Di traduzione in traduzione, il work in progress di Raul Hilberg

Gilbert Garcin, “Le désordre interdit”

QUANDO TRADURRE SIGNIFICA COOPERARE ALLA RICERCA

di Frediano Sessi

Quando agli inizi degli anni novanta, proposi alla casa editrice Einaudi di tradurre e pubblicare l’opera più importante di Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, considerata da tutti un testo fondamentale per lo studio delle procedure che portarono allo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, la risposta fu positiva. Poiché la dimensione del testo, pubblicato negli Stati Uniti in seconda edizione nel 1985, era imponente (tre volumi per un totale di 1274 pagine), si pose subito il problema di favorire una immediata diffusione del libro, con una pubblicazione economica, nella collana dei «Tascabili», insieme a una, rilegata, nella collana «Biblioteca di cultura storica». Occorre sottolineare che l’editoria italiana arrivava in ritardo a prendere in considerazione l’opera di Hilberg. Mentre la prima edizione americana era del 1961, quella tedesca fu del 1982 (Seeger et al. 1982) e la prima traduzione francese fu del 1988 (Paloméra et al. 1988).

Quanto all’edizione Einaudi, la pubblicazione nella collana dei «Tascabili» avrebbe consentito a tanti studenti di acquistare il libro, in coerenza con le politiche della casa editrice di Torino che, anche con la sua rete di vendita rateale diffusa in tutta Italia, promuoveva la lettura e lo studio, cercando di raggiungere il maggior numero di lettori.

Serviva un finanziamento a sostegno del tascabile e lo trovai nel Consorzio nazionale delle cooperative consumatori (Coop), con sede a Roma, presieduto allora da Renzo Testi.

Vennero acquisiti i diritti dell’opera dalla casa editrice Holmes & Meier di New York, che aveva pubblicato la seconda edizione del saggio. A poca distanza dalla firma del contratto di traduzione in Italia, giunse nella sede Einaudi una comunicazione di Hilberg che precisava di essere l’unico detentore del copyright, concesso alla Holmes & Meier solo per la versione in lingua inglese. Hilberg sosteneva che avrebbe volentieri ceduto i diritti per l’Italia a Einaudi, ma solo alla condizione che gli fosse consentito di inserire aggiunte e varianti. Dichiarò subito che il suo era un lavoro senza fine e che ogni nuova ristampa doveva essere considerata di riferimento per eventuali successive edizioni.

Dopo la seconda edizione in lingua inglese del 1985, Hilberg ne aveva autorizzata quella in lingua francese presso Fayard di cui s’è detto (Paloméra et al. 1988), la quale conteneva un trenta per cento di aggiunte e correzioni, e una seconda tedesca in formato tascabile nel 1990 per la Fischer Taschenbuch di Francoforte sul Meno (vedi Seeger et al. 1982), con nuove aggiunte e correzioni (un ulteriore quindici per cento).

Per procedere alla traduzione dell’opera, Hilberg chiedeva di tenere conto di tutte e tre le diverse edizioni, tenendo pur sempre come base di riferimento il testo inglese e, inoltre, di aggiungere le pagine inedite che aveva scritto nei quattro anni che lo separavano dall’ultima a stampa. Chi si faceva carico del lavoro di traduzione avrebbe dunque dovuto leggere, in parallelo, il testo inglese della seconda edizione americana, quello francese con le aggiunte e i cambiamenti adottati, quello tedesco del 1990 e circa cinquecento cartelle dattiloscritte che lo stesso autore avrebbe inviato al più presto con l’indicazione esatta dei punti in cui fare gli inserimenti e le variazioni su una copia del testo in lingua francese e su una parte di quella in tedesco. Si trattava di un lavoro enorme, che richiedeva grande attenzione e che nel corso del tempo si arricchiva di nuove aggiunte inviate direttamente a me, che avevo cominciato la traduzione, a mezzo fax, non esistendo ancora l’email.

