Categoria: Pratiche

Una privata geologia linguistica

CHE COSA SIGNIFICA TRADURRE ALICE MUNRO. LECTIO MAGISTRALIS di Susanna Basso |

Il 10 ottobre 2013 Alice Munro, definita dall’Accademia Reale di Svezia «maestra del racconto breve», è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura.

Il 30 agosto moriva a Dublino il poeta Seamus Heaney, Premio Nobel per la letteratura nel 1995. Tra le parole che accompagnarono l’attribuzione del Nobel si leggeva: «per le sue opere di bellezza lirica e profondità etica che esaltano i miracoli del quotidiano e la memoria viva del passato».

Alla riscoperta dell’America (del SUR)

INTERVISTA A MARCO CASSINI di Damiano Latella |Partiamo dal principio. Un bel giorno, Marco Cassini, editore e co-fondatore di minimum fax, stanco di proporre autori di lingua inglese e di lingua italiana, si mette in testa di passare ad autori di lingua spagnola. Come se non bastasse, fonda un nuovo marchio indipendente dal nome tutto in maiuscolo, SUR. È andata così? Da dove nasce l’idea?

I diritti editoriali, questi sconosciuti

L’ESPERIENZA SUL CAMPO di Maria Giulia Castagnone | Mi è capitato spesso di notare quanto poco si sappia del settore dei diritti fuori dallo stretto ambito di chi lavora all’interno di una casa editrice. Forse perché i diritti vengono vissuti come una faccenda amministrativa, un po’ noiosa, priva di glamour, di quel fascino che di solito viene associato al mondo dei libri. Anch’io la pensavo così un bel po’ di tempo fa, quando non avevo ancora iniziato quella lunga strada che mi ha assorbito la vita, portandomi dove sono.

Perché ritradurre Andersen

di Bruno Berni | Quando si traduce letteratura danese, confrontarsi con le fiabe di Andersen è un obiettivo importante, ma si tratta di un sogno che potrebbe non avverarsi. È anche un’esperienza che deve trovare una giustificazione forte, perché, nonostante quella letteratura non sia pane quotidiano per il lettore italiano, Andersen è comunque l’autore danese più tradotto anche nella nostra lingua

Macro e microadattamenti del testo drammatico

RIFLESSIONI SULLA TRADUZIONE DEL DIALOGO di Paola Ciccolella | Per la sua doppia destinazione – lettura e rappresentazione scenica – il testo drammatico pone alcuni problemi di traduzione strettamente legati alle sue peculiarità. Il testo drammatico infatti è soggetto non solo alle interpretazioni dei lettori, ma anche alle molteplici possibilità interpretative realizzabili sulla scena. Inoltre, come è noto, il testo drammatico comunica su due livelli, o meglio su due assi della comunicazione: uno interno alla finzione, sul quale viaggiano i messaggi dei personaggi veicolati attraverso il dialogo teatrale, e uno esterno, che mette in contatto il testo, costituito essenzialmente dal dialogo, con il suo destinatario alla stessa maniera degli altri testi. Una sorta di doppio dispositivo di ricezione.

Camilleri nel mondo

di Elena Sanna | Ma come fanno i traduttori stranieri a rendere l’impasto lingua/dialetti di Gadda o il “padano” sui generis di Dario Fo, autori che pure godono all’estero di larga rinomanza? Se lo chiedono spesso quei traduttori italiani che si trovano alle prese con problemi analoghi offerti da autori di altre lingue: si pensi anche solo a Céline o a Ellroy.

Adottare una nomenclatura

di Isabella Vaj | L’estate scorsa ho seguito un corso sulla legatura dei manoscritti mamelucchi. Il corso era tenuto in inglese. Ancora una volta ho dovuto constatare l’inadeguatezza del mio italiano: capivo esattamente di cosa stessero parlando le docenti, ma non avrei avuto il lessico preciso con cui riferire le mie nuove acquisizioni.

In teatro il verbo si fa carne

INTERVISTA A GABRIELE LAVIA di Giovanni Greco | Aspetto nel lungo corridoio dei camerini del Teatro di Roma, dove altre volte sono stato, mi ripasso le domande che ho pensato per il nostro incontro precedente l’andata in scena e che poi non seguirò, preso dall’impeto della conversazione.

Del traduttore come povero Calibano*

di Edoardo Albinati | Lamentandosi del proprio destino il traduttore mette le mani avanti: quel che sono riuscito a fare io – difficile! difficilissimo! – non sarà mai bello come l’originale, dice. Neanche lontanamente. È costretto, il traduttore, ad abbassare la fronte, con un’umiltà che magari non ha per nulla quando scrive di testa sua.