Poesia francese tradotta in italiano (1990-2016)

CON UNA RIFLESSIONE PERSONALE

di Fabio Scotto

1. Premessa.

POESIA FRANCESE 1Senza alcuna pretesa di esaustività, questo scritto si propone di fornire al lettore alcune coordinate generali sulla ricezione editoriale della poesia francese tradotta in Italia, attraverso una riflessione sul catalogo delle principali case editrici, allo scopo d’identificare linee di tendenza, orientamenti critici e valenze autoriali utili alla comprensione del fenomeno e dei suoi influssi.

In primo luogo s’impone una riflessione che consenta di cogliere affinità e differenze tra le due storie culturali, quella della poesia italiana e quella della poesia francese, le quali, nonostante talune tangenze, permangono ben diverse l’una dall’altra, per varie ragioni per lo più legate alla loro diversa evoluzione storica e stilistico-formale.

Se decisivo fu in passato l’influsso del petrarchismo italiano sulla poetica della Renaissance del Cinquecento francese (di qui l’esercizio imitativo, più che traduttivo, dei poeti della Pléiade, da Ronsard a Du Bellay, sui modelli classici greco-latini e italiani), così come della cosiddetta École lyonnaise — e analogo influsso si rileva per il genere teatrale da parte della “commedia dell’arte” sul teatro di Molière nel Seicento —, con l’avvento, nell’Ottocento, della poesia simbolista (Nerval, Guérin, Baudelaire, Rimbaud, Lautréamont, Mallarmé) si assiste a un’evoluzione della poesia verso la prosa che non ha un equivalente coevo nella lirica italiana; donde uno sfasamento le cui conseguenze sono ancor oggi avvertibili nel gusto e nell’idea di genere, che permane legata, in Italia, all’influsso prevalente di Dante e Petrarca, ovvero a un’idea di poesia affidata quasi esclusivamente al verso, mentre invece oggi l’opera dei poeti francesi contemporanei fa largo spazio alla prosa “di poesia”, sia all’interno della loro stessa produzione poetica, sia come ricorso alla prosa quale genere prevalente, sia come alternanza di prosa e verso all’interno di una stessa opera, quando non anche di uno stesso testo poetico. Non a caso i maggiori poeti italiani sono raramente dei narratori (il che non vuol dire che non lo siano del tutto, ma che lo sono sporadicamente: basti pensare a Sereni, Caproni, Luzi, Giudici, Zanzotto…) ma spesso dei grandi traduttori, mentre in Francia non infrequente è la co-presenza dei due generi (penso ad André Breton, Louis Aragon, Jean Genet, Raymond Queneau, Bernard Noël…), così come un’evoluzione in senso prosastico della forma poetica (si pensi a René Char, Henri Michaux, Francis Ponge, Yves Bonnefoy, Philippe Jaccottet…).

Le conseguenze di queste diverse evoluzioni formali del genere non sono trascurabili, specie se si guarda all’idea di poesia e al rapporto con il pubblico, come allo sguardo che su essa rivolge la critica (interessante, specularmente, potrebbe essere a tal proposito uno studio che mostrasse l’influsso esercitato dalla poesia su opere narrative contemporanee come quelle di un Pierre Michon o di un Jean Frémon, ad esempio…). Se infatti la poesia è all’origine stessa della letteratura, che risale al poema epico antico, in essa tuttavia è spesso presente un implicito intento narrativo che opere come quelle di Omero o la Commedia dantesca non paiono smentire, anche perché, guardando alla Francia, il verso “classico” della poesia francese, l’alessandrino, trae origine da un’opera in versi chiamata Roman d’Alexandre, della fine del XII secolo, a significare anche come il romanzo, fin dal nome del genere, gemini dalla lirica.

Ho scelto di soffermarmi in particolare sugli ultimi venticinque anni, per ragioni di praticità e spazio, anche perché il dopoguerra, con l’avvento delle scienze umane, del Nouveau Roman, del Théâtre de l’absurde, della Nouvelle Critique e delle seconde avanguardie, avrebbe richiesto una problematizzazione molto ampia che sarebbe stato alquanto riduttivo restringere al solo ambito poetico. È pur vero che la portata di tali eventi culturali giunge fino alle produzioni odierne, se non altro perché contribuisce a delineare per più aspetti il dibattito che vede contrapposti lyrisme e anti-lyrisme, come ho ampiamente spiegato in alcuni miei contributi recenti (Scotto 2015a; Scotto 2011), pur se sono consapevole che oggi, anche all’interno di questa bipartizione criticamente funzionale e operativa, sussistano infinite pratiche di scrittura e dispositivi diversi.

