La poesia americana in Italia prima e dopo il 1985

di Massimo Bacigalupo

LA POESIA AMERICANA 1Per uno sguardo alla ricezione della poesia americana nell’editoria italiana, prendiamo il 1985 come anno di riferimento. È il centenario della nascita di Ezra Pound e nei «Meridiani» Mondadori esce I Cantos a cura della figlia del poeta, Mary de Rachewiltz, in realtà la prima edizione integrale mai apparsa del poema poundiano: contiene i due incandescenti canti italiani del 1945 (LXXII-LXXIII), inclusi nelle edizione inglesi e americane solo dal 1986, e presenta un testo inglese nel complesso più corretto di quello attualmente (2016) disponibile nelle librerie d’oltremanica e oltreoceano – ammesso che il paperback The Cantos (1995), assai fragile nella confezione incollata, si trovi su quegli scaffali: Pound è un mito ma non è certo fra gli autori più letti, almeno integralmente!

Questioni testuali. Quale originale?

Questo episodio apre una prospettiva sulla sorte dei testi originali su cui sono condotte le versioni o che (come spesso in poesia) sono stampati a fronte della traduzione. Possono essere frutto di un lavoro editoriale e filologico, comunque di scelte. Recensendo una nuova traduzione di Moby Dick ad opera di Ottavio Fatica per Einaudi (2015), uno studioso di Melville, Giorgio Mariani (2015), lamentava che nel volume non fosse indicato quale fosse il testo di riferimento, date le differenze fra diverse edizioni e i tanti studi testuali (forse esagerava un poco, i problemi sono tanti quando si toccano i giganti, anche se questo non è l’ultimo).

Traducendo Shakespeare (tanto per non fare nomi) il traduttore potrà come avviene spesso (anche nella recente, innovativa e voluminosa operazione Bompiani diretta da Franco Marenco) prendere a riferimento una particolare edizione (quella appunto innovativa di Jowett, Wells e altri della Oxford U.P., citata fin dal frontespizio dell’edizione Marenco 2014-2015) o potrà, se è filologo (o maniaco), costruire un suo testo originale attingendo alle varie edizioni (o magari a un manoscritto di Shakespeare che trova in soffitta…). Nelle due parti dell’Enrico IV da me tradotte per Garzanti (Bacigalupo 1991 e 1993) vedo che nella Parte prima indico di aver tratto il testo inglese dall’edizione Pelican curata da M.A. Shaaber, mentre nella Parte seconda dico solo di aver tenuto presente diverse edizioni che cito (e infatti mi pare di esser di nuovo partito dal Pelican Shakespeare (1969) su cui avevo studiato il bardo alla Columbia, ma di aver qua e là attinto ad altre edizioni e varianti curiose).

Per tornare all’America e alla traduzione di un testo non disponibile a stampa nell’originale, quando ho preparato per Archinto il memoriale Fine al tormento di H.D. (nom de plume di Hilda Doolittle, la poetessa “imagista” ecc. ecc.), ho reintegrato nella versione (Bacigalupo 1994) i brani espunti e censurati nelle edizioni americana e inglese, partendo dal dattiloscritto dell’autrice. Un caso ancora più notevole mi è capitato quando proposi, sempre ad Archinto, le lettere di Scott Fitzgerald alla figlia, edite in inglese fin dal 1965; nel corso del lavoro mi imbattei nelle lettere inedite di Scottie al padre, e mi parve giusto far sentire anche la sua parte dello scambio acceso e affettuoso (una teenager impertinente e un padre molto provato che fa il severo), sicché il volume Lettere a Scottie (Bacigalupo 2003) è la sola edizione dell’epistolario (seppur in traduzione) che contenga un’ampia scelta delle lettere della vivacissima figlia di tanto padre.

LA POESIA AMERICANA 2E per chiudere questa, diciamo, antologia personale, e venire alla poesia e tornare al vecchio Pound, nel 2002 curai per «Lo Specchio» della Mondadori un volume di Canti postumi, fatto di testi poetici relativi ai Cantos esclusi dal poema (versioni edite in rivista poi rifiutate, brani rimasti inediti nell’archivio). Qui si trattava addirittura di creare un’opera inesistente di un autore arcinoto, che aggiungesse qualcosa alla sua statura e illuminasse l’opera maggiore, e fosse in definitiva leggibile e godibile. L’operazione fu accolta con interesse e consensi in Italia, ma perché ne uscisse un’edizione in lingua inglese si è dovuto attendere il 2015. Una recensione sul «Times Literary Supplement» (Stead 2016) sembra decretare il successo dell’operazione, ma è significativo (se non altro della (s)fortuna di Pound e forse della poesia) che gli editori canonici di Ezra Pound non ne hanno voluto sapere: quello americano, New Directions, mi ha scritto che, a differenza dell’editore di poesia inglese, Carcanet, che ha pubblicato Posthumous Cantos, New Directions non gode di finanziamenti pubblici, e prima aveva anche opinato che in fondo chi proprio voleva leggere quei testi poteva acquistare l’edizione Mondadori (che ovviamente comprende l’originale, salvo per le non poche pagine scritte da Pound in italiano. Sicché anche uno dei poeti più discussi del secolo XX stenta oggi a trovare un editore in casa propria.

Come si può desumere da queste annotazioni, per quanto riguarda la poesia, forse più che per la prosa, l’origine nazionale c’entra fino a un certo punto con la fortuna editoriale. Si tratta più di casi singoli, di grossi autori su cui esistono aneddotica e fortuna variabili. Dovute anche al caso, alla visibilità di una firma, oltre che alla passione dei lettori. Generalizzare è difficile. Forse lo è meno per quanto riguarda il quadro generale della produzione poetica, diciamo lo sfondo su cui poi si stagliano le figure che fanno storia per un motivo o per l’altro (Pound, è ovvio, a causa del suo rapporto fatale con l’Italia).

