di Roberta Sapino
A proposito di: The Illustrated Survival Guide. Translators, testi a cura di Giacomo Benelli, Ivan Canu e Benedetta Lelli, traduzione in inglese di Katherine Clifton, illustrazioni di Daniele Morganti, Mantova, Corraini, 2020, pp. 71, € 12,00
Una ben graziosa guida di sopravvivenza per aspiranti traduttori – editoriali, soprattutto – o professionisti alle primissime armi, che ne affianca altre due, simili, dedicate ai mestieri dell’illustratore, dell’editor e dell’editore (The Illustrators Survival Guide, 2019 e The Illustrated Survival Guide. Editors and Publishers, 2020), e che nasce dalla collaborazione tra Mimaster Illustrazione e la fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori. Per compilarla, gli autori/curatori hanno consultato una trentina di professionisti del rango di Gina Maneri, Leonardo Marcello Pignataro e Claudia Zonghetti: le loro parole hanno fornito i materiali per i vari capitoli, e di tanto in tanto sono citate in riquadri che propongono testimonianze dirette su casi concreti.
Il risultato è interessante: al di là di qualche considerazione un po’ spicciola sulle gioie e i dolori della professione, di alcune questioni toccate così rapidamente che ci si chiede se fosse questo il luogo (come tradurre i dialoghi, ad esempio, o la poesia – alla quale si fa cenno solo attraverso una pur densa testimonianza di Luca Guerneri, pp. 44-45) e di occasionali tocchi di paternalismo («se intendete ancora dare retta alle coordinate cartesiane della vostra ostinazione, questo è il momento per mettere da parte l’irrazionale ottimismo verso le magnifiche sorti e progressive dei sogni e vestire lo scomodo saio della concretezza», pp. 62-63), il libriccino ha il merito di dire – e di mettere in ordine – quelle informazioni che spesso si imparano grazie al passaparola, o a proprie spese. Nei capitoli che sono probabilmente i meglio riusciti, un aspirante traduttore può scoprire quali sono gli enti formativi (anche se nulla è detto riguardo a organizzazione e qualità, pp. 70-71), i festival e i premi da tenere d’occhio (pp. 46), cos’è una prova di traduzione e quando questa si trasforma in lavoro gratuito, a cosa si deve badare quando si discute un contratto, quali sono le associazioni e le comunità – anche virtuali – in cui trovare consiglio, collaborazione, o addirittura progetti di mentorato (si vedano soprattutto il capitolo Il traduttore e gli altri, redatto da Lelli, Benelli e Canu, pp. 17-29, e quelli firmati dalle traduttrici Laura Cangemi e Roberta Scarabelli: Colleganza, pp. 48-54, e Il contratto, pp. 58-61). Ma diversi spunti utili, specialmente per chi ancora con la traduzione ha avuto poco a che fare, sono presenti anche nelle altre sezioni: in Ritratto di un traduttore dalle pagine di un vecchio dizionario ingiallito (pp. 4-8) Canu ricorda quanto sia importante badare alla propria salute (qualche pagina più in là, in Il lavoro del traduttore (pp. 9-16), la testimonianza di Isabella Zani ribadisce: occhi buoni e schiena sana sono strumenti di traduzione quanto i dizionari, p. 12) e quanto si debba imparare fin da subito a gestire le proprie questioni economiche e fiscali; in Dalla parte del testo Benelli suggerisce qualche coordinata per orientarsi nel dilemma tra specializzarsi in un campo ristretto e tradurre all’incirca qualsiasi cosa (pp. 30-36), e in Autopromozione smentisce che per un traduttore i social network valgano più di un sito ben fatto (pp. 55-57); in In balloon non sono palloni Canu accenna alle specificità della traduzione degli albi illustrati (pp. 37-43), mentre nella sezione conclusiva, Consigli non richiesti per traduttori alle prime armi (affilate) sempre Canu tira le fila e invita, per «realistica umiltà, che è anche opportunità» (p. 69), a imparare le lingue minori (pp. 62-69).
L’equilibrio tra lo sguardo critico sul sistema editoriale in cui il traduttore si inserisce e la mitizzazione del mestiere è forse più precario di quanto si sarebbe voluto, eppure è proprio quando si addentra nei dettagli pratici della professione che il libro si fa davvero interessante: senza intaccare i toni leggeri che lo caratterizzano, ai quali le illustrazioni di Daniele Morganti contribuiscono abbondantemente, si sarebbe forse potuto approfondire di più questi aspetti, magari lasciando più spazio alle voci in prima persona dei traduttori e delle traduttrici.
Un ultimo appunto: a p. 5 Benelli mette in guardia rispetto all’invisibilità del traduttore: «Non sempre il tuo nome comparirà in copertina, anche se la situazione oggi sta cambiando. […] Ti capiterà talvolta di sentirti un po’ invisibile tra le pagine appena pubblicate». Questo libriccino è realizzato in modalità bilingue: nella metà alta di ogni pagina incontriamo il testo italiano, in quella bassa, scritta in colore diverso, la sua traduzione in inglese. In copertina di nome non ce n’è nessuno, ma in cima a ogni capitolo, o addirittura paragrafo, è sempre ben indicato quello dell’autore o dell’autrice. Per scoprire che la traduzione l’ha fatta Katherine Clifton, invece, bisogna andare a cercare in fondo, nel colophon.