Per lirismo s’intende sostanzialmente una modalità di scrittura poetica che si fonda sulla soggettività scrivente e su una fiducia nella poesia come approccio al mondo, agli esseri e alle cose che non si nasconde dietro gli artifici verbali e ha fiducia nella transitività della parola poetica quale mezzo per rifondare il mondo e la relazione umana; si tratta insomma di una poesia che crede ancora, nonostante tutto, nella poesia come possibilità salvifica e che si traduce in un’articolazione vocale e musicale cui corrisponde una specifica postura del soggetto nei confronti dell’essere. Su questo fronte troviamo oggi in lingua francese poeti come Yves Bonnefoy (nato nel 1923), Philippe Jaccottet (del 1925), Claude Vigée (Claude André Strauss, 1921) e altri.

Per anti-lirismo intendiamo l’oggettivismo formalista che incentra la poesia prevalentemente sul significante e sul meccanismo linguistico e formale, mettendo in discussione la soggettività della scrittura attraverso una de-soggettivazione e una de-costruzione del linguaggio che si vale di molteplici tecniche ibridanti come il sampling o il cut-up (ereditate dall’oggettivismo americano), tese ad acuire la performatività del gesto, la confusione identitaria, fino a mettere in discussione la possibilità stessa della significazione, del senso della poesia. Di qui anche una matrice meta-poetico-critica che tende a parlare “contro” la poesia (e in special modo contro il canto) pur facendola (tale asse è delineato da Francis Ponge [1899-1998] e giunge a opere come quelle di Denis Roche [1937-2015], Emmanuel Hocquard [del 1940], Jean-Marie Gleize [del 1946], Philippe Beck [del 1963], Pierre Alferi [del 1963] e numerosi altri), o spingendosi oltre essa ibridandola, per esempio verso il cinema o la fotografia, oppure verso la pittoricità della poesia lettriste (Pierre Garnier, Isidor Isou) o sonora (Bernard Heidsieck, Julien Blaine…).

È possibile, in taluni casi, trovare delle equivalenze, non fosse che sul piano delle intenzioni, con questi fenomeni anche nella poesia italiana attuale, spesso frutto di contatti tra le due letterature, con il portato di sinergie e sodalizi teorico-polemici che ne conseguono. Vedremo ora, prendendo spunto da uno sguardo ai cataloghi di alcuni editori, come e cosa di questa produzione sia giunto in Italia nel periodo d’osservazione eletto e che da ciò si possa dedurre in sede critica e storica della ricezione da noi della poesia francese d’oggi.

2. Il catalogo editoriale

Se si guarda alla presenza della poesia francese nell’editoria italiana odierna, si può notare come essa non sia così capillarmente diffusa, eccezion fatta per alcuni “classici”, che vanno da François Villon a Victor Hugo, da Charles Baudelaire a Paul Verlaine, da Arthur Rimbaud a Stéphane Mallarmé, fino a Paul Valéry, Jacques Prévert, Antonin Artaud, Yves Bonnefoy e Philippe Jaccottet. Questi autori sono probabilmente i più presenti nel catalogo italiano attuale, benché con pesi non sempre tra loro comparabili, e perciò contribuiscono a determinare un “canone”, quello che induce a ritenerli quanto di più importante sia stato prodotto in poesia in Francia negli ultimi secoli.

Diverso il discorso sulle generazioni più recenti, assai meno note e certo prive di una capacità attrattiva comparabile a quella delle generazioni precedenti. Ciò è dovuto in parte all’arduo linguaggio adottato e al conseguente minor tasso d’intelligibilità e leggibilità, oltre che alla crescente difficoltà di pubblicazione e diffusione della poesia, almeno attraverso il libro. Molte collane infatti sono in crisi, chiudono, o, se non chiudono, si vedono comunque costrette a limitare di molto la quantità dei titoli pubblicati, a fronte di una crisi di mercato e di un’attenzione decrescente, salvo rare eccezioni, della stampa specializzata e generalista. Si aggiunga il fatto che molte riviste di poesia stentano sempre più a trovare spazi di distribuzione, o si spostano per ragioni di costi sul web, il che comunque modifica l’approccio, la prospettiva e forse anche il tipo di pubblico. Ad ogni modo s’impone un’osservazione che muova da qualche dato oggettivo e che giustamente valorizzi, quando è il caso (e spesso lo è), il coraggio di talune case editrici medio-piccole che spesso esercitano, così come certe riviste, un vero e proprio ruolo pionieristico o di supplenza rispetto a quanto proposto dalle case maggiori.

Nelle collane Mondadori, la presenza francese è di fatto limitata, per «I Meridiani», a Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Bonnefoy e Valéry, il che si spiega con l’identificazione, attraverso tali scelte, di un canone (ma certo meritevoli di futura inclusione apparirebbero, per ragioni diverse, autori come Mallarmé, Apollinaire, Breton, Char, Ponge, Michaux, che hanno un ruolo storico ormai internazionalmente riconosciuto). Nella collana «Nuovo Specchio. I poeti del nostro tempo», i soli titoli di autori francesi sono quelli di Bernard Noël (nato nel 1930), Estratti del corpo (Bisutti 2001) e i due di Yves Bonnefoy, Le assi curve (Scotto 2007) e L’ora presente (Scotto 2013a). Negli «Oscar Classici» appaiono solo le principali opere poetiche di Baudelaire, le poesie di Mallarmé e di Rimbaud.