L’incarico era oneroso ma affascinante, anche se il desiderio di Hilberg, che non leggeva l’italiano, di controllare l’esito della traduzione in itinere si faceva, con il passare dei mesi, sempre più assillante. Per fare un solo esempio: discutemmo al telefono della differenza in lingua italiana tra Ambasciata e Consolato, a proposito delle rappresentanze diplomatiche tedesche nei paesi occupati. Per verificare l’esattezza della mia traduzione si consultò con un professore universitario suo amico e collega che leggeva l’italiano e che gli traduceva in inglese quel che io avevo già tradotto. Gli dissi, a un certo punto, che ricorrere a una traduzione della traduzione per cercare errori non era un metodo completamente corretto per comprendere la resa della sua scrittura in un’altra lingua. Accettò l’osservazione e allora si poté procedere senza troppe interruzioni. Era necessario tradurre mettendo in parallelo le tre edizioni e procedendo pagina per pagina alle correzioni, tenendo conto che le ultime aggiunte inviate via fax, spesso, mi obbligavano a tornare indietro e a sostituire parti di testo che già erano state inserite come nuove.

Un particolare non senza rilievo: il libro cresceva di pagine in modo che nessuno aveva ipotizzato, con il conseguente aumento dei costi di edizione. Senza il finanziamento della Coop, la traduzione italiana non avrebbe visto la luce. Hilberg non sentiva ragioni di fronte alle richieste di parte einaudiana di interrompere l’invio delle variazioni. Per lui, la nuova edizione italiana rappresentava, temporaneamente, la versione di riferimento, per tutti coloro che avessero chiesto di procedere a una nuova traduzione in qualsiasi parte del mondo.

Per la nuova edizione Einaudi (2017) del lavoro di Hilberg, ho cercato di mostrare in una nuova introduzione la tipologia dei cambiamenti che sono stati apportati man mano alle edizioni che si sono succedute fino al 2006. La ragione del riferimento ultimo a questa data è semplice: Hilberg è morto il 4 agosto del 2007, all’età di 81 anni, nella sua città di residenza, Williston, nel Vermont, a causa di un cancro ai polmoni che lo aveva colpito nel 2005. L’ultima versione corretta e aggiornata da lui è dunque quella francese del 2006, pubblicata in tre volumi da Gallimard. Le edizioni successive al 2006 (la neerlandese Verbum 2008, quella in lingua ebraica del 2012 (Breuer 2012, ma promossa dallo Yad Vashem, cioè dall’Istituto internazionale per le ricerche sull’Olocausto di Gerusalemme d’accordo con l’autore già nel 2005), quella polacca del 2014 per il Centrum Badan nad Zaglada Zydow (Giebułtowski 2014), quella in portoghese del 2016 (Barcellos et al. 2014) e la terza edizione italiana del 2017 (Sessi, Guastalla 2017) non hanno avuto apporti diretti dell’autore, se non facendo ricorso alla nuova traduzione francese che lo stesso Hilberg andò a presentare a Parigi nell’ottobre del 2006 nella sede del Centre de documentation Juive contemporaine. In linea generale, i cambiamenti li ho sintetizzati in cinque punti:

1. Il testo resta inalterato, ma si modifica la fonte di riferimento (per esempio una testimonianza orale viene sostituita con il ricorso a uno o più documenti); oppure si aggiunge una nuova fonte d’archivio o uno studio recente, reso pubblico (in una tesi, in un articolo o in un libro); 2. Il testo cambia perché viene riscritto, per migliorare la forma espressiva, ma il suo contenuto storico e le note di riferimento rimangono inalterati; in questa direzione si muovono anche le aggiunte di testo, per spiegare meglio ai lettori i fatti di riferimento già descritti nell’edizione precedente. Hilberg è sempre stato molto attento alla forma scritta del suo saggio; 3. Il testo – e di conseguenza anche le note – cambia con tagli e aggiunte. Cambia perché ci sono nuove acquisizioni, o perché si precisano dettagli all’interno di un discorso, con ulteriori esempi che danno rigore fattuale alle intuizioni dell’autore. Le ipotesi si trasformano così in racconto storico ricostruito; 4. Inserimento di assolute novità documentarie – come è accaduto dopo la scoperta degli archivi del blocco sovietico – introdotte nelle edizioni pubblicate dopo il 1989; 5. Riscrittura completa o parziale di un capitolo, che contiene precedenti idee e ricostruzioni rielaborate in modo diverso, o riflessioni importanti non inserite nelle edizioni precedenti (Sessi 2017, XVIII-IX).

