Categoria: Pratiche

Le scuole / La “scuola di Torino” ovvero la Scuola di specializzazione in traduzione editoriale

L’ESPERIENZA DELLA SCUOLA DI TORINO

di Paola Mazzarelli |

Nel 1992, quando Magda Olivetti aprì la prima edizione della prima, vera scuola di traduzione che si fosse vista in Italia – e la aprì proprio a Torino, la mia città – traducevo a tempo pieno già da qualche anno e con la sicumera di allora ritenevo di non avere granché da imparare. Avevo torto, naturalmente. Da imparare ne avevo, eccome. Ma per mia fortuna avevo anche molto lavoro. Sicché non mi iscrissi.

Quando a tradurre si insegnava di nascosto

INTERVISTA A BARBARA LANATI

di Norman Gobetti |

Potrà sembrare strano, ma c’è stato un tempo, non troppo remoto, in cui insegnare traduzione non solo non era abituale, ma era un tabù. E c’è stato un tempo in cui alcune persone hanno cominciato a violare il tabù. Una di queste persone è stata Barbara Lanati, professore di Letteratura americana all’Università di Torino, che qui ci racconta la sua pionieristica esperienza didattica, e anche qualcosa del suo modo di intendere la traduzione.

Le scuole / La “scuola di Milano”, ovvero la Civica scuola interpreti e traduttori Altiero Spinelli

di Fabrizia Parini |

La Civica scuola per interpreti e traduttori Altiero Spinelli nasce come Scuola superiore per interpreti e traduttori del Comune di Milano nel 1980 e oggi fa parte della Fondazione Milano scuole civiche insieme alla Civica scuola di cinema Luchino Visconti, alla Civica scuola di teatro Paolo GRassi, alla Civica scuola di musica Claudio Abbado. Comprende la Scuola superiore per mediatori linguistici (Ssml) per il corso triennale e, per le lauree magistrali, l’Istituto superiore di interpretazione, traduzione e relazioni internazionali (Isit-Rit).

I docenti / Per una didattica della traduzione obliqua e flessibile

di Barbara Ivancic |

Sage mir, was du vom Übersetzen hältst, und ich sage dir, wer du bist, scriveva Martin Heidegger in un celebre passo di una conferenza dedicata all’inno Der Ister di Friedrich Hölderlin (Heidegger 1984, 76: Dimmi cosa pensi del tradurre e ti dirò chi sei – tranne diversa indicazione, tutte le traduzioni sono mie), in cui fa una breve ma densa riflessione sull’essenza del tradurre. Questa, sottolinea Heidegger, non si può ridurre a questioni puramente tecniche, perché l’atto traduttivo chiama sempre in causa das Verhältnis des Menschen zum Wesen des Wortes und zur Würde der Sprache (Heidegger 1984, 76: il rapporto dell’uomo con l’essenza della parola e con la dignità della lingua).

Le scuole / Il progetto formativo dell’associazione Grió

di Mario Tolomelli

I corsi di traduzione editoriale organizzati dall’associazione Grió si rivolgono principalmente a studenti o laureati in lingue e discipline umanistiche interessati al campo dell’editoria e della traduzione, proponendosi di fornire un ponte che possa favorire l’accesso a un mondo professionale estremamente selettivo, in cui è difficile entrare qualora non se ne comprendano le dinamiche di funzionamento.

I docenti / Filosofia accademica e filosofia professionale

INSEGNARE A TRADURRE A UN’AULA UNIVERSITARIA COLMA DI STUDENTI

di Franca Cavagnoli |

La mia attività didattica nel campo della traduzione letteraria si svolge da molti anni su due piani: 1) l’aggiornamento professionale di colleghi e la formazione di studenti neolaureati, o dell’ultimo anno di università, che aspirano a fare della traduzione il loro lavoro; 2) corsi di traduzione letteraria all’interno del percorso universitario di laurea magistrale in Traduzione o Lingue e letterature straniere.

I docenti / Insegnare l’attenzione

di Norman Gobetti |

La formation de la faculté d’attention est le but véritable et presque l’unique intérêt des études (Weil 1966, 85: «Il vero obiettivo e l’interesse pressoché unico degli studi è quello di formare la facoltà dell’attenzione» – Sala 2008, 191)

Da quando, una decina di anni fa, mi sono trovato per la prima volta dietro una cattedra, mi vado ripetendo come un mantra questa frase di Simone Weil: «Il vero obiettivo e l’interesse pressoché unico degli studi è quello di formare la facoltà dell’attenzione». Insegno traduzione letteraria, ma si può davvero insegnare a tradurre?

Le scuole / Tradurre la letteratura: uno spazio per la formazione dei traduttori editoriali

LA “SCUOLA DI MISANO”

di Roberta Fabbri |

Tradurre la letteratura è un corso di perfezionamento in traduzione editoriale che nei suoi ventitré anni di storia ha accolto più di 400 allievi. Il corso rientra fra le diverse attività di alta formazione organizzate dalla Fondazione Unicampus San Pellegrino che, oltre alla laurea triennale in Mediazione linguistica e alla laurea magistrale in Relazioni internazionali (in collaborazione con l’Università Link Campus), includono anche corsi post laurea e post dottorato, come la Nida School of Translation Studies, la summer school che ogni anno accoglie le figure internazionali più rappresentative nel mondo della teoria della traduzione.

I docenti / La lezione di traduzione

di Daniele Petruccioli |

Sono trentasei, demotivati, stanchi, non hanno nessun interesse per quello che stai per dirgli, si sono affacciati perché pare che a portoghese non bocciano mica, oppure perché gli sembra importante, nel loro corso di studi, ampliare gli orizzonti il più possibile, certo però che se invece di questo inutile corso di traduzione dei soliti testi letterari avessero messo qualcosa più sull’informatico, o sulla mediazione culturale… Oppure sono quattro, motivatissimi, entusiasti, innamorati, sanno benissimo quello che hanno scelto, lo vogliono fin da ragazzini, hanno letto, studiato e praticato la traduzione a vari livelli, e

Le scuole / Langue&Parole: una storia d’amore tra la formazione e la Rete lunga dieci anni

di Marina Invernizzi |

Nel 2009 la Rete era ben diversa da come la conosciamo oggi. I social non esistevano o quasi (il mio profilo personale su Facebook contava 36 contatti), i blog cominciavano a produrre le prime “star del web” – qualcuno ricorderà personaggi come Cavoletto di Bruxelles – , ma molte di queste non compravano nemmeno un dominio e scrivevano i loro articoli su spazi i cui indirizzi finivano con blogspot.com… Un’epoca in cui per molti la formazione a distanza era ancora quella per corrispondenza (sì, proprio via posta ordinaria) o, al massimo, in autoapprendimento, con materiali inviati via mail o caricati sui primi timidi tentativi di piattaforme didattiche.