Einaudi, se da un lato consolida la presenza dei classici nella «Collezione di poesia», la «bianca», con opere di François Villon (Garibaldi 2015), Nerval (Grange Fiori 2014), Rimbaud (Bona 2007), dall’altro apre anche a una contemporaneità più recente, da Raymond Queneau (Solmi 2003) a Yves Bonnefoy (Grange Fiori 1990, Bracaglia 2001) e a Philippe Jaccottet (Pusterla 1992), fino all’italianista Jean-Charles Vegliante (Raboni 2004), nato a Roma nel 1947 e noto soprattutto come traduttore di Dante e saggista, e ad Antonin Artaud (Tadini 2003), autore fondamentale del surrealismo eterodosso, per poi dare alle stampe, a mia cura, l’antologia della poesia francese contemporanea Nuovi poeti francesi (Scotto, Pusterla 2011), sulla quale tornerò poi. La pur molto importante collana «Scrittori tradotti da scrittori» (serie trilingue), diretta da Valerio Magrelli e oggi chiusa, ha visto implicati come traduttori autori francesi, ad esempio Yves Bonnefoy, ma non ha contemplato, a mia conoscenza, testi di poesia francese recati in lingua italiana.

Sul fronte dei “classici”, significativa la collana «Omicron» dell’editore Crocetti, che sotto il titolo comune di Le più belle poesie, ha proposto in formato tascabile opere di Rimbaud, Mallarmé, Apollinaire, Aragon, ma anche, nella collana «Lekythos», Charmes di Valéry (Tassoni 1992) e l’ampia antologia di Yves Bonnefoy Seguendo un fuoco (Scotto 2003), senza dimenticare altresì l’Antologia della poesia contemporanea del Québec curata da Titti Follieri (1998). Molto presente Valéry, già da prima del recente Meridiano (Giaveri 2014), nel catalogo Guanda, di cui la collana «Fenice contemporanea», a lungo coordinata da Giuseppe Conte e Valerio Magrelli, propone le Opere scelte (Cescon, Magrelli 1989). Tra le varie altre versioni, si segnala anche quella de Il cimitero marino di Patrizia Valduga, particolarmente attenta alla ricreazione metrico-rimica della forma chiusa (Valduga 1995). La presenza di Valéry si spiega forse con la centralità che la sua opera ha avuto nel Novecento come raccordo fra la tradizione e l’innovazione e nell’apertura della poesia al confronto con le scienze esatte e col funzionamento della macchina intellettuale, modo questo di considerare, attraverso il poeta, anche il pensatore.

Sempre nel catalogo Guanda appaiono, dagli anni settanta, opere di Apollinaire, Alfred Jarry, Victor Segalen e Jude Stéfan, che invece propongono il fronte più avanguardista e orientalista del secolo scorso, poi seguite dall’importante Dal mondo intero di Blaise Cendrars (Cortiana 1998), poeta fondamentale in quanto anticipatore del cubismo apollinairiano e di quella che andrà sotto il nome di poesia cinetica, fortemente influenzata dalla fotografia. Sempre a Cendrars Rino Cortiana ha dedicato altresì il volume Al cuore del mondo (Cortiana 1992), edito da Scheiwiller.

Un discorso a parte merita certamente Jacques Prévert, (1900-1977), giunto alla poesia quasi involontariamente dal cinema, per il quale firmò molte celebri sceneggiature e divenuto un best-seller della poesia europea, specie per l’immediatezza comunicativa della sua poesia, capace di uno sguardo sensibile e diretto sull’amore, sul quotidiano urbano e sulla crudeltà della guerra e declinabile anche in canzone. Ebbene, il suo nome è il più presente nel catalogo della «Fenice» di Guanda (che a parte ha pubblicato il tutto anche in un apposita collana di «Opere di Jacques Prévert», con ben nove titoli (li trovi in Bibliografia sotto i nomi dei traduttori: Francesco Bruno, Roberto Carifi, Maurizio Cucchi, Giandomenico Giagni, Vivian Lamarque, Giovanni Raboni, Luigi Tundo), che indubbiamente rispondono a un interesse del pubblico. Poiché altrettanto avviene, sul versante ispanico e presso vari editori, per poeti come Pablo Neruda e Federico García Lorca, ciò dovrebbe indurre a una seria riflessione su cosa della poesia sappia far breccia nel cuore delle persone, e sul valore del “semplice” (troppo spesso confuso a torto con il “facile”), inteso come “universale” e come “comune a tutti”, che determina la “popolarità” di un autore e della sua poesia, specie anche quando, ed è sicuramente il caso di tutti e tre i nomi summenzionati, “civile”.