Mi limito a un solo esempio che mette a confronto una pagina del capitolo Il concentramento e che riguarda le possibilità di comunicazione degli ebrei a mezzo telefono. Il testo in edizione italiana recita: «Le possibilità di comunicazione furono ulteriormente ridotte dalla proibizione del telefono. Dal 1941, si tagliarono le linee private degli abbonati ebrei» (Hilberg 1995, 178). Nella nuova edizione francese del 2006, il testo diventa:

Les possibilités de communication furent encore réduits par la prohibition du téléphone. Le 28 juillet 1940, le ministère des Postes donna une directive pour la retrait des lignes téléphoniques privées des abonnés juifs au 30 septembre de cette meme année. Seuls y échappèrent les médicins, les dentists, les avocats et les organisations juives. À la fin de 1941 apparut sur toutes les cabines l’avis “Utilisation interdite aux Juifs”(Paloméra et al. 2006, 305).

Ossia:

Le possibilità di comunicazione furono ulteriormente ridotte dalla proibizione del telefono. Il 28 luglio 1940 il Ministero delle Poste emanò una direttiva per il ritiro delle linee telefoniche private degli abbonati ebrei al 30 settembre dello stesso anno. Furono esclusi solo i medici, i dentisti, gli avvocati e le organizzazioni ebraiche. Alla fine del 1941 su tutte le cabine telefoniche apparve la scritta “Vietato l’uso agli ebrei”» (traduzione mia).

La fonte della notizia, indicata in nota a piè di pagina nell’edizione francese, era Bruno Blau, Das Ausnahmerecht für die Juden in Deutschland 1933-1945, Düsseldorf 1954, p. 84

Nella nuova edizione francese inserimenti di questo tipo, perfino di intere pagine con riferimenti bibliografici a studi, archivi, atti di processi ecc., sono centinaia. Come si può notare, l’aggiunta non cambia il contenuto del discorso storico ma ne puntualizza e approfondisce le caratteristiche con dettagli anche minimi, ma importanti per la vita quotidiana delle persone coinvolte.

Dopo il 1961, anno della prima edizione americana del suo saggio, Hilberg ha cercato di precisare i dettagli, per migliorare la ricostruzione generale, senza modificare mai l’impianto del libro, e la sua interpretazione delle cause e delle procedure che hanno portato alla distruzione degli ebrei d’Europa. Così, nel testo premesso all’edizione francese del 2006, scrisse: En dépit des ajouts et des corrections, l’ouvrage n’est ni complet ni exempt d’erreurs. Tout ce que je puis dire, c’est que j’ai essayé d’écrire le tableau le plus complet et le plus fiable que puisse composer un auteur seul. Tel a toujours été mon objectif principal (in Paloméra et al. 2006, 14)

Nonostante le aggiunte e le correzioni, l’opera non è completa né esente da errori. Tutto quello che posso dire è che io ho cercato di scrivere una ricostruzione il più possibile completa e affidabile che un solo autore possa realizzare. Questo è a tutt’oggi il mio obiettivo principale (traduzione mia).

Nelle edizioni italiane Einaudi risulta presente un altro nome per la traduzione: Giuliana Guastalla. Mentre lavoravo agli indici dei nomi e degli argomenti, e il libro era nella fase dell’impaginazione, Hilberg si accordò con la redazione di Torino per un’ultima aggiunta di una cinquantina di pagine che avrebbero ritardato la pubblicazione del libro; per questo si decise di affidare il lavoro residuo a una nuova traduttrice.

Hilberg accettò di buon grado ma si mise a discutere ancora su tre punti: il primo riguardava i criteri dell’indice dei nomi in edizione italiana, con un forte carattere tematico e che non si limitasse a una lunga successione di nomi e di rimandi a pagine di testo senza precisare, soprattutto per i nomi e i luoghi maggiormente citati, i contenuti di riferimento. Insomma un indice analitico. Per esempio, nelle edizioni in lingua inglese e tedesca, associati al nome di Reinhardt Heydrich si trovano oltre un centinaio di rimandi a pagine del testo; al nome di Heinrich Himmler i rimandi sono più di duecento, quelli riferiti al nome di Hitler sono un migliaio. In tutti questi casi e nell’indice dei nomi in generale, i rimandi sono stati organizzati per argomento: per Hitler, l’ascesa al potere, azioni anti-partigiane, Auschwitz, campi di concentramento, complotto ebraico ecc., per favorire la consultazione di specifiche parti del libro. Hilberg si disse malcontento della scelta editoriale e tuttavia, in seguito, adottò l’indice elaborato per l’edizione italiana in altre traduzioni.

