Note su lingue, traduttori e interpreti nella Terza Internazionale di Aldo Agosti | L’articolo di Emmanuel Jousse presentato in questo numero di «tradurre» solleva una serie di problemi e di interrogativi che possono essere in gran parte riproposti anche per la fase successiva della storia dell’internazionalismo “operaio” o “proletario”, in particolare per quello comunista nel periodo in cui esso si cristallizzò in una precisa e possente forma organizzativa, definita Terza Internazionale: una denominazione che sottolineava la filiazione e insieme la discontinuità dalle Internazionali precedenti, oggetto dell’analisi di Jousse, e che – sempre più spesso con il passare degli anni – lasciò il posto a quella di Internazionale comunista (Komintern negli acronimi russo e tedesco, Comintern in quello inglese, IC nelle sigle francese e italiana).
Categoria: Studi e ricerche
I traduttori dell’Internazionale
di Aldo Agosti (traduzione da Les traducteurs de l’Internationale di Emmanuel Jousse) | Il 21 agosto 1907, a Stoccarda, la commissione del congresso dell’Internazionale [socialista] incaricata di esaminare la questione del militarismo discute delle posizioni di Gustave Hervé. Il belga Emile Vandervelde cerca una mediazione ed esorta il congresso a prendere una decisione che non sia un segnale di pusillanimité socialiste, «pusillanimità socialista», suscitando l’obiezione del presidente tedesco che respinge l’espressione come una «traduzione francese». «E’ francese, e del miglior francese», replica Jaurès, suscitando l’ilarità dell’assemblea.
Le molte vite di una traduttrice
BIANCA UGO DALLA TRADUZIONE ALL’ARTE DIVINATORIA di Patrizia Caccia | Fra i tanti traduttori che, fra gli anni trenta e settanta del secolo scorso, hanno accompagnato l’ondata di importazioni di letteratura e cultura straniera in Italia, un posto particolare va riconosciuto a Bianca Ugo che, fin dal famigerato “decennio delle traduzioni”, ha prodotto apprezzabili versioni dal tedesco e dall’inglese.
Bianca (all’anagrafe Bianca Enrica Luisa Maria Teresa) Ugo nacque a Genova l’11 febbraio 1910 da Nice Castellani – un’appassionata apicultrice morta il 21 giugno 1974 – e da Ernesto, agente di cambio. Oltre a Bianca, gli Ugo ebbero Franco e Bruna, storica dell’arte.
Dante e la Russia: le traduzioni novecentesche della Divina commedia
di Giulia Baselica | Nel settimo centenario della morte di Dante il lettore russo dispone di ben quattro traduzioni integrali della Divina Commedia, tutte pubblicate nel Novecento: una in epoca sovietica – la celeberrima versione di Michail Lozinskij (1939-1945), insignita del premio Stalin nel 1946 – e tre negli anni novanta, immediatamente dopo la dissoluzione dell’Urss: quelle di Aleksandr Il’jušin (1995), di Vladimir Lemport (1997) e di Vladimir Marancman (1999). È dunque interessante osservare che alla canonica traduzione di Lozinskij seguono in rapidissima successione tre versioni, l’una dall’altra notevolmente diverse in termini di ricezione e di approccio traduttivo, due delle quali (quelle di Il’jušin e Marancman) concepite negli anni della perestrojka, epoca in cui la letteratura si liberava, finalmente, «dal monologismo in cui era imbrigliata» (Piccolo 2017, 10). Se in epoca sovietica Dante, così come Petrarca e Boccaccio, figurava fra i classici stranieri più diffusamente pubblicati e letti, appunto in traduzioni canoniche, gli anni compresi fra il 1985 e il 1991 favorirono, evidentemente, una inedita libertà ispirativa e progettuale, generando nuove, talvolta audaci, riletture e reinterpretazioni dei monumenti della letteratura universale. Gli esiti si collocano nel decennio – ormai comunemente definito «epoca di transizione» (Piccolo 2017, 9) – che si estende dalla dissoluzione dell’Urss (1991) all’inizio dell’era putiniana (1999).