Non si discosta molto da questa idea “classica” della lirica francese la proposta della Collana «Passigli Poesia» di Passigli Editori in Firenze, fondata da Mario Luzi, grande poeta e noto francesista e ispanista. Qui appaiono, in un catalogo che fa quantitativamente molto più spazio ad autori d’area anglosassone e soprattutto iberica e ispano-americana (su tutti Neruda, Salinas e Pessoa), opere di Paul Éluard (1895-1952; Accame 1996, ripresa di un’edizione Lerici 1965, già ripubblicata da Sansoni nel 1971), Raymond Queneau (1903-1976; De Poli 2004) , ma anche dell’africano d’espressione francese Léopold Sédar Senghor (1906-2001; De Poli 2000), a indicare l’esigenza di inserire ormai nella letteratura francese il vasto settore della francofonia europea ed extra-europea, in parte retaggio del colonialismo l’oltralpe dei secoli scorsi.

Tra classici e nuove proposte novecentesche si muove anche l’editore Scheiwiller, che pubblica, a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, opere di Baudelaire, Apollinaire, du Bouchet, rispettivamente curate da Giuseppe Guglielmi (1987), Luigi Cavallo (1986), Delfina Provenzali (1996), oltre a Libretto di Philippe Jaccottet (Pusterla 1995). Anche un editore importante come Garzanti dedica nella collana «Garzanti Poesia» un solo titolo a un poeta francese contemporaneo, ovvero Jacques Dupin (1927-2012; Provenzali 1986), noto anche come critico d’arte e fautore di una poesia sensibile alle dinamiche dell’erranza e del corpo. Dupin e appare anche con una plaquette presso un piccolo editore come Lietocolle di Faloppio (Isella 2006); mentre nella «BUR della Poesia» di Rizzoli figurano i consueti classici, da Baudelaire a Verlaine, con l’attenzione rivolta però anche a due figure più singolari della stagione simbolista come Laforgue (Guaraldo 1986) e Lautréamont (Landolfi 1995).

Se volgiamo ora lo sguardo verso la medio-piccola editoria si possono avere delle sorprese perché, come è noto, spesso ai piccoli editori è demandata la ricerca e il rischio di puntare su nuovi autori che poi finiscono talvolta con l’essere ripresi dai più grandi, una volta affermatisi grazie alla loro scoperta. Nel catalogo della collana «Donzelli Poesia» figurano solo due autori francesi: il primo è il celeberrimo René Char (1907-1988), riproposto nella traduzione di alcuni inediti a cura di Vittorio Sereni (2010); il secondo costituisce una proposta più singolare, ovvero quella del medico-viaggiatore di origine ungherese poi trasferitosi in Medio Oriente Lorand Gaspar (classe 1925; vedi Vezzali 2006), autore di una poesia dai tratti naturalistici e fortemente meditativi che rimanda in qualche misura al dettato di Jabès, non fosse che per gli scenari spesso abbacinanti e desertici.

Si deve specie alle cure di Fabio Pusterla presso Marcos y Marcos la presenza di Philippe Jaccottet, come lui svizzero e autore fra i più importanti dell’odierno panorama d’oltralpe, con opere quali Alla luce d’inverno (Pusterla 1997), Arie (Crovetto 2000), E, tuttavia (Pusterla 2006), oltre allo splendido Paesaggi con figure assenti (Pusterla 1996), quest’ultimo pubblicato dall’editore locarnese Armando Dadò. Per Marcos y Marcos, nella collana dei «Testi di Testo a fronte» appare, sempre a cura di Pusterla, nel quadro delle iniziative del «Centro Poesia e traduzione» diretto da Franco Buffoni e del seminario da esso organizzato al castello di Costigliole d’Asti nel 1998, un’importante antologia dal titolo Nel pieno giorno dell’oscurità. Antologia della poesia francese contemporanea (Pusterla 2000), nella quale figurano testi di Yves Bichet (classe 1951), Martine Broda (1947-2009), Bernard Chambaz (1949), Jean-Pierre Colombi (1941), Jacques Darras (1939), Antoine Emaz (1955), Béatrice de Jurquet, Hédi Kaddour (1945), Jean-Pierre Lemaire (1948), Jean-Michel Maulpoix (1952), Michel Orcel (1952), Bernard Simeone (1957), con traduzioni di Gianni D’Elia, Franco Buffoni, Vivian Lamarque e dello stesso Pusterla: esperienza innovativa che può vagamente richiamare quella condotta dalla Fondation Royaumont sulla traduzione collettiva, inventata da Bernard Noël e Rémy Hourcade in Francia a metà degli anni ottanta.