Tramonto delle antologie

Sul quadro generale illuminano le antologie. Dopo la guerra ne uscirono tante, importanti e imponenti: citiamo solo quelle feltrinelliane di Roberto Sanesi (1958), Poeti americani 1900-1950, di 1028 pagine, e di Fernanda Pivano (1964), Poesia degli ultimi americani (540 pagine), che rivelò i Beat. C’era del tempo da recuperare, una cultura da rivelare, e soprattutto un interesse diffuso per quel mondo angloamericano rimasto un poco ai margini (perlomeno in campo poetico) durante il ventennio fascista e ora apparentemente nuovo e da prendere a modello per le nuove iniziative culturali e letterarie.

Ma tutto questo cambia negli ultimi decenni del secolo: dopo l’antologia di Pivano il primo volume di qualche respiro editoriale è (dopo uno iato quarantennale), West of Your Cities. Nuova antologia della poesia americana di Mark Strand e Damiano Abeni (2003), che presenta dodici maestri (diciamo così) viventi, tutti vincitori di premi, alcuni ex laureati della Casa Bianca. Suscita moderato interesse ma esce presto di catalogo. Si vede che ormai nella poesia americana non si cerca più l’aggiornamento (Quale lettore non professionale saprebbe citare con qualche autorevolezza i dodici poeti italiani oggi più significativi o comunque premiati dalla critica e dall’editoria?). Bensì, come si diceva, si cerca l’eccezione, il vecchio maestro rompiscatole alla Pound, Eliot, Stevens eccetera. Altre antologie sono uscite, come quella complessiva Poeti americani per la «Biblioteca della Repubblica», a cura di Antonella Francini (2004), a cui ho collaborato, ma la cui vita, nonostante i puntigliosi apparati, è durata una settimana di edicola, o come le tre poderose sillogi della poesia di Los Angeles, San Francisco e New York ideate da Luigi Ballerini (Ballerini, Vangelisti 2005, 2006 e 2009); mentre la poetessa Elisa Biagini (2006) ha presentato a sua volta dodici Nuovi poeti americani nella collana «bianca» di Einaudi. Ma, lasciando per il momento da parte gli stravaganti kolossal di Ballerini, si tratta di contributi o canonici o di normale amministrazione, per studenti e addetti. Qualcuno leggerà «nuovi poeti francesi» o «nuovi poeti italiani» o «nuovi poeti americani», ma non c’è nessuna particolare urgenza come ai tempi delle antologie di Izzo (1949 e 1953) e Sanesi, che immagino avessero un notevole riscontro di vendite.

In effetti l’unica antologia della maggiore poesia americana oggi in libreria (altra istituzione pressoché estinta) è una ristampa riveduta (negli apparati, non nel testo) ma ridotta (da pp. 1028 a pp. 619) dell’antologia primonovecentesca di Sanesi (1958), il poeta e traduttore indefesso che così postumamente rimane il solo corifeo della grande stagione grosso modo modernista (da Robinson, Masters e Frost a Lowell, Wilbur e Merwin – quest’ultimo l’unico vivente nel 2016 e curiosamente sempre ignorato dall’editoria italiana, a differenza di Lowell di cui si continua a parlare e leggere, perlomeno di tanto in tanto).

Primato della poesia americana

Ciò non toglie che la poesia statunitense abbia goduto e continui a godere in Italia una fortuna tutto sommato maggiore di quelle inglese, francese, spagnola ecc. Basterebbe a dimostrarlo, anche facendo la tara della occasionalità delle scelte editoriali, la serie di volumi «La grande poesia», distribuiti in edicola col «Corriere della sera» tra febbraio e settembre 2004, accuratamente stampati su buona carta con rilegatura rigida (un lusso!). Su trenta autori della poesia universale scelti per l’iniziativa, da Montale a Dante, sette erano americani, cioè pressoché un quarto del totale! C’erano ovviamente Whitman, Dickinson, Eliot e Pound, ma anche Ginsberg e Plath e – sorpresa per gli amici americani ma non per noi italiani – Edgar Lee Masters. Degli inglesi, se ben ricordo, erano presenti solo Shakespeare e Auden (con passaporto americano del resto, e forse più influente negli Stati Uniti che in patria).

I poeti americani sono dunque spiriti familiari delle nostre librerie e biblioteche, ma si sono imposti ormai come singoli autori memorabili, figure riconoscibili in quella galleria d’arte moderna che è in qualche modo il Parnaso del lettore informato. Il loro essere americani è sicuramente importante, ma non si può dire che apra la strada a un più generale interesse per la poesia a stelle e strisce.

A questo riguardo mi hanno colpito le osservazioni di Roberto Galaverni nella recensione al «Meridiano» Mondadori da me curato di Tutte le poesie di Wallace Stevens (2015), un poeta per palati raffinati relativamente poco frequentato ma che in Italia si pubblica fin dal 1954:

Andando per sommi capi, ci sono tre grandi periodi che hanno concorso alla definizione della poesia quale ancora noi la conosciamo. Il primo e più importante è quello romantico dei tanti poeti (e filosofi) tedeschi in primo luogo, ma anche inglesi, come Wordsworth e Coleridge, o italiani come il nostro Leopardi. Quindi lo stretto giro d’anni in cui Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé si sono inoltrati in territori poetici pressoché inesplorati […] arrivando a dire cose che da quel momento sono diventate patrimonio comune del pensiero poetico. Infine i padri fondatori del Novecento, come Pound, Eliot, Yeats, Mandel’štam, la Cvetaeva, Rilke, Montale e appunto Stevens. Tranne forse Brecht, chi è venuto dopo […] ha avuto soprattutto una funzione di ricapitolazione, quando i punti cardinali dell’orientamento poetico erano comunque già stati fissati (Galaverni 2015).

