di Edoardo Esposito
Nel 1927, lasciata Genova, Montale chiudeva il faticoso periodo del suo precariato giovanile e, assunto a Firenze dall’editore Bemporad, poteva finalmente contare su un magro ma sicuro compenso mensile. L’impiego, tuttavia, non procura soddisfazione («Lavoro stupidamente», scrive all’amico Sergio Solmi il 25 marzo), e soprattutto non si configura come sufficientemente stabile; così, dopo poco più di un anno, saputo che stava per diventare vacante il posto di direttore del Gabinetto Vieusseux, è lì che il poeta avanza la sua candidatura. Racconta Giulio Nascimbeni:
Il Vieusseux era un ente morale presieduto dal filologo Paolo Emilio Pavolini. Tecchi propose a Pavolini il nome di Montale che entrò, al terzo posto, in una “terna” di candidati. La decisione finale spettava al podestà di Firenze, il conte Giuseppe della Gherardesca.
Della Gherardesca esaminò la breve lista, poi chiese, rivolto a Pavolini: «Naturalmente, sono iscritti al Pnf». Pavolini ebbe un attimo di esitazione, ma fu costretto a confessare la verità: «Il terzo non è iscritto». Il podestà lo guardò sorridendo: «E allora nominiamo il terzo». (Nascimbeni 1969, 96)
Comincia così, per il poeta, un decennio di lavoro che, pur non entusiasmante, gli consente di restare diuturnamente a contatto con quel mondo dei libri che già l’aveva affascinato e nel quale aveva già saputo distinguersi; ed è al Vieusseux che, nel 1933, Montale riceve la visita di una giovane studiosa americana, Irma Brandeis, colei che sarà la musa delle Occasioni¸ poesie pubblicate da Einaudi nel 1939 proprio al termine di questo lungo periodo: periodo che, per quanto riguarda il Vieusseux, ha termine il 1° dicembre 1938 per le stesse ed opposte ragioni che avevano determinato, dieci anni prima, l’assunzione del poeta. Considerato infatti che – come recita il Verbale di Adunanza del Consiglio d’Amministrazione dell’Ente –
le condizioni finanziarie del Gabinetto Vieusseux siano in questi ultimi tempi tali da impedire la continuazione di un proficuo funzionamento del medesimo […] la locale Federazione fascista si è dimostrata pronta a venire in aiuto dell’Ente purché questo si metta in grado di poter essere opportunamente utilizzato […].
Ritenuto come sia quindi necessario che la direzione del Gabinetto sia affidata a persona fornita anche di speciali requisiti occorrenti in rapporto all’accennata nuova funzione, fra i quali certamente da comprendersi l’appartenenza al P[artito] N[azionale] F[ascista]. […];
delibera di dispensare il dottor Eugenio Montale dall’ufficio di Direttore […].(Montale 1984, LXX)
Quella «appartenenza», infatti, continuava a non esserci, e Montale si trovò così ricondotto alla condizione del letterato in costante cerca di collaborazioni per sbarcare il lunario. A soccorrerlo, l’iniziativa degli amici che ne conoscono i bisogni non meno che il valore: nel 1939 lo troviamo infatti alle prese con la traduzione di The Life of Timon of Athens (Timone d’Atene) e di The Winter’s Tale (Racconto d’inverno) per la raccolta del teatro shakespeariano che Mario Praz curava per l’editore Sansoni; e per Bompiani traduce inoltre, di Steinbeck, In dubious battle (La battaglia), lavoro commissionatogli da Elio Vittorini per la collana «Corona» (si prescinde – non essendo l’obiettivo di questo intervento – dalla collaborazione prestata da Lucia Rodocanachi alle traduzioni sia di Montale che di Vittorini; cfr. comunque, in proposito, Esposito 2016). Sempre per Vittorini e Bompiani collabora inoltre alle antologie della serie «Pantheon» che escono a partire dal 1941; ed è con Vittorini, con il quale coltiva una sincera amicizia, che Montale instaura un rapporto continuato e per lui essenziale, del quale risulta particolare testimonianza un gruppetto di missive scambiate fra il 1939 e il 1941 che rispunta ora in fotocopia dal Fondo Vittorini del Centro Apice dell’Università di Milano, dove giaceva confuso tra i materiali che Raffaele Crovi aveva raccolto per il progetto dell’epistolario vittoriniano avviato a suo tempo da Einaudi e rimasto poi interrotto. Ora le lettere si trovano in una cartella intitolata appunto a Raffaele Crovi.