Più varia ed eterogenea la proposta delle ora non più attive Edizioni del Leone, dirette da Paolo Ruffilli, che nella collana «Selected Poems» hanno pubblicato l’antologia di Yves Bonnefoy Terre intraviste (Scotto 2006), ma anche, sempre a mia cura, la prima antologia poetica apparsa in Italia di uno dei maggiori poeti francesi viventi, Bernard Noël, Il rumore dell’aria (Scotto 1996), di cui anche in precedenza avevo curato per Guerini e Associati un libro particolarmente significativo di un approccio al frammento poetico, a cavallo fra la prosa poetica e la riflessione estetico-filosofica, dal titolo Diario dello sguardo (Scotto 1990); dello stesso autore segnalo poi anche la pregevole raccolta L’ombra del doppio (Frisa 2007), presso Joker. Ecco così che un nome ritenuto di un’importanza storica tale da essere scelto, come abbiamo visto, per inaugurare con un suo titolo del 1958 la collana del «Nuovo Specchio Poesia» di Mondadori (Bisutti 2001) sia stato, prima e dopo questo evento, pubblicato nel nostro paese rispettivamente da Guanda (Bisutti 1997), dalle Edizioni del Leone, da Joker, e poi, sul fronte della narrativa, da ES, Abramo, Manni, Archinto. Si dimostra in tal modo l’assoluta incapacità dell’editoria italiana di compiere sulla vasta e significativa opera di Noël poeta, romanziere e saggista, neppure per genere, un lavoro sistematico che comprenda una proposta in più titoli, quando invece in Francia P.O.L. éditeur sta da alcuni anni raccogliendo in ponderosi volumi le sue Œuvres abbinando suoi testi editi e inediti. Come quasi sempre – rare eccezioni forse Bonnefoy e Prévert – vince quindi da noi la dispersione editoriale, con effetti inevitabilmente negativi sulla ricezione degli autori.

Tornando alle Edizioni del Leone, da segnalare altresì un’antologia limitata a pochi ma significativi autori della nuova poesia francese, Giovane poesia francese (Velez 1992), un’altra del noto narratore francofono Tahar Ben Jelloun, del 1944 (Giabardo 2009), così come la proposta di raccolte di autori di qualità, ma più appartati, quali Patrice Dyerval (Scotto 1990 e Bruno 2008), normalista e traduttore dell’opera di Montale per Gallimard, oltre che di Maria Luisa Spaziani e altri autori contemporanei, o il musicista (violoncellista) e poeta Alain Lambert (Bruno 2007).

Coraggiosamente, ma coerentemente eclettiche risultano altre proposte, come quelle di Jean Flaminien da parte del raffinato Book editore (Larocchi 2001, 2005, 2009, 2011 e 2012; Rossi 2016), autore nella cui fluvialità di ritrovano alcune delle ragioni fondanti della ricerca francese novecentesca; le edizioni SE di Milano, dedite da sempre alla ricerca dei testi più raffinati della letteratura erotica, della filosofia orientale e dell’estetica dell’arte, riprendono in catalogo versioni di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Mallarmé, ma anche l’antologia Lodi del corpo femminile. Poeti francesi del Cinquecento (Principato 2013, ripresa da una proposta degli Oscar Mondadori risalente al 1984), la quale consente una riscrittura, ad opera di alcuni fra i maggiori poeti italiani, delle liriche dei poeti francesi rinascimentali, operazione che si rivela interessante per la varietà delle modalità e degli approcci traduttivi, spesso rivelatori della poetica del traduttore. Di recente è poi apparso a mia cura per i loro tipi anche la silloge di prose poetiche di Bonnefoy Il Digamma (Scotto 2015b).

Anche la collana di Jaca Book «I poeti» dedica solo due titoli ad autori francesi: il primo a Bonnefoy (Mussapi 1997), il secondo a Jean-Yves Masson, del 1962 (Vitale 2008), germanista della Sorbona, traduttologo e traduttore di opere di Mario Luzi in francese.

