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Questo numero, il numero 21, è l’ultimo numero di «tradurre».
A più di dieci anni dal numero 0, la nostra rivista chiude e la testata «tradurre» non esisterà più.
L’abbiamo fondata con il desiderio di creare un luogo – diverso dalle sedi (poche) nelle quali all’epoca si collocava il dibattito sulla traduzione – dove poter parlare di traduzione, anzi del tradurre, come pratica che “cambia il mondo”. Volevamo farlo in modo scientificamente solido e documentato, ma lasciando anche spazio e legittimità agli aspetti più umani e personali. Al centro si collocava una nostra idea di traduzione in quanto ingranaggio di quella macchina complessa e poderosa che è la filiera del libro e di un’editoria che si occupa di scegliere, selezionare, pubblicare, far circolare libri, idee, linguaggi. Insomma, per noi la traduzione era e continua a essere un modo di costruire cultura, un atto mai neutro, mai slegato da meccanismi economici, politici, da contesti storici.
Siamo riusciti nel nostro intento?
In parte sì.