Il secondo aspetto che suscitò il suo disappunto fu la presenza nella pagina del copyright del marchio Coop, con il cui sostegno si era resa possibile la pubblicazione del libro, sia nella collana rilegata che nei tascabili. A seguito di sue personali indagini, aveva scoperto che la Coop era un’organizzazione di orientamento comunista e la cosa non gli era affatto gradita. I comunisti in molti paesi dell’Europa dell’Est avevano manifestato il loro antisemitismo e avevano perseguitato gli ebrei. A niente valsero le mie spiegazioni sulla storia del comunismo e del socialismo in Italia e sul ruolo di questi partiti nella resistenza al nazismo e al fascismo. Il suo disappunto fu così profondo che quando venne in Italia nel 1996, per ricevere il premio Acqui Storia, non ci incontrammo. Allora scoprii che ciò che lo aveva disturbato non era solo il marchio Coop, a margine del libro, ma il passaggio nella mia introduzione dove parlavo di «resistenza civile degli ebrei» (Sessi, Guastalla 1995, XV). A lui questa affermazione era sembrata sbagliata. Il concetto di resistenza per Hilberg era giustificato nel caso di azioni militari che potessero impedire al nemico di realizzare i suoi obiettivi. La mia sottolineatura sulla realtà di una resistenza non armata gli era parsa come una critica parziale al suo lavoro. Per Hilberg, infatti

è considerato come resistente colui le cui azioni mirano a impedire al nemico la realizzazione dei suoi obiettivi. Detto altrimenti, se qualcuno è affamato in un ghetto e decide di andarsi a cercare del cibo di contrabbando, questo atto non è da considerarsi resistenza, perché i tedeschi sono pienamente coscienti dell’esistenza di quel contrabbando. Al contrario, se dei giovani scout ebrei fanno fuggire alcuni bambini in Svizzera, e se un partigiano ebreo fa saltare un treno, sì, queste azioni sono una vera e propria resistenza (Weil 1994, tradotto in Sessi 1995, XVI, da originale irreperibile).

Mentre su questo tema si sviluppava in Italia e in Francia il dibattito storico e la nuova scuola di storici polacchi metteva sempre più in evidenza le azioni di resistenza civile, Hilberg continuava a rifiutare questa posizione.

L’ultimo disappunto venne a crearsi quando Hilberg ricevette a casa copia del libro in edizione tascabile e in due volumi: nel primo l’immagine di copertina rappresentava il portone della morte di Birkenau, dal quale nella primavera del 1944 entrarono i treni degli ebrei ungheresi, per fermarsi a pochi metri dalle camere a gas; mentre nel secondo volume l’immagine di copertina rappresentava due ebrei, un uomo e una donna, con la stella di David cucita sugli abiti. Hilberg mi scrisse, sostenendo che queste due immagini stravolgevano l’impianto del suo lavoro, perché la sequenza storica era diversa: prima erano stati marchiati gli ebrei e poi erano stati condotti a morte. Aveva ragione e tuttavia fu inutile spiegargli che la scelta era stata fatta dall’ufficio commerciale per favorire la vendita del libro.

Alla fine, sentendo anche il parere del suo collega italianista, il suo giudizio sulla traduzione italiana fu positivo, tanto che chiese il mio intervento anche per la seconda edizione, e per sanare i dissapori causati dalle sue osservazioni alla prima (Hilberg era consapevole di avere un carattere non facile) nell’indice dei nomi inserì di sua iniziativa, rivedendo le bozze, anche il mio nome, con riferimento alla mia cura de Il diario di Dawid Sierakowiak. Cinque quaderni dal ghetto di Lodz (Guastalla 1997), che aveva citato nella versione in italiano come fonte, al capitolo «Deportazioni», per descrivere le difficoltà di una famiglia ebrea e del figlio, poeta adolescente, a causa del razionamento alimentare nel ghetto.