Sicché la poesia anglosassone, e americana in particolare, continua a occupare uno spazio preponderante nel museo immaginario della poesia come oggi lo si allestisce. E Galaverni nella sua provocatoria sintesi non cita nemmeno i due best-seller americani (post)romantici che forse più di altri hanno dato il la alla poesia moderna, cioè Whitman e Dickinson, inevitabilmente inclusi fra i trenta laureati mondiali promossi dal «Corriere».

Epitesti e personaggi

A proposito delle sorti della poesia in relazione all’attualità, vale la pena di ricordare un curioso incidente di percorso riguardante la presenza di Pound (2004) appunto nella collana «La grande poesia» del «Corriere». Le prefazioni erano di regola affidate a collaboratori del quotidiano, e il volume dei Canti pisani (nella pionieristica ma purtroppo mai riveduta traduzione di Alfredo Rizzardi, che risale al 1953) doveva uscire con una premessa di Gianni Riotta. Il quale però insistette non a torto sull’aspetto politico di questi canti del 1945 con i loro non pochi ricordi e omaggi ai camerati di Salò. Da parte sua, Mary de Rachewiltz, detentrice dei diritti del padre, si oppose, con le comprensibili ragioni sue, alla pubblicazione delle pagine ammirate ma taglienti di Riotta, sicché il volume dei Canti pisani uscì, unico nella serie, senza una premessa critica, mentre le riflessioni di Riotta venivano pubblicate in concomitanza con l’arrivo del libro in edicola sul «Corriere» del 30 agosto 2004.

Tutto ciò fa parte di ciò che abbiamo imparato a chiamare epitesto, il discorso intorno all’opera, che pure vi concorre spesso in maniera decisiva (cfr. Nasi 2015: indicazioni su quel particolare e indicativo peritesto che è la collana in cui un libro appare si troveranno qui sotto nei Riferimenti bibliografici).Nella poesia più che nella narrativa conta l’“aura”, la firma, anche se gli autori che saltano fuori dalla pagina e diventano figure dell’immaginario non sono pochi. In America c’è un Poe (più affascinante, dicono i malevoli, nelle traduzioni e fantasie dei simbolisti francesi che nell’originale, specie in versi), un Mark Twain, e naturalmente un Hemingway (come da noi un D’Annunzio). Ma anche, appunto, un entusiastico e coinvolgente Walt Whitman (che incita l’aquila americana a spiegare le ali, come nella caricatura di Max Beerbohm, 1904) e una severa e a suo modo non meno grandiosa Emily Dickinson.

Emily e Walt

LA POESIA AMERICANA 3La Dickinson è uno dei poeti più letti in Italia e nel mondo, sicuramente la poetessa più spesso tradotta e frequentata dei nostri tempi, sicché la storia della sua ricezione è fra le più complesse e istruttive. Un luogo comune la vuole riservata e repressa, laddove essa grida passioni e risentimenti con violenza nonché ironia. Se guardiamo alle monografie non specialistiche, in Italia a Emily sono state dedicate diverse biografie critiche da appassionate studiose e interpreti (Bulgheroni 2001; Cenni 1998; Lanati 1998), sorte di rado toccata ad altri poeti e narratori americani, a parte forse il Fitzgerald (ecco un altro scrittore-personaggio) di Citati (2006) e il solito Hemingway (D’Amico 1988). Esiste, è vero, anche una vita di Lawrence Ferlinghetti (Diano 2008)…

Inoltre Dickinson è, insieme a Pound, Plath e Stevens, uno dei quattro poeti americani a cui è stato dedicato un «Meridiano» (Bacigalupo et al. 1997). Si tratta di un volume a più mani, che di per sé racchiude una notevole vicenda editoriale. Infatti esso raccoglie tutte le storiche e fini traduzioni di Margherita Guidacci (1921-1992), integrate da Silvio Raffo (nato nel 1947) per tutte le poesie che la Guidacci non tradusse, con qualche scampolo di traduzione di Nadia Campana, il tutto rivisto (e integrato quando necessario) su incarico dell’editore da me (coetaneo di Raffo), mentre introduzione e note sono firmate da Marisa Bulgheroni (cui è attribuita la cura complessiva). Il risultato è inevitabilmente diseguale, visto che per quanto io abbia cercato di uniformare almeno graficamente le 393 versioni di Guidacci e le 1170 di Raffo, i due poeti-traduttori hanno diverse personalità e stili che non possono non emergere. Comunque il «Meridiano» Dickinson risulta uno dei maggiori successi della prestigiosa collana, ed è stato spesso ristampato, sicché in qualche occasione mi è stato possibile apportare ulteriori correzioni – e ancora ne mancano, come nella bella poesia 570, I would die – to know, un verso della quale Guidacci fraintese, e il mio intervento in proposito deve ancora essere accolto nell’edizione a stampa. Infatti il «Meridiano» Dickinson risale al 1997, quando ancora la composizione non era tutta digitale, sicché non è così semplice emendare. Una versione tutto sommato corretta di I would die – to know si trova nel sito www.emilydickinson.it, creato da un entusiasta, Giuseppe Ierolli, che ha tradotto, commentato e messo on line (inglese e italiano) tutte le poesie e tutte le lettere della inquieta sibilla di Amherst: impresa ciclopica e unica di cui di rado ho sentito parlare (i testi sono anche commentati: inevitabilmente non tutto è corretto, ma Ierolli è sempre contento di accogliere suggerimenti).

