di Damiano Latella
Marco Ottaiano, Madrid, romanzo urbano. Topografie letterarie nella novela spagnola contemporanea, Pironti, Napoli 2013, 200 pp., € 12
Si può leggere una città come un testo letterario, seguendo la continua evoluzione della sua identità: si pensi solo al magistrale esempio dato da Angelo Maria Ripellino con Praga magica. È l’operazione che ha compiuto l’ispanista Marco Ottaiano con la capitale spagnola. Riprendendo in apertura del suo saggio una bella frase di Roland Barthes, La ville est un discours, et ce discours est véritablement un langage – ovvero, nella traduzione di Camilla Maria Cederna, «La città è un discorso, e questo discorso è un vero e proprio linguaggio – con ammirevole chiarezza espositiva, Ottaiano indaga sulla presenza e sul ruolo di Madrid nella narrativa spagnola, focalizzandosi in particolare sugli ultimi vent’anni. Con meno di cinque secoli di vita alle spalle e nonostante una posizione geografica piuttosto insolita, la capitale della Spagna ha saputo riflettere fedelmente le sorti di una nazione messa a dura prova dai rivolgimenti del Novecento, sia in senso negativo sia in senso positivo. Basti pensare alla demografia: dal 1944, l’anno del celebre versodi Dámaso Alonso, Madrid es una ciudad de más de un millón de cadáveres – cioè «Madrid è una città di oltre un milione di cadaveri», secondo la traduzione di Giorgio Chiarini –, il milione di abitanti si è più che triplicato in soli settant’anni. Proprio per questo, la capitale si presta a un’analisi che tenta di comprendere l’intera Spagna.
È inevitabile partire da un excursus storico sui grandi autori dell’Ottocento e del Novecento, da Galdós a Baroja, da Cela a Umbral, curiosamente non tutti madrileni di nascita, ma pienamente accolti e integrati nella capitale, secondo una tendenza in atto ancora oggi. Ottaiano, quindi, sceglie di concentrarsi su sei scrittori contemporanei che hanno ambientato una o più opere a Madrid, trascurando la cronologia e le differenze generazionali: nell’ordine, Juan José Millás, Rafael Reig, Clara Sánchez, Juan Manuel de Prada, Julio Llamazares e David Trueba. A ognuno di loro è associato un aggettivo che prova a sintetizzare la rispettiva visione dello spazio urbano; la città – «(in)corporea», «liquida», «dei desideri», «barocca», «protagonista» o «implicita» – , non si limita a fungere da sfondo, anzi si intreccia strettamente alle vicende dei protagonisti, fino a diventare essa stessa un personaggio a pieno titolo, come nel caso di El cielo de Madrid del leonese Llamazares, pubblicato nel 2005 e mai tradotto in italiano. In molti romanzi emerge un sistema di contrapposizioni, che non si limita ai contrasti tra centro e periferia: si va dai vagabondaggi di un emarginato in Visión del ahogado di Millás, pubblicato in Spagna nel 1990 e anch’esso privo di traduzione italiana, testo in cui l’ambiente urbano riflette l’inquietudine del personaggio, all’ambivalenza di Madrid, luogo da cui fuggire e tuttavia in cui non si può fare a meno di ritornare, nel romanzo del 1999 Cuatro amigos di Trueba (Quattro amici, Feltrinelli, Milano 2000, traduzione di Michela Finassi Parolo), l’autore che ha recentemente trionfato ai «Goya», i premi nazionali spagnoli per la cinematografia, come regista del film Vivir es fácil con los ojos cerrados.
Nell’ultimo capitolo, fin troppo denso, si termina con una rapida ricognizione che coinvolge molti altri autori, alcuni dei quali ben noti al pubblico italiano: Almudena Grandes, Javier Marías, Arturo Pérez-Reverte e perfino il barcellonese Eduardo Mendoza. Una dimostrazione anche quantitativa della vitalità della narrativa degli ultimi anni.
A lettura conclusa, sorgono alcune domande. Non tutti i romanzi su cui si sofferma Ottaiano sono editi in Italia, e quelli che lo sono, per giunta, compaiono sotto editori diversi. Già questo basterebbe a delineare un quadro della ricezione della narrativa spagnola contemporanea, numericamente in crescita, ma ancora piuttosto disomogenea. Certo, non mancano le eccezioni, come dimostra il grande successo di Clara Sánchez con Lo que esconde tu nombre (Il profumo delle foglie di limone,Garzanti, Milano 2011, di Enrica Budetta), ma rimane un dubbio. Com’è rappresentata Madrid nell’editoria italiana? Come una città già nota ai lettori o come un mondo ancora da scoprire, al di là delle immagini turistiche? Forse si evita di tradurre romanzi “troppo madrileni”, temendo che il pubblico non si orienti fra calles e plazas?
Madrid, romanzo urbano costituisce senza dubbio un punto di partenza che mancava nel panorama italiano per intraprendere ulteriori indagini, non solo in campo letterario. Per fare un esempio, mentre noi ci interroghiamo all’uscita dal cinema sulla bellezza vera o presunta della nostra capitale, altrove non ci si pone il problema.