Ci sono poi due editori di cui pare giusto sottolineare la particolare attenzione alla cultura poetica francese contemporanea, seppur con scelte e impostazioni ben diverse. Mi riferisco alle Edizioni L’Obliquo di Brescia, la cui politica editoriale si basa su edizioni di pregio a tiratura limitata spesso corredate di raffinate opere grafiche d’artista. Non unicamente limitate alla poesia, le loro scelte, anche quando orientate verso testi in prosa, rinviano comunque più o meno direttamente a un gusto per una letteratura dal forte tasso di poeticità, sia essa, a seconda dei casi, più tematica che formale. Ecco allora, valendosi di curatori di vaglia come Massimo Raffaeli, Carlo Pasi e Pasquale Di Palmo, la proposta di testi di Artaud come L’ombelico dei limbi (Raffaeli 1991), Cinquanta disegni per assassinare la magia (Pasi 2002), Lettere del grande monarca (Di Palmo 2004), Rivolta contro la poesia (Di Palmo 2007), cui anche s’aggiungono opere poetiche di Paul Verlaine, Jean Genet, Roger Gilbert-Lecomte, Yvan Goll, Edmond Jabès, Henri Michaux, Raymond Queneau. In particolare l’attenzione è attratta dai testi di Georges Bataille (1992), Maurice Blanchot (Mangone 2005; lo stesso testo è stato d’altra parte tradotto anche da Simona Marino, 2006) e E.M. Cioran (Brancale 2011), grazie ai quali il catalogo ben tratteggia una linea di lettura che muovendo dalla stagione simbolista approda al Novecento da una prospettiva che è quella del surrealismo eterodosso di Bataille, Michaux e del Grand Jeu, con attenzione alle produzioni frammentarie cui larga parte del miglior Novecento è riconducibile. Spicca poi, nel catalogo, la riproposizione della traduzione della celebre raccolta Ralentir travaux di Breton, Char ed Éluard (Mangone 2009), del 1930, che in Francia diede poi titolo alla rivista letteraria. Per quanto riguarda il belga Henri Michaux (1899-1984), autore assolutamente decisivo del secolo scorso, va fatta doverosa menzione dell’importante valorizzazione della sua opera compiuta dalle edizioni Quodlibet, che ne propongono a cura di valenti traduttori alcuni titoli fra i più significativi, quali ad esempio Ecuador (Neri 2005, che in realtà è una ripresa di un’edizione 1987 della casa editrice romano-napoletana Theoria) e Altrove (Celati, Talon 2005; poi parzialmente ripreso in Celati, Talon 2010), Conoscenza dagli abissi (Diacono 2006).

Di più recente costituzione, le edizioni Kolibris, specializzate nella poesia internazionale (che si propongono di esplorare dalle sue varie latitudini europee ed extraeuropee attraverso il sito «Poetry in Translation», dal 2014 dedicato alla traduzione poetica, al bilinguismo e alla letteratura della migrazione), sono strutturate secondo specifiche collane divise per aree geografico-linguistiche. Esse dedicano in particolare la collana «Libellule» alla poesia francese contemporanea, che ha pubblicato opere di Guy Goffette, nato nel 1947 (De Luca 2013) e Jean-Baptiste Para, del 1956 (Serri 2014), due nomi di spicco del panorama francese attuale: il primo fa parte del Comitato editoriale di Gallimard, il secondo è noto traduttore dall’italiano e dal russo, nonché consulente editoriale e redattore-capo del celebre mensile parigino «Europe», fondato nel 1923 da Romain Rolland e poi diretto anche da Louis Aragon. In un’altra collana, «Orly», dedicata alla poesia belga contemporanea, la ineasauribile titolare della casa editrice, Chiara De Luca, ha pubblicato opere di autori di pregio quali Werner Lambersy, nel 1991 (De Luca 2009a) e Liliane Wouters (1930-2016; De Luca 2009b), a dimostrazione di una qualità delle scelte che è anche il frutto di un adeguato contributo di consulenza su varie aree letterarie del mondo. I libri sono diffusi anche attraverso modalità alternative molto legate all’evoluzione del web e dell’e-commerce, ma hanno ad oggi purtroppo scarsa visibilità in libreria. D’altronde altrettanto si può dire però di molte altre produzioni interessanti del panorama editoriale odierno, per lo più in mano alle grandi catene di distribuzione che privilegiano prodotti che sono oggettivamente più vendibili della poesia.

La poesia cosiddetta più “sperimentale” e “formalista” è poco, o per nulla, presente nelle case editrici maggiori nostrane e trova in Italia udienza solo presso qualche piccolo editore (mentre in Francia le opere di alcuni suoi esponenti appaiono in importanti case editrici generaliste come Flammarion o Seuil). Ad esempio, Luca Sossella editore, di Roma, ha pubblicato un’antologia dell’importante poeta e filosofo Michel Deguy, del 1930 (Benedetti 2007, che era invero stata preceduta da Gisants: vediGenot 1999), presso San Marco dei Giustiniani di Genova, e da Manutenzione (Marchetti 2001) presso Il Capitello d’oro di Bologna. Probabilmente Andrea Zanzotto, che ha stilato la prefazione a Gisants, è, con Edoardo Sanguineti, l’autore italiano più influenzato dalle seconde avanguardie francesi degli anni settanta. Parimenti, non privo d’interesse appare, al fine di comprendere questa linea di ricerca, il volume Il commento definitivo di Jean-Jacques Viton, del 1933 (Inglese 2009, per Metauro Edizioni di Pesaro), così come si segnala l’attività del Centro Culturale ed editore La camera verde di Roma, che pubblica in traduzione, fra gli altri, testi di Jean-Marie Gleize (del 1946), Éric Suchère (1967), Ryoko Sekiguchi (1970), Pierre Martin, oltre che di Isidore Ducasse (alias Lautréamont) per le cure di Michele Zaffarano.