Mordere il mallo della noce
EMILIO CASTELLANI, TRADUTTORE DEL TEATRO DI BRECHT (E NON SOLO)
di Aldo Agosti |
Il nome di Emilio Castellani (1911-1985) non è ignoto nella repubblica delle lettere: molti, quasi tutti forse, lo assoceranno alla traduzione in italiano di alcuni fra i più noti autori di lingua tedesca dell’Otto e Novecento; per non citare che i più celebri: Goethe, Thomas Mann, Arthur Schnitzler, Franz Kafka, e soprattutto Bertolt Brecht. A delineare mirabilmente in poche righe il senso più profondo del suo percorso intellettuale vale ancora il ritratto che cinque mesi dopo la sua morte gli dedicò Claudio Magris:
Castellani appartiene a
Che ti dice la patria? / 4 (e fine)
TIRIAMO LE FILA
di Gianfranco Petrillo | Non era Hemingway che contava, per Vittorini, quando pubblicò sul «Politecnico» Per chi suonano le campane, in quell’annuncio di autunno dopo la primavera della Liberazione: era la Spagna come primo campo della lotta tra oppressione e libertà che per un decennio aveva insanguinato l’Europa. In giugno era uscito, ovviamente da Bompiani, il suo romanzo Uomini e no, scritto negli ultimi mesi della lotta di liberazione con l’ambizione di rappresentare la Resistenza urbana, alla quale l’autore aveva partecipato, come riflessione sui valori assoluti del bene e del male, dell’agire e non agire. Nel romanzo è infilato a forza un inverosimile partigiano spagnolo che si chiama
Due lingue inaudite
FRANCO ANTONICELLI DA LE AVVENTURE DI TOPOLINO A SE QUESTO È UN UOMO
di Domenico Scarpa |
Tra i poeti segnalati al Saint-Vincent 1948 e accolti nel volume I poeti scelti di quell’anno c’è Franco Antonicelli. Con qualche civetteria la sua nota biografica (p. 20) non fa cenno né al suo lavoro editoriale né al suo impegno politico attivo:
Franco Antonicelli è nato il 15 novembre 1902 a Voghera. Risiede a Torino.
Non ha mai pubblicato poesie né ha mai preso parte a nessun concorso letterario.
Laureato in lettere e in legge. Collabora a diversi giornali con articoli di letteratura e politici.
Questa dell’ottobre 1949 (finito di stampare dell’antologia Mondadori) è realmente la prima apparizione pubblica di Antonicelli come poeta in versi,
Bad cop e good cop
IL GIOCO DELLE PARTI CON MICHELE SISTO
di Gianfranco Petrillo |
Il lettore ormai l’avrà capito. Michele Sisto e io facciamo finta di discutere tra noi soltanto per incastrare meglio il reo, ovvero la collocazione dell’opera letteraria nell’empireo iperuranio delle idee, avulsa da ogni contaminazione materiale, lui con l’eleganza, l’ampiezza e la profondità delle sue ricerche, io con la rozzezza e la pedanteria delle mie puntualizzazioni. Ma finché non avremo costretto alla resa la nostra vittima,
La Breve storia della letteratura tedesca di Lukács in Italia (1945-1958)
UN CASO DI SOCIOLOGIA STORICA DELLA TRADUZIONE
di Michele Sisto |
Nel 1945, sul finire della guerra, György Lukács pubblica sulla rivista sovietica «Internationale Literatur» due lunghi saggi, Fortschritt und Reaktion in der deutschen Literatur (Progresso e reazione nella letteratura tedesca) e Die deutsche Literatur im Zeitalter des Imperialismus (La letteratura tedesca nell’età dell’imperialismo) (Lukács 1945a e b). Dedicati rispettivamente ai periodi che vanno dall’Illuminismo alla caduta di Bismarck (1888) e dalla nascita della letteratura contemporanea con la Freie Bühne (1889) al presente, essi fanno parte di un progetto unitario di rilettura della storia letteraria tedesca, volto da una parte a contrastare le tendenze culturali che avevano portato al nazionalsocialismo e alla distruzione della Germania, dall’altra a dimostrare l’efficacia dello strumentario critico del marxismo applicato alla storia della letteratura.
Il teatro irlandese in Italia durante la seconda guerra mondiale: traduzione e politica
di Antonio Bibbò |
pubblicato su «Modern Italy», 2019, vol. 24, n. 1, pp. 45–61, tradotto da Giulia Grimoldi e Maristella Notaristefano
Anton Giulio Bragaglia e la scena teatrale italiana all’inizio della seconda guerra mondiale
Il teatro irlandese ebbe un ruolo decisivo nella scena teatrale italiana durante la seconda guerra mondiale. Intellettuali italiani di tendenze estetiche e politiche diverse, e spesso contrastanti, riuscirono ad avvantaggiarsi dello status fluido e ambiguo della letteratura irlandese in modo da negoziare uno spazio per l’innovazione sia durante il Ventennio sia nel dopoguerra. Attingendo a risorse d’archivio poco esplorate e analizzando l’opera di mediatori culturali come Anton Giulio Bragaglia, Lucio Ridenti e Paolo Grassi in campo letterario, qui di seguito esaminerò un momento cruciale di cambiamento tanto della politica quanto del teatro italiani, sottolineando elementi di continuità tra le pratiche fasciste e quelle post-fasciste.