Per finire con Dickinson, a parte il «Meridiano» esistono le innumerevoli scelte più e meno ampie che poeti e studiosi-traduttori le hanno dedicato, dalle stesse Guidacci (1961) e Lanati (1976 e 1986) all’impegnato ma dimenticato Guido Errante (1959 e 1975), a Silvio Raffo (1988), a Nicola Gardini (2001) e a Bianca Tarozzi (1997b), oltre alla scelta mia del 1995 negli «Oscar» (la più ampia dopo il «Meridiano»). A sua volta, quest’ultima ha avuto alterne vicende e ristampe dalla prima edizione del 1995: a differenza delle altre edizioni italiane a stampa, c’è un indice di nomi e cose che permette di scoprire dove Dickinson parla ad esempio di Beatrice o Platone, e per ogni poesia c’è un commento e indicazioni sulla particolare metrica dei testi. Ma anche in questo caso, quando mi è capitato di rileggere il tutto, magari per un corso, ho trovato evidentemente molti punti da rivedere; e di solito, visto che le ristampe sono numerose, la redazione di Segrate ha accolto i miei errata corrige. Nel 2004 la Bompiani mi propose di fare una scelta fra le traduzioni della Guidacci per un volume di Poesie d’amore. Qui vedo che I could die to know (sic) riporta nella seconda strofa la correzione mancata del «Meridiano» (Bacigalupo 2004, 59). L’infaticabile Nicola Gardini ha pubblicato nel 2015 una raccolta di versi dal titolo abbastanza dickinsoniano nella nettezza, se non nel pensiero: Tradurre è un bacio. Chissà.

Anche Whitman ha avuto edizioni significative negli ultimi anni (anche se nulla a paragone con la streghetta di Amherst): non una ma due traduzioni (Corona 2002 e Ceni 2012) della mitica prima edizione del 1855 di Leaves of Grass, e una coraggiosa traduzione integrale dell’edizione del 1856 (Tattoni 2007). Enzo Giachino (1950), interprete canonico di Whitman, aveva tradotto l’edizione definitiva del 1892, che è ben diversa e molto più ampia delle prime ma rimane ovviamente indispensabile; la sua versione integrale era uscita ed è tuttora ristampata senza testo a fronte, certo in parte a causa della mole, ma anche per un diverso concetto della traduzione poetica, che probabilmente trova riscontro nei metodi adottati. La vicenda delle varie edizioni di Leaves of Grass e del recupero della prima versione, che ha fama di essere meno castigata di quelle successive, riporta al problema della scelta e ricognizione o (ri)creazione del (presunto) testo di partenza.

Precursori e seguaci

Giachino, Guidacci… Ecco nomi che ci riconducono all’età diciamo pionieristica del dopoguerra a cui appartengono ovviamente, anche per quanto riguarda la poesia, Sanesi Pivano Izzo e quel notevole studioso-poeta che fu Glauco Cambon, e il comparatista esimio Renato Poggioli, traduttore di Stevens nel 1954, ancora vivente quest’ultimo (bel personaggio anche lui). Vale la pena di segnalare che in quegli anni arrivano in Italia in traduzioni degne, di studiosi di vaglia come quelli testé citati, con volumi singoli prodotti dalle maggiori case editrici, tutti i protagonisti della poesia americana. Eccone un elenco in ordine di apparizione: Masters (Pivano 1947), Whitman (Giachino 1950 – ma era già tradotto almeno dal 1887, da Luigi Gamberale), Pound (Rizzardi 1953), Stevens (Poggioli 1954), Dickinson (Errante 1959, Guidacci 1961), Eliot (Sanesi 1961), Williams (Campo, Sereni 1961), Sandburg (De Pol 1961), Frost (De Pol 1961, Giudici 1965), Cummings (de Rachewiltz 1963), Roethke (Lombardo, Meliadò 1966), Crane (Sanesi 1967), Jeffers (de Rachewiltz 1969), Laughlin (de Rachewiltz 1970), Zukofsky (Galtieri 1970), Ransom (Giudici 1971), Moore (Angioletti, Forti 1972, 1974), Olson (Sabbadini 1972), Lowell (Anzilotti 1972), Plath (Giudici 1976), Berryman (Perosa 1978), Bishop (Guidacci 1982), Amy Lowell (Lanati 1990) e naturalmente i poeti di area latamente beat: Ginsberg (Pivano 1961), Ferlinghetti (Giachetti 1968), Levertov (de Rachewiltz 1968), Corso (Menarini 1969). Non tutte sono traduzioni egualmente importanti, ma rivelano come poco fosse sfuggito a lettori, editori e traduttori, e come presumibilmente dovesse esserci un mercato per tutte queste voci americane. Si possono anche distinguere le traduzioni veramente innovative, diciamo eroiche, fino ai primi anni sessanta, da quelle meno avventurose (editorialmente) venute dopo, la strada essendo ormai aperta.

In seguito, dagli anni ottanta, procede la normalizzazione. Non si tratta più di scoprire ma di approfondire, presentare edizioni esaustive (tocca appunto a Dickinson, Pound, Eliot, Plath, Stevens, Ginsberg) e dar conto dei poeti emergenti, o rimasti in ombra (fra questi H.D., Millay, Teasdale, Merrill – sempre però presso la piccola editoria). Ci sono le voci della coscienza femminile che lasciano un segno: Adrienne Rich (Borghi 1979), Anne Sexton (Camboni 1989), Sharon Olds (Biagini 2002), Louise Glück (Bacigalupo 2003); ci sono i poeti informali di New York Frank O’Hara (Iacuzzi 1998) e John Ashbery (Busi 1983); ci sono i pluripremiati dei nostri giorni di cui almeno tre entrano nello Specchio: Mark Strand (Abeni 2007), Philip Levine (Strazzeri 2015) e Jorie Graham (Francini 2014), mentre il beffardo surreale Charles Simic trova ospitalità presso Adelphi (Molesini 2002 e Gardini 2008). Adelphi dedica anche molte cure a Elizabeth Bishop (Abeni, Duranti e Fatica 2006). Continuano a trovare editori e lettori i poeti di area beat o alternativa: Ferlinghetti, Corso, Carver (Duranti 2006 è integrale), Charles Bukowski (a Bagnoli 1977 e Ludovici Mariani 1979 sono seguiti numerosi volumi). Fra i poeti laureati conosce un buon successo Billy Collins, un poco snobbato in patria per la sua arguzia irlandese, per aver scritto poesie divertenti, ma proprio per questo caro ai lettori e al suo traduttore Franco Nasi, che ha già curato due raccolte (Nasi 2006 e 2011), lanciate con convinzione dall’editore italiano Fazi, che ha voluto ripubblicare il primo nel 2013, e immagino bene accolte. Insomma, mentre le voci canoniche accreditate presso pubblico e critica trovano in questi ultimi decenni sistemazioni complessive, l’editoria italiana continua a privilegiare la poesia americana contemporanea rispetto a quella francese, tedesca, spagnola ecc., che sicuramente gode di minori attenzioni da parte di traduttori, festival e media.

