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Le molte vite di una traduttrice

BIANCA UGO DALLA TRADUZIONE ALL’ARTE DIVINATORIA di Patrizia Caccia | Fra i tanti traduttori che, fra gli anni trenta e settanta del secolo scorso, hanno accompagnato l’ondata di importazioni di letteratura e cultura straniera in Italia, un posto particolare va riconosciuto a Bianca Ugo che, fin dal famigerato “decennio delle traduzioni”, ha prodotto apprezzabili versioni dal tedesco e dall’inglese.

Bianca (all’anagrafe Bianca Enrica Luisa Maria Teresa) Ugo nacque a Genova l’11 febbraio 1910 da Nice Castellani – un’appassionata apicultrice morta il 21 giugno 1974 – e da Ernesto, agente di cambio. Oltre a Bianca, gli Ugo ebbero Franco e Bruna, storica dell’arte.

 

Il teatro irlandese in Italia durante la seconda guerra mondiale: traduzione e politica

di Antonio Bibbò |

pubblicato su «Modern Italy», 2019, vol. 24, n. 1, pp. 45–61, tradotto da Giulia Grimoldi e Maristella Notaristefano

Anton Giulio Bragaglia e la scena teatrale italiana all’inizio della seconda guerra mondiale

Il teatro irlandese ebbe un ruolo decisivo nella scena teatrale italiana durante la seconda guerra mondiale. Intellettuali italiani di tendenze estetiche e politiche diverse, e spesso contrastanti, riuscirono ad avvantaggiarsi dello status fluido e ambiguo della letteratura irlandese in modo da negoziare uno spazio per l’innovazione sia durante il Ventennio sia nel dopoguerra. Attingendo a risorse d’archivio poco esplorate e analizzando l’opera di mediatori culturali come Anton Giulio Bragaglia, Lucio Ridenti e Paolo Grassi in campo letterario, qui di seguito esaminerò un momento cruciale di cambiamento tanto della politica quanto del teatro italiani, sottolineando elementi di continuità tra le pratiche fasciste e quelle post-fasciste.

Evgenij Solonovič, o del superamento del pregiudizio di intraducibilità

UN GRANDE TRADUTTORE RUSSO DI AUTORI ITALIANI E LA SUA TEORIA

di Giulia Baselica |

Sono forse le parole di Ivan Kramskoj, pittore e critico d’arte russo, maestro del ritratto realista vissuto nei decenni centrali dell’Ottocento, a poter tracciare con immediatezza il profilo del traduttore e poeta Evgenij Michajlovič Solonovič, qui assimilato a quello dell’artista, come «parte della nazione che si è attribuita, liberamente e per inclinazione, il compito di soddisfare le esigenze estetiche del suo popolo» (Čast’ nacii, svobodno i po vlečeniju postavit’ sebe zadačeju udovletvorenie ėstetičeskich potrebnostej svoego narodaPorudominskij 1974, 14). Considerando la valenza etica connaturata nello spirito russo all’esigenza estetica,

Il rovescio di Vertumno

APPUNTI SU DUE TRADUZIONI DA APULEIO

di Daniele Petruccioli |

1. Versioni editoriali

Quando, nel maggio 2019, è uscita una nuova traduzione di Monica Longobardi dei Metamorphoseon libri XI, ossia le Metamorfosi di Apuleio, più note sotto il nome di L’asino d’oro, la mia prima intenzione era di scriverne al più presto. L’operazione mi interessava non soltanto perché Longobardi è filologa romanza abituata a tradurre (dai trovatori agli occitani moderni passando per Petronio: Longobardi 2008, 2009, 2014 e 2019b) e a insegnare traduzione – rientrando perciò nel ruolo un po’ ibrido, raro e molto interessante (giacché destinato, secondo me, ad affermarsi sempre più in futuro) del traduttore studioso e insegnante – ma in particolare perché Longobardi ha la particolarità di coltivare un forte interesse per i giochi linguistici (Longobardi 2006 e 2011), altra zona considerata un po’ limitrofa alla traduzione e cui invece, credo, si riconoscerà un’importanza sempre più centrale in questa nostra disciplina che è prima di tutto una pratica, in questo nostro mestiere che è innanzitutto un campo di studi e di riflessione.