Sono lettere da considerarsi probabilmente perdute negli originali – testimonianze come sono della vita corrente, delle minute scadenze ed esigenze della vita di tutti i giorni, quando non c’erano email e il telefono era un lusso, – rapide annotazioni che avrebbero poca importanza se non chiamassero in causa gli autori che appunto Montale e Vittorini sono stati per il nostro Novecento e se non documentassero, in particolare, il triste periodo della storia di Montale che abbiamo ricordato e durante il quale, come recita la nota apposta nel 1948 al piccolo mannello delle sue traduzioni poetiche pubblicato, sotto il titolo complessivo di Quaderno di traduzioni, per le Edizioni della Meridiana, proprio le traduzioni «furono tra il 1938 e il 1943 i soli pot boiler a me concessi» (Montale 1948, 9).
Vittorini, anche lui spesso in affanno economico nel periodo giovanile, aveva lasciato la Firenze dove aveva stabilito fra le altre amicizie quella con Montale, e nel 1939 si era stabilito a Milano, rafforzando i suoi rapporti di collaborazione con Mondadori e legandosi poi a Bompiani. Gli fa visita Montale poche settimane dopo, prendendolo affettuosamente in giro per la sua sistemazione «a scartamento ridotto», e valutando tuttavia per sé un analogo trasferimento, per intanto rimandato:
Caro Elio,
scusa se stamani, essendomi baloccato un pò troppo, dovetti poi precipitarmi alla stazione senza più telefonare. Ti sono riconoscentissimo dell’ospitalità – certo il tuo nuovo ambiente è un pò a scartamento ridotto, ma è poi così dappertutto e tu saprai difenderti.
Io ormai, prima di decidere, attendo… gli avvenimenti storici che seguiranno.
Ti scriverò presto. Un abbraccio dal tuo Eusebio. (8 aprile 1939)
Ma intanto, e proprio tramite Vittorini, eccolo alle prese con collaborazioni e traduzioni:
Caro Elio,
Quasimodo m’ha chiesto una serie di documenti iconografici dall’età fetale fino ad oggi per TEMPO. Ti prego di fargli vedere il Guttuso; se lo interessa, potrebbe pubblicare il particolare della testa, senza però dimenticare la citazione “da un ritratto di Renato Guttuso”. L’importante è che ti restituiscano la fotografia, senza rovinarla. Io non ho altro: digli che forse Solmi potrebbe dargli qualche mio ritrattino del tempo della guerra.
Ti mando questa mia acquaforte in copia unica (ne resto senza anch’io) pregandoti di farla inquadrare in una cornice di pochi centimetri e di tenerla fra le tue curiosità. Se a Tempo interessa potrebbero pubblicarla, ma sempre a patto di non sciuparla nel fare il cliché e con l’obbligo di restituirti l’originale. È l’unico particolare che ho salvato di una lastra più grande che ho distrutto, dopo aver tirato in una copia questo frammento che mi piace molto.
Fa molto caldo e non posso più lavorare a Shakespeare; bada di non ridurti all’ultimo, perché è un osso duretto. Ormai ci vedremo a Bocca di Magra. (20 luglio 1939)
La collaborazione si estende presto, come si è detto, alle famose antologie di «Pantheon», prime fra le altre Teatro spagnolo, e Americana, curate entrambe da Vittorini stesso e pubblicate nel 1941 (anche se, come è noto, la seconda sarà poi costretta, per il veto della censura, a un certo periodo di quarantena); e poi Teatro elisabettiano, curata da Alfredo Obertello e uscita nel 1951 (ma lo Shakespeare qui citato rimanda piuttosto ai volumi già ricordati di Sansoni, in cui era coinvolto lo stesso Vittorini).
Proprio un messaggio a Montale viene a fare definitiva chiarezza sulla composizione della famosa antologia di scrittori americani, giacché Vittorini la annuncia pronta in data 13 maggio 1941: «La spagnola uscirà la settimana prossima. Per l’Americana ci tieni ad averla illustrata o no? Se la vuoi illustrata devi aspettare ancora qualche tempo. Se ti contenti di una copia senza illustrazione potrò mandartela alla fine di questa settimana»; ed è importante sottolineare come questa lettera permetta – contro l’ipotesi che le illustrazioni di Americana fossero state realizzate solo per l’edizione messa in commercio alla fine del 1942 (vedi Pavese 2018) – di confermare chiaramente che esse erano state preparate contestualmente all’edizione 1941 che non poté andare al pubblico (cfr. Esposito 2009 e 2011).