Una collana la «Chapbook», di Arcipelago Edizioni di Milano, editore prevalentemente universitario, ha proposto, in volumetti a volte esili, ma significativi per scelte autoriali, opere di alcuni protagonisti della poesia formalista francese odierna, da Jean-Marie Gleize a Emmanuel Hocquard (cfr. Bortolotti, Zaffarano 2010), da Olivier Cadiot (classe 1956) a Nathalie Quintane, autori peraltro tutti da me inclusi nell’antologia a mia cura dei Nuovi poeti francesi (Scotto 2011), la quale, su invito del Centre Culturel Français dell’Ambassade de France en Italie e dell’editore Einaudi, si proponeva di dare conto delle principali tendenze della poesia francese attuale. Nella mia Introduzione, cui per praticità si rinvia (pp. V-XVII), si dà conto del contesto storico e culturale nel quale matura la nuova poesia francese, così come del ruolo delle principali riviste (fondamentale la loro funzione) e antologie italiane che l’hanno preceduta, tutte utili, ciascuna secondo le sue prerogative e impostazioni, allo sviluppo di un’accresciuta conoscenza e fruizione delle produzioni francesi odierne.

POESIA FRANCESE 2Come è noto, una naturale evoluzione conduce sempre più la poesia a cercare e a darsi spazi attraverso il web e i siti poetici: è un ambito che certo favorisce la fruibilità, ma che si configura come una nebulosa dai confini e dai criteri di selezione, revisione editoriale ed edizione non sempre chiari e assodati. Per questo preferisco in questa sede non addentrarmi in un ambito del quale non ho sufficiente conoscenza e del quale, per i motivi suddetti, anche un po’ diffido. Per esperienza diretta di collaborazione mi pare comunque menzionabile almeno il sito di poesia della rivista mondadoriana «Nuovi Argomenti», nel quale ho avuto modo di pubblicare di recente traduzioni di poesie di Yves Bonnefoy, Philippe Latreille (in collaborazione con miei studenti del Laboratorio di traduzione dell’Università degli studi di Bergamo) e del quebecchese d’origine italiana Francis Catalano.

Molto vi sarebbe da dire delle modalità traduttive adottate dai numerosi traduttori citati in queste pagine, il cui operato rispecchia un po’ la diade messa in luce durante il convegno di Bergamo sulla traduzione del testo poetico, i cui atti apparvero nel 1989 (Buffoni 1989): per molti poeti-traduttori, la traduzione è un’ “arte”, un esercizio d’estro svincolato da ogni competenza teorica, mentre nelle generazioni più giovani l’avvento dei Translation Studies ha sicuramente contribuito, almeno in qualche caso, all’acquisizione di una maggiore consapevolezza delle molteplici implicazioni del fare traduttivo. Per una riflessione teorica, storica e critica su questa complessa materia mi permetto di rinviare al mio recente volume di saggi Il senso del suono. Traduzione poetica e ritmo (Scotto 2013b), nel quale prendo in esame l’opera di vari fra i maggiori traduttori di poesia del secondo Novecento, da Luciana Frezza a Gian Piero Bona, da Giorgio Caproni a Vittorio Sereni, da Franco Fortini a Giovanni Raboni. Fra i traduttori di poesia francese oggi più attivi in Italia segnalerei senz’altro, Valerio Magrelli, Patrizia Valduga, Fabio Pusterla, Maurizio Cucchi, Marica Larocchi, Antonio Prete, Roberto Rossi Precerutti, Francesco Bruno, Chiara De Luca, Michele Zaffarano, Pasquale Di Palmo e Adriano Marchetti. Le traduzioni di quest’ultimo, specie per Panozzo e Campanotto editore, oltre che per la rivista bolognese «In forma di parole», di opere di Jules Laforgue, Francis Jammes, René Char, Max Jacob, Henri Bauchau e altri risultano fra i più assidui e qualitativamente alti contributi dell’odierno panorama italiano. Fra le sedi editoriali più assiduamente propositive, è bene ricordare il mensile internazionale di cultura poetica «Poesia» di Crocetti editore, che appare con continuità da ben ventinove anni e che ha proposto nel tempo, con ampie presentazioni critiche in traduzione con testo originale a fronte, alcuni dei maggiori poeti francesi di ogni epoca. Lo stesso, su un fronte più accosto alla sperimentazione, può dirsi della rivista veronese «Anterem», che con regolarità propone da decenni in traduzione, praticamente ad ogni numero, autori di testi poetici francesi in poesia e in prosa fra i più singolari.