Che la fortuna editoriale non corrisponda necessariamente al valore effettivo o al ruolo assegnato a un poeta in patria lo dimostra il caso vistoso di Robert Frost, non secondo a nessuno dei poeti americani e inglesi del Novecento per arte e complessità di visione (anche se un luogo comune lo vuole poeta oleografico di buoni sentimenti). Ebbene, Frost fu presentato meritatamente da Giudici presso Einaudi (1965), traduzione in seguito riveduta per Mondadori con la mia collaborazione (Giudici, Bacigalupo 1988) e disponibile per un decennio negli Oscar. Ma dal 1999 Conoscenza della notte (questo il titolo pregnante voluto da Giudici) non è più ristampato (anche per un problema di diritti), e un poeta che potrebbe avere successo di pubblico, oltre a ricoprire un ruolo fondamentale nell’insegnamento universitario – e che meriterebbe le migliori attenzioni di traduttori studiosi ed editori – rimane introvabile in Italia. Certo, si può leggere on line, in inglese, ma data la sua longevità i diritti dureranno ancora alcuni decenni. Però forse è anche bello che questo grande poeta che passa per popolare resti in Italia un segreto riservato ai pochi che lo vogliono indagare per conto proprio, magari incuriositi dalla lettura entusiasta che ne diede Brodskij (Forti 1998, 83-133).

LA POESIA AMERICANA 4Nella poesia come nella narrativa una generazione segue l’altra, e il mercato e la curiosità chiedono nuovi autori e opere su cui lavorare. Ma rimane difficile per un poeta, specie di un’altra cultura, acquisire visibilità, entrare nel museo, fra i personaggi dal segno riconoscibile, che fra l’altro non devono mai essere troppi, pena la sazietà e il rigetto. Innamorati di una loro idea di poesia sperimentale americana, Luigi Ballerini e Paul Vangelisti hanno curato negli Oscar, come si è accennato, tre grosse antologie di Nuova poesia americana suddivise per città: Los Angeles (pp. XXII+385), San Francisco (pp. XXXII+483), New York (pp. XXXII+975); poi dovrebbe toccare a Chicago… Ma, come diceva quel tale, pergamena deest.

Ballerini e Vangelisti hanno offerto, grazie all’ospitalità degli Oscar, un archivio del Novecento in cui tutti potranno aggirarsi con profitto e smarrimento. Poesia della città, avanguardia fossile. Sono i casi curiosi che si danno nell’area liminare fra grande editoria, traduzione, informazione, arbitrio, che è l’area della poesia. La sua fortuna, dato il carattere scarsamente commerciale, è più legata ai casi personali, alle vicende del gusto. Conta la malleveria, l’autorevolezza del critico, traduttore, direttore di collana. Cosa sia poesia resta da vedere, nel gran bazar che è il mondo dei libri e della carta stampata. Ma nonostante l’aleatorietà del contemporaneo (non pochi i poeti americani stimati oggi che pure in Italia non sono editi), rimangono i maestri che hanno determinato il nostro modo di leggere e vedere (come suggeriva Galaverni) e che ritroviamo con un senso di riconoscimento (uno shock of recognition) nelle sale del museo immaginario o no. Anche in traduzione.

Riferimenti bibliografici

Abeni 2007: Mark Strand, Uomo e cammello, traduzione di Damiano Abeni, Mondadori 2007, «Lo Specchio»

Abeni, Duranti e Fatica 2006: Elizabeth Bishop, Miracolo a colazione, traduzione di Damiano Abeni, Riccardo Duranti e Ottavio Fatica, Milano, Adelphi, 2006, «Biblioteca Adelphi» 487

Angioletti, Forti 1972: Marianne Moore, Il basilisco piumato (Tutte le poesie – Volume I), traduzione di Lina Angioletti e Gilberto Forti, Milano, Rusconi (da The Complete Poems, London, Faber & Faber, 1972)

– 1974: Marianne Moore, Come una fortezza (Tutte le poesie – Volume II), traduzione di Lina Angioletti e Gilberto Forti Milano, Rusconi (da The Complete Poems, London, New York, Macmillan, 1967)

Anzilotti 1972: Robert Lowell, Poesie (1940-1970), a cura di Rolando Anzilotti, Milano, Longanesi (ripubblicato da Guanda nel 2001, riprende un’edizione Longanesi, «Olimpia» 29, del 1972)

Bacigalupo 1991: William Shakespeare, Enrico IV, parte prima, introduzione di Nemi D’Agostino, prefazione, traduzione e note di Massimo Bacigalupo, Milano, Garzanti, «Grandi libri»

Bacigalupo 1993: William Shakespeare, Enrico IV, parte seconda, introduzione di Nemi D’Agostino, prefazione, traduzione e note di Massimo Bacigalupo, Milano, Garzanti, «Grandi libri»

– 1994: H.D., Fine al tormento. Ricordo di Ezra Pound, con le lettere di Ezra Pound all’autrice (1958-1961), a cura di Massimo Bacigalupo, Milano, Archinto (II ediz. riv. 2013) (da H.D., End to Torment: A Memoir of Ezra Pound, edited by Norman Holmes Pearson and Michael King, New York, New Directions,1979)

– 1995: Emily Dickinson, Poesie, a cura di Massimo Bacigalupo, Milano, Mondadori, «Oscar classici» (II edizione riveduta e accresciuta: 2004, «Grandi classici»; edizione riveduta: 2014, «Oscar Classici»)