A giro di posta, il 15 maggio, Montale risponde lamentando la fatica degli impegni assunti e i pochi guadagni che vi corrispondono (ne troveremo traccia anche oltre):
Il ms. della Parker l’ho spedito racc. alla Casa Bompiani fin dal giorno 9. Ti prego rassicurarmi d’urgenza perché non ne ho copia e non vorrei che mi sfumassero così 3000 lire. Sono stato sciocco a non assicurarlo!! Rassicurami d’urgenza.
Senti, ho bisogno di una scusa per D’Ettore, perché quelle dieci schede non gliele arrivo proprio a fare per il 15 Giugno. Sono troppo indietro col Cervantes che è difficile assai, e per D’Ettore dovrei leggere 10 libri nuovi e scriverci su complessivamente 5 pagg. protocollo; un lavoro (per me) di 15 giorni per forse 200 lire!
Non potresti dirgli che sono ammalato (il che è anche vero in parte) e vedere se può girare il compito alla Orsola? Par[la]gliene te, alla Orsola; poi a D’Ettore scriverò anch’io. Ma digli che veramente ho un forte esaurimento nervoso e due giorni su tre ho un mal di testa da matti; è già difficile che abbia pronto il Cervantes per il 15 giugno.
Di Dorothy Parker, Montale aveva tradotto il volume Here Lies – più avanti citato come Qui giace – che con il titolo Il mio mondo è qui uscì anch’esso nel 1941. Ugo Dèttore curava per Bompiani la redazione del grande Dizionario delle opere, mentre il nome di Cervantes rimanda a quanto Montale stava traducendo per l’antologia Narratori spagnoli, che, curata da Carlo Bo, uscì nello stesso 1941. Orsola è la scrittrice e traduttrice Orsola Nemi.
Sbrigativo e rassicurante Vittorini («La Parker è qui da dieci giorni circa. Per le voci scrivi semplicemente a Dettore che sei malato e non hai tempo di farle», 24 maggio). Ma le ansie di Montale non vengono inevitabilmente meno; così in un messaggio del 1° luglio:
Caro Elio,
rimando a parte, a te, raccomandate, le bozze di Qui giace. Di’ a Raguzzi che il pacco ha tardato 7 giorni e quando è giunto io ero a Roma, sicché… Ma se mi mandava le bozze in colonna io mi sbrigavo 20 giorni fa e poi l’impaginato poteva essere curato da te, anche in mia assenza.
Ti prego di confrontare tu queste bozze con le ultime e definitive che saranno tirate. Io ho rinunziato a far correzioni di stile, ma varie battute erano state disposte in vari righi anche se parlava di seguito lo stesso personaggio (in ciò il mio manoscritto era chiarissimo) – e così ho dovuto correggere con la conseguenza che 3 o 4 pagine perdono un rigo e dovranno ripescarlo alla pagina successiva.
E il 28 dello stesso mese:
Carissimo Elio,
ti pregherei farmi spedire alla pensione Bertelli (Forte dei Marmi) qualche soldo: o il “saldo Parker” o il compenso della Spagnola (a tua scelta). Vado lì domani. Spero di vederti giungere per qualche giorno. È affollatissimo, ma la Mosca [nomignolo di Drusilla Tanzi, la compagna di Montale] riuscirà (credo) a trovarti un alloggio qualunque, se avvisi in tempo.
La bozza della presentazione (o risguardo) Parker non l’ho vista. L’hai controllata te?
Ti vedrei con infinita gioia. […] Ho consegnato a Bo tutto il mio lavoro per i Narratori spagnoli. I 2 perros di Cervantes… (103 pag.), Bécquer (13 pag.) e R. Gomez de la Serna (27 pag.).