Che ti dice la patria? / 3 (segue)

TERZA PARTE DELLA STORIA

di Gianfranco Petrillo |

2.5. Dunque è America che diciamo |

Erano passati tre anni da quando Thomas Mann aveva tenuto il suo discorso. Un diciassettenne liceale torinese, nel corso dell’anno scolastico 1925-1926, passò al suo compagno del d’Azeglio, Tullio Pinelli, futuro cosceneggiatore dei capolavori di Federico Fellini, un biglietto in cui esaltava Walt Whitman:

La letteratura italiana in Ungheria negli anni duemila

QUALCHE RIFLESSIONE, CON UNO SGUARDO RETROSPETTIVO AL NOVECENTO

di Margit Lukácsi |

Questa riflessione intende affrontare la questione della ricezione della letteratura italiana in Ungheria nello specchio delle traduzioni durante l’ultimo ventennio. Poiché la traduzione può essere vista come atto di mediazione interculturale, luogo privilegiato di contatto tra lingue e culture diverse, può essere importante studiare la fortuna delle pubblicazioni di opere provenienti da un’altra cultura dal punto di vista sia qualitativo sia quantitativo nell’arco di un determinato periodo, nonché il mutamento dei valori e delle valorizzazioni. La mia indagine abbraccia più o meno due decenni, gli anni duemila, quando la situazione editoriale ungherese, in conseguenza della globalizzazione, non si differenziava molto dall’andamento del mercato librario di altri paesi europei. È tuttavia interessante seguire e interpretare le singole scelte editoriali e le specializzazioni locali,

Giovanni Giudici

di Teresa Franco |

La formazione

Il nome del poeta, traduttore e giornalista Giovanni Giudici (La Spezia 1924 – Le Grazie 2011) è legato soprattutto a Milano, sua città adottiva. La sua formazione avviene, però, a Roma, dove si trasferisce dalla Liguria nel 1933, ancora bambino, e vive gli anni più drammatici della storia del Novecento. Nel «pontificio collegio» rievocato in una celebre poesia (Te Deum, in Giudici 2008, 396-400) compie parte degli studi, e nel quartiere popolare di Montesacro, immortalato nelle pagine di una prosa narrativa, trascorre sia l’infanzia fascista sia la giovinezza dell’impegno antifascista (Giudici 1989, 110-133).

La recensione / 3 – Il verso russo tradotto e la sua ricezione

di Giulia Baselica |

A proposito di: Alessandro Niero, Tradurre poesia russa. Analisi e autoanalisi, Macerata, Quodlibet, 2019, pp. 378, € 28,00

Studioso e docente di letteratura russa all’Università di Bologna, autore di numerosissimi contributi sulla riflessione traduttologica traduttore, non soltanto, ma soprattutto, di poesia russa (Stratanovskij, Fedin, Sluckij, Prigov, Kropivnickij, Ryžij, Cholin e altri), con il volume Tradurre poesia russa. Analisi e autoanalisi Alessandro Niero apre una nuova via negli studi traduttologici.

Che ti dice la patria? / 2 (segue)

SECONDA PARTE DELLA STORIA

di Gianfranco Petrillo |

Il 20 luglio 1944 Enrico Rocca si suicidò. Goriziano del 1895, e quindi suddito dell’Austria-Ungheria, a quella patria aveva voltato le spalle giovanissimo per slanciarsi verso quella che sentiva la sua vera, l’Italia. Studente a Venezia, a vent’anni, nel 1915, aveva fondato con altri un giornalino significativamente intitolato «Guerra», che abbracciava il credo futurista dell’«igiene del mondo». E c’era andato volontario, in guerra, ed era stato anche gravemente ferito. Poi, nel marzo del 1919, era in piazza San Sepolcro, a Milano, tra i fondatori dei Fasci italiani di combattimento.

Il correttore

LEONE GINZBURG E LA TRADUZIONE DA LETTERALE A EDITORIALE

di Giorgio Ferri |

Leone Ginzburg era traduttore per costituzione. Dovette presto imparare a tradursi e presto tradurre i nuovi segni che via via si disponevano attorno a lui. Era un ebreo nato sul Mar Nero, a Odessa, figlio di russi; ma il padre Fëdor Nikolaevič aveva parenti in Italia. E in Italia, anzi in Toscana, i Ginzburg venivano in vacanza e Leone vi orecchiava la lingua. Poi la studiò, a Viareggio. Fu a Torino per un breve tratto, e ricongiuntosi coi suoi proseguì gli studi a Berlino. Due anni dopo, nel 1924, si stabilì a Torino, dentro l’Italia fascista e con un poderoso vaccino contro la cultura d’accatto,