– 2002: Ezra Pound, Canti postumi, a cura di Massimo Bacigalupo, Milano, Mondadori, Lo Specchio (da testi inediti e dispersi)

– 2003: Francis Scott Fitzgerald, Lettere a Scottie, con lettere inedite di Scottie Fitzgerald, a cura di Massimo Bacigalupo, Milano, Archinto (da Letters to His Daughter, New York, Charles Scribner’s Sons, 1965)

– 2003: Louise Glück, L’iris selvatico, traduzione e postfazione di Massimo Bacigalupo, Varese, Giano, 2003, «Biblioteca»

Bacigalupo, Cambon 2015: Wallace Stevens, Tutte le poesie, a cura di Massimo Bacigalupo, Milano, Mondadori, «I Meridiani» (traduzione di Massimo Bacigalupo e Glauco Cambon da: The Collected Poems of Wallace Stevens, New York, Knopf, 1954; e Opus Posthumous New York, Knopf, 1989)

Bacigalupo et al. 1997: Emily Dickinson, Tutte le poesie, a cura di Marisa Bulgheroni, Milano, Mondadori, «I Meridiani» (traduzioni di Silvio Raffo, Margherita Guidacci, Massimo Bacigalupo e Nadia Campana da The Complete Poems of Emily Dickinson; revisione complessiva delle traduzioni a cura di Massimo Bacigalupo)

Bagnoli 1977: Charles Bukowski, L’amore è un cane che viene dall’inferno. Poesie, traduzione di Katia Bagnoli, Milano, Sugarco Edizioni, 1977

Ballerini, Vangelisti 2005: Nuova poesia americana. Los Angeles, a cura di Luigi Ballerini e Paul Vangelisti, Milano, Mondadori, «Oscar poesia del Novecento»

– 2006: Nuova poesia americana. San Francisco, a cura di Luigi Ballerini e Paul Vangelisti, Milano, Mondadori, «Oscar poesia del Novecento»

– 2009: Nuova poesia americana. New York, a cura di Luigi Ballerini, Gianluca Rizzo e Paul Vangelisti, Milano, Mondadori, «Oscar poesia del Novecento»

Biagini 2002: Sharon Olds, Satana dice, a cura di Elisa Biagini, Firenze, Le Lettere, 2002, «Il nuovo melograno» 52

– 2006: Nuovi poeti americani,a cura di Elisa Biagini, Torino, Einaudi, «Collezione di poesia» 345

Borghi 1979: Adrienne Rich, Esplorando il relitto, traduzione di Liana Borghi, Roma, Savelli, 1979, «Il labirinto» 9

Bulgheroni 2001: Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Milano, Mondadori

Busi 1983: John Ashbery, Autoritratto in uno specchio convesso, traduzione di Aldo Busi, Milano, Garzanti, «I Garzanti poesia» (da Self-Portrait in a Convex Mirror, New York, Viking Press 1975)

Camboni 1989: Anne Sexton, La doppia immagine e altre poesie, a cura di Marina Camboni, Caltanissetta – Roma, Sciascia, 1989, «Esperidi» 1

Campo, Sereni 1961: William Carlos Williams, Poesie, a cura di Cristina Campo e Vittorio Sereni, Torino, Einaudi, «Nuova collana di poeti tradotti con testo a fronte» 12

Ceni 2012: Walt Whitman, Foglie d’erba. La prima edizione del 1855, traduzione di Alessandro Ceni, Milano, Feltrinelli (da Leaves of Grass, 1855)

Cenni 1998: Adriana Cenni, Cercando Emily Dickinson, Milano, Archinto

Citati 2006: Pietro Citati, La morte della farfalla. Zelda e Francis Scott Fitzgerald, Milano, Mondadori

Corona 2002: Walt Whitman, Foglie d’erba 1855, traduzione di Mario Corona, Venezia, Marsilio, «Frecce» (da Leaves of Grass, 1855)

D’Amico 1988: Album Hemingway, iconografia di Eileen Romano, saggio biografico di Masolino D’Amico, Milano, Mondadori, «I Meridiani»

De Pol 1961: Carl Sandburg, Chicago, a cura di Franco De Pol, Milano, Edizioni Avanti! (da: Chicago Poems, New York, H. Holt, 1916; Cornhuskers, New York, H. Holt & Co., 1918; Smoke and Steel, New York, Harcourt, Brace & Co., 1920)

– 1961: Robert Frost, Poesie scelte, versioni e introduzione di Franco De Pol, Parma, Guanda, «Piccola fenice» 7

de Rachelwitz 1968: Denise Levertov, La scala di Giacobbe e altre poesie, traduzione di Mary de Rachelwitz, Milano, Mondadori, «Lo Specchio» (da: With Eyes at the Back of Our Heads, New York, New Directions 1959; The Jacob’s Ladder, New York, New Directions, 1961; O Taste and See: New Poems, New York, New Directions 1962)

– 1963: E.E. Cummings, Poesie, versione di Mary de Rachewiltz, Milano, Lerici-Scheiwiller, «Poeti europei» 11

– 1969: Robinson Jeffers, La bipenne e altre poesie, a cura di Mary de Rachewiltz, Parma, Guanda, «Fenice» (da The Double Axe and Other Poems, New York, Random House, 1948)

– 1970: James Laughlin, Quello che la matita scrive, a cura di Mary de Rachelwitz, Parma, Guanda, «Piccola fenice»

– 1985: Ezra Pound, I Cantos, a cura di Mary de Rachewiltz, Milano, Mondadori, «I Meridiani» (da The Cantos of Ezra Pound, London, Faber & Faber, 1964; e Drafts and Fragments of Cantos CX-CXVI, New York, New Directions, 1969)

Diano 2008: Giada Diano, Io sono come Omero. Vita di Lawrence Ferlinghetti, Milano, Feltrinelli