Un lavoro di ricerca cominciato nel 1948, quando Raul Hilberg aveva ventidue anni e interrotto nel 2006 non si può tradurre come un libro di storia qualsiasi. Sono trascorsi cinquantotto anni di lavoro intenso che hanno accompagnato l’autore dalla giovinezza, all’età adulta fino alla vecchiaia e non solo il contenuto della ricerca è stato aggiornato accuratamente, dando vita a «un’opera lunga e complessa perché ricostruisce un’impresa che fu molto vasta e intricata» (Sessi 1995, XX), ma anche la scrittura del testo è stata volutamente accurata e studiata, per rendere in una lingua attuale tutto quel che emergeva da documenti, in prevalenza tedeschi, scritti in un linguaggio spesso allusivo e tecnico. Persino l’impianto dell’opera, definito già nel 1947 quando Hilberg parlò con Franz Neumann del suo progetto di tesi riguardante lo sterminio degli ebrei d’Europa, rimase un nodo centrale per comprendere l’evolversi della storia, il suo contenuto e il lento e progressivo processo di sviluppo. Per questo motivo Hilberg cerca di entrare nei particolari più minuti, poiché fin da subito comprende che la distruzione degli ebrei da parte dei nazisti non fu il risultato di una decisione centralizzata ma un processo che si sviluppò per tappe successive, le cui decisioni non furono sempre prese da convinti nazisti e i cui effetti non furono sempre previsti.

Traducendolo, ci si rende conto che l’autore ha cercato non solo di ricostruire la sequenza storica dei fatti e le sue conseguenze, ma anche di rendere con le sue parole il contenuto e il senso dell’essenza dei documenti burocratici tedeschi.

Mi accorsi – scrive a proposito del documento – che si trattava prima di tutto di un oggetto la cui qualità di traccia tangibile era immediatamente riconoscibile: l’originale che un burocrate aveva avuto un giorno in mano e firmato e ordinato. Di più, le parole sulla carta costituivano, all’occorrenza, un’azione in sé, il compimento di una funzione. Se si trattava di una direttiva, quell’originale significava la totalità dell’azione compiuta dal suo promotore (tradotto in Sessi 2017, XXVI, da Hilberg 1994, 69).

La distruzione degli ebrei d’Europa, per Hilberg è stato il libro della vita, sebbene abbia nel corso degli anni dato alle stampe altri saggi storici. Tra questi: The Role of the German Railroads in the Destruction of the Jews (Hilberg 1976: Il ruolo delle ferrovie tedesche nella distruzione degli ebrei); Perpetrators, Victims, Bystanders. The Jewis catastrophe, 1933 – 1945 (Hilberg 1992); The Politics of Memory. The Journey of a Holocaust Historian (Hilberg 1994: Politica della memoria. Il viaggio di uno storico dell’Olocausto); Sources of Holocaust Research. An Analysis (Hilberg 2001: Fonti per la ricerca sull’Olocausto). Senza dimenticare la sua partecipazione a opere collettanee, come il saggio Auschwitz and the “Final Solution” in Gutman, Berenbaum 1998.

Per tradurlo correttamente è stato necessario capire, prima di tutto, il suo metodo di lavoro ed entrare così nel suo modo di intendere la verità dei fatti, ricostruibili sulla pagina: una verità in divenire e non ancora completa. Dalle sue pagine, Hilberg chiedeva così, ardentemente ai suoi lettori di non abbandonare la ricerca di quella terribile storia; di leggere certo il suo grande lavoro, fino all’ultima nota e, se possibile, di dargli un seguito, con nuove ricerche, non più generali ma, piuttosto, ancorate a dettagli e a singole vite di ebrei scomparsi nel nulla e, per questo, senza un “passatore”, destinati a non essere mai nati e mai vissuti.

Al traduttore, in fondo, Hilberg chiedeva anche di raccogliere il suo testimone, per non essere lasciato solo in questa enorme fatica.

