di adattarla senza troppe remore a una ricetta conosciuta dai nuovi lettori e che abbia tra i principali ingredienti carne e formaggio. Al contrario, clotted cream e scones “esotizzano” tanto il testo francese quanto quello italiano, motivo per cui possono tranquillamente essere mantenuti. Approfitto di questi due casi per offrirvi un’immagine tratta dalla versione italiana – immagine che mi permetterà di introdurre un’ultimissima riflessione, che esula dal lavoro traduttivo (ma non del tutto, se la traduzione la intendiamo in senso più ampio, à la Jakobson):

Andate a riguardarvi le immagini originali – non solo queste due, ma tutte. Guardate la varietà di stili grafici del lettering francese, e confrontatela con la monotonia di quello italiano (che purtroppo non cambia negli altri casi). Indiscutibilmente, il lettering, per il fumetto, è una questione davvero complessa. Una complessità che emerge con particolare evidenza nelle traduzioni, nei casi in cui un lettering automatico venga a sostituirne uno che nella versione originale era manuale (Nardozza 2016).
Mi pare che il problema vada oltre la questione meramente estetica (Giada Nardozza, citata qui sopra, la pensa allo stesso modo), e che finisca per incidere sul senso e sulla fruizione dell’opera in senso più ampio. Le questioni relative alla traduzione, quindi, sono certo importantissime, ma un lavoro complicato e corale rischia di essere rovinato – quanto, dipende dalla reazione del singolo lettore – da fattori che esulano dalle questioni linguistiche. Niente di nuovo sotto il sole, certo, ma una maggiore cura (ahimè, con le spese che ne conseguono) permetterebbe di ottenere effetti più vicini a quelli del testo fonte. Leggendo il Merlin di Sfar e Munuera mi ero immensamente divertito; temo che il Merlino a disposizione dei lettori italiani possa non sortire per tutti lo stesso effetto. Mi auguro che almeno per i lettori di queste righe alcuni degli aspetti più divertenti siano emersi e possano aiutarli ad apprezzare nel giusto modo anche il testo italiano. Con un occhio, di tanto in tanto, alle infinitamente più pregevoli – linguisticamente, graficamente – tavole francesi qui presentate.

Ringraziamenti

L’autore e la rivista «tradurre. pratiche teorie strumenti» ringraziano gli editori per l’autorizzazione a pubblicare le immagini tratte dai loro volumi.
Gli estratti in francese provengono dai volumi: Merlin 1 – Jambon et Tartine, de Joann Sfar et José-Luis Munuera, © DARGAUD 1998; Merlin 2 – Merlin contre le père Noël, de Joann Sfar et José-Luis Munuera, © DARGAUD 1999. Gli estratti in italiano sono tratti dal volume Merlino Salciccia e Tartina, © Joann Sfar e José-Luis Munuera, #logosedizioni 2019.
L’autore ringrazia anche l’editore Logos e soprattutto Francesca Del Moro e Valentina Vignoli, le redattrici in questione.

Bibliografia

Corpus

Sfar, Munuera 1998: Joann Sfar et José-Luis Munuera, Merlin, tome 1 : Jambon et Tartine, Paris, Dargaud
Sfar, Munuera 1999: Joann Sfar et José-Luis Munuera, Merlin, tome 2 : Merlin contre le Père Noël, Paris, Dargaud
Sfar, Munuera e Regattin 2019a: Joann Sfar e José-Luis Munuera, Merlino, volume 1: Salsiccia e Tartina, Modena, Logos (tr. it. di Fabio Regattin).
Sfar, Munuera e Regattin 2019b: Joann Sfar e e José-Luis Munuera, Merlino, volume 2: Merlino contro Babbo Natale, Modena, Logos (tr. it. di Fabio Regattin)

Testi citati

Guy 2013: Madeleine Guy, Le Moyen Âge dans Merlin de Joann Sfar : une culture savante au service d’une réécriture pleine d’humour, in «Cahier de recherches médiévales et humanistes» n. 26, pp. 243-255

Holmes 1969: James Holmes,  Forms of verse translation and the translation of verse form, in «Translated! Papers on Literary Translation and Translation Studies», Amsterdam, Rodopi, 1988, pp. 23-33

2016: Giada Nardozza, Parole tradotte e problemi grafici: il lettering di Palestina di Joe Sacco, in «Fumettologica», 29 aprile (http://www.fumettologica.it/2016/04/lettering-palestina-joe-sacco/)

Podeur 2012: , Tradurre il fumetto – Traduire la bande dessinée, a cura di Josiane Podeur, Napoli, Liguori

Pym 2018: Anthony Pym, A typology of translation solutions, in «JosTrans» n. 30, pp. 41-65

Regattin 2018: , Fabio Regattin, Biodiversità, paesaggi adattativi, svincoli. Pratica della traduzione à contrainte con Perec, Prévert, Queneau e Vian, e alcune conseguenze per una didattica della traduzione, in Giochi di parole e traduzione nelle lingue europee, a cura di Fabio Regattin e Ana Pano Alamán, Roma, Aracne, pp. 103-119
Venuti 1995: Lawrence Venuti, The Translator’s Invisibility: a History of Translation, London, Routledge (in italiano Lawrence Venuti, L’ invisibilità del traduttore. Una storia della traduzione, traduzione di Marina Guglielmi, Roma, Armando 1999)Vinay, Jean-Paul, Jean Darbelnet, 1972. Stylistique comparée du français et de l’anglais : méthode de traduction, Paris, Didier

Zanettin 1998: Federico Zanettin, Fumetti e traduzione multimedial, in «InTralinea» n. 1 (http://www.intralinea.org/archive/article/1622)