Duranti 2006: Raymond Carver, Orientarsi con le stelle, a cura di William L. Stull, Roma, Minimum Fax (traduzione di Riccardo Duranti da All of Us, New York, Knopf 1998)

Errante 1959: Emily Dickinson, Poesie. Nuova versione del testo critico, a cura di Guido Errante, Milano, Mondadori, «Lo Specchio» (la prima edizione era uscita nel 1956)

– 1975: Emily Dickinson, Poesie, a cura di Guido Errante, Parma, Guanda, «Fenice»

Forti 1998: Josif Brodskij, Dolore e ragione, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi (da On Grief and Reason, New York, Farrar, Straus and Giroux 1995)

Francini 2004: Antologia della poesia americana, a cura di Antonella Francini, introduzione di Massimo Bacigalupo, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso

– 2014: Jorie Graham, Il posto, traduzione di Antonella Francini, «Lo Specchio» (da Place, Manchester, Carcanet 2012)

Galaverni 2015: Roberto Galaverni, Il verso di Stevens misura il mondo, in «Corriere della Sera – La Lettura», 26 luglio 2015, p. 24

Galtieri 1970: Louis Zukofsky, Da A, traduzione di Giovanni Galtieri, Parma, Guanda, «Piccola Fenice» (da A, London, Turret Books 1967)

Gamberale 1887: Walt Whitman, Canti scelti, a cura di Luigi Gamberale, Milano, Sonzogno

Gardini 2001: Emily Dickinson, Buongiorno notte, a cura di Nicola Gardini, Milano, Crocetti, «Lekythos»

– 2008: Charles Simic, Club Midnight, traduzione di Nicola Gardini, Milano, Adelphi, 2008, «Piccola biblioteca Adelphi» 575

– 2015: Nicola Gardini, Tradurre è un bacio, Borgomanero, Ladolfi

Giachetti 1968: Lawrence Ferlinghetti, Coney Island della mente, traduzione di Romano Giachetti, Parma, Guanda, «Piccola fenice» (da A Coney Island of the Mind, New York, New Directions, 1958)

Giachino 1950: Walt Whitman, Foglie d’erba, traduzione di Enzo Giachino, Torino, Einaudi, «I Millenni» 12 (da Leaves of Grass, 1892)

Giudici 1965: Robert Frost, Conoscenza della notte e altre poesie, a cura di Giovanni Giudici, Torino, Einaudi

– 1971: John Crowe Ransom, Le donne e i cavalieri, a cura di Giovanni Giudici, Milano, Mondadori, «Lo Specchio» (da Selected Poems, 3d ed., revised and enlarged, New York, Knopf 1969)

– 1976: Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie, a cura di Giovanni Giudici, Milano, Mondadori, «Lo Specchio»

Giudici, Bacigalupo 1988: Robert Frost, Conoscenza della notte e altre poesie, a cura di Giovanni Giudici e Massimo Bacigalupo, Milano, Mondadori, «Oscar poesia»

Guidacci 1961: Emily Dickinson, Poesie e lettere, a cura di Margherita Guidacci, Firenze, Sansoni, «I grandi classici stranieri» 53 (ediz. riv. Milano, Bompiani, 1995, «I delfini classici»)

– 1982: Elizabeth Bishop, L’arte di perdere, a cura di Margherita Guidacci, Milano, Rusconi, «Collana di poesia» 31 (da The complete poems, New York, Farrar, Straus, and Giroux, 1969; e da Geography III, Farrar, Straus, and Giroux, 1976)

– 2004: Emily Dickinson, Poesie d’amore,a cura di Massimo Bacigalupo, traduzione di Margherita Guidacci, Milano, Bompiani, «Tascabili Bompiani»

Iacuzzi 1998: Frank O’Hara, Lunch poems, traduzione di Paolo Fabrizio Iacuzzi, Milano, Mondadori, «Oscar Poesia del 900» (da Lunch Poems, San Francisco, City Lights Books 1984)

Izzo 1949: Poesia americana contemporanea e poesia negra, a cura di Carlo Izzo, Parma, Guanda, «Fenice» 12

– 1953: Poesia americana e poesia negra con testo a fronte 1949-1953, a cura di Carlo Izzo, Parma, Guanda, «Fenice» 24

Lanati 1976: Emily Dickinson, Poesie, a cura di Barbara Lanati, Roma, Savelli, 1976

– 1986: Emily Dickinson, Silenzi, a cura Barbara Lanati, Milano, Feltrinelli.

– 1990: Amy Lowell, Poesie, a cura di Barbara Lanati, Torino, Einaudi, «Collezione di poesia» 217

– 1999: Barbara Lanati, L’alfabeto dell’estasi. Vita di Emily Dickinson, Milano, Feltrinelli

Lombardo, Meliadò 1966: Theodore Roethke, Sequenza americana e altre poesie, a cura di Agostino Lombardo, note e traduzione di Mariolina Meliadò, Milano, Mondadori, «Lo Specchio» (da Words for the Wind. The Collected Verse of Theodore Roethke, Garden City, NY, Doubleday, 1958; I am! Says the Lamb, New York, Doubleday, 1961; The Far Field, Garden City, New York, Doubleday, 1964)

Ludovici, Mariani 1979: Charles Bukowski, L’amore è un cane che viene dall’inferno. Poesie 1974-1977, scelta e traduzione di Paola Ludovici e Giorgio Mariani, Roma, Savelli, 1979

Marenco 2014-2015: William Shakespeare, Tutte le opere. Volume primo. Tragedie, coordinamento generale di Franco Marenco, testi inglesi a cura di John Jowett et al., traduzioni di Rosanna Camerlingo et al., Milano, Bompiani; Tutte le opere. Volume secondo. Le commedie, coordinamento generale di Franco Marenco, testi inglesi a cura di John Jowett et al., traduzioni di Attilio Carapezza et al., Milano, Bompiani «Classici della letteratura europea» (da The Complete Works, eds John Jowett et al., Oxford, Clarendon Press, 2005)