Le osservazioni pratiche si affiancano a quelle affettive, ma le necessità premono e il dialogo si svolge soprattutto per rapide informazioni e richieste. Ancora Montale:
vorrei sapere se hai dei libri di De Foe (in inglese) e quali, e se potresti prestarmeli, a eccezione di Robinson e Capt. Singleton che posseggo. Hai ancora il Dottin? (questo però non m’occorrerebbe, per ora; potrei prenderlo a Milano, quando verrò). Devo fare un’antologia di De Foe per Garzanti e sono pochissimo documentato» (6 settembre 1941; il riferimento è probabilmente a Dottin 1924).
Risponde Vittorini l’8 settembre annunciando una visita a Firenze, presumibilmente in cerca di illustrazioni per un’altra antologia in corso, Germanica, della cui cura era incaricato Leone Traverso: è noto quanto Vittorini curasse personalmente anche questo aspetto dei volumi; cfr. in proposito Maroccini 2015:
Carissimo Montale,
di testi di Defoe non ho oltre il Robinson e il Singleton, che il diario della peste. Se lo vuoi, te lo mando subito. Il resto dovrebbe esserci al Vieusseux. Di recente ho letto, venutomi appunto dal Vieusseux, le memorie d’un cavaliere. Il Dottin lo possiedo ancora, ed è a tua disposizione, per quando lo desideri. Magari te lo porto io a Firenze, perché debbo venirci a far ricerche presso l’istituto germanico (sezione Belle Arti) verso la fine di ottobre. Anzi, a proposito, ti pare che potrei avere aperte le porte di quell’Istituto a mezzo di Bandinelli?
Infine vorrei sapere se tradurresti volentieri un romanzo della Murasaki scelto tra i sei che compongono la sua opera. Dico: lo tradurresti dall’inglese?
Risponde Montale con una cartolina postale il giorno 11: «In fretta: accetterei volentieri Murasaki. Manda per favore: Dottin / Peste (in inglese e in italiano) / e possibilm. il romanzo di Anna Banti [Sette lune, pubblicato allora da Bompiani]. Bandinelli ti aiuterà certo moltissimo». Bandinelli è il noto storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli.
E infine, il 27 settembre:
Elio querido,
grazie dei libri. Io di Murasaki ho solo il I° vol. che salvo errore è già stato pubblicato da Corbaccio; ma i volumi sono sei e in Inghilterra hanno avuto esito decrescente anche perché sono usciti a distanza di anni. Qui i libri non li trovo di certo. Che fare? In caso che tu li abbia, tu che sei più celere nella lettura non potresti individuare il più interessante? (Credo però che sia proprio il I°) Alla peggio farò scegliere o sceglierò io stesso. C’è però il caso (non farne cenno a nessuno, nemmeno a Ferrata-Cruciani) che io debba intraprendere prestissimo un lavoro di carattere cinematografico, molto più redditizio. In tal caso rinunzierei per qualche tempo alle traduzioni, conservando il solo impegno per il De Foe (Garzanti). Ma finché la cosa non è certa posso trattare per Murasaki e semmai la scelta servirà per un altro.
Vedi un pò come stanno le mie finanze presso Bompiani. Io debbo avere 1200 lire (mi pare) per la spagnola e 1500 per il saldo Parker, avendo consegnato da tempo le ultime bozze. Ho l’impressione di aver ricevuto per l’Americana L. 944 più del giusto. M’ha dato in due volte L. 4700 (prima [L]. 2000 e poi L. 2700) e il dovuto era di L. 3756; salvo che il primo versamento non fosse di 1000 e allora mancherebbero 56 lire al saldo dell’americana. Se invece le cose stanno come dico io, io dovrei avere 1200 + 1500 – 944 = 1756 che ti prego farmi mandare. Ma forse non c’è errore; o se c’è passa inosservato ed io posso intascare L. 944 in più per l’americana, ciò che non ripugnerebbe punto alla mia coscienza dato che Billy Budd meritava più di 12 lire alla pagina. Insomma risolvi tu il caso, magari senza parlarne a Raguzzi, ché quello se trova un errore sviene certo.