3. Sul mio lavoro personale di traduzione.

Come si può evincere dalla bibliografia di questo articolo, il mio lavoro personale di traduttore e poetologo francesista – per un approfondimento del quale rinvio, oltre al già citato Scotto 2013, al mio recente saggio Scrivere e tradurre poesia (Scotto 2014) — ha preso avvio proprio attorno al 1990, dapprima grazie all’invito di un editore che mi propose di tradurre le poesie del traduttore francese di Eugenio Montale (Scotto 1990); in seguito la collaborazione fin dai suoi esordi con il semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria «Testo a fronte» — che anche sostanzialmente coincise con gli inizi della mia carriera universitaria di docente di lingua e letteratura francese e di autore di poesia — si rivelò per me un’utilissima e fondamentale palestra che mi diede modo di curare saggi di traduttologia francese fra i più importanti, da Efim Etkind a Jean-René Ladmiral, da Antoine Berman a Henri Meschonnic, il che sicuramente contribuì a una riflessione che cresceva di pari passo con la pratica e la sostanziava e orientava, specie per quanto atteneva all’importanza della resa del suono come veicolo di senso. Vennero poi le traduzioni maggiori del mio percorso, dai sei libri di Bernard Noël curati (poesia, romanzi e racconti, saggi) agli ormai oltre quindici di Yves Bonnefoy (poesia, saggistica, prosa), tra i quali il «Meridiano» Mondadori (Grange Fiori, Scotto 2010), con in mezzo un corposo romanzo di Victor Hugo, un dramma romantico di Vigny e le poesie giovanili di Villiers de l’Isle-Adam. Su questi capisaldi, l’opera traduttiva è stata anche parallelamente concepita, proprio a partire dagli anni novanta, come un lavoro a suo modo “militante” sui contemporanei di lingua francese, che, a parte il necessario apprendistato su classici quali Mallarmé, Éluard, Michaux, occasionalmente tradotti, ho spesso per primo introdotto su rivista o in volume in Italia, dai quebecchesi Hélène Dorion (nata nel 1958), Claudine Bertrand (1948), Carole David (1955), Paul Bélanger (1953) ad autori francesi di valore ancora pressoché ignoti nel nostro paese, come i francesi Claude Ollier (1922-2014), Patrice Dyerval, Alain Suied (1951), Alain Lambert, Michèle Finck (1960), Marie-Claire Bancquart (1932), Bernard Vargaftig (1934-2012), Eugène Guillevic (1907-1997), Bernard Chambaz (1949), Jacques Ancet (1942), Richard Rognet (1942), Hervé Carn (1949), Dominique Sorrente (1953), Alain Freixe (1946), Yves Ughes, i belgi Christian Hubin, gli autori di espressione francese ma non francesi d’origine come la russa Tatiana Scherbina (1954), la bulgara Aksinia Mihailova (1963), la giapponese Ryoko Sekiguchi (quest’ultima però già tradotta in precedenza da altri), sempre privilegiando, pur nella varietà stilistica delle proposte, una linea di poesia che fosse in rapporto diretto con gli aspetti fondamentali dell’esistenza, che se ne nutrisse e la prolungasse, e che privilegiasse il testo rispetto agli artifici del linguaggio fini a se stessi e alle performatività spesso malcelanti il vuoto d’idee e di sensibilità. Le direttrici del mio lavoro di ricerca e di traduzione rimangono in primo luogo l’opera di Bernard Noël e di Yves Bonnefoy, che sono quelle che più mi hanno marcato, per ragioni diverse, anche come autore di poesia in proprio. Ma una parte dell’ampio lavoro “militante” di traduzione su rivista ha sostanziato l’antologia Nuovi poeti francesi (Scotto 2011), sviluppatasi con l’intento di proporre autori nati tra il 1940 e il 1970 che rispecchiassero le principali tendenze contemporanee in essere, dal formalismo più sperimentale, nelle sue diverse articolazioni formali ed espressive (Alféri, Cadiot, Bénézet, Beck, Gleize, Hocquard, Prigent, Quintane) a una poesia più neo-lirica (Barbarant, Conort, Emaz, Fabre G., Maulpoix, Noiret, Para, Velter), anche prendendo in conto, nella loro irriducibile specificità, percorsi non direttamente riconducibili a tali tendenze, come quelli di Valérie Rouzeau o di Alain Veinstein, di Ryoko Sekiguchi, o dello stesso Martin Rueff.

Naturalmente molto rimane da fare, se solo si pensi che la prima cernita di autori dai quali ero partito per la definizione dell’indice di quest’antologia era di oltre cento nomi. Vivace e vitale, la poesia francese odierna, nella varietà delle sue forme ed espressioni, rispecchia lo stato della sua cultura, contesa fra l’eredità di un’alta tradizione forse ineguagliabile che fu maestra, a partire dal secondo Ottocento simbolista, della poesia mondiale, e i moti centrifughi del post-moderno, che nella ricerca di nuove modalità espressive, spesso contaminate con altre arti e forme comunicative, sono, per paradosso, si scontrano costantemente con l’inaccessibilità del loro dire in quanto tale, pur nell’era della massima comunicabilità tecnologica.

BIBLIOGRAFIA

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