Mariani 2015: Giorgio Mariani, La lingua di Moby Dick temibile sfida all’estro del traduttore, in «Il Manifesto-Alias domenica» 5.50, 20 dicembre 2015, p. 6

Melville 2015: Herman Melville, Moby-Dick o La balena, traduzione di Ottavio Fatica, Torino, Einaudi, «Le grandi traduzioni» (da Moby-Dick or The Whale, New York, Harper & Bros, 1851)

Menarini 1969: Gregory Corso, Benzina, traduzione di Gianni Menarini, Parma, Guanda, «Piccola Fenice» (da Gasoline, San Francisco, City Lights Books, 1958)

Molesini 2002: Charles Simic, Hotel Insonnia, a cura di Andrea Molesini, «Piccola biblioteca Adelphi» 482 (da Hotel Insomnia, San Diego, Harcourt Brace Jovanovich, 1992)

Nasi 2006: Billy Collins, A vela, in solitaria, intorno alla stanza, traduzione e cura di Franco Nasi, Milano, Medusa, «Rhythmòs» 6; ripreso da Fazi, Roma, nella collana «Le strade», 224, nel 2013 (da Sailing Alone Around the Room: New and Selected Poems, New York, Random House 2000)

– 2011: Billy Collins, Balistica. Poesie, a cura di Franco Nasi, Roma, Fazi, 2011,«Le strade» 197 (da Ballistics. Poems,New York, Random House 2008)

– 2015: Franco Nasi, La recensione / 1 – Il testo in traduzione? Solo una tessera di un mosaico, in «tradurre. pratiche teorie strumenti» 9 (autunno 2015) (https://rivistatradurre.it/2015/11/la-recensione-1-il-testo-in-traduzione-solo-una-tessera-di-un-mosaico/)

Perosa 1978: John Berryman, Canti onirici e altre poesie, a cura di Sergio Perosa, Torino, Einaudi, «Narratori Einaudi» (sic!)

Pivano 1947: Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, traduzione di Fernanda Pivano, Torino, Einaudi (da Spoon River Anthology, Norwood, Mass., Werner Laurie, 1915)

– 1961: Allen Ginsberg, Jukebox all’idrogeno, traduzione di Fernanda Pivano, Milano, Mondadori (da: Howl and Other Poems, San Francisco, City Lights Books, 1956; e Kaddish and Other Poems, 1958-1960, San Francisco, City Lights Books, 1961)

– 1964: Poesia degli ultimi americani, a cura di Fernanda Pivano con Ted Wilentz, Milano, Feltrinelli, «Le Comete» 35 (traduzioni di Mario Rossi, Fernanda Pivano, Giulio Saponaro)

Poggioli 1954: Wallace Stevens, Mattino domenicale ed altre poesie, a cura di Renato Poggioli, Torino, Einaudi, «Nuova collana di poeti tradotti con testo a fronte» 3

Pound 2015: Ezra Pound, Posthumous Cantos, a cura di Massimo Bacigalupo, Manchester, Carcanet.

Raffo 1988: Emily Dickinson, Geometrie dell’estasi, a cura di Silvio Raffo, Milano, Crocetti, «Lekythos» 9

Riotta 2004: Gianni Riotta, Pound, canti di dolore alle soglie dell’inferno, in «Corriere della Sera», 30 agosto 2004, p. 23

Rizzardi 1953: Ezra Pound, Canti pisani, traduzione di Alfredo Rizzardi, Parma, Guanda, «Fenice» (da The Pisan Cantos, New York, New Directions, 1948; ripresa nel 2004 come supplemento del «Corriere della sera»)

Sabbadini 1972: Charles Olson, Maximus. Poesie, traduzione di Silvano Sabbadini, Milano, Mondadori, «Lo Specchio» (da The Maximus Poems, Highlands, N.C. – New York, Jargon, Corinth Books, 1970, edizione postuma: The Maximus Poems erano usciti in due volumi separati in Germania: Stuttgart, Jonathan Williams, 1953 e 1956)

Sanesi 1958: Poeti americani da E.A. Robinson a W.S. Merwin (1900-1956), a cura di Roberto Sanesi, Milano, Feltrinelli (antologia ripubblicata postuma nel 2014 da Bompiani con un’introduzione e un aggiornamento bibliografico di Guido Carboni)

– 1961: T.S. Eliot, Poesie, traduzione di Roberto Sanesi, Milano, Bompiani (da Collected Poems, 1909-1935, London, Faber & Faber 1938)

– 1967: Hart Crane, Il Ponte e altre poesie, traduzione di Roberto Sanesi, Parma, Guanda, «Fenice Nuova Serie» 20 (da The Bridge, Paris, Black Sun Press, 1930, e da White Buildings, New York, Boni & Liveright, 1926)

Shakespeare 1969: William Shakespeare, The Complete Works: The Pelican Text Revised, General Editor Alfred Harbage, Baltimore (Md), Penguin

Stead 2016: C.K. Stead, Less of the Savage, in «Times Literary Supplement», 13 aprile

Strand, Abeni 2003: West of Your Cities. Nuova antologia della poesia americana, Roma, a cura di Mark Strand e Damiano Abeni, Minimum Fax, «Sotterranei», 62

Strazzeri 2015: Philip Levine, Notizie del mondo, traduzione di Giuseppe Strazzeri, Mondadori, 2015, «Lo Specchio»

Tarozzi 1997: Emily Dickinson, La bambina cattiva. Settanta poesie, a cura di Bianca Tarozzi, Marsilio, «Frecce»

Tattoni 2007: Walt Whitman, Foglie d’erba. Edizione integrale del 1856, traduzione di Igina Tattoni, Roma, Newton Compton, «Grandi Tascabili Economici» (da Leaves of Grass, 1856)