Bibliografia

Akal 2005: Raul Hilberg, La destrucción de los judíos europeos, traduzione non accreditata, Madrid, Akal

Barcellos et al. 2014: Raul Hilberg, A destruição dos judeus europeus, tradução Carolina Barcellos, Laura Folgueira, Luís Protásio, Maurício Tamboni e Sonia Augusto, 2 volumes, Amarilys-Manole, Barueri (Brasile) (da Hilberg 2005)

Breuer 2012: Raul Hilberg, Chorban Yehudei Europa, trad. di Aya Breuer, a cura di David Bankier e Bella Gutterman, Yerushalaim, Yad Vashem

Giebułtowski 2014: Raul Hilberg, Zagłada Żydów europejskich, przełożył Jerzy Giebułtowski, Warszawa, Piotr Stefaniuk (da Hilberg 2005)

Guastalla 1997: Il diario di Dawid Sierakowiak. Cinque quaderni dal ghetto di Łódź, a cura di Alan Adelson; ed. italiana a cura di Frediano Sessi, trad. di Giuliana Guastalla, Torino, Einaudi (da The Diary of Dawid Sierakowiak. Five notebooks from the Łódz ghetto, edited and with an introduction by Alan Adelson; translated from the Polish original by Kamil Turowski; foreword by Lawrence L. Langer, Oxford University Press, 1996)

Gutman, Berenbaum 1998: Anatomy of the Auschwitz Death Camp (Anatomia del campo della morte di Auschwitz), ed. by Yisrael Gutman and Michael Berenbaum, Washington – Indianapolis, United States Holocaust Memorial Museum – Indiana University Press

Hilberg 1976: Raul Hilberg, The Role of the German Railroads in the Destruction of the Jews, Mainz, Dumiahn

– 1978: Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, with a new postscript by the author, New York , Octagon Books (I ed. Chicago, Quadrangle Books, 1961)

– 1985: Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Revised and definitive ed., 3 vols, New York-London, Holmes & Meier (I ed. Chicago, Quadrangle Books, 1961)

– 1992: Raul Hilberg, Perpetrators, Victims, Bystanders. The Jewish Catastrophe, 1933 – 1945, New York, Aaron Asher Books (tr. it. di Davide Panzieri, Raul Hilberg, Carnefici, vittime, spettatori. La persecuzione degli ebrei, 1933-1945, Milano, Mondadori 1994)

– 1994: Raul Hilberg, The Politics of Memory. The Journey of a Holocaust Historian, Chicago, Ivan R. Dee

– 2001: Raul Hilberg, Sources of Holocaust Research. An Analysis, Chicago, Ivan R. Dee

– 2003: Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, 3 vols., New Haven, Yale University Press

– 2005: Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Revised and expanded edition, New Yor-London, Holmes & Meier

Paloméra et al. 1988: Raul Hilberg, La destruction des Juifs d’Europe, traduction de Marie-France de Paloméra, André Charpentier e Pierre-Emmanuel Douzat, Paris, Gallimard (da Hilberg 1978)

Paloméra et al. 20062: Raul Hilberg, La destruction des Juifs d’Europe, Édition définitive, complétée et mise à jour, traduction de Marie-France de Paloméra, André Charpentier e Pierre-Emmanuel Douzat, Paris, Gallimard (da Hilberg 2005)

Seeger et al. 1982: Raul Hilberg, Die Vernichtung der europäischen Juden. Die Gesamtgeschichte des Holocaust, übstz. Christian Seeger et al., Berlin , Olle und Wolter (da Hilberg 1978; II ed.: Frankfurt a/M, Fischer Taschenbuch, 1990)

Sessi 1995: Frediano Sessi, Nota introduttiva, in Sessi, Guastalla 1995, pp. XI-XVIII

– 2017: Frediano Sessi, Nota bibliografica, in Sessi, Guastalla 2019

Sessi, Guastalla 1995: Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, a cura di Frediano Sessi, traduzione di Frediano Sessi e Giuliana Guastalla, 2 voll., Torino, Einaudi (da Hilberg 1985, con integrazioni da Palomèra et al. 1988)

– 1999: Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, a cura di Frediano Sessi, nuova ed. riv. e ampliata, traduzione di Frediano Sessi e Giuliana Guastalla, Torino, Einaudi

– 2017: Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, testo conforme all’edizione 1999, nuova introduzione e cura di Frediano Sessi, Torino, Einaudi

Verbum 2008: Raul Hilberg, De vernietiging van de Europese Joden 1939-1945, traduzione non accreditata, Laren, Verbum (da Paloméra et al. 2006)

Weil 1994: Nicolas Weil, Raul Hilberg: la communauté voulait « limiter les pertes », in «Le Monde», 25 février

Gli archivi e i documenti di Raul Hilberg sono oggi ordinati presso la University of Vermont, Burlington, presso la quale svolse la sua attività di insegnamento dal 1956 al 1991, come professore del dipartimento di Political Science.