Categoria: Archivio

Palombari in immersione

UN’ESPERIENZA DI DIALOGO TRA AUTORE E TRADUTTORI

di Claudia Tatasciore |

Sulle pagine di questa rivista è stato dato ampio spazio alla riflessione sul dialogo tra autore e traduttore, nei vari gradi di partecipazione del primo al lavoro del secondo. Penso, per fare solo un paio di esempi, alla recensione di Elisa Leonzio al libro di Barbara Ivančić L’autore e i suoi traduttori (Leonzio 2014), o al più recente articolo di Ivančić stessa sul caso di Claudio Magris (Ivančić 2019). Volendo riassumere in estrema sintesi la struttura di questi scambi, sono due le direzioni possibili. Quando, come solitamente accade, il dialogo tra autore e traduttore fa emergere gli elementi interpretativi imprescindibili per l’autore stesso, è il testo di partenza che va verso il testo d’arrivo, offrendo delle sorte di linee guida (più o meno vincolanti) per il traduttore. Ma ci sono anche casi in cui il dialogo porta l’autore a tornare sulla propria opera e modificarla, così che, si può dire, è il testo di arrivo a muoversi verso il testo di partenza.

È sempre il libro che traduci a dirti che cosa ti manca

DUE CHIACCHIERE SU SKYPE CON DANIELE PETRUCCIOLI

di Gianfranco Petrillo |

Allora, com’è andata la segregazione? Ti ho immaginato, dentro la tua caverna, un teschio a fare da fermacarte accanto ai dizionari, il tuo bravo leone accucciato in un angolo e l’angelo del Signore ad ispirarti.

Sono a casa mia, a Torino, auricolari nelle orecchie e davanti al computer, e la domanda è per Daniele. Sullo schermo vedo la sua risatina. L’avevamo programmata da mesi, questa intervista.

La traduzione come militanza letteraria

PASSIONE CULTURALE E MESTIERE EDITORIALE IN ENRICO FILIPPINI

di Marino Fuchs | Enrico Filippini (Cevio, 21 maggio 1932 – Roma, 1988) è stato uno straordinario mediatore tra la cultura italiana e quella mitteleuropea: la sua attività ha toccato numerosi ambiti, dalla traduzione di importanti opere filosofiche e letterarie al lavoro editoriale, dalla critica militante al giornalismo culturale. Grazie alla sua capacità di scavalcare con disinvoltura gli steccati disciplinari e i confini nazionali rese possibile

I tedeschi, prima e dopo Auschwitz

PRIMO LEVI TRADUTTORE DEL PROCESSO DI KAFKA (E ALTRO)

di Martina Mengoni | Primo Levi (1919-1987) tradusse per intero un unico libro dal tedesco, Il processo di Franz Kafka. La traduzione fu pubblicata nel 1983 come titolo inaugurale della collana Einaudi «Scrittori tradotti da scrittori». Quella di Levi fu più che altro una versione d’autore (Marelli 2014), dieci anni dopo la traduzione di Giorgio Zampa per Adelphi (1973) e cinquant’anni dopo quella di Alberto Spaini per Frassinelli (1933) che aveva fatto conoscere in Italia il capolavoro kafkiano.

La fille prodige della traduzione

GIOVANNA BEMPORAD DA OMERO A RILKE E RITORNO

di Flavia Di Battista | In una lunga intervista rilasciata nel 2008 Giovanna Bemporad ricorda con orgoglio i suoi esordi di traduttrice, frutto della «scoperta che un uomo maturo, com’era Carlo Izzo, ha fatto di una ragazzina quindicenne straordinaria, che traduceva tutti i grandi classici da tutte le lingue con una bravura da superare quella di tanti traduttori già famosi e conosciuti, tanto che si era sparsa la voce, si diceva, Traverso, Praz e Manacorda, eccetera: “Sì, ma quella li batte tutti”. Correva questa voce, no, che io ero più brava di tutti» (Bemporad 2011, 15). L’incontro con Izzo, che a quel tempo lavora sia come traduttore dall’inglese che come insegnante, avviene in un’aula scolastica e dà origine

Salvare le ossa della traduzione

di Alberto Prunetti |

autore di D. Hunter, Chav. Solidarietà coatta, Roma, Edizioni Alegre, 2020 (da Chav Solidarity, 2018; Active Distribution, 2019)

Chav Solidarity di D. Hunter l’ho scoperto su Working Class Literature, un profilo twitter che diffonde contenuti sulla narrativa inglese della classe lavoratrice. Lo seguo con interesse per la mia collana editoriale dedicata alle scritture working class. Ho fatto qualche ricerca. Il libro era un’opera autoprodotta scritta da un coatto di mezz’età di Nottingham e parlava delle sue esperienze negli strati più bassi della catena alimentare del capitalismo, dove se l’era cavata con parecchie ammaccature vivendo in un’economia informale fatta di lavoro sessuale, spaccio e furti.

Alla vicina distanza

di Sara Ventroni |

autrice di Walt Whitman, Contengo moltitudini, Ponte alle Grazie, Milano, 2020 (da Leaves of grass, Deathbed Edition, https://whitmanarchive.org/published/LG/index.html)

Il titolo scelto per questo tascabile florilegio, Contengo moltitudini, è un omaggio alla natura incontenibilmente espansiva del poeta di Mannahatta (I am large, I contain moltitudes) ma anche il giocoso biglietto da visita dell’antologia: nello spazio ristretto di novantacinque pagine ho infatti cercato di offrire una selezione quanto più varia – le «moltitudini» di intonazioni e di umori – delle Leaves of Grass, l’opera che per trentasei lunghi anni cresce intorno all’esistenza di Walt Whitman come un’ostinata rampicante sempreverde.

Una voce femminista dalla Romania del passato

di Luisa Valmarin |

autrice di Sidonia Drăgușanu, La signora dagli occhiali neri, Roma, Elliot, 2020 (da Doamna cu ochelari negri, Nuvele, Timișoara, Hyperliteratura, 2017; I ediz.: București, Editurs pentru Literatură, 1974)

Quando mi è stato proposto il volume di novelle di Sidonia Drăgușanu, a convincermi non è stato solo il loro intrinseco valore letterario, ma anche il fatto che l’autrice è stata parte di un piccolo, ma vivace manipolo di scrittrici femministe capaci di far sentire la loro voce sonora e agguerrita in un ambiente non propriamente emancipato come la Romania degli anni quaranta prima e del periodo postbellico poi.

Il giusto peso della traduzione

di Ilaria Piperno |

autrice di Annelise Heurtier, La ragazza con le scarpe di tela, Roma, Gallucci, 2020 (da La fille d’avril, Bruxelles, Casterman 2018)

Uno degli insegnamenti dell’etica ebraica è quello di dare il giusto peso alle esperienze della vita: né troppo, né poco, la sfida è saper dare il peso giusto. Traducendo i libri di Annelise Heurtier mi è capitato di ripensare a questo concetto. Come tradurre una lingua dal peso così specifico, calibrato, nella quale la bilancia non pende mai verso un sentimentalismo scontato né verso una semplificazione eccessiva?