Effettivamente, Corbaccio aveva pubblicato di Murasaki, nel 1935, Il principe Ghengi, con una traduzione spacciata per essere direttamente «dal giapponese di Arturo Waley», mentre in realtà questi era il traduttore inglese che aveva servito da “ponte” per il vero traduttore italiano, Domenico De Paoli, il quale non aveva esitato a querelare la casa editrice, ottenendo soddisfazione (Gobetti 2017). Bompiani ripiegherà infine sui due titoli La signora della barca (1944) e Il ponte dei sogni (1947) con la traduzione di Piero Jahier, ovviamente tramite quella francese di Yamata Kiku (ancora Gobetti 2017). Del poeta genovese uscirà, accanto a traduzioni di Luigi Berti, nel volume del 1947 Il volto di pietra della stessa collana «Corona», la versione dei racconti di Hawthorne già comparsi in Americana: Wakefield, Il velo nero del pastore (da The Minister’s Black Veil), Il volto di pietra (da The Great Stone Face), con l’aggiunta di Il tesoro di Peter Goldthwaite (da Peter Goldthwaite’s treasure). A Mondadori andrà, invece, nel 1946, la traduzione di un altro libro di Steinbeck, To a God Unknown (Al dio sconosciuto). Rimarrà invece incompiuta la traduzione, avviata per Einaudi, di William Henry Hudson La vita nella foresta (per cui cfr. Grignani 1987).
Sempre agli anni quaranta risale l’impegno per traduzioni teatrali come quella di Strange Interlude di O’Neill (Strano interludio, Roma, Edizioni del Teatro dell’Università, 1943), e di Hamlet (Amleto, principe di Danimarca, Milano, Cederna, 1949); soprattutto è alla fine del decennio che vengono raccolte sotto il titolo già citato, Quaderno di traduzioni, le versioni o imitazioni in versi, dove meglio si esplica il genio del linguaggio montaliano.
Ma non è una compiuta rassegna di questo lato del suo lavoro che si intendeva qui dare (e rimandiamo senz’altro alla sempre ottima Bibliografia montaliana di Laura Barile, 1977), quanto arricchirne le molte sfumature con le lettere che abbiamo citato e che restano anche testimonianza di una viva amicizia; Montale chiudeva l’ultima lettera cui abbiamo fatto riferimento con «Un abbraccio affettuoso»; Vittorini commentava quella sua visita a Milano scrivendo all’amico Silvio Guarnieri il 12 aprile 1939: «Bello è stato Montale, venuto qui alcuni giorni in visita di prova. È sempre il più umano tra tutti» (Vittorini 1985, 96).
Riferimenti bibliografici
Barile 1977: Laura Barile, Bibliografia montaliana, Milano, Mondadori (per le traduzioni, pp. 255-261)
Dottin 1924: Paul Dottin, Daniel De Foe et ses romans, Paris, Les Presses Universitaires de France – London, Oxford University Press
Esposito 2009: Edoardo Esposito, Per la storia di “Americana”, in Il dèmone dell’anticipazione. Cultura, letteratura, editoria in Elio Vittorini, a cura di E. Esposito, Milano, Il Saggiatore – Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, pp. 31-44
– 2011: Edoardo Esposito, Elio Vittorini. Scrittura e utopia, Roma, Donzelli editore
Gobetti 2017: Norman Gobetti, Da lingue ignotissime. Le traduzioni da lingue ponte della narrativa dell’Estremo oriente, in «tradurre. pratiche teorie strumenti», n. 13 (autunno 2017) (https://rivistatradurre.it/2017/11/da-lingue-ignotissime/)
Grignani 1987: Maria Antonietta Grignani, A Play of Iiridescent Colour, in William Henry Hudson, La vita della foresta, traduzione di Eugenio Montale, a cura di M.A. Grignani, Torino, Einaudi, pp. 303-25
Maroccini 2015: Giuliano Maroccini, L’occhio di Vittorini, «Letteratura e Letterature», n. 9, pp. 61-77
Montale 1948: Eugenio Montale, Quaderno di traduzioni, Milano, Edizioni della Meridiana
– 1984: Eugenio Montale, Tutte le poesie, a cura di Giorgio Zampa, Milano, Mondadori
Nascimbeni 1969: Giulio Nascimbeni, Montale, Milano, Longanesi
Pavese 2018: Claudio Pavese, L’avventura di Americana, Milano, Unicopli
Vittorini 1985: Elio Vittorini, I libri, la città, il mondo. Lettere 1933-1943, a cura di Carlo Minoia, Torino, Einaudi
– 2016: Elio Vittorini, Si diverte tanto a tradurre? Lettere a Lucia Rodocanachi 1933-1943, a cura di Anna Chiara Cavallari e di Edoardo Esposito, Milano, Archinto